Di Natale Cuccurese
Fonte: Tramsform!italia
In prossimità dell’inizio del “Laboratorio Sud”, organizzato da Left e Transform!italia, con la prima tappa di Lamezia Terme il 16 novembre 2019 e che proseguirà il suo tour in altre Regioni del Sud esplorando le principali problematiche che attanagliano lo sviluppo di quelle realtà, scrivo questo articolo che partendo dall’Autonomia differenziata si allarga in sintesi a problematiche che riguardano più da vicino la Regione sede della tappa. Sono ben consapevole che oltre alle tematiche che in sintesi cercherò di mettere in evidenza ve ne sono molte altre, alcune delle quali già saranno affrontate ed approfondite nel corso del meeting di sabato 16. Sono però certo che le principali emergenze che affliggono il Sud e che ci portano a parlare di “Nuova Questione Meridionale”, quasi sempre si ripropongono nei diversi territori, spesso immutate da decenni, per cui nel corso dei vari articoli cercherò di toccarle tutte, almeno per quanto riguarda quelle di maggior impatto e allarme sociale.
La puntata di Report di lunedì 4 novembre 2019 ha avuto il grande merito di aver finalmente portato all’attenzione del grande pubblico televisivo la vera e propria truffa che si sta consumando da anni ai danni dei cittadini del Sud. Intendiamoci, nulla che già non si sapesse da parte degli addetti ai lavori, ma troppo spesso questi argomenti delicati e drammatici sono silenziati sui media per volontà politica.
Quello che è balzato chiaramente in evidenza nel corso della trasmissione è come l’Autonomia differenziata sia un progetto classista, liberista, incostituzionale ed eversivo, che mette in pericolo l’unità stessa del Paese, così come da sempre vuole la Lega, che infatti ha ancora oggi al primo punto del suo statuto la “secessione della padania”.
Chi si accorda a queste richieste così come fanno, governatori secessionisti , parlamentari, intellettuali, gruppi di potere e governi si assumono interamente e a futura memoria la responsabilità di questa possibilità e della conseguente prossima e certo non auspicata “balcanizzazione” del Paese. Chi poi asseconda questo progetto partendo da posizioni progressiste di sinistra ha una responsabilità doppia, come in Emilia-Romagna, dove Bonaccini presenta ingannevolmente la propria richiesta di Autonomia differenziata come più moderata rispetto a quelle delle leghiste Lombardia e Veneto, quando in realtà la sua richiesta è ugualmente perniciosa e pericolosa per i cittadini e per la tenuta dell’unità nazionale. Indecente poi il balletto di chi “coraggiosamente” e da “sinistra” non solo sostiene elettoralmente queste richieste, presentando una lista a sostegno del Presidente sulla base del “voto utile” ad un fronte che predica un antifascismo di facciata, ma è addirittura firmatario in prima persona di risoluzioni a sostegno e definizione della richiesta di autonomia regionale.
Altrettando preoccupante poi in queste ore il balletto governativo che ha portato il Ministro Boccia non solo a non fermare il progetto leghista sposato dal Pd emiliano, ma a presentare bozze di discussione di “ Legge Cornice” da inserire del Ddl di bilancio ancora sulla base della “spesa storica”, “almeno per un anno” provvisoriamente in attesa della definizione dei Lep, al fine di procedere a firmare subito, sulla fiducia e al buio, gli accordi con le Regioni per il finanziamento delle nuove competenze e risorse, mentre il Parlamento si vedrebbe riservato solo un potere consultivo non vincolante. La cosa è molto preoccupante visto che “in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio”. La mancata definizione dei Lep, che comunque saranno oggetto di trattativa politica che potrebbe quindi riservare ancora sorprese per quanto concerne equità e uguaglianza di diritti e trattamento, ha infatti permesso, negli ultimi anni, un salasso di finanziamenti al Mezzogiorno di oltre 61 Miliari all’anno a vantaggio del Nord.
Invece di stabilire i fabbisogni standard per territorio, cioè determinare quali risorse minime sia giusto che lo Stato garantisca con imposte proprie o con la perequazione, si è scelto di ripartire i fabbisogni in base alla “spesa storica” , cioè in funzione di quel meccanismo perverso, quell’imbroglio, per cui a Reggio Calabria vi sono solo tre asili, mentre a i Reggio Emilia 60, pur con una popolazione inferiore, i finanziamenti relativi non avverranno sulla base delle reali esigenze, ma solo fotografando “storicamente” la situazione esistente, fino all’assurdo che in quei comuni dove ci sono 0 asili, i finanziamenti relativi non saranno mai stanziati pur in presenza di un numero elevato di bambini. Il che negli anni porta addirittura a far si che nelle Regioni “virtuose” si possa fornire l’asilo gratis alle famiglie, assorbendo finanziamenti in surplus per 700 Milioni di Euro all’anno non riconosciuti al Sud, mentre nel Mezzogiorno l’asilo in parecchie zone possono solo continuare a sognarlo. La cosa più vergognosa di questa operazione è che in aggiunta mistifica la realtà e fa definire spendaccioni Comuni virtuosi e viceversa alimentando stereotipi e razzismo.
Ecco perché quanto sta accadendo è incostituzionale ed è doveroso parlare di razzismo di Stato.
Attenzione però a intendere l’Autonomia regionale solo come un contrasto Sud/Nord, si farebbe un favore ai “padroni del vapore”: trattasi di un progetto neoliberista, con profonde radici europee, che mira alla privatizzazione progressiva e pervasiva di tutto ciò che oggi è inteso come welfare, sia a Nord che a Sud, a danno delle classi più deboli che già oggi si ritrovano impoverite dalla “crisi” dell’ultimo decennio e che domani, una volta privatizzata la sanità, avranno difficoltà a curarsi. Un tempo si sarebbe parlato di “lotta di classe”.
A Sud, oltre a questo, impatta anche il “razzismo di Stato” che mira a sganciare la colonia interna Mezzogiorno, dopo averla ben sfruttata e privata di diritti teoricamente garantiti dalla Costituzione, dal treno delle Regioni ricche padane che, come da desiderata europei, non devono perdere l’aggancio con le altre Regioni ricche del Nord Europa in un ipotetico e virtuoso traino, prima di creare una Europa a due velocità. Sganciando le Regioni del Sud Europa e trasformandole in mercato di manovalanza a basso costo, casomai con una moneta dedicata.
In un quadro nazionale già di per sé così tempestoso, muovendosi a difesa dei soli interessi delle Regioni del Nord il governo PentaDemocratico tramite il Ministro Speranza ha pensato di inviare una task force del Veneto per “commissariare” la chirurgia della Calabria.
Persino il giornale di Confindustria, il Sole 24 ore, di fronte a una così gigantesca operazione contro le ragioni della sanità calabrese, ha manifestato pochi giorni fa perplessità in merito: “Una mossa che alimenta qualche sospetto, a due mesi dalle elezioni regionali, in un territorio in cui il dibattito sull’autonomia differenziata contrappone radicalmente le parti in gioco e la questione sanità è una grande emergenza, a cominciare dal fabbisogno del personale e dai vincoli del piano di rientro
Il ministero della Salute ha recepito di fatto una decisione dello scorso giugno (al tempo del primo governo Conte), seguita a una richiesta di intervento alla regione Veneto proprio da parte del ministero. Il tutto a due mesi dalle elezioni”.
Il ministero della Salute ha recepito di fatto una decisione dello scorso giugno (al tempo del primo governo Conte), seguita a una richiesta di intervento alla regione Veneto proprio da parte del ministero. Il tutto a due mesi dalle elezioni”.
Dal che evince che il Conte 2 si muove in perfetto sintonia con il precedente governo Conte 1, sempre e solo a vantaggio delle Regioni ricche del Nord. Altro che discontinuità del governo giallo-rosso rispetto al precedente, il rosso in questo governo è estremamente pallido, forse un rosa, ma tendente al bianco.
Fra l’altro per quanto riguarda la Sanità giova ricordare che la Corte dei Conti ha da poco svelato il trucco contabile che permette alle “virtuose” Regioni del Nord di assumere dieci volte più di quelle del Sud, contraddicendo stereotipi rilanciati quotidianamente da media e politicanti.
Infatti nel 2018, rispetto al 2004, al Nord i costi per assumere nuovi dipendenti negli ospedali sono lievitati di oltre il 23%, mentre al Mezzogiorno solo dell’8,5%. Scarto che, nell’ultimo decennio, ha amplificato il divario, riuscendo a creare due sistemi sanitari.
Il governo Berlusconi nel 2010 impose un vincolo alla spesa per il personale sanitario: ogni Regione avrebbe potuto investire al massimo la stessa somma del 2004 ridotta dell’1,4%.
Un vincolo, però, che, come certificato dalla Corte dei Conti, è stato aggirato da Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, cioè coloro che hanno potuto garantire ugualmente il pareggio dei propri bilanci attingendo dal fondo autonomo.
Così, mentre Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana nel 2017, hanno speso 2,96 miliardi in più rispetto al 2014 per le assunzioni, nello stesso periodo il saldo totale di Abruzzo, Calabria, Campania, Puglia e Molise è di appena 247 milioni. Il Nord ha speso 10 volte di più rispetto al Sud, mentre la Calabria ha aumentato i suoi costi di appena 73 milioni.
Per non parlare poi del Fondo sanitario nazionale che già oggi, grazie alla ripartizione fatta a solo vantaggio del Nord delle “quote capitarie ponderate” dà 80 Euro in più a cittadino alle Regioni del Nord, la qual cosa è fra le prime cause della “emigrazione sanitaria” dal Sud per un valore annuo di ben 5 Miliardi. Bisogna rimarcare che senza questi soldi le Regioni “virtuose” andrebbero in disavanzo, ecco perché vi è la necessità politica di dover cronicizzare la situazione.
Quanto sopra senza considerare il disagio dei cittadini obbligati ad andare a curarsi lontano da casa, seguiti da parenti che gli danno assistenza, che devono affittare camere d’albergo, mangiare e così via, per cui oltre al dramma umano si sommano altri costi indotti, mai totalmente considerati, che alimentano l’economia del Nord a danno di quella del Sud. E’ un meccanismo ben oliato nei decenni che si ripete anche in altri campi, come per esempio in quella dell’emigrazione scolastica.
Come si vede una cosa tira l’altra in un quadro ben strutturato e a solo svantaggio dei cittadini del Sud. Ecco da cosa discendono commissariamenti e task force, il Sud non deve alzare la testa, andrebbe in frantumi il racconto dell’efficienza del ricco Nord. La cosa più ridicola è poi che, basandosi su questi dati, quando si parla di Cittadini di serie A, al Nord e cittadini si serie B, al Sud, c’è chi, come il governatore lombardo Fontana, arriccia il naso, non gradisce.
Bisognerebbe poi concentrarsi sulla mancanza di infrastrutture, lavoro, servizi, ma gran parte di questo verrà sviluppato nel corso dell’incontro di sabato pomeriggio a Lamezia da autorevoli esperti.
A questo punto normalmente ci si chiede quali possano essere le soluzioni da adottare per porre fine a questa situazione, fatto salvo l’ovvia critica a molti politici del Sud che poco hanno fatto negli ultimi decenni ed anche attualmente per opporsi a questa situazione, in troppi han preferito mettersi al servizio dei governi a trazione nordica di turno e dei propri interessi personali a danno della collettività locale.
Tracciamo CONCRETAMENTE solo tre proposte di “primo intervento”, che possono essere immediatamente operative:
1) STOP immediato ad ogni ipotesi di Autonomia differenziata. Non perché siamo contrari al principio di autonomia, anzi, ma perché questo tipo di autonomia, che già nel nome “differenziata” contiene la fregatura, è eversiva. Definizione immediata dei costi standard per territorio e conseguente ripartizione.
2) Interventi pubblici in deroga al pareggio di bilancio, imposto dall’Europa, per far ripartire l’occupazione, arginare povertà ed emigrazione. Politiche di innovazione che guardino al Sud. Far ripartire il Paese intero usando il Sud come volano di investimenti partendo dalle infrastrutture, non in chiave di contrasto col Nord del Paese ma di sinergia a vantaggio di tutti.
3) Riequilibrio infrastrutturale Nord-Sud. Nel Mezzogiorno vive il 34 % della popolazione a cui viene destinato il 20% circa di risorse, compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi. Bisogna porre fine a questa situazione ripartendo dal principio di equità.
Il rilancio del Paese passa obbligatoriamente dal rilancio del Sud come volano economico al fine di far ripartire l’intero Paese, anche in termini di PIL. Solo con il Sud il Paese può ripartire. L’Italia non può pensare di definirsi un grande paese democratico europeo se continuerà in barba a decenza e dettato costituzionale a trascurare le Regioni del Sud e ad umiliarne i cittadini. Se questa situazione non sarà affrontata e risolta con equità nulla di buono ci riserverà il futuro.
Fonte: Tramsform!italia
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