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Meno male che esistono in Italia giovani donne come Francesca che gridano al vento parole nuove, a infrangere stereotipi, a demolire luoghi comuni, ad increspare l’appiattimento di modelli indotti dall’alto, dal subdolo potere devastante della moda e della pubblicità.
La “Figlia scambiata” riguarda un imprevisto, uno scambio avvenuto nella grande famiglia contemporanea che avvia la gente (quando le cose vanno per il meglio e ci si riesce a sottrarre al mortale ipnotismo televisivo) verso discoteche tutte eguali, verso multi sale cinematografiche che proiettano tutte gli stessi film del momento, verso sogni uniformi e verso musiche programmate a tavolino nelle gelide stanze dei manovratori del successo.
Francesca è un’italiana diversa, per di più siciliana, ed inevitabilmente per il sentire comune l’abbandono delle retoriche folkloristiche e le sue tematiche trasgressive sono ancora più spiazzanti. Ma la cosa per me più importante è che lei nello scrivere poesie si fa guidare dalla rima, senza perdere un colpo e il risultato è un libro di versi, dove però la rima attesa non è mai la parola più o meno scontata che ci si potrebbe aspettare; e così vengono fuori accostamenti e “metafore” mai sentite prima e termini che mai sono apparsi in un libro di poesie che si rispetti.
Per me che sono ossessionato dalle imitazioni, dalle file di ballerine americane tutte perfettamente sincronizzate con le insulse movenze della solista, dalla mancanza di originalità, dalle creazioni artefatte, dai prodotti ispirati alla logica del consenso, dalla catastrofe culturale provocata dell’indice di ascolto che esce come un demone dal malefico apparecchio televisivo e invade edicole di giornali e librerie; per me che sono arrivato a teorizzare, intimamente e per me stesso, l’equazione bello=nuovo, la lettura di “Figghia cangiata” è una grande sorpresa.
Eugenio Bennato (tratto dalla Prefazione)
Tanger, 17 novembre 2011
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Francesca Amato (Milano, 1977), fin da bambina mostra attitudine alla scrittura. Inizia a scrivere racconti e poesie, durante gli anni del liceo, sotto la guida del professore Salvatore Termini.
Iscritta alla Facoltà di architettura di Palermo, nel 2003 partecipa ad un Laboratorio di progettazione in Tunisia, con la professoressa Adriana Sarro, sulle città d’oasi: rimane colpita dal mondo tunisino, dai sapori e dai colori del deserto. Il progetto, realizzato col collega Fabio Colajanni, nel corso della cooperazione con il comune di Nefta, viene pubblicato ed esposto alla Biennale di Venezia.
Presso l’“Accademia di Musica C. Schumann” di Palermo, frequenta il corso di tamburello e tammorra con il maestro Massimo Laguardia e inizia lo studio del canto e della teoria musicale con il maestro Giuseppe Messina.
Negli stessi anni comincia il suo progetto musicale I Curtigghiu, letteralmente cortile, ma anche pettegolezzo, nel senso meno sordido del termine, con cui esplora la tradizione musicale della propria isola.
Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.68 €12,00
ISBN 978-88-591-0005-8
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