Parte la collaborazione mensile di Giovanni Cutolo con Webnapoli24 per la rubrica "Riflessioni meridionaliste"...
Nella vita, in quella degli uomini come in quella dei popoli, alle volte si vince e altre invece si perde. Occorre però sottolineare che si può vincere bene o male, così come si può perdere bene o male.
Alla luce di questa premessa dovremmo convenire sul fatto che la vicenda storica che condusse all’unità d’Italia soffrì, ha molto sofferto e ancora molto soffre, del mediocre comportamento di entrambe i contendenti. Andrebbe da parte nostra onestamente riconosciuto con autocritico coraggio il fatto incontrovertibile che, se da un lato i piemontesi si comportarono come dei pessimi vincitori, dall’altro noi napoletani fummo dei pessimi perdenti, che si comportarono in maniera forse ancora peggiore.
Resisto alla tentazione di ritornare sulle malefatte e sulle innumerevoli prove dell’inopportuna crudeltà dell’esercito piemontese in quella che fu a tutti gli effetti una guerra civile e sulle ancora più numerose prove della ottusità politica dei piemontesi come vincitori. Sono tutte cose documentate, ampiamente descritte e variamente raccontate da autori come Ciano, Di Fiore, Aprile, Patruno e tanti altri, meritori protagonisti della stagione di quel nuovo revisionismo storico venuto alla ribalta da una decina di anni a questa parte.
Vorrei invece fare una riflessione rispetto al comportamento tenuto da noi perdenti, napoletani e altre genti del Sud, a partire dal momento in cui, centocinquantaquattro anni fa, perdemmo la guerra e con essa un’indipendenza (?) durata oltre settecento anni.
Poco meno di centocinquanta anni prima, per l’esattezza l’11 Settembre 1714, i catalani perdevano la loro indipendenza, sconfitti militarmente dalle truppe spagnole guidate da Filippo V di Borbone (sic!).
Trecento anni fa i catalani persero la guerra contro gli spagnoli e furono espropriati di quasi tutto; persero il diritto all’autogoverno e con esso dovettero rinunciare all’utilizzo dei simboli caratteristici della propria autonomia. Per oltre quarant’anni, essendosi macchiati della colpa di aver combattuto contro la dittatura franchista come catalani, ma anche e soprattutto come anarchici, comunisti e socialisti, furono privati persino della bandiera, della lingua e del diritto di riunione in numero superiore a cinque individui e addirittura di danzare la sardana all’uscita dalla chiesa la domenica.
Trecento anni fa i catalani persero militarmente ma non civilmente, essendo riusciti a conservare sino a oggi un diffuso e orgoglioso senso di appartenenza che li ha aiutati a rimanere catalani. Da oltre cento anni in Catalogna l’11 Settembre è giornata di festa (sic!) per ricordare la sconfitta, ripeto, la sconfitta subita nel 1714! Nelle scuole di Barcellona, dalle materne all’Università si parla e si studia in catalano e lo spagnolo è obbligatorio, ma è la seconda lingua soltanto.
Oggi la Catalogna gode di una notevole autonomia ma ancora si batte per ottenere il riconoscimento di nazione e l’indipendenza e poi, chissà, riunirsi alla Spagna all’interno di un nuovo patto federale. Sono passati trecento anni e i catalani continuano a lottare politicamente e, per conservare la propria memoria storica, continuano a celebrare una sconfitta!!! E noi?
Giovanni Cutolo
Giovanni Cutolo
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