venerdì 2 ottobre 2015
NULLA AVVIENE PER CASO: DAL REFERENDUM NO TRIV LA SPERANZA DI RIPARTENZA PER IL SUD
Di Natale Cuccurese
Grazie all’iniziativa di 10 Consigli Regionali (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto) che hanno presentato in Cassazione ben sei quesiti referendari, i cittadini italiani potranno scegliere in prima persona, con il voto referendario, il futuro energetico del Paese. Sarà infatti possibile abrogare l'articolo 35 del Decreto Sviluppo e parti dell'articolo 38 del Decreto Sblocca Italia. La Lombardia invece ha impugnato l'articolo 38, mentre l’Emilia Romagna non ha aderito, pur se il Governatore Bonaccini ha detto che approva la “carta anti trivelle di Termoli”.
In questi due articoli si trova insita la possibilità alle multinazionali dell'energia di permettere ricerca ed estrazione quasi illimitata di idrocarburi liquidi e gassosi, senza che la popolazione e la politica locale dei territori interessati abbiano voce in capitolo.
Sarebbero bastate solo cinque deliberazioni a favore del referendum, a norma dell’articolo 75 della Costituzione, il fatto che siano state in dieci Regioni a deliberarlo è un fatto estremamente significativo.
Altrettanto importante è che tutte le Regioni del Sud continentale si siano espresse in modo concorde a favore del referendum e contro le trivellazioni. Unica nota dolente la Regione Sicilia.
La Regione Puglia ha addirittura già previsto dei fondi per la comunicazione.
Il prossimo appuntamento sarà il 9 ottobre a Pescara con nuovo summit di quasi tutti i Governatori del Sud per valutare i passi successivi, come sempre in maniera congiunta. Si tratta del terzo incontro dopo quelli di Termoli e Bari, in quelle che noi del Partito del Sud auspichiamo come prove tecniche di Macroregione Sud.
Con questo passo i Governatori hanno deliberato di concentrare la strategia di difesa non solo ecologica, ma anche economica ed occupazionale, su settori importanti per lo sviluppo dei territori quali prodotti vitivinicoli, doc e dop, pesca e turismo su tutti, senza dimenticare la salvaguardia dei mari, dei territori e della salute delle popolazioni, affinché mari e territori non vengano devastati e la loro economia stravolta.
Capofila dell’iniziativa, che recepisce anche l'intuizione del Coord. Nazionale No Triv e di altre 200 Associazioni, è la Basilicata, con il Presidente Pino Lacorazza che chiede «che siano ripristinati i poteri delle Regioni».Secondo Lacorazza un altro dei punti sul tappeto è quello del diritto di proprietà privata, perché «un articolo dello `Sblocca Italia´ prevede che per 12 anni sia concesso il permesso di ricerca sui terreni privati alle società estrattrici» Il presidente lucana ribadisce che non si tratta di un caso di «nimby» («non in my back yard», non nel mio cortile): in Basilicata «abbiamo già la presenza di 70 impianti di trivellazione» - spiega: «non vogliamo “non sporcare il nostro giardino” e spostare il problema in quello degli altri, ma crediamo che la politica energetica dell’Italia debba raccordarsi con l’Unione europea, che non può soltanto occuparsi di moneta e burocrazia».
La Consulta ora valuterà l'ammissibilità dei quesiti referendari, che intervengono per dire un netto no alle trivelle in mare e in terra, oltre che per riaffermare il ruolo delle Regioni e degli enti locali nelle procedure che li riguardano.
La proposta referendaria che arriva in Cassazione si articola in cinque quesiti sulle disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Sblocca Italia), del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (sulle semplificazioni) e della legge 23 agosto 2004, n. 239 (riordino del settore energetico).
Il primo quesito chiede l’abrogazione del comma 1 dell’art. 38, del decreto Sblocca Italia che estende il vincolo all’esproprio dei terreni anche nella “fase di ricerca” e non solo alle attività di estrazione.
Il secondo quesito chiede l’abrogazione del comma 1 dell’art. 38, comma 1-bis, sempre del decreto Sblocca Italia, che riguarda il cosiddetto Piano delle aree con cui viene organizzata le attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi. Scopo dell’abrogazione referendaria è fare esprimere la Conferenza delle Regioni sul Piano delle aree non solo per le attività di ricerca sula terraferma ma anche in mare e di evitare che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si ricorra all’esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo. Il quesito, infine, si pone l’obbiettivo che non possano essere rilasciati nuovi titoli per le attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi fino a quando non sarà adottato il Piano delle aree.
Il terzo quesito riguarda la durata delle attività. L’art. 38 dello Sblocca Italia, infatti, ha tacitamente abrogato la previsione legislativa dei permessi e delle concessioni. Con il quesito si chiede intervenire sulla durata dei titoli concessori unici.
Il quarto quesito è relativo all’art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012 sulle semplificazioni,
la proposta referendaria mira ad abrogare la possibilità che per le infrastrutture,gli insediamenti strategici, le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi e le opere strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi, si possa esercitare il potere sostitutivo. Il quinto quesito completa logicamente il secondo e il quarto, dal punto di vista della partecipazione degli Enti territoriali e mira a far sì che l’intesa sul rilascio dei titoli minerari torni un “atto a struttura necessariamente bilaterale”, e cioè “superabile” dallo Stato solo a seguito di effettiva “trattativa” con le Regioni interessate. La normativa nazionale che si vuole abrogare mira a spossessare le Regioni dei poteri sulle attività estrattive, in questo caso quelle in mare.
Secondo i proponenti i referendum “È un atto arrogante di un governo che decide senza sentire gli enti locali e le Regioni, un regalo alle industrie petrolifere fatto proprio nel momento in cui emergono nuove fonti energetiche ben più ecologiche”.
Il referendum è l’unica possibilità che resta agli italiani per rimettere in discussione la Strategia Energetica Nazionale impostata dall'ultimo Governo Berlusconi, accettata dagli esecutivi successivi e rilanciata dal Governo Renzi.
Come Partito del Sud non possiamo che apprezzare l'azione dei Governatori che hanno supportato l’iniziativa referendaria a cominciare dal Governatore della Puglia Michele Emiliano che prosegue con convinzione e coerenza nell'applicazione del suo Programma, proprio come da noi del Partito del Sud proposto su questi punti a febbraio ed inserito nel Programma di Emiliano Sindaco di Puglia( http://sagra.micheleemiliano.it/la-puglia-traino-del-sud-e-dellintero-paese-con-michele-emiliano-presidente-2/ ), opponendosi così a qualsiasi progetto inquinante, o con relativo pericolo di inquinamento, avendo come riferimento principale rispetto a qualsiasi progetto economico la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini.
Nulla avviene per caso.
Grazie Presidente Emiliano, ed avanti così.
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Di Natale Cuccurese
Grazie all’iniziativa di 10 Consigli Regionali (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto) che hanno presentato in Cassazione ben sei quesiti referendari, i cittadini italiani potranno scegliere in prima persona, con il voto referendario, il futuro energetico del Paese. Sarà infatti possibile abrogare l'articolo 35 del Decreto Sviluppo e parti dell'articolo 38 del Decreto Sblocca Italia. La Lombardia invece ha impugnato l'articolo 38, mentre l’Emilia Romagna non ha aderito, pur se il Governatore Bonaccini ha detto che approva la “carta anti trivelle di Termoli”.
In questi due articoli si trova insita la possibilità alle multinazionali dell'energia di permettere ricerca ed estrazione quasi illimitata di idrocarburi liquidi e gassosi, senza che la popolazione e la politica locale dei territori interessati abbiano voce in capitolo.
Sarebbero bastate solo cinque deliberazioni a favore del referendum, a norma dell’articolo 75 della Costituzione, il fatto che siano state in dieci Regioni a deliberarlo è un fatto estremamente significativo.
Altrettanto importante è che tutte le Regioni del Sud continentale si siano espresse in modo concorde a favore del referendum e contro le trivellazioni. Unica nota dolente la Regione Sicilia.
La Regione Puglia ha addirittura già previsto dei fondi per la comunicazione.
Il prossimo appuntamento sarà il 9 ottobre a Pescara con nuovo summit di quasi tutti i Governatori del Sud per valutare i passi successivi, come sempre in maniera congiunta. Si tratta del terzo incontro dopo quelli di Termoli e Bari, in quelle che noi del Partito del Sud auspichiamo come prove tecniche di Macroregione Sud.
Con questo passo i Governatori hanno deliberato di concentrare la strategia di difesa non solo ecologica, ma anche economica ed occupazionale, su settori importanti per lo sviluppo dei territori quali prodotti vitivinicoli, doc e dop, pesca e turismo su tutti, senza dimenticare la salvaguardia dei mari, dei territori e della salute delle popolazioni, affinché mari e territori non vengano devastati e la loro economia stravolta.
Capofila dell’iniziativa, che recepisce anche l'intuizione del Coord. Nazionale No Triv e di altre 200 Associazioni, è la Basilicata, con il Presidente Pino Lacorazza che chiede «che siano ripristinati i poteri delle Regioni».Secondo Lacorazza un altro dei punti sul tappeto è quello del diritto di proprietà privata, perché «un articolo dello `Sblocca Italia´ prevede che per 12 anni sia concesso il permesso di ricerca sui terreni privati alle società estrattrici» Il presidente lucana ribadisce che non si tratta di un caso di «nimby» («non in my back yard», non nel mio cortile): in Basilicata «abbiamo già la presenza di 70 impianti di trivellazione» - spiega: «non vogliamo “non sporcare il nostro giardino” e spostare il problema in quello degli altri, ma crediamo che la politica energetica dell’Italia debba raccordarsi con l’Unione europea, che non può soltanto occuparsi di moneta e burocrazia».
La Consulta ora valuterà l'ammissibilità dei quesiti referendari, che intervengono per dire un netto no alle trivelle in mare e in terra, oltre che per riaffermare il ruolo delle Regioni e degli enti locali nelle procedure che li riguardano.
La proposta referendaria che arriva in Cassazione si articola in cinque quesiti sulle disposizioni del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Sblocca Italia), del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (sulle semplificazioni) e della legge 23 agosto 2004, n. 239 (riordino del settore energetico).
Il primo quesito chiede l’abrogazione del comma 1 dell’art. 38, del decreto Sblocca Italia che estende il vincolo all’esproprio dei terreni anche nella “fase di ricerca” e non solo alle attività di estrazione.
Il secondo quesito chiede l’abrogazione del comma 1 dell’art. 38, comma 1-bis, sempre del decreto Sblocca Italia, che riguarda il cosiddetto Piano delle aree con cui viene organizzata le attività di ricerca ed estrazione degli idrocarburi. Scopo dell’abrogazione referendaria è fare esprimere la Conferenza delle Regioni sul Piano delle aree non solo per le attività di ricerca sula terraferma ma anche in mare e di evitare che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si ricorra all’esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo. Il quesito, infine, si pone l’obbiettivo che non possano essere rilasciati nuovi titoli per le attività di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi fino a quando non sarà adottato il Piano delle aree.
Il terzo quesito riguarda la durata delle attività. L’art. 38 dello Sblocca Italia, infatti, ha tacitamente abrogato la previsione legislativa dei permessi e delle concessioni. Con il quesito si chiede intervenire sulla durata dei titoli concessori unici.
Il quarto quesito è relativo all’art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012 sulle semplificazioni,
la proposta referendaria mira ad abrogare la possibilità che per le infrastrutture,gli insediamenti strategici, le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi e le opere strumentali allo sfruttamento degli idrocarburi, si possa esercitare il potere sostitutivo. Il quinto quesito completa logicamente il secondo e il quarto, dal punto di vista della partecipazione degli Enti territoriali e mira a far sì che l’intesa sul rilascio dei titoli minerari torni un “atto a struttura necessariamente bilaterale”, e cioè “superabile” dallo Stato solo a seguito di effettiva “trattativa” con le Regioni interessate. La normativa nazionale che si vuole abrogare mira a spossessare le Regioni dei poteri sulle attività estrattive, in questo caso quelle in mare.
Secondo i proponenti i referendum “È un atto arrogante di un governo che decide senza sentire gli enti locali e le Regioni, un regalo alle industrie petrolifere fatto proprio nel momento in cui emergono nuove fonti energetiche ben più ecologiche”.
Il referendum è l’unica possibilità che resta agli italiani per rimettere in discussione la Strategia Energetica Nazionale impostata dall'ultimo Governo Berlusconi, accettata dagli esecutivi successivi e rilanciata dal Governo Renzi.
Come Partito del Sud non possiamo che apprezzare l'azione dei Governatori che hanno supportato l’iniziativa referendaria a cominciare dal Governatore della Puglia Michele Emiliano che prosegue con convinzione e coerenza nell'applicazione del suo Programma, proprio come da noi del Partito del Sud proposto su questi punti a febbraio ed inserito nel Programma di Emiliano Sindaco di Puglia( http://sagra.micheleemiliano.it/la-puglia-traino-del-sud-e-dellintero-paese-con-michele-emiliano-presidente-2/ ), opponendosi così a qualsiasi progetto inquinante, o con relativo pericolo di inquinamento, avendo come riferimento principale rispetto a qualsiasi progetto economico la tutela dell’ambiente e la salute dei cittadini.
Nulla avviene per caso.
Grazie Presidente Emiliano, ed avanti così.
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