Di Natale Cuccurese*
Proprio quando servirebbe un progetto unitario di rinascita e coesione nazionale il governo pensa a riprogrammare le risorse del Pnrr destinate al Meridione a vantaggio delle regioni settentrionali. La stessa ipotesi vale anche per i fondi di coesione europei
È in arrivo la tempesta perfetta nei rapporti fra Nord e Sud in questo inizio di 2023, un aspetto che ha radici profonde e che in Italia si è sviluppato soprattutto negli ultimi quarant’anni di vita repubblicana come sottrazione progressiva di risorse al Sud a favore del Nord. Una situazione di discriminazione in termini di risorse da sempre gestita in modo monoculare dai vari governi che si sono succeduti negli anni e che è accelerata nell’ultimo ventennio con la modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001 con l’avvio del processo di Autonomia differenziata in base alla sola spesa storica e in perenne attesa della definizione di Lep, con conseguente progressivo trasferimento di risorse dal Sud a vantaggio del Nord per ben 840 Miliardi di Euro nel periodo 2000-20017 come ben dimostrato dall’ultimo rapporto Eurispes di fine gennaio 2020.
Gli interventi governativi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza addossano sulle amministrazioni locali l’anticipo della spesa per i progetti: con le casse comunali vuote e i bilanci in rosso per i continui mancati finanziamenti, però, rischiano di saltare molti interventi previsti, ovviamente partendo da Sud, come si denuncia da tempo. Già in precedenza senza un supporto alle amministrazioni con minore capacità progettuale, presenti soprattutto al Sud, dove la scarsità di personale visti i continui tagli imposti da Roma negli anni precedenti in nome della spending review che discende dall’Europa hanno inciso di più. Così senza attivare i poteri sostitutivi previsti dall’Art. 120 della Costituzione, le amministrazioni del Sud, che su questo non hanno colpe, rischiano di andare seriamente in difficoltà e non riuscire a rispettare i tempi richiesti.
A questa prima fase preparatoria si aggiunge ora, dallo scorso 16 febbraio, il fatto che il governo, nel provvedimento che ha modificato la governance del piano accentrando la regia nelle mani del ministro Fitto, non ha considerato una grossa criticità nelle modalità di erogazione dei fondi europei alle amministrazioni locali. Per dare seguito ai lavori degli svariati progetti, i Comuni dovranno ora anche accollarsi le spese per la loro realizzazione: pagare le fatture ai fornitori, farsi carico degli anticipi richiesti dalle imprese edili, eccetera. Solo in un secondo momento, rendicontando sulla piattaforma Regis le spese effettuate, queste saranno rimborsate e i progetti del Pnrr, effettivamente, si potranno dire realizzati attraverso i fondi del Recovery Plan europeo...
E' un colpo mortale alle amministrazione del Sud a tutto vantaggio di quelle del Nord che da sempre ricevono più fondi.
E' una vera e propria truffa che stanno preparando da due anni e ora leghisti e protoleghisti sono pronti a raccogliere i frutti del loro tessere nell’ombra, grazie alla complicità di qualche politicante del Sud a servizio. E' l'ultimo "sacco del Sud , quello finale, prima della balcanizzazione del paese grazie all'Autonomia differenziata.
Non a caso nei giorni scorsi la Simez ha lanciato l’allarme sul Pnrr a rischio perché appunto il 62% degli enti locali del Mezzogiorno è senza personale e in forte ritardo.
E' da più di un anno che si va ripetendo in ogni dove che, i Comuni, in stragrande maggioranza del Sud, non hanno tecnici a differenza dei territori della “Locomotiva”, e di conseguenza perderanno i fondi del Pnrr che saranno così trasferiti principalmente al Nord, col consenso di tutti o quasi i partiti in Parlamento. Così anche questi fondi che dovevano servire a iniziare a ridurre le diseguaglianze fra le due parti del Paese, come indicato dalla Ue, saranno intercettati dalle Regioni del Nord, come richiesto già un anno fa da Sala & Fontana. Detto che questo Pnrr per il Sud assume sempre più i connotati di una vera e propria “truffa”, visto che, a fronte di percentuali sempre minori di fondi che dovrebbero arrivare sui territori, il Mezzogiorno dovrà restituire con le tasse la stessa percentuale, del prestito rilevante ricevuto dalla Ue, delle aree più ricche, che stanno per intercettare e beneficiare della stragrande maggioranza dei fondi. Il tutto ovviamente graverà pro quota sulle tasche dei cittadini.
Intanto a Nord come a Sud grazie all’inefficienza dell’attuale governo, le norme senza decreti attuativi sono ben 470 e la struttura più indietro a livello percentuale, guarda caso, è proprio quella di Raffaele Fitto che tra le deleghe ha anche il Pnrr.
In poche parole le ipotesi sul tavolo sono le solite: tagli al Sud e (comunque) soldi a pioggia al Nord. Molto più semplice spremere come sempre il Sud privandolo di ogni stanziamento nazionale ed europeo invece di percorrere soluzioni diverse, invise a potentati e utili clientele. Ad esempio per finanziare gli interventi pubblici al di fuori del Pnrr si potrebbe cominciare dal recupero dei 7,5 miliardi di euro all’anno di tasse perse sulle imprese con sede nei paradisi fiscali, prevalentemente Ue, invece di dare a queste aziende con sede all’estero anche gli aiuti di Stato, nel cercare di recuperare i miliardi dell’evasione fiscale, di far pagare tasse adeguate alle multinazionali che si arricchiscono sul territorio nazionale invece di favorirle con una tassazione ridicola e casomai di studiare una adeguata tassazione progressiva invece di propugnare tasse piatte.
Questo vecchio approccio del Sud visto come un salvadanaio sempre a disposizione, dopo la presa di coscienza da parte di una moltitudine crescente di cittadini del Mezzogiorno che han preso atto delle discriminazioni da sempre subite a favore di territori la cui “virtuosità ed efficienza” è pura fantasia, potrebbe preludere, visto la contemporanea reiterazione delle richieste di “Secessione dei Ricchi” da parte dei governatori del Nord, le giornaliere e sempre più pesanti provocazioni mediatiche a reti unificate e lo stato di prostrazione economica di sempre più larghe fasce di popolazione del Sud, a quella “tempesta perfetta” comunque prodromica a cambiamenti epocali. Va ricordato che l’Autonomia differenziata è un progetto che nasce in Europa, ben vista da quelle lobby che da tempo “sponsorizzano” la creazione di una Macroregione Alpina che risolverebbe definitivamente le problematiche dell’industria tedesca, a partire da quella automobilistica, che vede proprio nelle tre “Regioni secessioniste” la presenza di filiere produttive senza le quali i colossi tedeschi andrebbero in crisi per mancanza di componenti. Prima però “dell’Anschluss” risulta evidentemente utile da parte di una certa classe predatoria del Nord completare del tutto il sacco giugulatorio del Sud affinché nulla di utile sia lasciato alle spalle, in una strategia ben orchestrata ed utile a mettere pezzi d’Italia l’uno contro l’altro.
Per fermare il tracollo nazionale sarebbe invece utile contrapporre alla visione egoistica e razzista del Regionalismo, figlio diretto su scala ridotta del nazionalismo, un progetto unitario di rinascita e coesione nazionale basato su solide tesi gramsciane, il solo che può permettere all’Italia di uscire dalla crisi, dare risposta alla richiesta di giustizia che sale dai cittadini, soprattutto da quei settori che più stanno soffrendo per questa emergenza a Nord come a Sud, e ripartire con eguali diritti e possibilità per ogni cittadino a prescindere dalla latitudine.
Anche per riaffermare queste idee saremo a Napoli alla manifestazione “Uniti e Uguali” del 17 Marzo a Napoli contro l’Autonomia diffrenziata.
(*) Presidente del Partito del Sud, Aderente Carta di Venosa
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