giovedì 12 gennaio 2023

LA TRUFFA DEL PNRR (4) "da Salvemini alle gabbie salariali"

 



Le "Rubriche della Meridionalità" | …di LEGGI, di NORME, di DIVARI.

di Natale Cuccurese (*)
LA TRUFFA DEL PNRR (4) | "da Salvemini alle gabbie salariali"
L’Italia post-unitaria era un’oligarchia ancorata al potere con le classi popolari ridotte a masse di salariati a basso costo e nel caso di proteste erano sempre pronti il manganello o il fucile. Il governo, grazie anche ad una legge elettorale ad hoc, era bloccato nelle mani dei soli “migliori”. Completamente traditi gli ideali del Risorgimento che si era rivelato essere stato, nei fatti, una “Rivoluzione del ricco”, utile solo alle classi sociali “ricche” e a danno delle classi popolari.
Se analizziamo la situazione dell’Italia attuale con i lavoratori con contratti sempre più precari e quindi a rischio, per non dire certezza, di sfruttamento, con l’apparato repressivo sempre pronto ad impedire le proteste di chi ancora si oppone, poche regole e solo a vantaggio dei più ricchi e delle loro imprese, con le elezioni bloccate da una legge elettorale sicuramente non rappresentativa dell’intero Paese e che vede la riduzione dei parlamentari a danno della rappresentanza democratica dei territori, ci rendiamo facilmente conto come l’Italia del 2023 sia più simile a quella oligarchica del 1921 che non alla modernità e alla democrazia.
Come se ciò non bastasse e visto che “i cittadini devono soffrire” (cit) il Governo di Destra-Centro oltre a voler presto abbattere il Reddito di Cittadinanza, vuole proseguire sulla via dell’Autonomia differenziata ed inoltre si appresta a validare l’idea di gabbie salariali, visto anche gli articoli sul tema dei giornali, mai in passato così frequenti e pressanti. Gli esempi sono molteplici nelle ultime settimane e vanno fra gli altri da “I percettori di reddito di cittadinanza fanno vita grama, ma non al Sud”, a chi scrive che “uno stipendio di 35.000 euro a Milano equivale a uno di 20.000 a Palermo”, fino ad arrivare a Carlo Cottarelli che sul Foglio pochi giorni fa dimostra di non vedere le diseguaglianze, dato che evidentemente per lui 18.500 euro procapite in Lombardia e 13.700 in Campania sono dati “uniformi”. Per Cottarelli evidentemente i prezzi della Sanità o di autobus e treni dipendono dalla latitudine. Con tutta evidenza leghisti e protoleghisti, di governo e oppofinzione, stanno già studiando l’arrivo di gabbie salariali, contro gli interessi dei lavoratori del Mezzogiorno, dopo il via libero definitivo allo Spacca-Italia di Calderoli a cui dicono, a parole, di opporsi.
In realtà in Italia le gabbie salariali sono in vigore già da tempo.
Dal 2003 al 2018, il reddito medio in termini reali ha perso l’8,3% del suo valore. Nello stesso periodo, il divario Nord-Sud è aumentato dell’1,6% e rispetto alla media nazionale le famiglie del Mezzogiorno guadagnano 478 euro al mese in meno. Nei nuclei in cui prevale il reddito da lavoro autonomo la crisi ha picchiato ancora più duramente: la perdita in termini reali è stata pari al 28,4%.
Nel 2018 il reddito medio nel Mezzogiorno era pari a 2.159 euro contro i 2.930 del Nord-Est e 2.887 euro del Nord-Ovest. Mentre una famiglia lombarda nel 2003 mediamente guadagnava 30.390 euro, nel 2017 è passata a 36.101 euro; stesso discorso in Emilia Romagna, dove i redditi sono saliti da 30.591 euro a 35.431 euro. Al Sud c’è stata, sì, una crescita ma più contenuta: in Campania, ad esempio, nel 2003 una famiglia aveva un reddito medio pari 23.124 euro, nel 2017 si è passati a 25.544 euro.
Ma è vero che al Sud “la vita costa meno”? No!
Soprattutto se consideriamo la scarsità di servizi: sanitari, scolastici, culturali e ricreativi, impiantistica sportiva, mercato (energetici assicurativi), pubblici essenziali, collegamenti. Di conseguenza per il cittadino si impennano i costi da sopportare, anche perché molto più spesso, rispetto ai cittadini del Nord, per sopperire alla mancanza di servizi si è obbligati a rivolgersi ai privati. A ciò si aggiunga che la tassazione regionale e comunale che grava sui cittadini del Sud è molto più alta a causa degli scarsi trasferimenti dello Stato
Chi lo dice? L’Istat, basta controllare le relative tabelle.
Le gabbie salariali accentuerebbero così solo la desertificazione del Mezzogiorno. Invece che pensare a come avere servizi e infrastrutture uguali in tutta l’Italia per far crescere le opportunità per l’intero Paese, si pensa a come ridurre i salari alla Macroregione più povera d’Europa, come da classifiche Eurostat. L’impoverimento del Mezzogiorno non è avvenuto per caso visto che, in modo particolare negli ultimi venticinque anni, guarda caso dalle prime affermazioni elettorali della Lega Nord, la forbice degli investimenti pubblici è andata a divaricarsi sempre più fra Nord e Sud del Paese, con una spesa costantemente maggiore, di almeno cinque volte, a favore del Nord anno su anno. Infatti al Sud mai sono andati finanziamenti statali corrispondenti almeno al 34% della popolazione residente, con tutta evidenza considerata di serie B.
Nel frattempo le tasse statali che gravano sui cittadini meridionali, quelli che ancora non sono emigrati, sono ovviamente le stesse di quelle dei cittadini delle Regioni più ricche e tali resteranno anche nella disgraziata ipotesi di introduzione delle gabbie salariali. E’questa la parte essenziale della “truffa” del PNRR. Non si capisce già oggi perché al Sud si devono pagare le tasse nella stessa percentuale dei cittadini del Nord data la disparità di investimenti statali ed il continuo trasferimento monoculare di risorse che al Sud si ripercuote appunto in meno servizi, figuriamoci se ora venissero introdotte le gabbie salariali. Tutto ciò che fa correre Milano rallenta Napoli (Teoria della Locomotiva), come ha dichiarò tempo fa Tambellini ex rettore della Bocconi al Foglio. Dichiarazioni subito dopo riprese ed elogiate all’epoca, sullo stesso quotidiano, da Padoan ex ministro economia dei governi Renzi e Gentiloni. Ovviamente per questa teoria, recentemente considerata priva di fondamento dagli economisti americani, vale anche il contrario: ciò che fa correre Napoli rallenta Milano. Con tutta evidenza il differenziale Nord/Sud è quindi voluto e ricercato da chi da sempre guida la politica del Paese, in barba alla Costituzione, in particolare dell’Art. 3.
Pertanto non desta stupore il taglio dei fondi del Pnrr, dal 65% da destinare al Sud come indicato dall’Europa, al 40%, fino al più recente 24% definito pochi già fa dal MISE (come già ricordato nella prima puntata di questa Rubrica), senza fornire nessuna giustificazione da parte del Governo, visto poi che questa percentuale già ridotta rischia di rimanere solo sulla carta senza definizione di target territoriali. La Commissione europea al corrente della situazione tace rendendosi complice della sottrazione.
Poco più di un anno fa Bankitalia ha proposto un approccio totalmente diverso al problema, basato su studi e tabelle inoppugnabili che dimostrano quello che appare sempre più evidente a tutti, tranne che ai liberisti al governo, e cioè che per crescere l'Italia deve ridurre il divario tra Nord e Sud e rilanciare gli investimenti pubblici al Sud: "La competitività delle imprese è strettamente legata alla disponibilità di una rete adeguata di trasporti e di telecomunicazioni", rete trasporti in particolare che come risaputo al Sud non è adeguata. Purtroppo l’appello di Via Nazionale non pare aver suscitato particolare attenzione nel Governo.
Privatizzare tutto e anche di più, prossimo aumento età pensionabile, gabbie salariali, SSN sempre più svuotato, Autonomia differenziata in dirittura d’arrivo, taglio dei finanziamenti alle Università del Centro Sud, mancanza di lavoro, eliminazione del RdC. Questo e anche di peggio prevede il progetto ultra liberista del governo. Un Paese che va a marcia indietro, dove non si intravede un futuro ma solo un passato che non passa, in attesa di una primavera che si preannuncia calda come non mai.
(*) Aderente Carta di Venosa, Presidente del Partito del Sud


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Le "Rubriche della Meridionalità" | …di LEGGI, di NORME, di DIVARI.

di Natale Cuccurese (*)
LA TRUFFA DEL PNRR (4) | "da Salvemini alle gabbie salariali"
L’Italia post-unitaria era un’oligarchia ancorata al potere con le classi popolari ridotte a masse di salariati a basso costo e nel caso di proteste erano sempre pronti il manganello o il fucile. Il governo, grazie anche ad una legge elettorale ad hoc, era bloccato nelle mani dei soli “migliori”. Completamente traditi gli ideali del Risorgimento che si era rivelato essere stato, nei fatti, una “Rivoluzione del ricco”, utile solo alle classi sociali “ricche” e a danno delle classi popolari.
Se analizziamo la situazione dell’Italia attuale con i lavoratori con contratti sempre più precari e quindi a rischio, per non dire certezza, di sfruttamento, con l’apparato repressivo sempre pronto ad impedire le proteste di chi ancora si oppone, poche regole e solo a vantaggio dei più ricchi e delle loro imprese, con le elezioni bloccate da una legge elettorale sicuramente non rappresentativa dell’intero Paese e che vede la riduzione dei parlamentari a danno della rappresentanza democratica dei territori, ci rendiamo facilmente conto come l’Italia del 2023 sia più simile a quella oligarchica del 1921 che non alla modernità e alla democrazia.
Come se ciò non bastasse e visto che “i cittadini devono soffrire” (cit) il Governo di Destra-Centro oltre a voler presto abbattere il Reddito di Cittadinanza, vuole proseguire sulla via dell’Autonomia differenziata ed inoltre si appresta a validare l’idea di gabbie salariali, visto anche gli articoli sul tema dei giornali, mai in passato così frequenti e pressanti. Gli esempi sono molteplici nelle ultime settimane e vanno fra gli altri da “I percettori di reddito di cittadinanza fanno vita grama, ma non al Sud”, a chi scrive che “uno stipendio di 35.000 euro a Milano equivale a uno di 20.000 a Palermo”, fino ad arrivare a Carlo Cottarelli che sul Foglio pochi giorni fa dimostra di non vedere le diseguaglianze, dato che evidentemente per lui 18.500 euro procapite in Lombardia e 13.700 in Campania sono dati “uniformi”. Per Cottarelli evidentemente i prezzi della Sanità o di autobus e treni dipendono dalla latitudine. Con tutta evidenza leghisti e protoleghisti, di governo e oppofinzione, stanno già studiando l’arrivo di gabbie salariali, contro gli interessi dei lavoratori del Mezzogiorno, dopo il via libero definitivo allo Spacca-Italia di Calderoli a cui dicono, a parole, di opporsi.
In realtà in Italia le gabbie salariali sono in vigore già da tempo.
Dal 2003 al 2018, il reddito medio in termini reali ha perso l’8,3% del suo valore. Nello stesso periodo, il divario Nord-Sud è aumentato dell’1,6% e rispetto alla media nazionale le famiglie del Mezzogiorno guadagnano 478 euro al mese in meno. Nei nuclei in cui prevale il reddito da lavoro autonomo la crisi ha picchiato ancora più duramente: la perdita in termini reali è stata pari al 28,4%.
Nel 2018 il reddito medio nel Mezzogiorno era pari a 2.159 euro contro i 2.930 del Nord-Est e 2.887 euro del Nord-Ovest. Mentre una famiglia lombarda nel 2003 mediamente guadagnava 30.390 euro, nel 2017 è passata a 36.101 euro; stesso discorso in Emilia Romagna, dove i redditi sono saliti da 30.591 euro a 35.431 euro. Al Sud c’è stata, sì, una crescita ma più contenuta: in Campania, ad esempio, nel 2003 una famiglia aveva un reddito medio pari 23.124 euro, nel 2017 si è passati a 25.544 euro.
Ma è vero che al Sud “la vita costa meno”? No!
Soprattutto se consideriamo la scarsità di servizi: sanitari, scolastici, culturali e ricreativi, impiantistica sportiva, mercato (energetici assicurativi), pubblici essenziali, collegamenti. Di conseguenza per il cittadino si impennano i costi da sopportare, anche perché molto più spesso, rispetto ai cittadini del Nord, per sopperire alla mancanza di servizi si è obbligati a rivolgersi ai privati. A ciò si aggiunga che la tassazione regionale e comunale che grava sui cittadini del Sud è molto più alta a causa degli scarsi trasferimenti dello Stato
Chi lo dice? L’Istat, basta controllare le relative tabelle.
Le gabbie salariali accentuerebbero così solo la desertificazione del Mezzogiorno. Invece che pensare a come avere servizi e infrastrutture uguali in tutta l’Italia per far crescere le opportunità per l’intero Paese, si pensa a come ridurre i salari alla Macroregione più povera d’Europa, come da classifiche Eurostat. L’impoverimento del Mezzogiorno non è avvenuto per caso visto che, in modo particolare negli ultimi venticinque anni, guarda caso dalle prime affermazioni elettorali della Lega Nord, la forbice degli investimenti pubblici è andata a divaricarsi sempre più fra Nord e Sud del Paese, con una spesa costantemente maggiore, di almeno cinque volte, a favore del Nord anno su anno. Infatti al Sud mai sono andati finanziamenti statali corrispondenti almeno al 34% della popolazione residente, con tutta evidenza considerata di serie B.
Nel frattempo le tasse statali che gravano sui cittadini meridionali, quelli che ancora non sono emigrati, sono ovviamente le stesse di quelle dei cittadini delle Regioni più ricche e tali resteranno anche nella disgraziata ipotesi di introduzione delle gabbie salariali. E’questa la parte essenziale della “truffa” del PNRR. Non si capisce già oggi perché al Sud si devono pagare le tasse nella stessa percentuale dei cittadini del Nord data la disparità di investimenti statali ed il continuo trasferimento monoculare di risorse che al Sud si ripercuote appunto in meno servizi, figuriamoci se ora venissero introdotte le gabbie salariali. Tutto ciò che fa correre Milano rallenta Napoli (Teoria della Locomotiva), come ha dichiarò tempo fa Tambellini ex rettore della Bocconi al Foglio. Dichiarazioni subito dopo riprese ed elogiate all’epoca, sullo stesso quotidiano, da Padoan ex ministro economia dei governi Renzi e Gentiloni. Ovviamente per questa teoria, recentemente considerata priva di fondamento dagli economisti americani, vale anche il contrario: ciò che fa correre Napoli rallenta Milano. Con tutta evidenza il differenziale Nord/Sud è quindi voluto e ricercato da chi da sempre guida la politica del Paese, in barba alla Costituzione, in particolare dell’Art. 3.
Pertanto non desta stupore il taglio dei fondi del Pnrr, dal 65% da destinare al Sud come indicato dall’Europa, al 40%, fino al più recente 24% definito pochi già fa dal MISE (come già ricordato nella prima puntata di questa Rubrica), senza fornire nessuna giustificazione da parte del Governo, visto poi che questa percentuale già ridotta rischia di rimanere solo sulla carta senza definizione di target territoriali. La Commissione europea al corrente della situazione tace rendendosi complice della sottrazione.
Poco più di un anno fa Bankitalia ha proposto un approccio totalmente diverso al problema, basato su studi e tabelle inoppugnabili che dimostrano quello che appare sempre più evidente a tutti, tranne che ai liberisti al governo, e cioè che per crescere l'Italia deve ridurre il divario tra Nord e Sud e rilanciare gli investimenti pubblici al Sud: "La competitività delle imprese è strettamente legata alla disponibilità di una rete adeguata di trasporti e di telecomunicazioni", rete trasporti in particolare che come risaputo al Sud non è adeguata. Purtroppo l’appello di Via Nazionale non pare aver suscitato particolare attenzione nel Governo.
Privatizzare tutto e anche di più, prossimo aumento età pensionabile, gabbie salariali, SSN sempre più svuotato, Autonomia differenziata in dirittura d’arrivo, taglio dei finanziamenti alle Università del Centro Sud, mancanza di lavoro, eliminazione del RdC. Questo e anche di peggio prevede il progetto ultra liberista del governo. Un Paese che va a marcia indietro, dove non si intravede un futuro ma solo un passato che non passa, in attesa di una primavera che si preannuncia calda come non mai.
(*) Aderente Carta di Venosa, Presidente del Partito del Sud


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