Di Natale Cuccurese*
Lagarde fermati! I governi e perfino i banchieri chiedono alla Bce di andarci piano con i tassi
La politica monetaria della Banca centrale europea è troppo veloce e senza gradualità per l'aumento dei tassi di interesse. Che, avviato per contrastare l'inflazione, rischia di diventare un boomerang per tutti i paesi europei a partire dall’Italia. Infatti più sale il costo del denaro e più l'Italia finisce nei guai, gravata dal maxi debito pubblico.
Infatti i miliardi fino ad ora incassati del Pnrr sono prevalentemente serviti per diminuire il ricorso del Tesoro ad altre fonti di finanziamento, il cosiddetto “ricorso al mercato”, non certo per essere spesi nelle opere in programma. Chi festeggia è il ministero dell’Economia che ha potuto diminuire gli importi delle aste per finanziare il fabbisogno dell’anno ed il rifinanziamento del debito in scadenza.
Lo Stato aveva già pianificato spese per progetti in essere per 51,4 miliardi (investimenti di RFI in collegamenti ferroviari, sisma bonus, eco bonus, investimenti in transizione 4.0 delle imprese. Quasi tutti a vantaggio del solo Nord.), già incluse nell’indebitamento netto, per finanziare le quali il Tesoro avrebbe dovuto emettere titoli pubblici. Poi è arrivato il PNRR che si è sostituito come finanziatore, aggiungendo altri progetti fino a raggiungere 191,5 miliardi di investimenti.
Per esempio, nel 2025 dovremmo incassare 24 miliardi, ma spenderne per investimenti programmati ben 48. La differenza di 24 ci è stata già erogata, ma è finita nel calderone del bilancio dello Stato in questi due anni e andrà reperita sul mercato nel 2025. E se tra due anni ci fossero problemi nell’emissione di titoli pubblici?
Sta di fatto che il calendario secondo cui arrivano i soldi dall’Europa e quello secondo cui vengono spesi, sono (si spera temporaneamente) disallineati. L’effetto è che finora la Repubblica Italiana ha incassato decine di miliardi ma ne ha spesi solo una modesta frazione. Non a caso, è cronaca di questi giorni, Palazzo Chigi il 27 marzo ha dichiarato, riferito alla scadenza Pnrr, che ha chiesto di "Prolungare di un mese la fase di assessment". Il che significa che la Ue, visto che i progetti da presentare a fine marzo non sono stati presentati, non pagherà lo stato di avanzamento. Perché non c'è avanzamento. Mentre un Ministro del Governo ha dichiarato (la Stampa del 27 marzo) a proposito della situazione del Pnrr: "Dovremo rinunciare a metà dei fondi". Intanto Calderoli dichiara, in una intervista al Corriere del 26 marzo, di utilizzo dei Fondi di coesione (una tantum, per investimenti, già destinati ai territori più deboli) per finanziare i Lep, che richiederebbero invece risorse correnti e permanenti di bilancio.
La domanda che viene subito in mente: ma se in Italia non si riesce a rispettare il principio dell’addizionalità (i fondi europei devono sommarsi e non sostituire i fondi nazionali), come si può pensare di garantire con i fondi europei i Lep che richiedono risorse ben più cospicue e costanti nel tempo?!
Ecco anche perché la quota per il Sud indicata dalla Ue dal teorico 65% è crollata, grazie all’azione antimeridionale degli ultimi governi, all’attuale 24%, sempre teorico. E quando ce ne sarà bisogno per completare le opere dove andremo a prenderli? Perché, se li troveremo sul mercato, sarà la prova che non era necessario farci finanziare dalla Commissione con tutto il carrozzone di condizioni e burocrazia al seguito del PNRR, se non li troviamo le opere non saranno completate.
Così si arriva all’attacco finale all’Italia portato dalla BCE a guida Lagarde, che potrebbe portare a grandi problemi nel piazzare i nostri titoli pubblici nei prossimi mesi sul mercato con conseguente problemi per finire di realizzare le opere, ovviamente a partire da quelle (poche) finanziate (ad oggi parzialmente) nel Mezzogiorno e che comunque, come da un articolo del 24 marzo sul Quotidiano del Sud, vengono appaltate in larghissima parte a società multinazionali con sede legale al Nord (come Webuilt con sede legale a Milano), il che in tempi di federalismo fiscale non è proprio indifferente e infatti Salvini gongola...
Certo, bene che si costruiscano finalmente alcune infrastrutture nel Mezzogiorno, ma che almeno una quota degli appalti (così come avevamo chiesto già dal 2020) non sia riservato ad imprese meridionali attrezzate alla bisogna (ce ne sono) fa ben capire il gioco sottostante, cioè il solito, quello delle tre carte a danno del Sud...
In caso contrario non solo non si uscirà mai da una situazione di fatto coloniale, ma questa si accentuerà sempre di più. Adesso inizia ad essere più chiaro perchè questa “grande occasione” del Pnrr sta prendendo sempre più le sembianza di una truffa a tutto il Paese e una doppia truffa per il Mezzogiorno?
(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa
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