lunedì 17 marzo 2014

Politica: tra tifosi, elettori/spettatori, rivoluzionari da scrivania e operatori di cambiamento

pdelsudemiliano1Se uno guarda alla politica italiana degli ultimi tempi certamente non possiamo dire che essa aiuti a diventare tutti degli appassionati.
Possiamo dire che l’ultimo ventennio ha visto i cittadini italiani dividersi in tifosi, elettori o spettatori, rivoluzionari da scrivania, e altri che hanno provato ad essere operatori di cambiamento.
I tifosi. Questi sono nati con la famosa “discesa in campo” del Silvio nazionale che, a partire dal nome del suo partito, ha insegnato che la politica non doveva essere progettualità, passione, voglia di cambiamento, ma tifo per i propri colori. E così con il tempo  tutta la politica italiana è diventata un enorme catino (catino, si, con la “t”) come quello di uno stadio dove le tifoserie se le sono date sempre e comunque di santa ragione salvo poi accontentarsi, in mancanza d’altro, del pareggio o delle stagnazione più totale.
Poi ci sono, ci sono stati nel passato ancora più remoto, e ci saranno forse nel futuro quelli che, nella migliore delle ipotesi, fanno gli elettori, cioè si recano a votare il giorno indicato e scelgono o per inerzia o per quieto vivere, o per interesse personale, o ovviamente anche per convinzione, chi votare. A questa categoria possiamo anche assegnare gli spettatori, quelli che per 364 giorni elencano le cose che vanno male, ma non fanno assolutamente nulla per cambiare e poi il trecentosessantacinquesimo giorno si recano (sempre nella migliore delle ipotesi) a votare (o restano a casa… “tanto non cambierà nulla”).
Poi ci sono i rivoluzionari da scrivania, da piazza, o da massa. Quelli che non accettano nessun compromesso, i duri e puri, quelli che dicono di andare a “palazzo” e buttare i governanti giù per dare il “potere al popolo” e, nel caso del “sud” quelli che dicono, mai nessun contatto con i partiti “italiani”. Noi siamo puri. Noi vogliamo la separazione, noi vogliamo l’uscita dall’euro, noi vogliamo distruggere i poteri forti. Salvo poi aspettare che ci sia qualche rivoluzionari che cominci per primo… Per il momento si accontentano della tastiera del PC oppure dell’ascolto dell’urlatore di turno… Mai dentro il sistema… Noi siamo convinti che quest’ultima frase possa essere ridotta semplicemente al: “MAI!”… Cioè con loro non succederà mai nulla.
Poi ci sono gli operatori del cambiamento, nei quali con umiltà e modestia, riconoscendo i nostri infiniti limiti, ci collochiamo, tra i tanti, noi del Partito del Sud
Il cambiamento si costruisce partendo dagli strumenti democratici che si hanno, dal dialogo e il confronto a muso duro con coloro che prendono le decisioni, con la presenza nei luoghi dove si decide.
Il cambiamento si costruisce con la concretezza dei piccoli passi, pur avendo in mente, magari un sogno, magari un’utopia.
Ecco perché le nostre scelte non sono mai eclatanti sulla carta, ma alla fine sono quelle che fanno più rumore. Perché è il cambiamento che fa rumore, non l’urlo del tifoso, non il silenzio dell’elettore rassegnato, non il rivoluzionario da salotto o di quello che dice “vai avanti tu che io ti seguo”.

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pdelsudemiliano1Se uno guarda alla politica italiana degli ultimi tempi certamente non possiamo dire che essa aiuti a diventare tutti degli appassionati.
Possiamo dire che l’ultimo ventennio ha visto i cittadini italiani dividersi in tifosi, elettori o spettatori, rivoluzionari da scrivania, e altri che hanno provato ad essere operatori di cambiamento.
I tifosi. Questi sono nati con la famosa “discesa in campo” del Silvio nazionale che, a partire dal nome del suo partito, ha insegnato che la politica non doveva essere progettualità, passione, voglia di cambiamento, ma tifo per i propri colori. E così con il tempo  tutta la politica italiana è diventata un enorme catino (catino, si, con la “t”) come quello di uno stadio dove le tifoserie se le sono date sempre e comunque di santa ragione salvo poi accontentarsi, in mancanza d’altro, del pareggio o delle stagnazione più totale.
Poi ci sono, ci sono stati nel passato ancora più remoto, e ci saranno forse nel futuro quelli che, nella migliore delle ipotesi, fanno gli elettori, cioè si recano a votare il giorno indicato e scelgono o per inerzia o per quieto vivere, o per interesse personale, o ovviamente anche per convinzione, chi votare. A questa categoria possiamo anche assegnare gli spettatori, quelli che per 364 giorni elencano le cose che vanno male, ma non fanno assolutamente nulla per cambiare e poi il trecentosessantacinquesimo giorno si recano (sempre nella migliore delle ipotesi) a votare (o restano a casa… “tanto non cambierà nulla”).
Poi ci sono i rivoluzionari da scrivania, da piazza, o da massa. Quelli che non accettano nessun compromesso, i duri e puri, quelli che dicono di andare a “palazzo” e buttare i governanti giù per dare il “potere al popolo” e, nel caso del “sud” quelli che dicono, mai nessun contatto con i partiti “italiani”. Noi siamo puri. Noi vogliamo la separazione, noi vogliamo l’uscita dall’euro, noi vogliamo distruggere i poteri forti. Salvo poi aspettare che ci sia qualche rivoluzionari che cominci per primo… Per il momento si accontentano della tastiera del PC oppure dell’ascolto dell’urlatore di turno… Mai dentro il sistema… Noi siamo convinti che quest’ultima frase possa essere ridotta semplicemente al: “MAI!”… Cioè con loro non succederà mai nulla.
Poi ci sono gli operatori del cambiamento, nei quali con umiltà e modestia, riconoscendo i nostri infiniti limiti, ci collochiamo, tra i tanti, noi del Partito del Sud
Il cambiamento si costruisce partendo dagli strumenti democratici che si hanno, dal dialogo e il confronto a muso duro con coloro che prendono le decisioni, con la presenza nei luoghi dove si decide.
Il cambiamento si costruisce con la concretezza dei piccoli passi, pur avendo in mente, magari un sogno, magari un’utopia.
Ecco perché le nostre scelte non sono mai eclatanti sulla carta, ma alla fine sono quelle che fanno più rumore. Perché è il cambiamento che fa rumore, non l’urlo del tifoso, non il silenzio dell’elettore rassegnato, non il rivoluzionario da salotto o di quello che dice “vai avanti tu che io ti seguo”.

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