di Natale Cuccurese
A quanto pare Ursula Von Der Leyen, ben calato in testa l’elmetto, vuole dirottare i fondi del Recovery sulla guerra in Ucraina.
L’Italia così, con i suoi ritardi sul PNRR, dovuti in gran parte all’inanità di Fitto, è il Paese che rischia di perdere più soldi, anche perché è quello che più ne aveva richiesti e ottenuti, sulla carta, soprattutto per la deplorevole condizione in cui versa il Mezzogiorno, la Macroarea più povera di tutto il Continente.
In poche parole si sottrae ancora una volta a chi ha meno, come il Sud, a cui non bisogna mai dimenticare (nella teoria) dovevano essere destinati la gran parte di questi fondi per iniziare a recuperare il gap col Nord, per sperperare soldi in armi.
Così mentre i soldi per il RdC, la Sanità, la Scuola, le pensioni, il caro bollette e il welfare per questa Europa della finanza e per questo governo dei ricchi non ci sono mai, per le ricche lobby delle armi sono sempre disponibili, chissà perché…
Il governo Meloni si conferma così, in assoluto, il più antimeridionale della storia d’Italia.
Credo che a questo punto sia utile un riassunto sintetico delle “puntate precedenti” per capire la truffa.in più atti,ai danni del Sud.
Ricapitolando: secondo le indicazioni della Commissione europea (pag.8 e 9 del regolamento) l’Italia ha ricevuto la quota di fondi del Pnnr più alta di tutti i Paesi d’Europa (191,5 miliardi di euro) soprattutto per risolvere la situazione drammatica (maggiore disoccupazione e PIL inferiore) del Mezzogiorno. Al Sud quindi seguendo tali parametri doveva andare il 65% del Pnrr, il Governo Draghi retrocesse a suo insindacabile giudizio con un tratto di penna questa quota al 40% (pag. 37 Pnrr), ma anche questa è rimasta sulla carta visto che non furono fissati target territoriali riducendosi così ulteriormente al 16%, così come scritto nero su bianco nel Piano inviato in Europa.
Purtroppo senza un supporto alle amministrazioni con minore capacità progettuale soprattutto per scarsità di personale visti i continui tagli imposti da Roma negli anni precedenti in nome della spending review che discende dall’Europa, molte amministrazioni del Sud, che su questo non hanno colpe, sono andate seriamente in difficoltà tanto da mettere seriamente a rischio il rispettodei tempi richiesti dalla Ue per concludere le opere (2026) per cui questa quota del 16% via via sta diminuendo ulteriormente fino quasi a sparire, come sempre a favore di territori più ricchi del Nord, con l’ovvia giustificazione di non perderli a livello nazionale.
Peccato che è dal 2022, da quando cioè si è scoperto l’inganno, semplicemente leggendo il testo presentato dal governo alla Commissione europea, che è risaputo che larga parte degli investimenti previsti del Pnrr non sono territorializzati. Ricordo che avevamo fra i pochi ad aver subito denunciato con forza che in realtà solo 35 miliardi, degli 82 già annunciati dal governo Draghi, erano effettivamente allocati nel Mezzogiorno, mentre dei restanti 47 miliardi promessi, nel testo ufficiale inviato in Europa, controllando misura per misura, semplicemente non c’era traccia.
Nell’estate 2022, di fronte alle polemiche sorte la Ministra per il Sud, Mara Carfagna, aveva risposto dalle pagine del Mattino che la restante parte degli investimenti non sarebbe andata persa per il Mezzogiorno, ma sarebbe poi stata ripartita attraverso bandi con quote territoriali con monitoraggio. Durante il question time al Senato del 15 luglio, la ministra del Sud aveva poi rafforzato il concetto sino a spingersi a garantire l’introduzione di un “vincolo di destinazione territoriale”, del 40% del totale dei fondi,utile ad evitare il pericolo di una sensibile riduzione degli investimenti previsti nel Mezzogiorno.Ora come allora ripetiamo che questo aspetto sarebbe stato meglio scriverlo subito nel Piano, visto che su molti bandi allora come oggi non c’era e non c’è alcuna quota minima territoriale.
Con l’insediamento del Governo Meloni la situazione per il Sud è addirittura precipitata.
Solo alcuni esempi: nel gennaio 2024 ben nascosto tra i vari capitoli dell’ultima legge di bilancio c’era anche il definanziamento, cioè il taglio, del Fondo perequativo infrastrutturale che doveva assicurare l’inizio del recupero dei divari tra le diverse aree geografiche del Paese. C’erano 4,6 miliardi di euro destinati a interventi per superare le disuguaglianze tra Nord e Sud. Il governo Draghi sulla base di una ricognizione dei fabbisogni assegnò al Mezzogiorno l’80 per cento dei fondi per costruire strade, per migliorare sanità e istruzione. Il ministro Fitto ha ereditato questo lavoro ma l’ha subito accantonatoe il fondo è stato quasi completamente svuotato. In generale sono state tolte dal PNRR opere per oltre 10 miliardi, mentre venivano promesse dal Governo, da luglio 2023, risorse sostitutive mai indicate e tantomeno stanziate. Così nel luglio 2024 Il ministro Fitto si è ritrovato ad accusare accusa di falsità @ancenazionale per i dati assai preoccupanti sul taglio investimenti PNRR al Sud diffusi.
Non si capisce perché, allora, Fitto non ha mai pubblicato la dovuta Relazione sull’allocazione del 40% al Sud. Gli ultimi dati restano infatti quelli del 2022.
Contemporaneamente Il riaccentramento della governance della politica di coesione, voluto da Fitto, sul modello Pnrr, si è rivelato (come previsto) non dare nessuna garanzia di maggiore efficienza ed efficacia. Anzi, ha generato conflitto fra obiettivi diversi e “bulimia” amministrativa in capo al Governo.
È lo stesso governo che al Nord decentra con l’Autonomia differenziata e al Sud accentra. sul Pnrr poi opacità, criticità e incertezze sono il marchio di fabbrica di uncentrodestra particolarmente inconcludente sul Sud, che naviga a vista e che in sintesi del Mezzogiorno “se ne frega” (altro che 65 o 40% dei fondi europei).
E così via in un crescendo rossiniano che arriva fino al mese scorso dove dopo Fitto la situazione non è certamente migliorata con il suo sostituto, il ministro Foti, e lo dimostra l’Ufficio parlamentare di bilancio che nel suo rapporto sullo stato di attuazione del Pnrr ha fatto il punto sulla situazione riguardante gli asili nido e le scuole dell’infanzia. Uno delle principali emergenze che storicamente attanaglia il Sud.
Gli interventi sugli asili nido del Pnrr, se pienamente realizzati, aiuterebbero a ridurre i divari tra le diverse aree geografiche italiane, ma comunque l’81,4% dei territori che oggi non ha un asilo continuerebbe a non averlo. L’Upb mette insieme tutti gli ostacoli incontrati sul punto, a partire dalle difficoltà dei Comuni nell’assorbire le risorse. Un problema più accentuato nel Mezzogiorno. Proprio sugli asili nido, va inoltre ricordato, il governo aveva rinegoziato l’accordo con l’Ue, scendendo da oltre 264mila nuovi posti a 150mila, riducendo di oltre un miliardo gli stanziamenti, ora a 3,24 miliardi.
Eppure non è bastato neanche questo ridimensionamento e per il neo-ministro con delega al Pnrr, Tommaso Foti, gli asili nido restano uno dei problemi principali del Piano: in tutto il 2024 dovevano essere spesi 1,7 miliardi, ma ne sono stati impiegati solamente 816,7 milioni.
In poche parole con questo governo gli asili nido nel Mezzogiorno verranno realizzati l’anno del mai.
Con tutta evidenza il differenziale Nord/Sud è quindi da sempre voluto e ricercato, alla faccia della Costituzione.
La conseguenza di questo approccio è quello che sta avvenendo nei confronti del Sud con i fondi del Pnrr, come visto sopra. Lo schema che il governo di turno attua per sottrarre fondi al Sud è sempre lo stesso nei decenni: promesse vane sull’arrivo di fondi, il cui arrivo è progressivamente spostato sempre più in avanti nel tempo per poi non parlarne più.
E così mentre il Nord fra leghisti e protoleghisti fa come sempre blocco trasversale per intercettare e fare proprio ogni centesimo che deriva dall’Europa, al Sud gra parte dei politici, legati al carro del Nord per appartenenza politica, allargano le braccia e cercano come sempre di far buon viso a cattiva sorte, pronti a ricevere solo qualche elemosina per mantenere oleate le loro clientele.
È questo un problema della classe politica meridionale che si ha dal 1861 ed è stato più volte analizzato con acume soprattutto da Antonio Gramsci e Gaetano Salvemini nei loro scritti. Bisogna capovolgere la prospettiva geografica e in ottica euromediterranea iniziare ad operare politicamente per costruire una grande forza del Sud che possa controbilanciare la logica che da più di 160anni prevale e mantiene ogni centro di potere finanziario, politico, culturale al Nord e che vede il Mezzogiorno solo come una Colonia interna estrattiva. È ovvio che questo può avvenire solo in un’ottica meridionalista progressista e gramsciana al fine di dare una degna rappresentanza ai territori del Sud. Il tutto non in ottica revanscista, ne farebbe una Lega del Sud, ma solo di equilibrio nazionale, rispettando i principi costituzionali e andando a creare una sinergia positiva per tutta la Nazione, ma soprattutto per il bene di tutti i suoi cittadini. Non a caso l’unico boom economico e demografico l’Italia lo ha avuto nel periodo della Cassa del Mezzogiorno, che ha avuto molti più meriti che demeriti, anche se una propaganda interessata mette continuamente in luce solo questi ultimi.
Il Sud quindi alla fine di questa commedia, gestita dal governo più antimeridionale della storia della Repubblicasi ritroverà se va bene e come sempre con un’elemosina, ma i suoi cittadini, o comunque quelli che rimarranno, al pari di quelli dei territori che avranno la stragrande quota dei fondi si troveranno a dover ripagare con le tasse i debiti contratti dal governo con l’Europa per i prossimi decenni, nella stessa identica percentuale, pur avendo ricevuto poco o nulla.
Se a questo aggiungiamo anche l’Autonomia differenziata che ancora incombe e la situazione drammatica in cui versa la democrazia nel nostro Paese è facile capire come la prevista balcanizzazione sia dietro l’angolo, se non si interviene rapidamente per eliminare le sempre più insopportabili differenze ed iniquità territoriali. È ora di dare (degna) rappresentanza politica al Sud sia in Italia che in Europa, visto che anche l’Ue ha le sue colpe nell’indifferenza quasi assoluta dei politici meridionali in Europa visto che la Ue inizialmente ha sì dato delle raccomandazioni favorevoli al Mezzogiorno, ma poi per il Sud si è rivelata solo una matrigna, che prima non vigila e ora sottrae addirittura in favore della guerra.
Fonte: Meridione/Meridiani
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