venerdì 3 ottobre 2014
TFR in busta paga ?! Non aumento ma trucco contabile !
Di Natale Cuccurese
Dopo gli 80 euro, in busta paga in primavera, Renzi, per l'autunno, ci propone un'altro colpo a sorpresa: mettere nelle buste paga dei lavoratori dipendenti del settore privato il 50% del Tfr maturato.
L'effetto sarebbe quello di aumentare i soldi in busta paga, con una percezione nell'immaginario collettivo di un'aumento della stessa, ottenendo al contempo un'aumento immediato di tassazione reale sulle buste paga e presumibilmente un'aumento dei consumi al dettaglio. In altre parole la botte piena e la moglie ubriaca per il Governo. In realtà alla fine vincerà solo il banco, mentre per lavoratori, imprese ed Inps i benefici saranno pochi o negativi.
Per i lavoratori perchè il TFR erogato alla cessazione del rapporto di lavoro è soggetto a tassazione separata e agevolata, mentre se quei soldi verranno dati subito, cumulandoli con il resto dello stipendio, si dovrà versare al fisco l’aliquota Irpef corrispondente allo scaglione di reddito del lavoratore, superiore quindi, a meno di interventi governativi, alla tassa agevolata. Chi ha poi un reddito annuo poco sotto i 26mila euro, attuale tetto massimo per ricevere il bonus Irpef di 80 euro introdotto dal governo lo scorso aprile, sommando anche il Tfr rischia di superare la soglia e ricevere solo l’anticipo ma non più il bonus, esclusi solo i dipendenti pubblici.
Per le imprese, che dovendo elargire subito il 50 % del TFR invece che alla fine del rapporto avranno meno liquidità disponibile nell'immediato per finanziare i propri investimenti, dovendo quindi ricorrere in molti casi, ancor più di oggi, ad eventuali prestiti a tutto beneficio delle banche.
Per l' Inps a cui verrebbero a mancare tre miliardi l’anno. Ovvero la metà dei 6 miliardi che l’istituto incassa ogni anno sotto forma di flussi di Tfr dei dipendenti privati. Alla fine quindi l'unico vantaggio sarebbe per i conti del Governo, che vedrebbe aumentare il flusso delle entrate, grazie anche ad un'aumento presumibile dei consumi, e che potrebbe anche beneficiare della favorevole percezione dell'operazione da parte di molti lavoratori.
Strano poi che questa operazione, che trova contrari sindacati e PMI, trovi il plauso ed il sostegno immediato di Marchionne, un rappresentante di quei poteri forti che Renzi sostiene di avere avversi.
Di Natale Cuccurese
Dopo gli 80 euro, in busta paga in primavera, Renzi, per l'autunno, ci propone un'altro colpo a sorpresa: mettere nelle buste paga dei lavoratori dipendenti del settore privato il 50% del Tfr maturato.
L'effetto sarebbe quello di aumentare i soldi in busta paga, con una percezione nell'immaginario collettivo di un'aumento della stessa, ottenendo al contempo un'aumento immediato di tassazione reale sulle buste paga e presumibilmente un'aumento dei consumi al dettaglio. In altre parole la botte piena e la moglie ubriaca per il Governo. In realtà alla fine vincerà solo il banco, mentre per lavoratori, imprese ed Inps i benefici saranno pochi o negativi.
Per i lavoratori perchè il TFR erogato alla cessazione del rapporto di lavoro è soggetto a tassazione separata e agevolata, mentre se quei soldi verranno dati subito, cumulandoli con il resto dello stipendio, si dovrà versare al fisco l’aliquota Irpef corrispondente allo scaglione di reddito del lavoratore, superiore quindi, a meno di interventi governativi, alla tassa agevolata. Chi ha poi un reddito annuo poco sotto i 26mila euro, attuale tetto massimo per ricevere il bonus Irpef di 80 euro introdotto dal governo lo scorso aprile, sommando anche il Tfr rischia di superare la soglia e ricevere solo l’anticipo ma non più il bonus, esclusi solo i dipendenti pubblici.
Per le imprese, che dovendo elargire subito il 50 % del TFR invece che alla fine del rapporto avranno meno liquidità disponibile nell'immediato per finanziare i propri investimenti, dovendo quindi ricorrere in molti casi, ancor più di oggi, ad eventuali prestiti a tutto beneficio delle banche.
Per l' Inps a cui verrebbero a mancare tre miliardi l’anno. Ovvero la metà dei 6 miliardi che l’istituto incassa ogni anno sotto forma di flussi di Tfr dei dipendenti privati. Alla fine quindi l'unico vantaggio sarebbe per i conti del Governo, che vedrebbe aumentare il flusso delle entrate, grazie anche ad un'aumento presumibile dei consumi, e che potrebbe anche beneficiare della favorevole percezione dell'operazione da parte di molti lavoratori.
Strano poi che questa operazione, che trova contrari sindacati e PMI, trovi il plauso ed il sostegno immediato di Marchionne, un rappresentante di quei poteri forti che Renzi sostiene di avere avversi.
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