Di Antonio Rosato
Credevo che il
telegiornale mi informasse su ciò che accade in Italia e nel mondo.
Credevo che
i grassetti e le foto che leggo e vedo in edicola servissero a dare al lettore
un flash su notizie vere e libere che avrei trovato negli approfondimenti
all’interno.
Credevo che la stampa fosse la massima espressione di libertà e
democrazia per un paese civile.
Credevo di leggere nei primi posti nella
classifica annuale mondiale sulla “libertà di stampa” il nostro paese. Credevo
che ci fossero testate giornalistiche di destra e di sinistra.
Credevo che ci
fossero anche testate giornalistiche indipendenti.
Credevo che avrei trovato
sempre la verità nei quotidiani.
Credevo che l’appuntamento davanti alla tele
alle otto di sera fosse il modo più attivo e uniforme per informare il paese su
questioni economiche politiche e culturali in modo reale.
Credevo che la mia
fiducia posta nella comunicazione italiana fosse ripagata dalla correttezza e
dalla veridicità delle notizie.
Credevo che la RAI fosse nata per unire il
paese da nord a sud con l’intendo di allevare e puntare sull’accrescimento
culturale uniforme con programmi, notiziari, approfondimenti, imprese sportive
come quelle impresse nella mente di tutti di Bartali e Coppi o degli
sconosciuti fratelli campani Abbagnale che portano il tricolore sul gradino più
alto del podio sotto gli occhi di tutto il mondo, o delle mitiche imprese e i
record mondiali del brindisino Mennea.
Credevo che servisse
quotidianamente ad unire in tutte le
circostanze la nazione e non solo quando l’Italia del calcio vince i mondiali.
Credevo che nella comunicazione nazionale ci fosse spazio per tutti e non sempre per i soliti noti.
Credevo che i
reporter in giro nel mondo che ci raccontano di guerre e la politica ci
riportino la verità e non quello che i potenti vogliono che si dica.
Credevo
nella libertà di stampa, e non nella stampa corrotta al soldo dei potenti.
Credevo in un giornalismo caparbio e cocciuto che non avesse paura di
raccontare la verità, e non in un giornalismo timoroso e ricattato da
sovvenzioni pubbliche o da cambio dei vertici della testata perché scomodi.
Credevo in un garante imparziale e laborioso.
Credevo in un ordine dei
giornalisti distaccato dai poteri, autoritario vigile e indipendente.
Credevo
che i giornali vivessero con le vendite quotidiane e le pubblicità stampate a
tutta pagina.
Credevo che le tirature servissero per la vita e traguardi del giornale
e che fossero veicolo di qualità e competenza verso il cittadino.
Credevo che i
soldi pubblici servissero per fare strade nuove o riparare quelle dissestate,
mettere in sicurezza edifici scolastici, investimenti sul lavoro etc etc, e non
a sovvenzionare testate giornalistiche che mai ho trovato in edicola.
Credevo
di trovare riportato trascrizioni di intercettazioni per gravi fatti di mafia,
o intercettazioni che hanno permesso arresti importanti, e non trascrizioni di
intercettazioni del figlio di Moggi che vuole passare momenti di tenerezza con
una velina a Parigi, o ancora più grave, intercettazioni dubbie che spesso
servono a destabilizzare un politico o una politica scomoda.
Credevo che il
giornalismo fosse una sorta di caccia alla notizia e non il creare la notizia
sulla mafia piuttosto che sulla camorra in un’ufficio a Milano senza mai aver
messo neanche piede una sola volta in Sicilia o a Napoli.
Credevo che un
reporter di guerra riportasse su carta o in video quello che vede o sente sul
campo, e non riportare quello che la NATO o quei governi specifici vogliono che
si dica.
Credevo che carta stampata o TV avessero anche il compito, oltre che
l’obbligo morale, di coadiuvare alla crescita del paese, in maniera più
particolare la dove questo è più in difficoltà, e non parlare di Sud solo
quando c’è emergenza rifiuti in Campania o quando un’autobomba esplode a
Capaci.
Credevo in un giornalismo che andasse a vedere e riportare il divario
strutturale tra nord e sud, e non un giornalismo capace di trasformare L’EXPO in un grande successo o i vari scandali nordici come fossero quasi eventi
folkloristici riusciti male.
Credevo che la censura fosse una pratica di altri
tempi, di altri regimi politici.
Credevo, credevo, credevo.
Credevo questo e
tante altre cose.
Quando giri un po’ per lo stivale, quando parli con la gente,
quando il mondo oramai e più vicino a noi grazie a internet e anche ai voli a
prezzi orami talmente bassi che permettono alla persona di spostarsi all’estero
con una facilità impensabile pochi decenni fa, beh ti accorgi che la realtà e
molto diversa da quella che ti dicono in TV o che trovi scritta sui giornali.
Non posso accettare che guerre in piena Europa vengano strumentalizzate o non
raccontate.
Non posso accettare che il canone RAI serva per conoscere quante
volte il figlio di Belen ha mangiato oggi e non conosciamo del perché il
petrolio diminuisce il suo costo al barile, il cambio euro dollaro sempre più
favorevole e la benzina veste sempre un prezzo al cartellone troppo
“incomprensibile”, pur avendo tra l’altro, i pozzi continentali più grandi
d’Europa.
Mi duole pensare alle sovvenzioni pubbliche che prendono alcune
testate possano far mutare o essere la causa dell’appiattimento della notizia
che spesso e volentieri viene guidata verso la distorsione forzata.
Mi domando
quanti di vuoi hanno mai trovato in edicola “IL CAMPANILE”. Eppure questo
giornale ha ricevuto un barca di soldi pubblici.
Mi chiedo se sia giusto che il
Consiglio di Amministrazione della RAI venga cambiato e nominato dal Presidente
del Consiglio in carica al momento.
La Rai dovrebbe o no essere degli italiani?
E se viene nominato un nuovo direttore questi secondo voi può mai essere
neutrale?
Non è più la RAI degli italiani, ma è una televisione politicizzata
al servizio della politica.
Parlando di Televisione prendo a prestito da
Lubrano la mitica frase “la domanda nasce spontanea”: “e perché dovrei pagare il canone allora?” Si
ok il canone adesso è camuffato come tassa di proprietà e bla bla bla. Ma tutti
sappiamo, no? Mi duole anche digitare su google “classifica annuale sulla
libertà di stampa”.
Mi duole e mi fa vergognare trovare l’Italia dietro paesi
come la Mongolia, il Burkina Faso (con tutto il massimo rispetto per questi
paesi ovviamente) e scovare il bel paese
dozzine e dozzine di posizioni dietro molti paesi, posizionandosi nell’ultimo
quarto della classifica mondiale. Mi chiedo se questa stampa meriti o no i
nostri soldi, oppure se questi soldi sarebbe più utile destinarli ai libri
gratuiti per le scuole dell’obbligo, o a quei padri separati messi al lastrico
che dormono in macchina tanto per citarne ingenuamente un paio di esempi a caso fra tanti.
Stanno facendo
un gioco davvero sporco inculcandoci nella testa quello che vogliono, non
quello che è. Questa tortura culturale, la stiamo pagando apparenterete senza
dolore. Come una forma mediatica di eutanasia che ci toglie la vita senza farci
sentire dolore.
Noi vogliamo notizie vere, cronaca sul campo imparziale e non
strumentale. Crediamo ancora nella libertà di stampa e non vogliamo più un
giornalismo AL SERVIZIO DEL PADRONE
.
.
1 commento:
Grazie per la lettura, ho letto con piacere. Vorrei chiedere a qualcuno se sa qualcosa di SES Astra. Secondo questo articolo ci sono 350 canali gratuiti, di cui 40 in HD e serve soltanto una parabola da 60 cm... http://www.dday.it/redazione/16988/astra-orizzonte-aperto-su-centinaia-di-canali-tv-gratuiti-via-satellite
Posta un commento