di Gigi Di Fiore
Fonte: Il Mattino
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I documenti inediti di una storia crudele: brigantaggio e diario del canonico di Venafro |
Per chi ama la storia, e soprattutto la verità, la lettura di nuovi documenti è sempre un'emozione. Scoprire vicende che non si conoscevano appaga curiosità e arricchisce il quadro di periodi storici da approfondire.
Prendete il diario, poco noto, del suddiacono Nicola Nola di Venafro, di cui sono state pubblicate (da Palladino editore a cura di Antonio D'Ambrosio) le pagine sugli anni 1860-61. E' ricco di episodi, notizie che, messe insieme a tante altre, forniscono bene l'idea di cosa accadde nel Sud in quel periodo.
Il brigantaggio, i contadini arrestati, le uccisioni a sangue freddo. Il Mezzogiorno non era terra per educande, regnava la paura, l'instabilità, l'incertezza. I militari piemontesi-italiani facevano il bello e il cattivo tempo. Il canonico racconta di una "barbara uccisione di tre abitanti di Letino". Le circostanze e i dettagli spietati ci riportano a immagini più recenti, alla guerra più vicina di 70 anni fa.
I militari rastrellavano chi faceva parte delle bande intorno ai monti del Matese. Molta gente, terrorizzata, fuggiva dai paesi. Bastava un sospetto, un indizio, una spia che indicava qualcuno come complice delle bande per essere fucilati senza processo. Anche da Letino la gente fuggiva. Scrive il canonico Nola: "Il comandante piemontese mise ogni opera per averli tra le mani; carcerò un povero vecchio in ostaggio per suo figlio che stava tra i fuggiaschi; e con lusinghe fece rivelare dove stavano".
Le pagine sono quelle del 23 luglio 1861, un episodio che colpì molto il religioso. I militari raggiunsero i fuggiaschi di Letino, li circondarono mentre dormivano, li arrestarono. I più fortunati riuscirono a scappare. Testimonia il canonico: "Avutoli nelle mani, il comandante li portò a Venafro e col telegrafo ebbe da Isernia che subito gli avesse fucilati".
Senza processo, senza precise accuse. Per evitare problemi, i militari li portarono via con l'inganno. Racconta ancora il suddiacono Nola: "Sotto pretesto di portarli nel carcere di Teano, li portarono sul luogo del supplizio. Uno dei tre, un sarto, si voltò ai piemontesi e disse se ci volete uccidere fateci prima confessare. La risposta fu una grandine di palle alla testa, alla mano. I tre rimasero stesi a terra senza vita".
Il peggio arrivò anche dopo: i soldati rovistarono nelle tasche degli uccisi, "facendo proprio quanto ritrovarono". I tre fucilati furono il giorno dopo gettati "nella fossa di San Pascale vecchio, in uno spettacolo da inorridire e un fetore d'inferno". Orrori e spietatezza di una guerra non dichiarata da migliaia di morti: la guerra civile del Sud, nei mesi dell'unità d'Italia. Pagine nuove e documenti in archivi locali ne sono illuminanti flash. Spesso, la pigrizia dei ricercatori si ferma alle carte già conosciute. Ed è un peccato.
Prendete il diario, poco noto, del suddiacono Nicola Nola di Venafro, di cui sono state pubblicate (da Palladino editore a cura di Antonio D'Ambrosio) le pagine sugli anni 1860-61. E' ricco di episodi, notizie che, messe insieme a tante altre, forniscono bene l'idea di cosa accadde nel Sud in quel periodo.
Il brigantaggio, i contadini arrestati, le uccisioni a sangue freddo. Il Mezzogiorno non era terra per educande, regnava la paura, l'instabilità, l'incertezza. I militari piemontesi-italiani facevano il bello e il cattivo tempo. Il canonico racconta di una "barbara uccisione di tre abitanti di Letino". Le circostanze e i dettagli spietati ci riportano a immagini più recenti, alla guerra più vicina di 70 anni fa.
I militari rastrellavano chi faceva parte delle bande intorno ai monti del Matese. Molta gente, terrorizzata, fuggiva dai paesi. Bastava un sospetto, un indizio, una spia che indicava qualcuno come complice delle bande per essere fucilati senza processo. Anche da Letino la gente fuggiva. Scrive il canonico Nola: "Il comandante piemontese mise ogni opera per averli tra le mani; carcerò un povero vecchio in ostaggio per suo figlio che stava tra i fuggiaschi; e con lusinghe fece rivelare dove stavano".
Le pagine sono quelle del 23 luglio 1861, un episodio che colpì molto il religioso. I militari raggiunsero i fuggiaschi di Letino, li circondarono mentre dormivano, li arrestarono. I più fortunati riuscirono a scappare. Testimonia il canonico: "Avutoli nelle mani, il comandante li portò a Venafro e col telegrafo ebbe da Isernia che subito gli avesse fucilati".
Senza processo, senza precise accuse. Per evitare problemi, i militari li portarono via con l'inganno. Racconta ancora il suddiacono Nola: "Sotto pretesto di portarli nel carcere di Teano, li portarono sul luogo del supplizio. Uno dei tre, un sarto, si voltò ai piemontesi e disse se ci volete uccidere fateci prima confessare. La risposta fu una grandine di palle alla testa, alla mano. I tre rimasero stesi a terra senza vita".
Il peggio arrivò anche dopo: i soldati rovistarono nelle tasche degli uccisi, "facendo proprio quanto ritrovarono". I tre fucilati furono il giorno dopo gettati "nella fossa di San Pascale vecchio, in uno spettacolo da inorridire e un fetore d'inferno". Orrori e spietatezza di una guerra non dichiarata da migliaia di morti: la guerra civile del Sud, nei mesi dell'unità d'Italia. Pagine nuove e documenti in archivi locali ne sono illuminanti flash. Spesso, la pigrizia dei ricercatori si ferma alle carte già conosciute. Ed è un peccato.
Nuovi documenti sull'eccidio di Pontelandolfo Città Martire del 14 agosto 1861, sul Mattino in edicola ieri
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