Di Antonio Rosato
PIL, Spred, taglio dei tassi, costo del denaro e tante altre
belle parole legate all’economia ascoltiamo o leggiamo ogni giorno. Spesso sono
parole legate alla crisi o alla disoccupazione o alla ripresa italiana. Molte
volte sono parole che hanno il sapore del peccato originale, a cui serve
l’acqua Santa del battesimo per togliere la macchia che le lega alla
disoccupazione piuttosto che al crollo delle borse o ad altre disgrazie
economiche.
Ad aprire un giornale o ascoltare un telegiornale sembrerebbe
proprio che siamo messi malino. Ma non sempre è tutto marcio o tutto negativo.
C’è un’industria italiana che va. Sembra strano vero? Eppure è così.
Starete
pensando all’industria del made in italy o dei grandi marchi del lusso. Si il
lusso non è in crisi verissimo, ma ci sono altre industrie che fanno bei
fatturati di cui nessuno ne parla. Con un po’ di critico e leggero sarcasmo ne
scegliamo due che sono sotto gli occhi di tutti ma che fatturano grandissime
somme passando quasi inosservate.
Il Calcio è tra le top ten ad esempio. Si proprio il calcio è
tra le prime industrie del nostro paese. Ogni anno muove circa 10 miliardi di
euro, si capito benissimo 10 miliardi di euro, spicciolo più, spicciolo meno.
Da lavoro a mezzo milione di persone in Italia e versa allo stato italiano un
contributo fiscale che sfiora il miliardo e mezzo all’anno. Numeri da paura,
che se poi li sommiamo all’indotto ci ritroviamo un giro d’affari pari al 5,7%
del Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese.
Se ci fermiamo a riflettere un
attimo e non pensiamo solo a Juve, Napoli, Milan, Roma eccetera eccetera, ma
scendiamo alla retta pagata alla scuola calcio del nostro piccolo paesello, o
del quartiere della nostra metropoli, iniziamo a capire meglio di cosa
parliamo. Se aggiungiamo le scommesse, il merchandising , diritti televisivi e
qualche volta anche quote azionarie di grosse società quotate in borsa non si
fa più fatica a comprendere quei grandi numeri citati prima.
Un’industria che
non da segni di flessioni e che ogni anno si conferma come tra le prime grande
industrie del nostro bel paese.
Ma c’è ancora un’altra industria che ha le vele gonfie e
graziata anche del vento favorevole e viaggia bene. Anche questa non è qualcosa
di nascosto, anzi e sotto gli occhi di tutti, ma per quanto visibile sembra
quasi un’industria ombra, fastidiosa forse, di cui meglio non vantarsi e quindi
taciuta.
E’ l’industria delle
armi e delle munizioni. E si, anche questa viaggia alla grande, e come se
viaggia. Un made in italy di altissima qualità che non conosce crisi, anzi il
paradosso che proprio la dove la crisi e più nera lei fa affari. Solo nel 2014
ha esportato nel nord Africa (dati dell’istituto “Archivio Disarmo”) circa 30
milioni di euro in armi leggere. Sebbene i più grandi clienti sono nel nord
America ed Europa, a me preoccupa
soprattutto questo mercato senza controllo verso paesi come Libia (solo per
citarne uno), armi vendute con assoluta disinvoltura alla faccia di Talebani o ISIS
che sia.
La cosa che mi fa rabbrividire e che si paventa un’intervento
armato a guida presumibilmente italiana in questo paese. E pensare che un
operaio della Val Trompia che lavora per la costruzione di una carabina o una
granata che potrebbe uccidere il suo vicino di casa, o suo figlio arruolatosi
ed impegnato in quell’area a me fa accapponare la pelle. Si perché questo
rischio non è ipotetico, ma reale e crudele allo stesso tempo.
Allora mi
domando e dico: “ come può il governo italiano o l’Europa permettere una
vendita di armi da guerra, munizionamento o granate senza interessarsi nelle
mani di chi vanno a finire?”. Solo per il fatturato? Solo per dare un colpo al
PIL? Pensiamo che i dati parlano di quasi mezzo miliardo di euro legati alla
sola esportazioni di armi leggere.
Come Partito del Sud abbiamo radicato nel
DNA e nello Statuto, così come da Costituzione italiana, il no alla guerra pur sapendo che la battaglia politica e
culturale per questa nostra convinzione è impari e molto difficile da
conseguire. Ed e facile dire no senza fare proposte o trovare soluzioni. Ma noi
non siamo il partito dei no, noi diciamo la nostra opinione, facciamo proposte
concrete e denunce.
Chiediamo al Governo italiano di
vietare esportazioni di armi e munizioni destinati a quei paesi dove i diritti
umani vengono violati, dove infuriano guerre, dove ci sono gruppi terroristici
riconosciuti internazionalmente come tali, divieto di esportazione verso quei
paesi europei in fase di conflitto o tensioni etniche (es.Balcani e Ucraina),
divieto di esportazione in quei paesi dove e prevista la pena di morte o
torture, divieto la dove queste armi possano essere impiegate come strumento di
offesa e non difesa.
Chiediamo al governo Italiano che si faccia promotore per
cambiare anche le normative internazionali sulla vendita libera di armi, e
farsi promotore della formazione di uno strumento/organo
internazionale/neutrale adibito al
controllo, alla verifica e il rispetto di quelle normative dai contenuti sopracitati , per le
esportazioni di armi ed esplosivi da noi. Non possiamo sentirci responsabili
della morte di innocenti nel mondo, e non possiamo tollerare che armi italiane
possano essere puntate contro i nostri cittadini e soldati sparsi nel mondo.
Non
è quel Made in italy di cui noi andiamo orgogliosi e fieri, ma se non possiamo
sopprimere questa industria per ovvi motivi, almeno possiamo e vogliamo
limitarne i danni.
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