sabato 10 novembre 2012

L’Inno e il risorgimento: l’Unità non si impone si costruisce



Fonte: Sud24.it
Finita la sbornia retorica e falsa dei festeggiamenti dei 150 anni di Unità d’Italia pensavamo che fosse finita anche l’intenzione di imporre agli italiani una medicina, quella del tutti uniti appassionatamente, per legge.
Non perché si sia contro un’Unità d’Italia che c’è o contro un inno che c’è e che in fondo in tante occasioni sentiamo anche nostro, ma perché un Parlamento Italiano, incapace di legiferare su cose semplici come la legge elettorale per meri fini di interesse di bottega, si permette di dare lezioni di storia ed educazione civica ai cittadini dicendo che devono obbligatoriamente imparare l’inno a scuola, studiare il risorgimento e festeggiare il 17 marzo la proclamazione del regno d’Italia che fu, tra l’altro, scritta e letta in francese.
Obbligare i nostri figli e i nostri ragazzi, non a condividere le tradizioni e le ricchezze delle tante terre che compongono il nostro Paese e quindi apprezzarsi in quanto fratelli diversi e uguali perché accomunati da una storia condivisa, ma a imparare a memoria un inno, studiare una storia falsa di eroi falsi e di un popolo negletto e arretrato, quello del sud, è una vera e propria violenza da regime totalitario.
Nessuno mi ha obbligato, ma l’inno nazionale lo conosco, come lo conoscono tutti i ragazzi che conosco, il problema è che, quando si arriva in un momento di crisi nazionale, si vuole irregimentare tutti in recinti dai quali diventa impossibile dire la propria…
Se si voleva fare qualcosa di buono si doveva chiedere a chi di dovere di aggiornare i programmi di scuola, di raccontare con onestà a tutti i ragazzi d’Italia i pregi e i difetti di tutte le terre e gli stati pre-unitari, di riscrivere la storia di un’occupazione del sud e non sono del sud, di un sud economicamente ed industrialmente meglio messo del resto dell’Italia di allora. Imporci e imporre uno studio (come hanno fatto notare anche i presidi a livello nazionale) di un inno senza collegarlo ai valori di condivisione nazionale, che pure ci sono, è come obbligare qualcuno a fare l’amore.
Tutto ancora sbagliato purtroppo. Così, “checché” ne dica Mimmo Cavallo nelle sue canzoni, “non saremo mai fratelli uniti”. Ma perché lo vogliono loro non certo tutti i ragazzi italiani o gli uomini e le donne del Sud, che loro vogliono indottrinare.
Vogliamo una vera Unità d’Italia altro che chiacchiere… in pratica fondata su un sentimento di unità.
Fonte: Sud24.it

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Fonte: Sud24.it
Finita la sbornia retorica e falsa dei festeggiamenti dei 150 anni di Unità d’Italia pensavamo che fosse finita anche l’intenzione di imporre agli italiani una medicina, quella del tutti uniti appassionatamente, per legge.
Non perché si sia contro un’Unità d’Italia che c’è o contro un inno che c’è e che in fondo in tante occasioni sentiamo anche nostro, ma perché un Parlamento Italiano, incapace di legiferare su cose semplici come la legge elettorale per meri fini di interesse di bottega, si permette di dare lezioni di storia ed educazione civica ai cittadini dicendo che devono obbligatoriamente imparare l’inno a scuola, studiare il risorgimento e festeggiare il 17 marzo la proclamazione del regno d’Italia che fu, tra l’altro, scritta e letta in francese.
Obbligare i nostri figli e i nostri ragazzi, non a condividere le tradizioni e le ricchezze delle tante terre che compongono il nostro Paese e quindi apprezzarsi in quanto fratelli diversi e uguali perché accomunati da una storia condivisa, ma a imparare a memoria un inno, studiare una storia falsa di eroi falsi e di un popolo negletto e arretrato, quello del sud, è una vera e propria violenza da regime totalitario.
Nessuno mi ha obbligato, ma l’inno nazionale lo conosco, come lo conoscono tutti i ragazzi che conosco, il problema è che, quando si arriva in un momento di crisi nazionale, si vuole irregimentare tutti in recinti dai quali diventa impossibile dire la propria…
Se si voleva fare qualcosa di buono si doveva chiedere a chi di dovere di aggiornare i programmi di scuola, di raccontare con onestà a tutti i ragazzi d’Italia i pregi e i difetti di tutte le terre e gli stati pre-unitari, di riscrivere la storia di un’occupazione del sud e non sono del sud, di un sud economicamente ed industrialmente meglio messo del resto dell’Italia di allora. Imporci e imporre uno studio (come hanno fatto notare anche i presidi a livello nazionale) di un inno senza collegarlo ai valori di condivisione nazionale, che pure ci sono, è come obbligare qualcuno a fare l’amore.
Tutto ancora sbagliato purtroppo. Così, “checché” ne dica Mimmo Cavallo nelle sue canzoni, “non saremo mai fratelli uniti”. Ma perché lo vogliono loro non certo tutti i ragazzi italiani o gli uomini e le donne del Sud, che loro vogliono indottrinare.
Vogliamo una vera Unità d’Italia altro che chiacchiere… in pratica fondata su un sentimento di unità.
Fonte: Sud24.it

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