Di Natale Cuccurese
Come da noi ampiamente previsto e come dimostrato dal voto del 4 marzo, il Sud ha reagito un voto di protesta che ha pochi eguali nella storia unitaria.
D'altra parte ormai la situazione nel Mezzogiorno è quasi apocalittica se consideriamo che il Sud è afflitto da bassi livelli d’investimenti e scarsità di infrastrutture rispetto al nord, alta disoccupazione ( maggiore di tre volte rispetto al Nord), disoccupazione giovanile al record europeo in Calabria (58,7%), record europeo di Neet ( tre milioni e mezzo di giovani che non studiano più e non lavorano), povertà assoluta al 10% della popolazione più un 40% in povertà relativa, emigrazione verso il nord e l’estero a livelli record, problematiche ambientali e sanitarie, evasione scolastica vicina al 20%, ben 6 punti sopra la media nazionale, il doppio di quella europea, un sistema universitario messo alle strette per effetto di criteri "folli" nella ripartizione dei fondi che premiano le Università del nord, i comuni prossimi al default grazie alle folli politiche del pareggio di bilancio con conseguenti politiche socio-sanitarie quasi azzerate e trasporti locali ai minimi storici, un'aspettativa di vita più bassa di 5 anni rispetto alla media nazionale, natalità in forte calo causa emigrazione giovanile e si potrebbe ancora continuare a lungo ...
Peccato che a sinistra, malgrado gli allarmi da noi ripetutamente lanciati quasi nessuno è stato in grado di prevedere, o capire, o sia stato minimamente interessato ad intercettare il malcontento evidente. Un risultato che a noi appariva ovvio e scontato visto che il Sud già da un anni, grazie anche alle ultime politiche governative, provocatorie, quasi “coloniali”, aveva raggiunto l’apice del malcontento ed era ormai una polveriera pronta ad esplodere.
Un malcontento che si è dapprima espresso con una partecipazione compatta al referendum costituzionale del 4 dicembre, con il NO ad oltre il 70% medio regionale, per poi esplodere nel voto di protesta verso formazioni alternative, presentate dai media come antisistemiche.
In altre parole è riesplosa con forza una "Nuova Questione Meridionale", come da punto 14 del programma di Potere al Popolo, unica lista presente alle elezioni con proposte concrete e soluzioni per arginare la situazione disastrosa in atto al Sud.
Questo per rimarcare ancora come poco o nulla in realtà importi alla politica italiana di qualsiasi colore e tendenza del Mezzogiorno e del destino dei suoi abitanti. Spesso discriminati da politicanti e media o trattati con bonaria sufficienza. Ma si sa, i meridionali si lamentano sempre…
Tutto era già scritto nella realtà dei fatti, certificata da freddi grafici e brutali statistiche, bastava fare lo sforzo di leggerle, ma nemmeno quello si è voluto fare. Solo disinteresse e fastidio, anche di gran parte dell’attuale sinistra, forse compromessa da anni di frequentazioni di "salotti buoni"...
Giunti quasi al punto di non ritorno, della situazione drammatica del Mezzogiorno, inizia ad occuparsene, finalmente, anche il Corriere della Sera ove il 9 Aprile si legge, ad opera di F. Fubini:
"Il Mezzogiorno sta vivendo una ripresa, un po’ più lenta rispetto al resto del Paese, dove a sua volta è più lenta rispetto al resto d’Europa. Vanta alcuni distretti competitivi, segnala Intesa Sanpaolo, come la meccatronica e l’agroalimentare in Puglia o la mozzarella di bufala campana. Ma niente di tutto questo cambia il quadro di fondo: gli anni dell’euro al Sud hanno coinciso con una catastrofe economica con pochi paragoni nella storia europea.
Dall’inizio del secolo il Meridione è rimasto indietro rapidamente: in termini di reddito lordo, ha perso un terzo sulla media dell’Unione europea, il 30% sulla Germania, il 27% sull’area euro e circa il 40% sulla Spagna; l’arretramento sul centro-nord dell’Italia è stato di oltre dieci punti, persino sulla Grecia di cinque (i dati sono basati su stime della Svimez).
In tutta Europa solamente in Campania, Calabria e Sicilia metà della popolazione o oltre viene considerata da Eurostat a rischio di povertà e di esclusione sociale. La stessa agenzia europea mostra che, stimando il reddito per abitante in proporzione al costo della vita, il Mezzogiorno ormai viaggia al livello della Lettonia, più indietro della Lituania e dell’Ungheria, quando ventanni fa era molto più avanti. Nel 2015 circa quattro abitanti del Sud su dieci non avevano mai usato Internet, sempre secondo Eurostat, valori registrati solo in una singola regione greca e in parti della Romania.
Criticare e ancor meno deridere non avrebbe senso. Per motivi che hanno poco a che fare con Bruxelles o Francoforte, l’esperienza del Mezzogiorno nell’euro finora è stata un drammatico fallimento ma adesso il tempo stringe: dall’inizio del secolo quest’area ha visto emigrare un decimo dei suoi abitanti, i più dinamici e istruiti. E provateci voi a vendere una casa, quando tanta gente vuole andarsene. Al Sud milioni di famiglie hanno profuso i loro risparmi in immobili che oggi hanno un valore di mercato residuale. "
A dimostrazione di quanto disinteresse ci sia verso i cittadini del Sud e le loro istanze la dichiarazione di alcuni giorni fa di Luigi Marattin deputato del PD, che afferma come la quota attuale degli investimenti al Sud sia superiore al 34%. Su questo punto però ci viene in aiuto uno studio apparso sulla Voce.info: " Ma al PD sbagliano i conti sugli investimenti al Sud", di G. Guzzi e M. Lisciandro, che confuta i dati riportati dall' On. Marattin, e che si conclude con il seguente "Verdetto : Marattin cita dati corretti ma non pertinenti a una confutazione delle dichiarazioni di Pasquale Tridico. Non solo sembra ignorare la distinzione tra risorse ordinarie e aggiuntive, ma sbaglia l’aggregato di riferimento, poiché ciò che bisogna prendere in considerazione per stabilire se lo stato rispetti la cosiddetta quota 34 (fissata oltretutto per legge dal governo di cui era consulente economico) sono solo le risorse ordinarie. La dichiarazione di Luigi Marattin è pertanto Falsa."
Detto quindi di quello che sembra, vista anche la fonte, l’ennesimo grave errore di calcolo partorito ai danni dei cittadini del Sud, bisogna capire come fare per far risalire la china al Mezzogiorno e ai suoi cittadini, non certo contro il nord, ripetiamo, ma come volano economico al fine di far ripartire l’intero paese anche in termini di PIL.
Proviamo a tracciare solo tre proposte di “primo intervento”, che soprattutto in campo progressista sarebbe meglio trovassero sponda, vista la situazione comatosa della sinistra italiana; eccone alcune:
1) Interventi pubblici in deroga al pareggio di bilancio imposto dall’Europa a trazione tedesca, al fine di far ripartire l’occupazione, arginare povertà ed emigrazione.
2) Politiche di innovazione che guardino al Sud. Industria 4.0 è una seria opportunità per le sole regioni del Centro-Nord (come sempre), ma non c’è traccia del Mezzogiorno. Senza correzioni si corre il rischio che la incombente rivoluzione tecnologica generi un ulteriore aumento del divario nord-sud ed un ulteriore impoverimento del Mezzogiorno
3) Riequilibrio Nord-Sud. Nel Mezzogiorno vive il 34 % della popolazione a cui viene destinato il 20% circa di risorse, compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi.
La nostra proposta, espressa nel libro “Con il Sud si riparte”, prevede la clausola 1 metro x 1 metro.
In altre parole se lo Stato investe in un metro di strada, ferrovia, aeroporto, ospedale, scuola, asilo e cosi via al Nord, lo stesso deve fare anche al Sud, congelando così, almeno in questa prima fase, la situazione all’attuale diversità di sviluppo infrastrutturale e non permettendo così una ulteriore differenziazione a scapito del Sud.
Già questo sarebbe un vantaggio per il Sud, un grosso passo in avanti rispetto alla situazione attuale a dimostrazione di come la situazione sia deteriorata.
In alternativa si riparta almeno dalla clausola Ciampi: 45% di investimenti in conto capitale destinati al sud e da una seria riflessione sul ruolo di cassa depositi e prestiti.
Vedremo nei prossimi mesi se alla prova dei fatti le promesse più demagogiche fatte da chi ha vinto le ultime elezioni non saranno mantenute, come io credo, dove e come si andrà a ripercuotere questo sentimento di rabbia, frustrazione e rivolta che sempre più forte sale al Sud. Un sentimento che dobbiamo prepararci ad intercettare. Abbiamo davanti praterie di consenso se sapremo rispondere alle esigenze territoriali della parte più martoriata del Paese, colpita dalla crisi e dalla austerità europea.
Intanto emerge dai dati, e lo dicevamo da tempo, un paese diviso in due, soprattutto nei tassi di occupazione. E c’è pure chi cade dal pero e si chiede il perché del voto di protesta del 4 Marzo al Sud. Il Mezzogiorno non è in cerca di assistenzialismo.
Semplicemente al Sud disoccupazione e precarietà sono molto più diffuse che nel resto d'Italia, grazie soprattutto alle politiche governative degli ultimi 25 anni, e il reddito non basta per vivere con dignità.
Il rilancio del Paese passa obbligatoriamente dal rilancio del Sud.
Che il Mezzogiorno fosse da tempo una "polveriera" e che avrebbe giustamente reagito allo stato attuale delle cose l'abbiamo sostenuto più volte e con forza negli ultimi mesi. Peccato che a a sinistra i temi Sud non siano stati sempre messi bene a fuoco e tenuti in maggiore evidenza in campagna elettorale, anche per non lasciare mano libera a qualunquisti e destra. Ora che se ne paga il giusto scotto è inutile lamentarsi. Bisogna concentrarsi su questo dato e da qui ripartire per capire come la sinistra può intercettare questo malcontento e questa richiesta di maggiore attenzione ed equità che giunge forte dai territori. Lavoriamo a questo da subito con chi a sinistra lo vuole o riesce a capire...
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lunedì 9 aprile 2018
RIPARTIRE DA SUD, UNA STRADA OBBLIGATA PER LE FORZE PROGRESSISTE
Di Natale Cuccurese
Come da noi ampiamente previsto e come dimostrato dal voto del 4 marzo, il Sud ha reagito un voto di protesta che ha pochi eguali nella storia unitaria.
D'altra parte ormai la situazione nel Mezzogiorno è quasi apocalittica se consideriamo che il Sud è afflitto da bassi livelli d’investimenti e scarsità di infrastrutture rispetto al nord, alta disoccupazione ( maggiore di tre volte rispetto al Nord), disoccupazione giovanile al record europeo in Calabria (58,7%), record europeo di Neet ( tre milioni e mezzo di giovani che non studiano più e non lavorano), povertà assoluta al 10% della popolazione più un 40% in povertà relativa, emigrazione verso il nord e l’estero a livelli record, problematiche ambientali e sanitarie, evasione scolastica vicina al 20%, ben 6 punti sopra la media nazionale, il doppio di quella europea, un sistema universitario messo alle strette per effetto di criteri "folli" nella ripartizione dei fondi che premiano le Università del nord, i comuni prossimi al default grazie alle folli politiche del pareggio di bilancio con conseguenti politiche socio-sanitarie quasi azzerate e trasporti locali ai minimi storici, un'aspettativa di vita più bassa di 5 anni rispetto alla media nazionale, natalità in forte calo causa emigrazione giovanile e si potrebbe ancora continuare a lungo ...
Peccato che a sinistra, malgrado gli allarmi da noi ripetutamente lanciati quasi nessuno è stato in grado di prevedere, o capire, o sia stato minimamente interessato ad intercettare il malcontento evidente. Un risultato che a noi appariva ovvio e scontato visto che il Sud già da un anni, grazie anche alle ultime politiche governative, provocatorie, quasi “coloniali”, aveva raggiunto l’apice del malcontento ed era ormai una polveriera pronta ad esplodere.
Un malcontento che si è dapprima espresso con una partecipazione compatta al referendum costituzionale del 4 dicembre, con il NO ad oltre il 70% medio regionale, per poi esplodere nel voto di protesta verso formazioni alternative, presentate dai media come antisistemiche.
In altre parole è riesplosa con forza una "Nuova Questione Meridionale", come da punto 14 del programma di Potere al Popolo, unica lista presente alle elezioni con proposte concrete e soluzioni per arginare la situazione disastrosa in atto al Sud.
Questo per rimarcare ancora come poco o nulla in realtà importi alla politica italiana di qualsiasi colore e tendenza del Mezzogiorno e del destino dei suoi abitanti. Spesso discriminati da politicanti e media o trattati con bonaria sufficienza. Ma si sa, i meridionali si lamentano sempre…
Tutto era già scritto nella realtà dei fatti, certificata da freddi grafici e brutali statistiche, bastava fare lo sforzo di leggerle, ma nemmeno quello si è voluto fare. Solo disinteresse e fastidio, anche di gran parte dell’attuale sinistra, forse compromessa da anni di frequentazioni di "salotti buoni"...
Giunti quasi al punto di non ritorno, della situazione drammatica del Mezzogiorno, inizia ad occuparsene, finalmente, anche il Corriere della Sera ove il 9 Aprile si legge, ad opera di F. Fubini:
"Il Mezzogiorno sta vivendo una ripresa, un po’ più lenta rispetto al resto del Paese, dove a sua volta è più lenta rispetto al resto d’Europa. Vanta alcuni distretti competitivi, segnala Intesa Sanpaolo, come la meccatronica e l’agroalimentare in Puglia o la mozzarella di bufala campana. Ma niente di tutto questo cambia il quadro di fondo: gli anni dell’euro al Sud hanno coinciso con una catastrofe economica con pochi paragoni nella storia europea.
Dall’inizio del secolo il Meridione è rimasto indietro rapidamente: in termini di reddito lordo, ha perso un terzo sulla media dell’Unione europea, il 30% sulla Germania, il 27% sull’area euro e circa il 40% sulla Spagna; l’arretramento sul centro-nord dell’Italia è stato di oltre dieci punti, persino sulla Grecia di cinque (i dati sono basati su stime della Svimez). In tutta Europa solamente in Campania, Calabria e Sicilia metà della popolazione o oltre viene considerata da Eurostat a rischio di povertà e di esclusione sociale. La stessa agenzia europea mostra che, stimando il reddito per abitante in proporzione al costo della vita, il Mezzogiorno ormai viaggia al livello della Lettonia, più indietro della Lituania e dell’Ungheria, quando ventanni fa era molto più avanti. Nel 2015 circa quattro abitanti del Sud su dieci non avevano mai usato Internet, sempre secondo Eurostat, valori registrati solo in una singola regione greca e in parti della Romania. Criticare e ancor meno deridere non avrebbe senso. Per motivi che hanno poco a che fare con Bruxelles o Francoforte, l’esperienza del Mezzogiorno nell’euro finora è stata un drammatico fallimento ma adesso il tempo stringe: dall’inizio del secolo quest’area ha visto emigrare un decimo dei suoi abitanti, i più dinamici e istruiti. E provateci voi a vendere una casa, quando tanta gente vuole andarsene. Al Sud milioni di famiglie hanno profuso i loro risparmi in immobili che oggi hanno un valore di mercato residuale. "
A dimostrazione di quanto disinteresse ci sia verso i cittadini del Sud e le loro istanze la dichiarazione di alcuni giorni fa di Luigi Marattin deputato del PD, che afferma come la quota attuale degli investimenti al Sud sia superiore al 34%. Su questo punto però ci viene in aiuto uno studio apparso sulla Voce.info: " Ma al PD sbagliano i conti sugli investimenti al Sud", di G. Guzzi e M. Lisciandro, che confuta i dati riportati dall' On. Marattin, e che si conclude con il seguente "Verdetto : Marattin cita dati corretti ma non pertinenti a una confutazione delle dichiarazioni di Pasquale Tridico. Non solo sembra ignorare la distinzione tra risorse ordinarie e aggiuntive, ma sbaglia l’aggregato di riferimento, poiché ciò che bisogna prendere in considerazione per stabilire se lo stato rispetti la cosiddetta quota 34 (fissata oltretutto per legge dal governo di cui era consulente economico) sono solo le risorse ordinarie. La dichiarazione di Luigi Marattin è pertanto Falsa."
Detto quindi di quello che sembra, vista anche la fonte, l’ennesimo grave errore di calcolo partorito ai danni dei cittadini del Sud, bisogna capire come fare per far risalire la china al Mezzogiorno e ai suoi cittadini, non certo contro il nord, ripetiamo, ma come volano economico al fine di far ripartire l’intero paese anche in termini di PIL.
Proviamo a tracciare solo tre proposte di “primo intervento”, che soprattutto in campo progressista sarebbe meglio trovassero sponda, vista la situazione comatosa della sinistra italiana; eccone alcune:
1) Interventi pubblici in deroga al pareggio di bilancio imposto dall’Europa a trazione tedesca, al fine di far ripartire l’occupazione, arginare povertà ed emigrazione.
2) Politiche di innovazione che guardino al Sud. Industria 4.0 è una seria opportunità per le sole regioni del Centro-Nord (come sempre), ma non c’è traccia del Mezzogiorno. Senza correzioni si corre il rischio che la incombente rivoluzione tecnologica generi un ulteriore aumento del divario nord-sud ed un ulteriore impoverimento del Mezzogiorno
3) Riequilibrio Nord-Sud. Nel Mezzogiorno vive il 34 % della popolazione a cui viene destinato il 20% circa di risorse, compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi.
La nostra proposta, espressa nel libro “Con il Sud si riparte”, prevede la clausola 1 metro x 1 metro.
In altre parole se lo Stato investe in un metro di strada, ferrovia, aeroporto, ospedale, scuola, asilo e cosi via al Nord, lo stesso deve fare anche al Sud, congelando così, almeno in questa prima fase, la situazione all’attuale diversità di sviluppo infrastrutturale e non permettendo così una ulteriore differenziazione a scapito del Sud.
Già questo sarebbe un vantaggio per il Sud, un grosso passo in avanti rispetto alla situazione attuale a dimostrazione di come la situazione sia deteriorata.
In alternativa si riparta almeno dalla clausola Ciampi: 45% di investimenti in conto capitale destinati al sud e da una seria riflessione sul ruolo di cassa depositi e prestiti.
Vedremo nei prossimi mesi se alla prova dei fatti le promesse più demagogiche fatte da chi ha vinto le ultime elezioni non saranno mantenute, come io credo, dove e come si andrà a ripercuotere questo sentimento di rabbia, frustrazione e rivolta che sempre più forte sale al Sud. Un sentimento che dobbiamo prepararci ad intercettare. Abbiamo davanti praterie di consenso se sapremo rispondere alle esigenze territoriali della parte più martoriata del Paese, colpita dalla crisi e dalla austerità europea.
Intanto emerge dai dati, e lo dicevamo da tempo, un paese diviso in due, soprattutto nei tassi di occupazione. E c’è pure chi cade dal pero e si chiede il perché del voto di protesta del 4 Marzo al Sud. Il Mezzogiorno non è in cerca di assistenzialismo. Semplicemente al Sud disoccupazione e precarietà sono molto più diffuse che nel resto d'Italia, grazie soprattutto alle politiche governative degli ultimi 25 anni, e il reddito non basta per vivere con dignità. Il rilancio del Paese passa obbligatoriamente dal rilancio del Sud.
Che il Mezzogiorno fosse da tempo una "polveriera" e che avrebbe giustamente reagito allo stato attuale delle cose l'abbiamo sostenuto più volte e con forza negli ultimi mesi. Peccato che a a sinistra i temi Sud non siano stati sempre messi bene a fuoco e tenuti in maggiore evidenza in campagna elettorale, anche per non lasciare mano libera a qualunquisti e destra. Ora che se ne paga il giusto scotto è inutile lamentarsi. Bisogna concentrarsi su questo dato e da qui ripartire per capire come la sinistra può intercettare questo malcontento e questa richiesta di maggiore attenzione ed equità che giunge forte dai territori. Lavoriamo a questo da subito con chi a sinistra lo vuole o riesce a capire...
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Come da noi ampiamente previsto e come dimostrato dal voto del 4 marzo, il Sud ha reagito un voto di protesta che ha pochi eguali nella storia unitaria.
D'altra parte ormai la situazione nel Mezzogiorno è quasi apocalittica se consideriamo che il Sud è afflitto da bassi livelli d’investimenti e scarsità di infrastrutture rispetto al nord, alta disoccupazione ( maggiore di tre volte rispetto al Nord), disoccupazione giovanile al record europeo in Calabria (58,7%), record europeo di Neet ( tre milioni e mezzo di giovani che non studiano più e non lavorano), povertà assoluta al 10% della popolazione più un 40% in povertà relativa, emigrazione verso il nord e l’estero a livelli record, problematiche ambientali e sanitarie, evasione scolastica vicina al 20%, ben 6 punti sopra la media nazionale, il doppio di quella europea, un sistema universitario messo alle strette per effetto di criteri "folli" nella ripartizione dei fondi che premiano le Università del nord, i comuni prossimi al default grazie alle folli politiche del pareggio di bilancio con conseguenti politiche socio-sanitarie quasi azzerate e trasporti locali ai minimi storici, un'aspettativa di vita più bassa di 5 anni rispetto alla media nazionale, natalità in forte calo causa emigrazione giovanile e si potrebbe ancora continuare a lungo ...
Peccato che a sinistra, malgrado gli allarmi da noi ripetutamente lanciati quasi nessuno è stato in grado di prevedere, o capire, o sia stato minimamente interessato ad intercettare il malcontento evidente. Un risultato che a noi appariva ovvio e scontato visto che il Sud già da un anni, grazie anche alle ultime politiche governative, provocatorie, quasi “coloniali”, aveva raggiunto l’apice del malcontento ed era ormai una polveriera pronta ad esplodere.
Un malcontento che si è dapprima espresso con una partecipazione compatta al referendum costituzionale del 4 dicembre, con il NO ad oltre il 70% medio regionale, per poi esplodere nel voto di protesta verso formazioni alternative, presentate dai media come antisistemiche.
In altre parole è riesplosa con forza una "Nuova Questione Meridionale", come da punto 14 del programma di Potere al Popolo, unica lista presente alle elezioni con proposte concrete e soluzioni per arginare la situazione disastrosa in atto al Sud.
Questo per rimarcare ancora come poco o nulla in realtà importi alla politica italiana di qualsiasi colore e tendenza del Mezzogiorno e del destino dei suoi abitanti. Spesso discriminati da politicanti e media o trattati con bonaria sufficienza. Ma si sa, i meridionali si lamentano sempre…
Tutto era già scritto nella realtà dei fatti, certificata da freddi grafici e brutali statistiche, bastava fare lo sforzo di leggerle, ma nemmeno quello si è voluto fare. Solo disinteresse e fastidio, anche di gran parte dell’attuale sinistra, forse compromessa da anni di frequentazioni di "salotti buoni"...
Giunti quasi al punto di non ritorno, della situazione drammatica del Mezzogiorno, inizia ad occuparsene, finalmente, anche il Corriere della Sera ove il 9 Aprile si legge, ad opera di F. Fubini:
"Il Mezzogiorno sta vivendo una ripresa, un po’ più lenta rispetto al resto del Paese, dove a sua volta è più lenta rispetto al resto d’Europa. Vanta alcuni distretti competitivi, segnala Intesa Sanpaolo, come la meccatronica e l’agroalimentare in Puglia o la mozzarella di bufala campana. Ma niente di tutto questo cambia il quadro di fondo: gli anni dell’euro al Sud hanno coinciso con una catastrofe economica con pochi paragoni nella storia europea.
Dall’inizio del secolo il Meridione è rimasto indietro rapidamente: in termini di reddito lordo, ha perso un terzo sulla media dell’Unione europea, il 30% sulla Germania, il 27% sull’area euro e circa il 40% sulla Spagna; l’arretramento sul centro-nord dell’Italia è stato di oltre dieci punti, persino sulla Grecia di cinque (i dati sono basati su stime della Svimez). In tutta Europa solamente in Campania, Calabria e Sicilia metà della popolazione o oltre viene considerata da Eurostat a rischio di povertà e di esclusione sociale. La stessa agenzia europea mostra che, stimando il reddito per abitante in proporzione al costo della vita, il Mezzogiorno ormai viaggia al livello della Lettonia, più indietro della Lituania e dell’Ungheria, quando ventanni fa era molto più avanti. Nel 2015 circa quattro abitanti del Sud su dieci non avevano mai usato Internet, sempre secondo Eurostat, valori registrati solo in una singola regione greca e in parti della Romania. Criticare e ancor meno deridere non avrebbe senso. Per motivi che hanno poco a che fare con Bruxelles o Francoforte, l’esperienza del Mezzogiorno nell’euro finora è stata un drammatico fallimento ma adesso il tempo stringe: dall’inizio del secolo quest’area ha visto emigrare un decimo dei suoi abitanti, i più dinamici e istruiti. E provateci voi a vendere una casa, quando tanta gente vuole andarsene. Al Sud milioni di famiglie hanno profuso i loro risparmi in immobili che oggi hanno un valore di mercato residuale. "
A dimostrazione di quanto disinteresse ci sia verso i cittadini del Sud e le loro istanze la dichiarazione di alcuni giorni fa di Luigi Marattin deputato del PD, che afferma come la quota attuale degli investimenti al Sud sia superiore al 34%. Su questo punto però ci viene in aiuto uno studio apparso sulla Voce.info: " Ma al PD sbagliano i conti sugli investimenti al Sud", di G. Guzzi e M. Lisciandro, che confuta i dati riportati dall' On. Marattin, e che si conclude con il seguente "Verdetto : Marattin cita dati corretti ma non pertinenti a una confutazione delle dichiarazioni di Pasquale Tridico. Non solo sembra ignorare la distinzione tra risorse ordinarie e aggiuntive, ma sbaglia l’aggregato di riferimento, poiché ciò che bisogna prendere in considerazione per stabilire se lo stato rispetti la cosiddetta quota 34 (fissata oltretutto per legge dal governo di cui era consulente economico) sono solo le risorse ordinarie. La dichiarazione di Luigi Marattin è pertanto Falsa."
Detto quindi di quello che sembra, vista anche la fonte, l’ennesimo grave errore di calcolo partorito ai danni dei cittadini del Sud, bisogna capire come fare per far risalire la china al Mezzogiorno e ai suoi cittadini, non certo contro il nord, ripetiamo, ma come volano economico al fine di far ripartire l’intero paese anche in termini di PIL.
Proviamo a tracciare solo tre proposte di “primo intervento”, che soprattutto in campo progressista sarebbe meglio trovassero sponda, vista la situazione comatosa della sinistra italiana; eccone alcune:
1) Interventi pubblici in deroga al pareggio di bilancio imposto dall’Europa a trazione tedesca, al fine di far ripartire l’occupazione, arginare povertà ed emigrazione.
2) Politiche di innovazione che guardino al Sud. Industria 4.0 è una seria opportunità per le sole regioni del Centro-Nord (come sempre), ma non c’è traccia del Mezzogiorno. Senza correzioni si corre il rischio che la incombente rivoluzione tecnologica generi un ulteriore aumento del divario nord-sud ed un ulteriore impoverimento del Mezzogiorno
3) Riequilibrio Nord-Sud. Nel Mezzogiorno vive il 34 % della popolazione a cui viene destinato il 20% circa di risorse, compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi.
La nostra proposta, espressa nel libro “Con il Sud si riparte”, prevede la clausola 1 metro x 1 metro.
In altre parole se lo Stato investe in un metro di strada, ferrovia, aeroporto, ospedale, scuola, asilo e cosi via al Nord, lo stesso deve fare anche al Sud, congelando così, almeno in questa prima fase, la situazione all’attuale diversità di sviluppo infrastrutturale e non permettendo così una ulteriore differenziazione a scapito del Sud.
Già questo sarebbe un vantaggio per il Sud, un grosso passo in avanti rispetto alla situazione attuale a dimostrazione di come la situazione sia deteriorata.
In alternativa si riparta almeno dalla clausola Ciampi: 45% di investimenti in conto capitale destinati al sud e da una seria riflessione sul ruolo di cassa depositi e prestiti.
Vedremo nei prossimi mesi se alla prova dei fatti le promesse più demagogiche fatte da chi ha vinto le ultime elezioni non saranno mantenute, come io credo, dove e come si andrà a ripercuotere questo sentimento di rabbia, frustrazione e rivolta che sempre più forte sale al Sud. Un sentimento che dobbiamo prepararci ad intercettare. Abbiamo davanti praterie di consenso se sapremo rispondere alle esigenze territoriali della parte più martoriata del Paese, colpita dalla crisi e dalla austerità europea.
Intanto emerge dai dati, e lo dicevamo da tempo, un paese diviso in due, soprattutto nei tassi di occupazione. E c’è pure chi cade dal pero e si chiede il perché del voto di protesta del 4 Marzo al Sud. Il Mezzogiorno non è in cerca di assistenzialismo. Semplicemente al Sud disoccupazione e precarietà sono molto più diffuse che nel resto d'Italia, grazie soprattutto alle politiche governative degli ultimi 25 anni, e il reddito non basta per vivere con dignità. Il rilancio del Paese passa obbligatoriamente dal rilancio del Sud.
Che il Mezzogiorno fosse da tempo una "polveriera" e che avrebbe giustamente reagito allo stato attuale delle cose l'abbiamo sostenuto più volte e con forza negli ultimi mesi. Peccato che a a sinistra i temi Sud non siano stati sempre messi bene a fuoco e tenuti in maggiore evidenza in campagna elettorale, anche per non lasciare mano libera a qualunquisti e destra. Ora che se ne paga il giusto scotto è inutile lamentarsi. Bisogna concentrarsi su questo dato e da qui ripartire per capire come la sinistra può intercettare questo malcontento e questa richiesta di maggiore attenzione ed equità che giunge forte dai territori. Lavoriamo a questo da subito con chi a sinistra lo vuole o riesce a capire...
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