mercoledì 25 gennaio 2012

L’importanza della memoria


Ricevo e posto:


RIFLESSIONI SU "TERRONI" DI PINO APRILE
VITTIME E CARNEFICI

Di Guglielmo Di Grezia

Non volevo piú scrivere per non dar di nuovo vita a personaggi praticamente finiti. Ma sarà la serata o il fatto che Fiorella Mannoia ha detto pubblicamente che ha dedicato il suo ultimo album al Sud dopo aver letto il libro di Pino Aprile “Terroni” (nel corso della trasmissione “che tempo che fa” di Fabio Fazio), o forse semplice pensiero da condividere con il mio prossimo, debbo dire quello che penso.
Penso che la forza del ricordo è una forza benefica e allo stesso momento disperata. Una forza che nell’universo di dolore che sono stati i crimini dell’intera umanità, appare come un’oasi di salvezza per la propria identità umiliata, torturata e negata.

Ho l’immagine nitida di un uomo che racconta con precisione e fermezza l’inferno che ha visto e toccato e che cosí facendo lo restituisce a noi, noi che possiamo solo immaginare l’orrore di cosa ha voluto dire l’essere considerato meno di un animale, l’essere sopravvissuto solo accettando l’umiliazione ed il compromesso con la propria umanità.
L’immagine che porto di costoro nella mia mente si mescola ad un sentimento di affetto e di commozione, di timore e di ammirazione per le loro vicende, per il loro vissuto, perché quello che hanno affrontato è inimmaginabile.

Si ha la prova di quanto bassa e orribile può essere la crudeltà dell’uomo sull’uomo e si viene assaliti da un senso di timore. Primo Levi scriveva: “è avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. Può accadere dappertutto… occorre quindi affinare i nostri sensi, diffidare dagli incantatori, da quelli che dicono belle parole non sostenute da buone ragioni”.

Appena si prova una gioia per i risultati che si sono ottenuti, qualcosa ti blocca dentro, qualcuno l’ha chiamata la malattia dei sopravvissuti. Questo, oltre che nelle testimonianze dei vari reduci dei “lager” di qualsiasi tempo ed epoca, l’ho letto nel libro sopra menzionato “Terroni”. Questo è stato Terroni checché ne dicano i vari denigratori in buona e mala fede.

Se per tale motivo (per l’unità nazionale, per il bene comune etc. etc.) un qualsiasi Cazzullo, o un De Marco - e non solo, visto che anche tra le file dei cosiddetti meridionalisti ce ne sono a iosa - non fa altro che tentare di far perdere quel senso di innocenza che distingue la vittima dal carnefice.

Chiunque abbia visto e vissuto l’orrore, qualunque cosa faccia o qualunque cosa veda, viene riportato a quel momento. Se Cazzullo, De Marco e compagnia, non riescono ad accorgersi di questo, vuol dire che non sono migliori dei negazionisti dell’Olocausto. Ognuno di noi ha il diritto dovere di sapere quello che siamo stati e quello che siamo. Affermando con tenacia il proprio essere, il proprio nome, la propria cultura, il proprio credo. Tutto quanto egli era ed oggi è.Tutto quanto è resistito e deve resistere affinché la speranza di tutti noi possa continuare ad essere viva.

Ecco cosa penso di “Terroni”


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Ricevo e posto:


RIFLESSIONI SU "TERRONI" DI PINO APRILE
VITTIME E CARNEFICI

Di Guglielmo Di Grezia

Non volevo piú scrivere per non dar di nuovo vita a personaggi praticamente finiti. Ma sarà la serata o il fatto che Fiorella Mannoia ha detto pubblicamente che ha dedicato il suo ultimo album al Sud dopo aver letto il libro di Pino Aprile “Terroni” (nel corso della trasmissione “che tempo che fa” di Fabio Fazio), o forse semplice pensiero da condividere con il mio prossimo, debbo dire quello che penso.
Penso che la forza del ricordo è una forza benefica e allo stesso momento disperata. Una forza che nell’universo di dolore che sono stati i crimini dell’intera umanità, appare come un’oasi di salvezza per la propria identità umiliata, torturata e negata.

Ho l’immagine nitida di un uomo che racconta con precisione e fermezza l’inferno che ha visto e toccato e che cosí facendo lo restituisce a noi, noi che possiamo solo immaginare l’orrore di cosa ha voluto dire l’essere considerato meno di un animale, l’essere sopravvissuto solo accettando l’umiliazione ed il compromesso con la propria umanità.
L’immagine che porto di costoro nella mia mente si mescola ad un sentimento di affetto e di commozione, di timore e di ammirazione per le loro vicende, per il loro vissuto, perché quello che hanno affrontato è inimmaginabile.

Si ha la prova di quanto bassa e orribile può essere la crudeltà dell’uomo sull’uomo e si viene assaliti da un senso di timore. Primo Levi scriveva: “è avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire. Può accadere dappertutto… occorre quindi affinare i nostri sensi, diffidare dagli incantatori, da quelli che dicono belle parole non sostenute da buone ragioni”.

Appena si prova una gioia per i risultati che si sono ottenuti, qualcosa ti blocca dentro, qualcuno l’ha chiamata la malattia dei sopravvissuti. Questo, oltre che nelle testimonianze dei vari reduci dei “lager” di qualsiasi tempo ed epoca, l’ho letto nel libro sopra menzionato “Terroni”. Questo è stato Terroni checché ne dicano i vari denigratori in buona e mala fede.

Se per tale motivo (per l’unità nazionale, per il bene comune etc. etc.) un qualsiasi Cazzullo, o un De Marco - e non solo, visto che anche tra le file dei cosiddetti meridionalisti ce ne sono a iosa - non fa altro che tentare di far perdere quel senso di innocenza che distingue la vittima dal carnefice.

Chiunque abbia visto e vissuto l’orrore, qualunque cosa faccia o qualunque cosa veda, viene riportato a quel momento. Se Cazzullo, De Marco e compagnia, non riescono ad accorgersi di questo, vuol dire che non sono migliori dei negazionisti dell’Olocausto. Ognuno di noi ha il diritto dovere di sapere quello che siamo stati e quello che siamo. Affermando con tenacia il proprio essere, il proprio nome, la propria cultura, il proprio credo. Tutto quanto egli era ed oggi è.Tutto quanto è resistito e deve resistere affinché la speranza di tutti noi possa continuare ad essere viva.

Ecco cosa penso di “Terroni”


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