di LINO PATRUNOGià in due occasioni l’Italia si è trovata un foglio di carta bianco davanti. Un foglio bianco sul quale disegnare il Paese futuro. La prima nel 1861, quando si doveva fare l’Italia unita dopo quasi 14 secoli. La seconda nel 1945, subito dopo la guerra mondiale, quando bisognava ricostruire tutto. La storia ci ha detto che in tutte due le occasioni è venuta fuori un’Italia in cui il Sud non ha avuto pari dignità, in cui il Sud è stato condannato alla serie B.
Adesso per la terza volta l’Italia ha il foglio di carta bianco davanti. Di fronte alla più grave crisi economica degli ultimi settant’anni, il Paese va ridisegnato per sopravvivere e superarla. E visto come è andata prima, bisognerebbe stare in guardia per evitare che ne vengano fuori di nuovo una serie A e una serie B, insomma che ancóra una volta il Sud sia il vagone appresso di una locomotiva da rimettere in moto solo al Nord.
L’allarme è drammatico, date le premesse. Non una sola volta la parola Sud è stata pronunciata dal capo del governo, Monti, nella conferenza-stampa di fine anno. E di tempo non è che non ne abbia avuto, oltre due ore. E nonostante la presenza, in prima fila, quindi sott’occhio, del ministro Barca, in pratica del ministro del Mezzogiorno, che magari gli faceva gesti disperati.
E’ già cambiato tutto per le pensioni. Si annunciano liberalizzazioni che, più che liberalizzazioni, sarebbero una rivoluzione in un Paese in cui ciascuno fa il suo comodo a danno (e a spese) degli altri, dai taxi alla benzina. Si proclama una lotta senza pietà all’evasione fiscale più alta d’Europa, col Nord che continua a mentire dicendo che è più alta al Sud e strillando per l’incursione a Cortina. Si avanza una riforma del lavoro le cui avvisaglie stanno già facendo temere una sollevazione sociale. Si attendono dosi massicce di Viagra per una crescita che manca ormai da quasi dieci anni. Tutto dovrebbe cambiare. E forse stavolta non per lasciare le cose come stanno, perché c’è l’Europa, giusto o no che sia, pronta a spazzare i possibili gattopardi.
Se il fine di tutto sono i conti in ordine ma soprattutto la famosa crescita, senza la quale non potremo essere all’infinito dissanguati di tasse, si capisce ancóra di più quanto sia già una mezza condanna il silenzio sul Sud. Perché l’Italia potrà crescere soltanto al Sud, se non vuole che fra i capannoni e le fabbrichette del Nord ci si pesti i piedi. E se non vuole riparare la solita locomotiva sfiatata invece di metterne in campo una nuova che non abbia il Sud sempre e solo come vagone di scorta.
Per ora il noto amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, quindi dell’intero Paese, ha provveduto a tagliare tutti i trenipossibili al Sud. E il Sud, tranne denunce sia pur iratissime delle singole regioni, non ha occupato nessun binario, non si è mosso tutto insieme per far cessare l’infamia abituale del signor Mauro Moretti. Il quale isola sempre di più un Sud che andrebbe ricucito al resto della lunga penisola, non lasciato appeso e defraudato non solo dei treni ma della dignità.
Ecco perché è una buona novella l’iniziativa di tutte le regioni meridionali, giustamente istigata dal principale giornale di Napoli, di chiedere un incontro urgente al presidente Monti fresco di amnesia. Si terrà il 17 prossimo. Tranne defezioni strada facendo, avverrà ciò che a memoria d’uomo non era mai avvenuto: il Sud marcerà appunto tutto insieme. Guarendo, chissà per quanto, dalla maledizione della divisione, pagata sempre con la sottomissione.
E’ il Sud che non solo deve pretendere i treni, ma deve pretenderne l’alta velocità. Deve pretendere che la Salerno-Reggio Calabria non continui a essere l’unica autostrada del mondo a una corsia. Deve pretendere che il porto di Taranto non debba ancóra perdere container perché sempre si promettono spudoratamente fondali più profondi e mai si fanno. Deve pretendere che la Basilicata non sia risarcita con l’elemosina del sette per cento sui profitti del petrolio che si mettono in tasca altri. Il Sud deve pretendere che quanto a sé destinato non sia speso per i traghettatori del lago di Garda.
Il Sud deve pretendere tutto quanto gli ha finora impedito di produrre, tutto quanto lo ha fattoaccusare di non voler produrre, tutto quanto gli ha fatto rinfacciare di preferire l’assistenza dello Stato. Perché anche un Sud malissimo rappresentato dalle sue classi dirigenti ha ormai capito che quei soldi dello Stato, quand’anche ci siano, sono ed erano come la neve che scende senza attecchire. Come attecchisce senza l’atmosfera adatta?
Se il Sud non avrà successo, resteranno solo le tasse. Ma che si sappia: di fronte al terzo foglio bianco dei suoi gloriosi 150 anni, l’Italia ancóra una volta avrà deciso di condannarsi alla crisi e di essere un povero e ingiusto Paese.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 13 gennaio 2012
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di LINO PATRUNOGià in due occasioni l’Italia si è trovata un foglio di carta bianco davanti. Un foglio bianco sul quale disegnare il Paese futuro. La prima nel 1861, quando si doveva fare l’Italia unita dopo quasi 14 secoli. La seconda nel 1945, subito dopo la guerra mondiale, quando bisognava ricostruire tutto. La storia ci ha detto che in tutte due le occasioni è venuta fuori un’Italia in cui il Sud non ha avuto pari dignità, in cui il Sud è stato condannato alla serie B.
Adesso per la terza volta l’Italia ha il foglio di carta bianco davanti. Di fronte alla più grave crisi economica degli ultimi settant’anni, il Paese va ridisegnato per sopravvivere e superarla. E visto come è andata prima, bisognerebbe stare in guardia per evitare che ne vengano fuori di nuovo una serie A e una serie B, insomma che ancóra una volta il Sud sia il vagone appresso di una locomotiva da rimettere in moto solo al Nord.
L’allarme è drammatico, date le premesse. Non una sola volta la parola Sud è stata pronunciata dal capo del governo, Monti, nella conferenza-stampa di fine anno. E di tempo non è che non ne abbia avuto, oltre due ore. E nonostante la presenza, in prima fila, quindi sott’occhio, del ministro Barca, in pratica del ministro del Mezzogiorno, che magari gli faceva gesti disperati.
E’ già cambiato tutto per le pensioni. Si annunciano liberalizzazioni che, più che liberalizzazioni, sarebbero una rivoluzione in un Paese in cui ciascuno fa il suo comodo a danno (e a spese) degli altri, dai taxi alla benzina. Si proclama una lotta senza pietà all’evasione fiscale più alta d’Europa, col Nord che continua a mentire dicendo che è più alta al Sud e strillando per l’incursione a Cortina. Si avanza una riforma del lavoro le cui avvisaglie stanno già facendo temere una sollevazione sociale. Si attendono dosi massicce di Viagra per una crescita che manca ormai da quasi dieci anni. Tutto dovrebbe cambiare. E forse stavolta non per lasciare le cose come stanno, perché c’è l’Europa, giusto o no che sia, pronta a spazzare i possibili gattopardi.
Se il fine di tutto sono i conti in ordine ma soprattutto la famosa crescita, senza la quale non potremo essere all’infinito dissanguati di tasse, si capisce ancóra di più quanto sia già una mezza condanna il silenzio sul Sud. Perché l’Italia potrà crescere soltanto al Sud, se non vuole che fra i capannoni e le fabbrichette del Nord ci si pesti i piedi. E se non vuole riparare la solita locomotiva sfiatata invece di metterne in campo una nuova che non abbia il Sud sempre e solo come vagone di scorta.
Per ora il noto amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, quindi dell’intero Paese, ha provveduto a tagliare tutti i trenipossibili al Sud. E il Sud, tranne denunce sia pur iratissime delle singole regioni, non ha occupato nessun binario, non si è mosso tutto insieme per far cessare l’infamia abituale del signor Mauro Moretti. Il quale isola sempre di più un Sud che andrebbe ricucito al resto della lunga penisola, non lasciato appeso e defraudato non solo dei treni ma della dignità.
Ecco perché è una buona novella l’iniziativa di tutte le regioni meridionali, giustamente istigata dal principale giornale di Napoli, di chiedere un incontro urgente al presidente Monti fresco di amnesia. Si terrà il 17 prossimo. Tranne defezioni strada facendo, avverrà ciò che a memoria d’uomo non era mai avvenuto: il Sud marcerà appunto tutto insieme. Guarendo, chissà per quanto, dalla maledizione della divisione, pagata sempre con la sottomissione.
E’ il Sud che non solo deve pretendere i treni, ma deve pretenderne l’alta velocità. Deve pretendere che la Salerno-Reggio Calabria non continui a essere l’unica autostrada del mondo a una corsia. Deve pretendere che il porto di Taranto non debba ancóra perdere container perché sempre si promettono spudoratamente fondali più profondi e mai si fanno. Deve pretendere che la Basilicata non sia risarcita con l’elemosina del sette per cento sui profitti del petrolio che si mettono in tasca altri. Il Sud deve pretendere che quanto a sé destinato non sia speso per i traghettatori del lago di Garda.
Il Sud deve pretendere tutto quanto gli ha finora impedito di produrre, tutto quanto lo ha fattoaccusare di non voler produrre, tutto quanto gli ha fatto rinfacciare di preferire l’assistenza dello Stato. Perché anche un Sud malissimo rappresentato dalle sue classi dirigenti ha ormai capito che quei soldi dello Stato, quand’anche ci siano, sono ed erano come la neve che scende senza attecchire. Come attecchisce senza l’atmosfera adatta?
Se il Sud non avrà successo, resteranno solo le tasse. Ma che si sappia: di fronte al terzo foglio bianco dei suoi gloriosi 150 anni, l’Italia ancóra una volta avrà deciso di condannarsi alla crisi e di essere un povero e ingiusto Paese.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno del 13 gennaio 2012
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