Fonte: Zeroventiquattro
Diciamola subito anche noi: “questo Paese senza il sud non va da nessuna parte”. Questa è una tipica frase detta dai sostenitori di un nuovo sud in grado di riprendere una marcia, forse mai iniziata, ed è anche una frase dei detrattori del sud che in qualche modo dicono: “senza il sud così come stiamo non si va da nessuna parte, magari senza (o senza tutti i loro difetti) però si riuscirebbe a marciare più spediti a ritmi europei”.
Al sud questo dibattito, forse a partire dalle celebrazioni dei 150 anni di unità d’Italia, e con l’esplodere violento della crisi economica è ripreso alla grande, in alcuni casi in modo estemporaneo e folcloristico, in altri casi con la riscoperta della vera storia del sud e del risorgimento, in altri casi con più o meno realistiche prospettive politiche che vedono la possibilità di una presenza meridionale nel panorama politico delle forze attualmente in campo. C’è chi pensa a un cammino di riforme che dia più spazio al sud c’è chi auspica secessioni o separazioni. Certo è che negli ultimi anni il sud ha rotto, sia pure tra mille difficoltà, il silenzio. Certo non proprio il muro del silenzio, perché i media provano ancora a zittire o a bollare come minimale la voce del sud, ma il sud, utilizzando anche altri sistemi non tace più.
Non tace più anche perché qualche amministratore ad esempio il Sindaco di Bari Michele Emiliano e il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, e altri ancora, spesso, parlando della propria città o della propria terra, cominciano a rimarcare quelle che sono le differenze di trattamento tra i vari territori della Repubblica Italiana.
Proprio recentemente il Partito Democratico del sud, come ama chiamarlo Michele Emiliano, sanguigno e scomodo uomo vicino a Matteo Renzi, ha prodotto con amministratori ed esponenti di quel partito un documento sul sud, anche mutuando le tesi meridionaliste di movimenti e partiti più piccoli tra cui sicuramente va citato certamente il Partito del Sud, che poco più di un mese fa a sua volta aveva presentato, proprio a Bari, il libro bianco “Con il Sud si Riparte”.
A questo documento del Partito Democratico del sud, pare che da Roma non sia arrivata alcuna risposta e alcun segnale di attenzione, però il documento c’è e, quasi certamente, prima o poi qualcuno, da sud ne chiederà conto.
Poi ci sono gli scatti di orgoglio che provengono da tutte le città del sud che non ci stanno più ad essere solo denigrate. Da questo punto di vista però poco a poco sembra quasi che si stia muovendo una vera e propria guerra politica nella quale, specialmente al sud, gli esponenti dei vari partiti riprendono a declinare la parola sud e a richiedere una capacità decisionale sempre maggiore, non avendo neanche più paura di pronunciare la parola “Macroregione”o la parola “federalismo” e le parole “compra sud”.
Tutto questo, sia pure in un silenzio dei maggiori media e delle maggiori testate televisive specialmente negli orari di maggior ascolto, potrebbe essere arrivato alle orecchie di chi, in qualche modo, sia pure nelle difficoltà, vorrebbe lasciare in piedi un sistema che continuerebbe a vedere il sud con piccole capacità produttive e come sempre come un grande mercato. Gli aiuti al sud quindi sono pensati (e andrebbero pensati secondo questa corrente di pensiero) sempre e comunque come un supporto per riempire i portafogli più che come stimolo alla creazione di ricchezza e produzione. Quindi sempre niente servizi, sempre scarsa possibilità di competere.
E’ forse per questo che negli ultimi tempi gli attacchi al caffè di Napoli, l’eccidio negato di Fenestrelle, il tentativo di rivalutazione di Lombroso, l’attacco all’acqua di Napoli, o alla bontà, salubrità e qualità dei prodotti del Sud, si fanno sempre più frequenti. E’ forse per questo che giornali importanti si fanno sostenitori di libri che provano a confutare tesi storiche ormai acclarate cercando di riportare il tutto alle favolette del risorgimento.
Si vuole tentare di minimizzare la voglia del sud di ripartire contro tutte le mafie, contro tutti quei potentati che hanno pensato potesse essere una semplice pattumiera, o un luogo dove produrre senza attenzione a salute e ambiente perché tanto già è troppo che gli diamo lavoro (vedi Taranto). Ecco forse questo non sarà più possibile. Qui a sud nessuno ha nostalgia, chi accusa di questo il sud è in mala fede. Qui al sud si ha voglia di primeggiare come la storia (eccetto quella degli ultimi 153 anni) ci insegna fin dai tempi della Magna Grecia.
Il silenzio, o la guerra sommersa al sud non faranno alcun bene all’Italia e questo il Governo lo deve capire e lo deve sapere. Lo stesso consiglio magari lo diamo anche alle grandi testate giornalistiche e ai “grandi” intellettuali del pensiero comune.
Fonte: Zeroventiquattro
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