in vista dell’insediamento della nuova
giunta regionale dell’Emilia Romagna ed in virtù dell’importante incarico a lei
conferito, siamo ad inviarle alcune domande su importanti temi di attualità su
cui siamo particolarmente sensibili e interessati alla sua opinione.
Autonomia differenziata:
La
Regione Emilia-Romagna è una delle tre Regioni che l’ha richiesta, a nostro
avviso improvvidamente come in solitudine abbiamo sostenuto in campagna
elettorale, ponendosi in scia alle egoistiche richieste delle Regioni leghiste di
Lombardia e Veneto. Bonaccini
non appena eletto ha riaffermato, lanciando quasi un diktat al governo, la
volontà di proseguire sulla strada tracciata della richiesta di Autonomia
differenziata, confermandosi ancora una volta come il miglior alleato dei
Presidenti Fontana e Zaia. Oggi il bubbone causato dall’emergenza coronavirus ha posto
in evidenza la gravità della situazione in campo sanitario, messa in risalto
anche dall’Oms, in relazione proprio al dedalo di regole male applicate e
contraddittorie fra le diverse Regioni che si comportano, nei fatti ed in tutta
evidenza, come staterelli autonomi e fuori controllo. Data la caotica situazione
sarebbe il caso a nostro avviso, vista
l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, di richiedere l’applicazione
immediata dell’articolo 120 della Costituzione laddove prevede la facoltà del
Governo di sostituirsi agli organi territoriali in caso di gravi pericoli per
la sicurezza pubblica.
È utile
poi ricordare che nell’ultimo decennio tutti i governi hanno attinto alla spesa
sanitaria per esigenze di finanza pubblica, sgretolando progressivamente la più
grande opera pubblica mai costruita in Italia. Servono decisioni politiche e
azioni immediate per invertire questa tendenza affinchè la Repubblica possa
nuovamente garantire il diritto alla tutela della salute non continuando ad
andare sulla strada della privatizzazione, come da tempo sta facendo il
Presidente Bonaccini. Occorre assicurare una
omogeneità sempre più spinta nei Livelli Essenziali di Assistenza. Una
omogeneità che solo una sanità nuovamente e pressoché integralmente in mano
allo stato nazionale può assicurare.
Il Robin Hood al contrario della salute che
sottrae quattrini ai poveri e li dona ai ricchi è uno dei fattori che
determinano l’allargamento della forbice delle disuguaglianze di salute tra i
cittadini del Sud, del Centro e del Nord. Un indicatore è la vita media
diversificata in queste diverse aree. Inoltre non bisogna dimenticare che il disegno autonomista con cui
Bonaccini si è messo sulla scia della Lega punta a realizzare un sistema
scolastico secondario regionale autonomo e diverso da quello statale che
gestisca edilizia scolastica, programmazione didattica e organico attraverso il
trasferimento delle necessarie risorse umane, finanziarie e strumentali. Di
fatto si andrebbe verso un sistema scolastico regionale parallelo a quello
statale che non può portare a nulla di buono per l’Emilia-Romagna e per
l’intero Paese.
L’unità
del Paese e della Repubblica si fonda su un sistema legislativo e fiscale
uguale per tutti i cittadini e sull’uguaglianza dell’accesso ai servizi
pubblici, dalla scuola, alla sanità, alle pensioni. L’autonomia differenziata
liquida definitivamente tutto ciò che tiene unito il Paese ed ha l’obiettivo di
condurlo verso la privatizzazione dei servizi a vantaggio di pochi e a danno
dei più, colpendo tutti i cittadini, quelli del nord come quelli del sud. Il progetto di Autonomia
regionale è un progetto che non abbiamo timore a definire eversivo perché lede i
principi e i diritti sociali previsti nella prima parte della Costituzione, che
di fatto verrebbero annullati. Spiace ricordare che Consiglieri regionali che
hanno fatto parte della sua compagine non solo hanno votato a suo tempo a
favore della richiesta ma ne sono stati addirittura firmatari e le chiediamo se è sua intenzione chiedere
il ritiro dell’intesa fra Regione e Governo (tutt’ora secretata) o quanto meno
chiederne la sospensione per avviare un dibattito pubblico che su un tema così
rilevante non è ancora stato portato avanti.
Lavoro, povertà e transizione ecologica
La crescita economica registrata in Emilia-Romagna negli ultimi anni ha
prodotto un aumento dei posti di lavoro, senza tuttavia ritornare ai numeri pre
crisi, ma non si è tradotta in un aumento dell’occupazione stabile e non ha
prodotto una riduzione della povertà. Lo dicono i dati dell’Osservatorio
dell’economia e del lavoro in Emilia-Romagna a cura di Ires Cgil che segnalano
una crescita dei contratti temporanei (nel 2019 il 18% di tutto il lavoro
dipendente) e la forte espansione del lavoro part-time (nel 2019 un altro 18% ma in questo caso sul totale degli occupati). Altro
dato da non sottovalutare è quello della disuguaglianza. In una regione in cui
il Pil nell’ultimo triennio è cresciuto del 5% non è seguita una riduzione
della povertà: i dati ci dicono che la povertà relativa in regione è arrivata
nel 2018 alla cifra del 5,4% della popolazione, facendo registrare uno
dei valori più alti dal 2006 ad oggi.
Occorre partire da questa fotografia per calare sul territorio un nuovo
patto per il lavoro - che secondo noi deve essere stabile, sicuro e di qualità -
connesso alla riduzione delle disuguaglianze, alla redistribuzione della
ricchezza e che si prefigga di ottenere più lavoro a tempo indeterminato, più
sicurezza sul posto di lavoro, parità retributiva tra uomini e donne e tutele
per le partite Iva mono-committenti o a basso reddito. Accanto a questi
obiettivi ne segnaliamo un altro, secondo noi strategico, che è quello della
riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario nel più ampio obiettivo della salvaguardia occupazionale e
dell’incremento dei posti di lavoro.
Dopo alcuni anni di crescita economica il 2019 ha
segnato per l’Emilia-Romagna l’avvio di una fase di raffreddamento
dell’economia con un Pil in frenata e i contraccolpi sull’economia regionale e
nazionale dovuti all’emergenza sanitaria da coronavirus non tarderanno ad
arrivare. Per questo riteniamo necessario che il nuovo patto per il lavoro escluda il licenziamento nelle
crisi aziendali e renda strutturale il ricorso ai contratti di solidarietà, anche
attraverso il contributo economico della regione a sostegno del reddito dei
lavoratori per minimizzare gli effetti negativi della riduzione degli
ammortizzatori sociali apportata dal governo Renzi.
Il lavoro non può essere dissociato dalla legalità. L’Emilia-Romagna
è al primo posto in Italia per esternalizzazioni fittizie di lavoro che
nascondono storie di uomini e donne senza alcun diritto e contratto e
l’esplosione del fenomeno delle false coop. è una piaga che va contrastata con quella
risolutezza che è in questi anni è mancata, a tutela dei lavoratori e della nobile
storia del mondo cooperativo che ha le radici proprio in questa regione.
Lavoro e salute, lavoro e tutela dell’ambiente non
possono più essere in competizione fra loro. Per questo crediamo indispensabile
e urgente politiche che favoriscano
la riconversione ecologica dell’industria più inquinante individuando forme di sostegno alle
imprese che investono nella transizione energetica ed ecologica e ai lavoratori
coinvolti in processi di riconversione produttiva.
Fra le deleghe che il presidente Bonaccini
le ha assegnato ci sono anche quelle al contrasto delle disuguaglianze e al
patto per il clima, e le chiediamo quali
misure pensa di mettere in campo per fare in modo che il lavoro diventi
strumento per creare buona occupazione e avviare la transizione ecologica,
visto che la passata giunta è responsabile
di un incremento esponenziale di lavoro precario, inversamente proporzionale
all’ incremento dell’export, e soprattutto di valore aggiunto per le
imprese (questo è stato il vero obiettivo della giunta Bonaccini),
tanto che Confindustria E.-R. ha espresso proprio giudizio positivo e il quotidiano di Confindustria -Il Sole24h-
plaude al modello emiliano che indica come paradigma per la ripresa
dell'economia italiana.
Storia e memoria:
I fatti che accadono ci dicono che non
si può più essere succubi
dell’egemonia culturale della destra italiana, come nel caso della mozione del Parlamento europeo che ha
equiparato fascismo e comunismo, offendendo storia e memoria della nostra
Regione, purtroppo votata anche da
europarlamentari del Pd e dalle destre unite. Una mozione che ha fatto da
battistrada alla presentazione della proposta di legge del deputato di FdI Cirielli
per la messa al bando dei Partiti Comunisti in Italia e che è richiamata in
diverse mozioni delle destre nei consigli comunali come grimaldello per becere
operazioni di revisionismo storico. Conseguenza indiretta di questa deriva sono
gli episodi ormai quotidiani di razzismo e di imbrattamenti quando non
devastazione di monumenti, cippi, statue, targhe ecc dedicati all’antifascismo
o ai suoi martiri, come recentemente accaduto in Romagna. Unico aspetto
positivo su questo fronte, visto la dura presa di posizione della Sindaca di
Marzabotto Valentina Cuppi sulla mozione europea durante l’ultima cerimonia di
commemorazione delle vittime in piazza a Marzabotto, è la sua recente elezione
della a Presidente del Partito Democratico. Anche nella sua veste di ex europarlamentare le chiediamo se ha intenzione di intervenire presso il
Presidente Sassoli perché in seno al Parlamento Europeo siano attivati i
meccanismi per la revisione della mozione, impegno che per altro il Presidente Sassoli presi
pubblicamente in piazza a Marzabotto.
Solidarietà europea
Sempre nella sua veste di ex europarlamentare vorremmo chiederle
se, in questo momento difficile per la nostra economia anche a causa dell’emergenza
sanitaria da coronavirus, la nostra Regione si appresti o meno a richiedere la
solidarietà europea tramite il Governo nazionale, sia con aiuti diretti sia in
termini di possibilità di sforare i parametri previsti. A noi pare evidente che le politiche di austerità abbiano
aggravato notevolmente le condizioni di difficoltà e disuguaglianza in merito
di welfare. L’Italia ha ad esempio rispetto alla Germania un differenziale
pesante in termini di percentuale di Pil impegnato in sanità che si traduce in
dislivelli di posti letto, medici e infermieri per numero di abitanti. I dati europei mostrano che le differenze preesistenti
tra gli Stati e interne agli Stati permangono e anzi si aggravano. L’Italia spende
per la salute 2.545 euro pro capite a fronte dei 5.056 della Germania. Abbiamo
un rapporto infermieri per 1.000 abitanti di 6,5 contro gli 8,4 della media europea
e i 12,9 della Germania. Per i posti letto la media è di 3,2 nel 2017 (era 3,9
nel 2007) a fronte degli 8 della Germania. Aldilà degli handicap storici
l’Italia ha subito 37 miliardi di tagli in 10 anni, 25 tra il 2010 e il 2015,
oltre 12 tra il 2015 e il 2019. Per altro il Def 2015 non è stato rispettato
nelle previsioni di spesa essendo questa ancorata ad un aumento del PIL che non
si è verificato, e tutto fa presupporre che la stessa situazione si verificherà
anche per quanto riguarda il bilancio per il 2022. Il risultato è che la spesa
sanitaria pro-capite in Italia, comprensiva di pubblico e privato, è di 3.428
dollari contro la media Ocse di 3.980 dollari media Ocse, ma se si calcola la
sola spesa pubblica si sta a 2545 dollari contro i 3038 dell’Ocse. Le
conseguenze sono che gli ospedali sono scesi da 1.165 del 2010 a 1.000 del 2017
(-14,6%). I medici da 244.350 a 242.532. I posti letto da 244.310 a 211.593.
Gli infermieri mancanti risulterebbero intorno ai 53 mila. Tagli,
privatizzazioni, spezzettamento regionalistico cominciato con la riforma del
titolo quinto e ora esasperato con l’autonomia differenziata (rispetto alla
quale i Lep, Livelli essenziali di prestazione, vista la situazione dei
dislivelli che è strutturale, non hanno alcun carattere risolutivo) appaiono
tre virus che si combinano e producono effetti gravissimi. Ora all’allarme
sanitario si aggiunge quello economico e l’Italia teme una recessione.
La realtà è che l'Europa non ha messo
in atto plitiche di armonizzazione e sostegno europeo al welfare agendo come
una Europa ad autonomia differenziata che "affida" l'integrazione al
mercato. Cosa che si è rilevata fallimentare.
Sostenibilità ambientale
Infine, visto le recenti prese di
posizione del Presidente Bonaccini, le chiediamo come intende far coincidere la
sua delega al patto per il clima con la volontà di Bonaccini di proseguire in
una politica volta al consumo di suolo, alla realizzazione di autostrade e alle
attività di trivellazione su terra e mare. Prese di posizione che stanno
causando irritazione in Comitati e Associazioni preoccupate della salute dell’ambiente
e dei cittadini tutti in una delle aree più inquinate del Continente.
Come
avrà capito vorremmo in poche parole sapere, come le scelte indicate e
rivendicate da Bonaccini sui temi sopra esposti, siano compatibili
con la sua visione progressista ed ecologista. Pronti anche ad un eventuale
dibattito-confronto, e restando comunque in attesa di una sua gradita risposta la
salutiamo augurandole buon lavoro a vantaggio di tutti i cittadini dell’Emilia
Romagna, nessuno escluso.
Stefano
Lugli – Partito della Rifondazione Comunista
Paolo
Viglianti – Partito Comunista Italiano
Natale
Cuccurese – Partito del Sud- Meridionalisti Progressisti
Stella
Maris Dante - Partito Umanista
.
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