Sulle angosce del Sud, sui suoi problemi, sul degrado socio/economico, potremmo dire sulle ipotesi risolutive della cosiddetta “Questione Meridionale” ne leggiamo tante. Di frequente compare il personaggio nuovo con la ricetta giusta in tasca.
Quasi sempre è qualcuno che, anche meritevolmente, s’è avvicinato da poco al problema, alla storia del meridione d’Italia, alle verità occultate, contraffatte, manipolate, mal raccontate, e, sottovalutando il pensiero, le analisi di chi lo ha preceduto scarnificando i pro e i contro delle diverse idee in campo, crede, commettendo un peccato d’ingenuità, d’avere la soluzione a portata di mano.
Qualcuno, ancor più ingenuo, gli va dietro alimentando confusione a confusione.
Di solito è diffusa l’idea forte, quella di far saltare il banco, e il come attuare ciò passa in secondo piano, ci si innamora dell’ipotesi rivoluzionaria relegando metodi e attuabilità nell’angolo o da valutarsi come problematiche unicamente ineluttabili e consequenziali.
Vediamo tutti, in questi giorni, la tragedia dell’Ucraina, cosa sta succedendo in Crimea e come le potenze mondiali siano così poco propense a far sì che all’interno d’un paese si risolva il tutto all’interno di esso.
Talvolta è successo, vero, ma, stranamente in luoghi, per una serie di ragioni, non ritenuti strategici per collocazione geografica o portatori di scarsi interessi commerciali e politici. Il Sud dell’Italia non appartiene a questa categoria ma purtroppo o meno alla prima. A parte la considerazione che le rivoluzioni per avere qualche probabilità passano per l’uso delle armi che, detto tra noi e come disse qualcuno, è cosa assai scomoda con cui avere propensione,voglia, tempo ed età per essere praticata.
Altra italica peculiarità è quella per l’innamoramento per l’uomo forte, risolutivo e che le canta a tutti, come da sproloqui grilleschi in atto, che se poi accenna pur solo di striscio a federalismi avanzati, secessioni e restaurazioni di vecchi confini, allora diventano il nuovo carro da assaltare da parte d’un sudismo d’accatto.
Non a caso non usiamo il termine meridionalismo, che è ben’altra cosa e con cui ed a cui impropriamente tutti s’appellano.
Certo il lavorare quotidianamente ad un progetto è più faticoso, così come fare e costruire una squadra anzicchè inneggiare al nuovo capetto o a quello da sempre in incubazione che, chissà poi perché, non ha mai conseguito la patente da vero leader.
Più sognante ed esaltante fantasticare di ribaltare il carro, più comodo affidarsi alla penna di chi molto scrive e poco fa, o come dicevamo di saltare sull’opzione del nuovo politico dissacratore. Individuare e sensibilizzare quei pochi, ma esistenti, politici onesti e di qualità ad un progetto serio richiede altresì fatica e impegno.
Dulcis in fundo resta l’opzione di “quando tutto il popolo avrà capito”, salvo a non trovarlo ormai stecchito…
Andrea Balìa
Fonte : webnapoli24.com
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