Di Natale Cuccurese
Non è con l’abolizione dell’art 18 e togliendo diritti ai lavoratori che si creano nuove posti di lavoro. Non è acuendo le già tante ineguaglianze presenti nel paese che si esce dalla crisi economica e morale, fra l’altro in perenne spregio dell’ art. 3 della Costituzione; quella Costituzione che ora vorrebbero pure cambiare.
Ineguaglianze che perdurano soprattutto verso i giovani, le donne, i disabili e il Mezzogiorno, che ricordiamo ha oggi da dati SVIMEZ ha la più alta percentuale di disoccupazione in Italia. Drammatica poi la condizione di chi si trova a vivere oggi in due o più di queste condizioni di ineguaglianza contemporaneamente. L’assenza di serie politiche industriali, la continua delocalizzazione verso il nord del paese, o l’estero, delle poche realtà produttive oggi presenti nel territorio meridionale in base a decisioni governative che contribuiscono solo, ed in modo miope, ad aumentare ancora di più il gap fra nord e sud del paese, non lasciano presagire nulla di buono per il futuro se non l’acuirsi di queste ineguaglianze, già da tempo, giunte al limite estremo di sopportazione.
La riduzione dei diritti, e spesso dei salari, crea solo l’illusione del lavoro, creando invece solide basi a miseria, emigrazione e rancore sociale.
La situazione delle piccole e medie imprese italiane è al collasso, strette fra una tassazione ormai intollerabile e che scoraggia gli investimenti, unito a norme burocratiche cervellotiche e bloccanti e un accesso al credito ormai irraggiungibile per i più, mentre le grandi imprese italiane delocalizzano senza freno o scompaiono acquisite da gruppi stranieri, dopo essere state sovvenzionate, a volte per decenni, dal denaro pubblico.
Si parta dall’abolizione della legge Fornero, dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori e da stipendi netti adeguati al costo della vita tramite un defiscalizzazione crescente del costo del lavoro nei confronti dei aziende e lavoratori, costi oggi ai massimi in Europa. Si blocchi subito l’emorragia di imprese e lavoro dal Mezzogiorno, si investa in politiche industriali, di incentivi e defiscalizzazioni a partire dalle aree sottoutilizzate, aree peraltro già vittime in un recente passato di spoliazioni di fondi grazie anche alla complicità di politici meridionali.
lunedì 23 febbraio 2015
Si blocchi subito l’emorragia di imprese e lavoro dal Mezzogiorno.
Di Natale Cuccurese
Non è con l’abolizione dell’art 18 e togliendo diritti ai lavoratori che si creano nuove posti di lavoro. Non è acuendo le già tante ineguaglianze presenti nel paese che si esce dalla crisi economica e morale, fra l’altro in perenne spregio dell’ art. 3 della Costituzione; quella Costituzione che ora vorrebbero pure cambiare.
Ineguaglianze che perdurano soprattutto verso i giovani, le donne, i disabili e il Mezzogiorno, che ricordiamo ha oggi da dati SVIMEZ ha la più alta percentuale di disoccupazione in Italia. Drammatica poi la condizione di chi si trova a vivere oggi in due o più di queste condizioni di ineguaglianza contemporaneamente. L’assenza di serie politiche industriali, la continua delocalizzazione verso il nord del paese, o l’estero, delle poche realtà produttive oggi presenti nel territorio meridionale in base a decisioni governative che contribuiscono solo, ed in modo miope, ad aumentare ancora di più il gap fra nord e sud del paese, non lasciano presagire nulla di buono per il futuro se non l’acuirsi di queste ineguaglianze, già da tempo, giunte al limite estremo di sopportazione.
La riduzione dei diritti, e spesso dei salari, crea solo l’illusione del lavoro, creando invece solide basi a miseria, emigrazione e rancore sociale.
La situazione delle piccole e medie imprese italiane è al collasso, strette fra una tassazione ormai intollerabile e che scoraggia gli investimenti, unito a norme burocratiche cervellotiche e bloccanti e un accesso al credito ormai irraggiungibile per i più, mentre le grandi imprese italiane delocalizzano senza freno o scompaiono acquisite da gruppi stranieri, dopo essere state sovvenzionate, a volte per decenni, dal denaro pubblico.
Si parta dall’abolizione della legge Fornero, dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori e da stipendi netti adeguati al costo della vita tramite un defiscalizzazione crescente del costo del lavoro nei confronti dei aziende e lavoratori, costi oggi ai massimi in Europa. Si blocchi subito l’emorragia di imprese e lavoro dal Mezzogiorno, si investa in politiche industriali, di incentivi e defiscalizzazioni a partire dalle aree sottoutilizzate, aree peraltro già vittime in un recente passato di spoliazioni di fondi grazie anche alla complicità di politici meridionali.
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Non è con l’abolizione dell’art 18 e togliendo diritti ai lavoratori che si creano nuove posti di lavoro. Non è acuendo le già tante ineguaglianze presenti nel paese che si esce dalla crisi economica e morale, fra l’altro in perenne spregio dell’ art. 3 della Costituzione; quella Costituzione che ora vorrebbero pure cambiare.
Ineguaglianze che perdurano soprattutto verso i giovani, le donne, i disabili e il Mezzogiorno, che ricordiamo ha oggi da dati SVIMEZ ha la più alta percentuale di disoccupazione in Italia. Drammatica poi la condizione di chi si trova a vivere oggi in due o più di queste condizioni di ineguaglianza contemporaneamente. L’assenza di serie politiche industriali, la continua delocalizzazione verso il nord del paese, o l’estero, delle poche realtà produttive oggi presenti nel territorio meridionale in base a decisioni governative che contribuiscono solo, ed in modo miope, ad aumentare ancora di più il gap fra nord e sud del paese, non lasciano presagire nulla di buono per il futuro se non l’acuirsi di queste ineguaglianze, già da tempo, giunte al limite estremo di sopportazione.
La riduzione dei diritti, e spesso dei salari, crea solo l’illusione del lavoro, creando invece solide basi a miseria, emigrazione e rancore sociale.
La situazione delle piccole e medie imprese italiane è al collasso, strette fra una tassazione ormai intollerabile e che scoraggia gli investimenti, unito a norme burocratiche cervellotiche e bloccanti e un accesso al credito ormai irraggiungibile per i più, mentre le grandi imprese italiane delocalizzano senza freno o scompaiono acquisite da gruppi stranieri, dopo essere state sovvenzionate, a volte per decenni, dal denaro pubblico.
Si parta dall’abolizione della legge Fornero, dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori e da stipendi netti adeguati al costo della vita tramite un defiscalizzazione crescente del costo del lavoro nei confronti dei aziende e lavoratori, costi oggi ai massimi in Europa. Si blocchi subito l’emorragia di imprese e lavoro dal Mezzogiorno, si investa in politiche industriali, di incentivi e defiscalizzazioni a partire dalle aree sottoutilizzate, aree peraltro già vittime in un recente passato di spoliazioni di fondi grazie anche alla complicità di politici meridionali.
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