Di Bruno Pappalardo
INCIPIT:
"Due cose sono oramai fuori di dubbio: la prima è che il regime unitario, il quale ha prodotto grandi benefizi, non li ha prodotti egualmente nel Nord e nel Sud d'Italia; la seconda è che lo sviluppo dell'Italia settentrionale non è dovuto solo alle sue forze, ma anche ai sacrifizi in grandissima misura sopportati dal Mezzogiorno. Quando per la prima volta sollevai la questione del Nord e del Sud e cercai farla passare dal campo delle affermazioni vaghe, in quello della ricerca obbiettiva, non trovai che diffidenze. Molti degli stessi meridionali ritenevan pericolosa la discussione e non la desideravano” (Napoli e la Questione Meridionale, p. 108)
Presidente Nitti, grazie per la Sua disponibilità. I Suoi doveri di Presidente dei Ministri sono tali che rendono questa brevissima intervista, unica,… visto che difficilmente si concede al piacere del consenso. Il Suo interlocutore questa volta è il Partito del Sud e , in breve, poi, le domande sono solo due, vediamo:
PARTITO DEL SUD: il Partito del Sud persegue da sempre la soluzione della oramai celebrata e odiata Questione Meridionale. Cerca, tuttavia, di incuneare i propri appelli e sforzi all’interno delle istituzioni in cui anche Lei, presidente, lavora. Crediamo sia la strada giusta,…non crediamo esista un “altrimenti”.
Lei è stato tra i primi meridionalisti del periodo post-unitario ma è stato anche un alto esponente del preesistente Partito Radicale Italiano di fine dell’800 di Ettore Sacchi. Nel 1903 scrive “ Napoli e la Questione meridionale”e nel 1904 rifonda il Partito Radicale Italiano.
Riusciva a far conciliare le due proposizioni? Per meglio dire, il suo meridionalismo si armonizzava con le parti della politica (sia di sinistra estrema o di destra o altro) partitica?
NITTI: In vero, meridionalista era naturale che lo fossi.e non perché lucano. Il Partito Radicale, infatti, da quel 1904 iniziò un nuovo cammino rispetto a quella sua matrice post-unitaria di estrema sinistra, di Felice Cavallotti. Bisognava allinearsi ai nuovi disegni di fine secolo e i primi anni del ‘900. Le necessità era, da un lato rafforzare le politiche di industrializzazione di tutto il Paese (e dunque anche del Sud) e dall’altro avviare una alfabetizzazione di massa. Annullare, quindi, le derivanti ineguaglianze all’interno della società già forti tra Nord e Sud, evidenti già da subito dopo la raggiunta Unità. C’era anche la necessità di governare un paese con una doverosa maggioranza non facile da formare. Il Partito, però, pur affiancandosi ad altre forze, rimaneva praticamente sempre all’opposizione anche se talvolta doveva assecondare brutte sponde. Si seguiva il pensiero e l'azione di Carlo Cattaneo. Credevamo, appunto, al pieno distacco dalla Chiesa e uno Stato definitivamente autonomo e laico, non più centralista e gestore esclusivo del potere. Volevamo liberare così il meridione dal bacchettoneria clericale ma chiedevamo anche il decentramento amministrativo come quello d’origine comunale.
Questo punto già apriva dei varchi interessanti per un meridionalismo possibilmente autonomo.
Il credere agli Stati Uniti d’Europa mazziniani mutuati dal Cattaneo, significava negare il nazionalismo, l’imperialismo e il colonialismo. Il Paese, pensavamo, non poteva lasciare una parte di sé indietro (Sud) come colonia come già avevano palesato le prime leggi varate dopo l’Unità? Insomma manifestavamo la voglia di federare. Volevamo, ad esempio, la totale indipendenza della magistratura dal potere politico, quindi, massima garanzia di equità sociale; Il Sud poteva chiedere l’equanimità politica e giuridica. Sapevamo, eccome, del fenomeno le ragioni del “brigantaggio” e, quindi, come non chiedere l’abolizione della pena di morte che poteva ancora ricadere sul Sud?
La lotta all’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria era ancora un’altra nostro principio Non si poteva immaginare un pezzo di territorio istruito e l’altro zotico e ignorantone; (per le genti più povere)
Era una scelta anche strategica. L’Italia non avrebbe avuto alcun futuro perché costretta a rallentare se non venivano date gambe veloci al Sud mediante una forte crescita culturale.
E, poi, la questione della donna. Chiedevamo parità anche occupazionale. Se si riusciva al Sud, avevamo fatto il colpaccio! Avremmo chiesto infrastrutture essendoci forte mano d’opera, quindi, più lavoro, più entrate. La disoccupazione era già troppo progredente e bisognava livellare. Mi sembra d’aver risposto!
Non potevamo prosperare e soprattutto perfezionarci se tutte le parti del proprio corpo (sociale) non agivano in sincronia con il resto degli altri pezzi anatomici. Non era difficile essere meridionalista. Era però difficile resistere! Avevo testimonianza di atteggiamento astiosi dagli stessi amici deputati. Essere meridionalista, ai miei tempi era essere sovversivo!
PARTITO DEL SUD: Certo! …Ma le politiche? Lei come si è posto davanti alle soluzioni?
NITTI: ho scritto e fatto tante cose: la nascita dell’Ente Volturno per l’energia elettrica, l’Ilva di Bagnoli, come l’INA, ma in monopolio statale per le assicurazione sulla vita. Ho avviato politiche per una maggiore formazione del commercio dei prodotti agricoli (Sud) migliorando così lo sviluppo regionale a fronte di interessi volti soprattutto ai lavori pubblici . Ma attenzione!Quando si sta al governo bisogna inevitabilmente pensare al Paese tutto ed ecco, senza credere a infidi tradimenti, si è macchinalmente costretti a ridurre il potenziale ideologico meridionalista.
Una sola cosa, una sola formula poteva e potrebbe, al contrario, interporsi tra questa bizzarra e fastidiosa dualità: le regioni federate! Ma a questa, essendo un convinto assertore dell’Unità nazionale a poco credo!
Beh, bisogna che vada, …buona fortuna e, …credetemi , ce ne vuole tantissima!!
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