di LINO PATRUNO
Il Sud è sempre stato terra di emigrazione. Quanti ne ha portati nelle nebbie il mitico espresso Lecce-Zurigo via Milano. E quanti il Bari-Torino. Ora l’emigrazione è intellettuale, dopo le valigie di cartone vanno i nostri ragazzi laureati col trolley e il computer. Ma vanno e vengono anche i pendolari. Vanno e vengono gli imprenditori e gli uomini d’affari. Vanno e vengono le merci. E vanno e vengono anche i turisti, soprattutto vengono sempre più nelle terre del sole.
Non ci fossero i treni, le strade, le autostrade, gli aerei, il Sud resterebbe ancor più la periferia d’Europa che è: bisogna raggiungerlo di proposito, non ci si passa per andare altrove in questa lunga Italia che il buon Dio ha disegnato così con un po’ di distrazione. Perciò se qualcuno decidesse di far male al Sud, il sistema sarebbe rapido: isolarlo. Farlo diventare, ad esempio, un binario morto, come dice un dolente cartellone affisso in Puglia con la foto delle coppole che partivano sùbito dopo la guerra, e le mamme con i figli al collo. Detto e fatto. Dopo due anni e due governi, la missione è compiuta.
Per restare alla Puglia, le indiscrezioni sui nuovi orari invernali la danno collegata solo con tre Freccia Argento per Roma. Ma nella capitale non si potrà arrivare prima delle 11,30, quando già stanno pensando alla pausa pranzo. E dalla capitale non si potrà rientrare più tardi delle 18, lasciando nel mezzo non solo il binario morto ma ore morte nelle quali si potrà concludere meno che niente. Neanche a pensarci alle ore piccole: niente notturni giornalieri con la capitale, niente Taranto-Milano (e a Taranto c’è una cosina come l’Ilva per la quale qualche viaggio su e giù s’immagina sia necessario).
Ma come, proprio i treni notturni che fanno risparmiare tempo e riducono i costi per il Sud? Mah, rispondono da Trenitalia, ormai ci sono i voli low cost, a basso prezzo, che li hanno soppiantati ovunque in Europa. Ma il Mezzogiorno non è un caso particolare in Europa? Cosa vuole che ci interessi, noi siamo una società privata e dobbiamo fare utili. Quindi meno treni perché ci sarebbero meno passeggeri.
Ma non è che ci sono meno passeggeri perché ci sono meno treni? Sembra la storiella del comico Petrolini. Il quale, a uno spettatore che disturbava dalla galleria del teatro disse di non avercela con lui, ma con i suoi vicini che non lo buttavano giù. Non dovremmo avercela con Trenitalia, ma con un governo disinteressato a farle capire che il trasporto non è un’eventualità come un gelato dopo pranzo, ma un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. La quale non dice che ci si può muovere di più o di meno a seconda di dove si è nati. Ma questo è il Paese che in 150 anni si è guardato bene dal collegare il Sud dal Tirreno all’Adriatico, tipo Bari-Napoli, dovesse mettersi in testa di essere più unito per far valere le proprie ragioni.
Si è guardato bene dal collegare decentemente le città meridionali fra loro, dovessero concludere affari in comune. Si è guardato bene dal far arrivare un treno a Matera, dovesse la città lucana perdere il suo primato nazionale di noncuranza. E ora si guarda bene dal dare al Sud l’alta velocità ferroviaria come al Nord. Forse perché il Sud è l’eterno posto in cui si prenderebbe tempo e si perderebbe tempo, quindi a bassa velocità? Guardi, sviluppiamo l’alta velocità dove più alto è lo sviluppo economico. Appunto, Paese a due velocità. Che pensa allo sviluppo di chi è già sviluppato e se ne infischia di chi è meno sviluppato.
Paese in cui se va la locomotiva del Nord, il Sud può ringraziare di essere il bagaglio appresso. E Paese che anche per questo non solo non cresce più da oltre vent’anni, ma ora va indietro pur avendo in casa un tesoro considerato invece una vergogna da tenere nascosta. Così si spiega l’autostrada Salerno-Reggio Calabria in costruzione da cinquant’anni. Così si spiega una statale ionica che divide Puglia, Basilicata e Calabria invece di unirle. Ma del resto, il ministro dell’economia, Grilli, parla a un giornale tedesco e dice che il modello di crescita del Sud è fallito. Signor ministro, questo è più o meno evidente. Si vorrebbe sapere piuttosto se intende rimediare togliendo al Sud i treni invece di darglieli, così come terapia d’urto. E si vorrebbe sapere se la conclusione è far morire il malato, anche se ci hanno provveduto prima di lei.
(Ultime notizie. Per almeno metà dei politici italiani il Sud non esiste. Questa sconveniente parola non è stata mai pronunciata, se non di sfuggita da Bersani, durante il dibattito televisivo fra i candidati alle elezioni primarie del centro sinistra. L’intervistatore non lo ha chiesto, ma nessuno impediva agli intervistati di parlarne. Quindi il Sud non è il principale problema d’Italia e non è la principale soluzione ai problemi d’Italia. Evviva).
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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venerdì 16 novembre 2012
Treni, il binario morto lo tengono nella testa
di LINO PATRUNO
Il Sud è sempre stato terra di emigrazione. Quanti ne ha portati nelle nebbie il mitico espresso Lecce-Zurigo via Milano. E quanti il Bari-Torino. Ora l’emigrazione è intellettuale, dopo le valigie di cartone vanno i nostri ragazzi laureati col trolley e il computer. Ma vanno e vengono anche i pendolari. Vanno e vengono gli imprenditori e gli uomini d’affari. Vanno e vengono le merci. E vanno e vengono anche i turisti, soprattutto vengono sempre più nelle terre del sole.
Non ci fossero i treni, le strade, le autostrade, gli aerei, il Sud resterebbe ancor più la periferia d’Europa che è: bisogna raggiungerlo di proposito, non ci si passa per andare altrove in questa lunga Italia che il buon Dio ha disegnato così con un po’ di distrazione. Perciò se qualcuno decidesse di far male al Sud, il sistema sarebbe rapido: isolarlo. Farlo diventare, ad esempio, un binario morto, come dice un dolente cartellone affisso in Puglia con la foto delle coppole che partivano sùbito dopo la guerra, e le mamme con i figli al collo. Detto e fatto. Dopo due anni e due governi, la missione è compiuta.
Per restare alla Puglia, le indiscrezioni sui nuovi orari invernali la danno collegata solo con tre Freccia Argento per Roma. Ma nella capitale non si potrà arrivare prima delle 11,30, quando già stanno pensando alla pausa pranzo. E dalla capitale non si potrà rientrare più tardi delle 18, lasciando nel mezzo non solo il binario morto ma ore morte nelle quali si potrà concludere meno che niente. Neanche a pensarci alle ore piccole: niente notturni giornalieri con la capitale, niente Taranto-Milano (e a Taranto c’è una cosina come l’Ilva per la quale qualche viaggio su e giù s’immagina sia necessario).
Ma come, proprio i treni notturni che fanno risparmiare tempo e riducono i costi per il Sud? Mah, rispondono da Trenitalia, ormai ci sono i voli low cost, a basso prezzo, che li hanno soppiantati ovunque in Europa. Ma il Mezzogiorno non è un caso particolare in Europa? Cosa vuole che ci interessi, noi siamo una società privata e dobbiamo fare utili. Quindi meno treni perché ci sarebbero meno passeggeri.
Ma non è che ci sono meno passeggeri perché ci sono meno treni? Sembra la storiella del comico Petrolini. Il quale, a uno spettatore che disturbava dalla galleria del teatro disse di non avercela con lui, ma con i suoi vicini che non lo buttavano giù. Non dovremmo avercela con Trenitalia, ma con un governo disinteressato a farle capire che il trasporto non è un’eventualità come un gelato dopo pranzo, ma un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. La quale non dice che ci si può muovere di più o di meno a seconda di dove si è nati. Ma questo è il Paese che in 150 anni si è guardato bene dal collegare il Sud dal Tirreno all’Adriatico, tipo Bari-Napoli, dovesse mettersi in testa di essere più unito per far valere le proprie ragioni.
Si è guardato bene dal collegare decentemente le città meridionali fra loro, dovessero concludere affari in comune. Si è guardato bene dal far arrivare un treno a Matera, dovesse la città lucana perdere il suo primato nazionale di noncuranza. E ora si guarda bene dal dare al Sud l’alta velocità ferroviaria come al Nord. Forse perché il Sud è l’eterno posto in cui si prenderebbe tempo e si perderebbe tempo, quindi a bassa velocità? Guardi, sviluppiamo l’alta velocità dove più alto è lo sviluppo economico. Appunto, Paese a due velocità. Che pensa allo sviluppo di chi è già sviluppato e se ne infischia di chi è meno sviluppato.
Paese in cui se va la locomotiva del Nord, il Sud può ringraziare di essere il bagaglio appresso. E Paese che anche per questo non solo non cresce più da oltre vent’anni, ma ora va indietro pur avendo in casa un tesoro considerato invece una vergogna da tenere nascosta. Così si spiega l’autostrada Salerno-Reggio Calabria in costruzione da cinquant’anni. Così si spiega una statale ionica che divide Puglia, Basilicata e Calabria invece di unirle. Ma del resto, il ministro dell’economia, Grilli, parla a un giornale tedesco e dice che il modello di crescita del Sud è fallito. Signor ministro, questo è più o meno evidente. Si vorrebbe sapere piuttosto se intende rimediare togliendo al Sud i treni invece di darglieli, così come terapia d’urto. E si vorrebbe sapere se la conclusione è far morire il malato, anche se ci hanno provveduto prima di lei.
(Ultime notizie. Per almeno metà dei politici italiani il Sud non esiste. Questa sconveniente parola non è stata mai pronunciata, se non di sfuggita da Bersani, durante il dibattito televisivo fra i candidati alle elezioni primarie del centro sinistra. L’intervistatore non lo ha chiesto, ma nessuno impediva agli intervistati di parlarne. Quindi il Sud non è il principale problema d’Italia e non è la principale soluzione ai problemi d’Italia. Evviva).
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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Il Sud è sempre stato terra di emigrazione. Quanti ne ha portati nelle nebbie il mitico espresso Lecce-Zurigo via Milano. E quanti il Bari-Torino. Ora l’emigrazione è intellettuale, dopo le valigie di cartone vanno i nostri ragazzi laureati col trolley e il computer. Ma vanno e vengono anche i pendolari. Vanno e vengono gli imprenditori e gli uomini d’affari. Vanno e vengono le merci. E vanno e vengono anche i turisti, soprattutto vengono sempre più nelle terre del sole.
Non ci fossero i treni, le strade, le autostrade, gli aerei, il Sud resterebbe ancor più la periferia d’Europa che è: bisogna raggiungerlo di proposito, non ci si passa per andare altrove in questa lunga Italia che il buon Dio ha disegnato così con un po’ di distrazione. Perciò se qualcuno decidesse di far male al Sud, il sistema sarebbe rapido: isolarlo. Farlo diventare, ad esempio, un binario morto, come dice un dolente cartellone affisso in Puglia con la foto delle coppole che partivano sùbito dopo la guerra, e le mamme con i figli al collo. Detto e fatto. Dopo due anni e due governi, la missione è compiuta.
Per restare alla Puglia, le indiscrezioni sui nuovi orari invernali la danno collegata solo con tre Freccia Argento per Roma. Ma nella capitale non si potrà arrivare prima delle 11,30, quando già stanno pensando alla pausa pranzo. E dalla capitale non si potrà rientrare più tardi delle 18, lasciando nel mezzo non solo il binario morto ma ore morte nelle quali si potrà concludere meno che niente. Neanche a pensarci alle ore piccole: niente notturni giornalieri con la capitale, niente Taranto-Milano (e a Taranto c’è una cosina come l’Ilva per la quale qualche viaggio su e giù s’immagina sia necessario).
Ma come, proprio i treni notturni che fanno risparmiare tempo e riducono i costi per il Sud? Mah, rispondono da Trenitalia, ormai ci sono i voli low cost, a basso prezzo, che li hanno soppiantati ovunque in Europa. Ma il Mezzogiorno non è un caso particolare in Europa? Cosa vuole che ci interessi, noi siamo una società privata e dobbiamo fare utili. Quindi meno treni perché ci sarebbero meno passeggeri.
Ma non è che ci sono meno passeggeri perché ci sono meno treni? Sembra la storiella del comico Petrolini. Il quale, a uno spettatore che disturbava dalla galleria del teatro disse di non avercela con lui, ma con i suoi vicini che non lo buttavano giù. Non dovremmo avercela con Trenitalia, ma con un governo disinteressato a farle capire che il trasporto non è un’eventualità come un gelato dopo pranzo, ma un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. La quale non dice che ci si può muovere di più o di meno a seconda di dove si è nati. Ma questo è il Paese che in 150 anni si è guardato bene dal collegare il Sud dal Tirreno all’Adriatico, tipo Bari-Napoli, dovesse mettersi in testa di essere più unito per far valere le proprie ragioni.
Si è guardato bene dal collegare decentemente le città meridionali fra loro, dovessero concludere affari in comune. Si è guardato bene dal far arrivare un treno a Matera, dovesse la città lucana perdere il suo primato nazionale di noncuranza. E ora si guarda bene dal dare al Sud l’alta velocità ferroviaria come al Nord. Forse perché il Sud è l’eterno posto in cui si prenderebbe tempo e si perderebbe tempo, quindi a bassa velocità? Guardi, sviluppiamo l’alta velocità dove più alto è lo sviluppo economico. Appunto, Paese a due velocità. Che pensa allo sviluppo di chi è già sviluppato e se ne infischia di chi è meno sviluppato.
Paese in cui se va la locomotiva del Nord, il Sud può ringraziare di essere il bagaglio appresso. E Paese che anche per questo non solo non cresce più da oltre vent’anni, ma ora va indietro pur avendo in casa un tesoro considerato invece una vergogna da tenere nascosta. Così si spiega l’autostrada Salerno-Reggio Calabria in costruzione da cinquant’anni. Così si spiega una statale ionica che divide Puglia, Basilicata e Calabria invece di unirle. Ma del resto, il ministro dell’economia, Grilli, parla a un giornale tedesco e dice che il modello di crescita del Sud è fallito. Signor ministro, questo è più o meno evidente. Si vorrebbe sapere piuttosto se intende rimediare togliendo al Sud i treni invece di darglieli, così come terapia d’urto. E si vorrebbe sapere se la conclusione è far morire il malato, anche se ci hanno provveduto prima di lei.
(Ultime notizie. Per almeno metà dei politici italiani il Sud non esiste. Questa sconveniente parola non è stata mai pronunciata, se non di sfuggita da Bersani, durante il dibattito televisivo fra i candidati alle elezioni primarie del centro sinistra. L’intervistatore non lo ha chiesto, ma nessuno impediva agli intervistati di parlarne. Quindi il Sud non è il principale problema d’Italia e non è la principale soluzione ai problemi d’Italia. Evviva).
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno
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