Di Antonio Rosato
La storia di tutti i giorni ci insegna che la
morte non è uguale per tutti. Ci sono morti di serie A come i Casamonica a Roma
che bloccano la città, strade e spazi
aerei con elicotteri che lanciano petali di rose, e morti di serie B come le
migliaia di persone senza nome annegate senza ordine di età, sesso ed etnia nel
canale di Sicilia.
Sono esempi estremizzati ma che sintetizzano il concetto
chiaramente. Personalmente non ho ancora ben chiaro se per questi morti nel
canale di Sicilia “genocidio” sia il termine corretto da usare. Ma ad ogni modo
è qualcosa di molto simile, poiché scappano da guerre e miseria profonda
provocata da uomini. E torture e stupri ed esecuzioni sommarie vengono perpetrate
fin quando non si tocca terra europea.
Ma quando si legge la parola genocidio
subito la memoria corre veloce fino a quei campi di sterminio, o mattatoi veri
e propri, dove tanti Ebrei sono stati sterminati. Come se questa parola, genocidio, sia una loro esclusiva. Cose orrende sono state fatte dai nazisti, questo è oramai acclarato dalla
storia, e tanto se ne è giustamente parlato e
scritto e tanto fa discutere ancora. La parola genocidio e la parola Shoah
viaggiano quindi unite. Forse perché il massacro degli
ebrei è stato uno dei pochi genocidi riconosciuti da tutti e che giustamente si studiano anche sui libri di scuola.
Scuola che invece nasconde altre terrificanti crudeltà commesse dall’uomo.
E noi meridionali lo sappiamo bene, sulla nostra pelle, e mi riferisco a come è
stata unita l’Italia e quanto il sud ha pagato cara questa unità che ha unito,
di fatto, più gli istituti bancari che gli italiani.
Conosciamo quanto ha
scritto il nostro Presidente onorario Antonio Ciano in merito, e che per il
solo parlarne ha dovuto affrontare la giustizia italiana in lungo e in largo
solo per aver tirato fuori un argomento ancora scomodo dopo un secolo e
mezzo.
Anche noi meridionali dovremmo trovare un giorno per commemorare il
nostro genocidio e fermare le attività e scendere dalle macchine in autostrada
come fanno giustamente in Israele quando suonano le
sirene per ricordare i tanti innocenti caduti nei campi di sterminio.
Nessuna traccia però o quasi per i nostri defunti sui libri di storia. Un
genocidio che ancora si tiene volutamente nascosto, che fa vergognare taluni,
che si contesta, che ancora viene temuto e negato
ignobilmente.
Fortunatamente per merito di scrittori ed appassionati
ricercatori molto è stato scritto e molto si scopre ogni giorno su quel triste
periodo chiamato risorgimento. Proprio in questi giorni abbiamo partecipato ad
un "Processo alla Storia" sul Gen. Enrico Cialdini in Emilia Romagna, e su sue frasi come “Di Pontelandolfo
e Casalduni non rimanga pietra su pietra”. O frasi come quelle di Luigi
Carlo Farini, inviato nel Mezzogiorno da Cavour, scriveva a quest'ultimo:
"Ma, amico mio, che paesi son mai
questi, il Molise e la Terra di Lavoro! Che barbarie! Altro che Italia! Questa
e' Africa: i beduini a riscontro di questi caffoni, sono fior di virtu'
civile".
Non sono poi molto diverse invece
frasi o scritti, guarda caso partoriti più o meno nello stesso periodo storico, ma dall’altra parte dell’oceano Atlantico. “i pellerossa sono come i
lupi, feroci ma vigliacchi. Annientarli sarà una passeggiata (Col. William
Harney, 1855).
Oppure “ la soluzione del problema indiano è ammazzare tutti gli
indiani “ Gen. William Sherman,1868.
Tra America centrale e America del nord si parla
addirittura di 140 milioni di morti , un etnocidio molti lo
definiscono. Pensare che stime fatte nel 1890 parlavano di soli 250.000 nativi
ancora in vita nel Nord America. Un vero olocausto che per numeri fa
impallidire la Shoah.
Non solo per numeri, e vediamo perché.
Mentre nel nostro
meridione i massacri di massa e la caccia ai Briganti finirono, cosi come
l’entrata dei Russi ad Auschwitz hanno di fatto messo una pietra su una pagina
dolorosa della storia dell’umanità, cosi come la chiusura dei gulag hanno di
fatto messo fine ad altre barbarie, per i nativi d’America non è stato mai
cosi.
Prima ho parlato di etnocidio e non a caso. Si perché il programma
dell’estinzione della razza nativa non è mai terminata. Disarmati e costretti
alla resa, i nativi Americani furono accantonati in Riserve. Ma pur resi innocui
e disarmati il programma di etnocidio continuò in silenzio. Nel 1907 l’Indiana,
uno degli stati USA, approvò un programma di sterilizzazione forzata di massa.
Pratica poi fu adottata dalla Virginia e da altri 29 stati fino al 1979. Tra
parentesi in questa pratica incapparono anche alcuni nostri connazionali che
esodati in massa con la valigia di cartone in cerca di fortuna negli States, si
trovarono spesso tra le persone “socialmente inadeguate” che erano quelle
previste nel programma di sterilizzazione forzata.
Parti cesari non necessari e
morti di neonati inspiegabili vengono fuori solo negli anni 80 del secolo scorso dopo alcune
denunce. Ma anche queste, le denunce, sono motivo di ritorsioni politiche che
rendono la vita impossibile alle comunità native.
Alcolismo e suicidi sono
tutt’oggi primati che appartengono ai pellerossa.
Tra poco sarà Natale, ma subito
dopo si inizierà a parlare della giusta ricorrenza della Shoah, alla quale non
mancherà certo la nostra vicinanza e solidarietà. Ma ricordiamo anche gli altri
genocidi, non è possibile che milioni di persone sterminate senza motivo vengano ancora dimenticate. Iniziamo, come meridionali e come italiani, a
pensare ad un giorno dedicato alla nostra Shoah, quella terminata ben oltre l’assedio di Gaeta. Commemoriamo i nostri innocenti uomini, donne, bambini, massacrati in nome di una superiorità lombrosiana "nazifascista" che
non ci stancheremo mai di condannare ovunque essa si propone.
Non possono
esistere genocidi di serie A e genocidi di serie B. La lega nord con Salvini è
una fabbrica di slogan che basa la sua forza elettorale sull'attacco agli ultimi, i
più vulnerabili, i più indifesi che spesso sono i miracolati da quei massacri che
possiamo scorgere dalla nostra finestra di casa che si affaccia nel Mediterraneo. Spesso scampati ad uno dei tanti genocidi che si tace, che si
tiene nascosto, che si censura, forse perché molti occidentali hanno le
coscienze più nere della notte.
Noi siamo diversi e pensiamo che anche gli
ultimi degli ultimi possono essere una risorsa, e che abbiano il diritto di vivere liberamente e che non possono essere
lasciati al loro destino.
Il Dalai Lama ha detto una volta"Ci sono due giorni all'anno in
cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l'altro si chiama domani", perciò oggi
è il giorno giusto (aggiungo io)
per non fare distinzioni di razza, cultura, religione e differenze tra
immani tragedie.
Poi non si possono dimenticare i curdi e gli armeni. Non si può
dimenticare cosa è stato fatto in Cambogia. Non si può chiudere la pagina del
Ruanda come quella della vicina Bosnia o del Darfour. Non si può ignorare cosa
è successo a Timor Est e il costo in vite umane. I due milioni di nigeriani
massacrati per il petrolio a fine anni 60 del secolo scorso.
Il 27 gennaio non dovrebbe essere quindi un
giorno dedicato solo alla Shoah. Ricordiamo anche gli altri genocidi, tutti. Ad iniziare dai nostri contadini massacrati 150 anni fa. Non possono
esistere Genocidi di serie A e genocidi di serie B.
Vanno tutti
commemorati allo stesso modo.
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