Di Nicola Sessa
Angela Merkel lo ha detto senza nascondersi dietro il suo ruolo di Cancelliere della Repubblica federale: “Il fallimento della Grecia comporterebbe un rischio incalcolabile” e anche il secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi – approvato nel tardo pomeriggio dal Bundestag – “non assicura al 100 per cento” di centrare il salvataggio del paese sull’orlo del default.
Loretta Napoleoni, economista e giornalista, ci ragguaglia sugli ultimi sviluppi con uno sguardo al passato e uno al futuro.
Tutti contenti per i 130 miliardi messi a disposizione di Atene. Siamo al sicuro? Basterà alla Grecia per risvegliarsi dall’incubo che sta vivendo?
Il pacchetto non basta. La Grecia nel 2013 avrà sicuramente bisogno di altri aiuti e questo perché la politica di austerità che le è stata imposta riduce il tasso di crescita. Secondo alcune stime questa nuova ondata di riforme di austerità dovrebbero far contrarre il Pil greco di un altro 5 per cento. Ciò significa che l’anno prossimo Atene avrà un rapporto debito-Pil superiore a quello di oggi. Un paese per poter pagare il debito deve poter crescere a un tasso superiore a quello degli interessi del debito stesso. Non c’è ragione di essere ottimisti, anzi bisognerebbe essere molto pessimisti.
Non solo in Grecia, ma in tutta l’area euro l’economia rallenta (per non dire che è ferma). E ciò nonostante il mare di liquidità immesso dalla Bce e che ancora immetterà mercoledì 1 marzo. Cosa sta succedendo?
La politica della Bce, il Ltro (Long term refinancing operation), in realtà immette liquidità nel sistema bancario ma non nell’economia. Ciò vuol dire che questi soldi che vengono stampati non filtrano attraverso le banche nell’economia. Le banche stanno ricostituendo i propri bilanci, si stanno proteggendo dalle nuove normative di Basilea-3 che richiedono una più alta percentuale di depositi. Sembra quasi che queste iniziative siano dirette a proteggere le banche e non gli stati. Questo è quanto vogliono anche Merkel e Sarkozy. Se si isolano le banche dal rischio Grecia, l’anno prossimo quando Atene chiederà ancora aiuti le si potrà dire “Basta così” e lasciarla al proprio destino (in bancarotta) senza avere alcun impatto sul sistema bancario dell’Europa centrale.
In effetti Moody’s aveva criticato il coinvolgimento dei privati e il fatto che le banche dovessero rinunciare a una parte consistente dei propri crediti. La conseguenza sarebbe stata una fuga degli investitori dai paesi a rischio (Italia, Portogallo, Spagna, Iralnda). C’è ancora questo pericolo?
Moody’s ha declassato ancora il rating della Grecia: manca un solo gradino alla D di defautl. Moody’s non si fida e neanche il mercato ha dato una risposta positiva. C’è un po’ di stanchezza. Tutti i summit e gli incontri producono risultati scarsi: l’impressione è che si voglia guadagnare solo tempo, e appare sempre più chiaro che non c’è una strategia a lungo termine. L’obiettivo è quello di ridurre l’esposizione delle banche nelle regioni periferiche. A quel punto, quando le banche saranno salve, se l’anno prossimo se permarrà questa situazione – o addirittura peggiorerà – l’Europa centrale lascerà al proprio destino i paesi deficitari.
Si ripete continuamente il mantra: “L’Italia non è la Grecia”. Sicuramente non lo è dal punto di vista del debito e del potenziale produttivo, ma lei scrive nel suo libro Il Contagio (edito da Rizzoli) che anche l’Italia ha fatto ricorso a qualche artifizio finanziario e a un “falso in bilancio” per entrare nel club dell’euro. Proprio come la Grecia.
Certamente, il debito è molto più alto di quanto dichiarato e di conseguenza anche il rapporto Pil debito no corrisponde al vero. In realtà nessuno può sapere a quanto ammonta il debito se non i ministri del Tesoro che si sono succeduti negli ultimi anni.
Come è possibile che nessuno in parlamento si premuri di proporre un’interrogazione? Perché ci si preoccupa di conoscere il reddito del ministro Severino e non l’entità del debito, le notazioni nello swap book e l’ammontare dei currency swap?
Non lo fanno perché non vogliono farlo: è una situazione in cui se lo fanno ammettono di aver sbagliato. E’ tutto l’arco parlamentare coinvolto in questa storia. Siamo entrati nell’euro con Prodi e il Pd e queste attività sono state poi perseguite anche da Berlusconi. Proporre adesso un’interrogazione vuol dire proporla contro loro stessi.
Fonte:Eilmensile.it
Nessun commento:
Posta un commento