giovedì 31 marzo 2011

IL PARTITO DEL SUD ALLE COMUNALI DI NAPOLI


Il Partito del Sud sarà presente alla prossima competizione elettorale delle comunali di Napoli, per l’elezione del nuovo sindaco, con una propria lista, con propri candidati e col proprio simbolo a sostegno della candidatura di Luigi De Magistris.

Definito l’accordo con il magistrato, al momento parlamentare europeo, fieri ed orgogliosi di rappresentare i valori del neo meridionalismo a fianco dell’unico candidato che rappresenta il nuovo e la credibilità di competenza, legalità, onestà ed efficienza in questa sfida.

Luigi De Magistris sarà presente con una sua lista civica dalla titolazione “Napoli è tua”, che vuole rompere con le esperienze negative d’un centrodestra legato a vecchie logiche di gestione di stampo “cosentiniano”, e con le negative e dannose esperienze perpetrate a lungo dal centrosinistra.

Il Partito del Sud darà inoltre il suo contributo anche alla definizione del programma economico della coalizione.

Invitiamo sin d’ora tutti i meridionali, fieri della loro appartenenza storica e fuori da velleitarismi d’improduttivo isolazionismo, a collaborare e sostenere la lista del Partito del Sud e Luigi De Magistris.

Partito del Sud - Napoli

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Il Partito del Sud sarà presente alla prossima competizione elettorale delle comunali di Napoli, per l’elezione del nuovo sindaco, con una propria lista, con propri candidati e col proprio simbolo a sostegno della candidatura di Luigi De Magistris.

Definito l’accordo con il magistrato, al momento parlamentare europeo, fieri ed orgogliosi di rappresentare i valori del neo meridionalismo a fianco dell’unico candidato che rappresenta il nuovo e la credibilità di competenza, legalità, onestà ed efficienza in questa sfida.

Luigi De Magistris sarà presente con una sua lista civica dalla titolazione “Napoli è tua”, che vuole rompere con le esperienze negative d’un centrodestra legato a vecchie logiche di gestione di stampo “cosentiniano”, e con le negative e dannose esperienze perpetrate a lungo dal centrosinistra.

Il Partito del Sud darà inoltre il suo contributo anche alla definizione del programma economico della coalizione.

Invitiamo sin d’ora tutti i meridionali, fieri della loro appartenenza storica e fuori da velleitarismi d’improduttivo isolazionismo, a collaborare e sostenere la lista del Partito del Sud e Luigi De Magistris.

Partito del Sud - Napoli

Ue: S&P sbaglia sulla Grecia. Per uno studio del Fmi le agenzie di rating hanno contribuito al contagio

Ue: S&P sbaglia sulla Grecia. Per uno studio del Fmi le agenzie di rating hanno contribuito al contagioUe: S&P sbaglia sulla Grecia. Per uno studio del Fmi le agenzie di rating hanno contribuito al contagio

Di Andrea Franceschi


Agenzie di rating sotto attacco dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale. All'indomani dell'ennesimo downgrade dell'agenzia di rating al debito di Atene da parte di S&P, il portavoce del commissario Ue agli Affari Economici e Monetari Olli Rehn ha ribadito come la valutazione sulla Grecia di Commissione, Bce e Fmi sia diversa da quella di S&P che sia «la migliore valutazione possibile sulla base della quale vengono sborsate le tranches del prestito».

Studio Fmi sulle agenzie di rating
Insomma una netta bocciatura della Commissione europea, che arriva all'indomani della pubblicazione di uno studio del Fondo monetario internazionale in cui si accusano le agenzie di rating di aver contribuito all'effetto contagio della crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona. Gli economisti Rabah Arezki, Bertrand Candelon e Amadou S.R. Sy hanno messo a confronto il calendario degli annunci delle agenzie di rating con i grafici storici dei rendimenti e dei cds (derivati che assicurano sul rischio fallimento) dei titoli di stato.

Declassare «economie abbastanza ampie, a gradini che si avvicinano al livello minimo di grade investement», secondo gli studiosi, ha avuto un "impatto sistematico" sugli altri Paesi della eurozona. In sostanza i continui «downgrade» hanno giocato un ruolo nello scatenare l'effetto contagio nella crisi dei debiti sovrani che ha colpito l'Eurozona, manifestando il potenziale che hanno notizie del genere nell'accrescere l'instabilità finanziaria.

Il conflitto di interessi delle "tre sorelle"
Nelle conclusioni dello studio i tre economisti suggeriscono vari modi per sanare questa anomalia. Le istituzioni e i governi per esempio dovrebbero per esempio fare un maggiore sforzo comunicativo. In caso di downgrade, dare più informazioni al mercato in modo da dissipare ogni timore sulla solvibilità di uno stato. Ma soprattutto «la politica dovrebbe riflettere su un'eventuale riduzione del ruolo delle agenzie di rating nella regolamentazione dei mercati». Insomma l'annosa questione del conflitto di interesse in cui da sempre si trovano Moody's, Standard & Poor's e Fitch:società private a cui è assegnato un ruolo pubblico.

Fonte:Il Sole 24 ore

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Ue: S&P sbaglia sulla Grecia. Per uno studio del Fmi le agenzie di rating hanno contribuito al contagioUe: S&P sbaglia sulla Grecia. Per uno studio del Fmi le agenzie di rating hanno contribuito al contagio

Di Andrea Franceschi


Agenzie di rating sotto attacco dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale. All'indomani dell'ennesimo downgrade dell'agenzia di rating al debito di Atene da parte di S&P, il portavoce del commissario Ue agli Affari Economici e Monetari Olli Rehn ha ribadito come la valutazione sulla Grecia di Commissione, Bce e Fmi sia diversa da quella di S&P che sia «la migliore valutazione possibile sulla base della quale vengono sborsate le tranches del prestito».

Studio Fmi sulle agenzie di rating
Insomma una netta bocciatura della Commissione europea, che arriva all'indomani della pubblicazione di uno studio del Fondo monetario internazionale in cui si accusano le agenzie di rating di aver contribuito all'effetto contagio della crisi dei debiti sovrani dell'Eurozona. Gli economisti Rabah Arezki, Bertrand Candelon e Amadou S.R. Sy hanno messo a confronto il calendario degli annunci delle agenzie di rating con i grafici storici dei rendimenti e dei cds (derivati che assicurano sul rischio fallimento) dei titoli di stato.

Declassare «economie abbastanza ampie, a gradini che si avvicinano al livello minimo di grade investement», secondo gli studiosi, ha avuto un "impatto sistematico" sugli altri Paesi della eurozona. In sostanza i continui «downgrade» hanno giocato un ruolo nello scatenare l'effetto contagio nella crisi dei debiti sovrani che ha colpito l'Eurozona, manifestando il potenziale che hanno notizie del genere nell'accrescere l'instabilità finanziaria.

Il conflitto di interessi delle "tre sorelle"
Nelle conclusioni dello studio i tre economisti suggeriscono vari modi per sanare questa anomalia. Le istituzioni e i governi per esempio dovrebbero per esempio fare un maggiore sforzo comunicativo. In caso di downgrade, dare più informazioni al mercato in modo da dissipare ogni timore sulla solvibilità di uno stato. Ma soprattutto «la politica dovrebbe riflettere su un'eventuale riduzione del ruolo delle agenzie di rating nella regolamentazione dei mercati». Insomma l'annosa questione del conflitto di interesse in cui da sempre si trovano Moody's, Standard & Poor's e Fitch:società private a cui è assegnato un ruolo pubblico.

Fonte:Il Sole 24 ore

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Prof precari, da Gelmini nuovo blocco, e parte la più grande class-action


Per tamponare la sentenza della Consulta prevista una modifica alle norme sulle graduatorie che di fatto impedisce ogni movimento da una regione all'altra: solo al sud riguarderà 20mila persone. E il Codacons apre il capitolo risarcimenti


di SALVO INTRAVAIA
Ancora pochi mesi di lavoro al Nord e poi migliaia di supplenti meridionali saranno costretti a tornarsene nelle regioni di origine. E sulla scia del megarisarcimento accordato dal Giudice del lavoro di Genova a 15 precari della scuola liguri, parte la più grande class-action mai avviata contro la pubblica amministrazione. A presentarla è il Codacons e ad avvantaggiarsene saranno 40 mila i precari di scuola e università. Nel corso dell'incontro con i sindacati, i tecnici di viale Trastevere hanno comunicato che, per applicare la sentenza della Corte costituzionale - che a febbraio ha dichiarato illegittime le graduatorie "di coda" - emanerà un decreto che darà la possibilità ai supplenti di aggiornare soltanto il punteggio nella graduatoria di merito in cui si trovano inseriti attualmente.

Le liste di "serie B", quelle "di coda", istituite dalla Gelmini saranno cancellate e per i prossimi due anni non sarà possibile spostarsi da una provincia all'altra, come i precari delle regioni meridionali speravano. La notizia non mancherà di avere strascichi polemici. "Il ministero dell'Istruzione ha prospettato l'intenzione di aggiornare per il prossimo biennio, come previsto dalla legge istitutiva delle graduatorie 'a esaurimento', i punteggi dei docenti nella provincia in cui sono inclusi e per cui costoro avevano dato l'opzione. Tale ipotesi è subordinata unicamente alla risposta dell'Avvocatura generale dello stato cui è stata inoltrata la richiesta di parere a riguardo", dichiara il segretario dello Snals, Marco Paolo Nigi.

Così, quella che sembrava una sentenza a favore dei precari della scuola sta per trasformarsi in un gigantesco boomerang, perché sbarrerà la strada verso la supplenza in una regione settentrionale a migliaia di supplenti del Sud. Nel 2007, con l'intento di eliminare il precariato della scuola, l'allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni trasformò le graduatorie "permanenti" in graduatorie "ad esaurimento", bloccando i trasferimenti di provincia e, al contempo, varando un megapiano di 150 mila assunzioni in tre anni. Quando a Palazzo della Minerva arrivò la Gelmini e in via XX settembre Tremonti, il piano di stabilizzazione dei precari venne cancellato, mentre il blocco dei trasferimenti di provincia restò in vigore.

Per addolcire la pillola alle migliaia di precari meridionali alla disperata ricerca di una cattedra e uno stipendio, la ministra di Leno inventò le graduatorie "di coda": una specie di lista secondaria, che seguiva la cosiddetta graduatoria di merito. Due anni fa i precari della scuola ebbero la possibilità di aggiornare il punteggio - per il biennio 2009/2010 e 2010/2011 - nella provincia in cui si trovavano inseriti ai tempi di Fioroni e, in più, poterono scegliere altre tre province in cui inserirsi in "coda". La trovata consentì a migliaia di insegnanti delle regioni del Sud di lavorare al Nord. Ma il mese scorso i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittime "le code".

Sono almeno 20 mila i precari meridionali iscritti "in coda" al Nord. Parecchi di loro, nonostante vengano chiamati dopo l'ultimo della graduatoria di merito, a prescindere dal punteggio, riescono a lavorare perché al Nord molte graduatorie sono esaurite. "La via prospettata", ha dichiarato Nigi, "è condivisibile come soluzione tampone". Secondo Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola, "la via maestra da seguire per dare risposte alle attese dei precari è quella di assumere a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti e disponibili: non è pensabile che siano i ricorsi e le sentenze a decidere chi e quando ha diritto di entrare in ruolo".

"Come avevamo da subito rilevato - prosegue Scrima - il quadro normativo che consegue alla sentenza della Corte costituzionale si rivela complesso e controverso: per quanto ci riguarda, riteniamo che la natura delle graduatorie, specie dopo la loro trasformazione in "graduatorie ad esaurimento", imponga di salvaguardare quanto più possibile le aspettative di chi vi è incluso, senza continui e periodici stravolgimenti delle posizioni occupate". "La Uil scuola, nel corso dell'incontro che si è svolto stamattina al Miur, ha riproposto l'apertura di una trattativa per dare soluzioni strutturali al problema precariato", dichiara Massimo Di Menna.

Molto critico, invece, Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil. "L'incontro di oggi è stato del tutto inutile, perché non ha affrontato i tantissimi nodi che riguardano il destino dei precari della scuola". "Il Governo ha l'obbligo - aggiunge Pantaleo - di assumere una posizione chiara rispetto all'applicazione della sentenza 41/2011, relativa alla incostituzionalità dell'inserimento in coda nelle graduatorie provinciali, e ai ripetuti pronunciamenti della magistratura ordinaria che ha riconosciuto diritti fondamentali per i lavoratori precari". Mentre il Codacons sguinzaglia 40 mila precari di scuola e università, che chiedono la stabilizzazione e 30 mila euro di risarcimento, contro i ministeri dell'Istruzione e della Pubblica amministrazione.


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Per tamponare la sentenza della Consulta prevista una modifica alle norme sulle graduatorie che di fatto impedisce ogni movimento da una regione all'altra: solo al sud riguarderà 20mila persone. E il Codacons apre il capitolo risarcimenti


di SALVO INTRAVAIA
Ancora pochi mesi di lavoro al Nord e poi migliaia di supplenti meridionali saranno costretti a tornarsene nelle regioni di origine. E sulla scia del megarisarcimento accordato dal Giudice del lavoro di Genova a 15 precari della scuola liguri, parte la più grande class-action mai avviata contro la pubblica amministrazione. A presentarla è il Codacons e ad avvantaggiarsene saranno 40 mila i precari di scuola e università. Nel corso dell'incontro con i sindacati, i tecnici di viale Trastevere hanno comunicato che, per applicare la sentenza della Corte costituzionale - che a febbraio ha dichiarato illegittime le graduatorie "di coda" - emanerà un decreto che darà la possibilità ai supplenti di aggiornare soltanto il punteggio nella graduatoria di merito in cui si trovano inseriti attualmente.

Le liste di "serie B", quelle "di coda", istituite dalla Gelmini saranno cancellate e per i prossimi due anni non sarà possibile spostarsi da una provincia all'altra, come i precari delle regioni meridionali speravano. La notizia non mancherà di avere strascichi polemici. "Il ministero dell'Istruzione ha prospettato l'intenzione di aggiornare per il prossimo biennio, come previsto dalla legge istitutiva delle graduatorie 'a esaurimento', i punteggi dei docenti nella provincia in cui sono inclusi e per cui costoro avevano dato l'opzione. Tale ipotesi è subordinata unicamente alla risposta dell'Avvocatura generale dello stato cui è stata inoltrata la richiesta di parere a riguardo", dichiara il segretario dello Snals, Marco Paolo Nigi.

Così, quella che sembrava una sentenza a favore dei precari della scuola sta per trasformarsi in un gigantesco boomerang, perché sbarrerà la strada verso la supplenza in una regione settentrionale a migliaia di supplenti del Sud. Nel 2007, con l'intento di eliminare il precariato della scuola, l'allora ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni trasformò le graduatorie "permanenti" in graduatorie "ad esaurimento", bloccando i trasferimenti di provincia e, al contempo, varando un megapiano di 150 mila assunzioni in tre anni. Quando a Palazzo della Minerva arrivò la Gelmini e in via XX settembre Tremonti, il piano di stabilizzazione dei precari venne cancellato, mentre il blocco dei trasferimenti di provincia restò in vigore.

Per addolcire la pillola alle migliaia di precari meridionali alla disperata ricerca di una cattedra e uno stipendio, la ministra di Leno inventò le graduatorie "di coda": una specie di lista secondaria, che seguiva la cosiddetta graduatoria di merito. Due anni fa i precari della scuola ebbero la possibilità di aggiornare il punteggio - per il biennio 2009/2010 e 2010/2011 - nella provincia in cui si trovavano inseriti ai tempi di Fioroni e, in più, poterono scegliere altre tre province in cui inserirsi in "coda". La trovata consentì a migliaia di insegnanti delle regioni del Sud di lavorare al Nord. Ma il mese scorso i giudici della Consulta hanno dichiarato illegittime "le code".

Sono almeno 20 mila i precari meridionali iscritti "in coda" al Nord. Parecchi di loro, nonostante vengano chiamati dopo l'ultimo della graduatoria di merito, a prescindere dal punteggio, riescono a lavorare perché al Nord molte graduatorie sono esaurite. "La via prospettata", ha dichiarato Nigi, "è condivisibile come soluzione tampone". Secondo Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola, "la via maestra da seguire per dare risposte alle attese dei precari è quella di assumere a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti e disponibili: non è pensabile che siano i ricorsi e le sentenze a decidere chi e quando ha diritto di entrare in ruolo".

"Come avevamo da subito rilevato - prosegue Scrima - il quadro normativo che consegue alla sentenza della Corte costituzionale si rivela complesso e controverso: per quanto ci riguarda, riteniamo che la natura delle graduatorie, specie dopo la loro trasformazione in "graduatorie ad esaurimento", imponga di salvaguardare quanto più possibile le aspettative di chi vi è incluso, senza continui e periodici stravolgimenti delle posizioni occupate". "La Uil scuola, nel corso dell'incontro che si è svolto stamattina al Miur, ha riproposto l'apertura di una trattativa per dare soluzioni strutturali al problema precariato", dichiara Massimo Di Menna.

Molto critico, invece, Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil. "L'incontro di oggi è stato del tutto inutile, perché non ha affrontato i tantissimi nodi che riguardano il destino dei precari della scuola". "Il Governo ha l'obbligo - aggiunge Pantaleo - di assumere una posizione chiara rispetto all'applicazione della sentenza 41/2011, relativa alla incostituzionalità dell'inserimento in coda nelle graduatorie provinciali, e ai ripetuti pronunciamenti della magistratura ordinaria che ha riconosciuto diritti fondamentali per i lavoratori precari". Mentre il Codacons sguinzaglia 40 mila precari di scuola e università, che chiedono la stabilizzazione e 30 mila euro di risarcimento, contro i ministeri dell'Istruzione e della Pubblica amministrazione.


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Disabili, centinaia di sentenze condannano i tagli della Gelmini


I casi di La Spezia e Foggia portano alla luce sentenze in tutte Italia che accolgono le denunce delle famiglie e impongono di ripristinare le ore di sostegno. E scoppia il caso Milano: il prossimo anno le elementari rischiano di avere classi con disabili sovraffollate


di SALVO INTRAVAIA


Alunni disabili privati del sostegno per mesi, classi che ne ospitano "troppi" e, come se non bastasse, sovraffollate. Per far quadrare i conti nella scuola pubblica, il governo Berlusconi ha di fatto tagliato il sostegno agli allievi più deboli: i portatori di handicap. E le associazioni che difendono i diritti dei disabili denunciano "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale, con conseguente sovraffollamento delle classi", e preoccupanti "forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

Dopo l'articolo pubblicato da Repubblica.it 1, il vaso di Pandora dei "tagli" al sostegno operato dalla coppia Tremonti-Gelmini è stato scoperchiato. E a poco valgono i numeri citati dalla ministra sull'incremento dei posti in organico di sostegno, perché i tribunali certificano che il taglio c'è stato. Secondo il dossier sui tagli agli organici pubblicato qualche giorno fa dalla Cisl scuola, "il tetto dei 90 mila posti in organico di sostegno "è stato superato di circa 4 mila unità posti nell'anno scolastico 2010/11 per effetto della sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale".

In appena 7 mesi di scuola, sono state 4 mila le sentenze di condanna emesse dai Tar di tutta Italia a favore degli alunni disabili. Cui occorre aggiungere 4 milioni di spese legali sostenute dall'amministrazione. L'ultima notizia arriva dalla Puglia: appena tre settimane fa, il Tar locale ha condannato l'amministrazione scolastica pugliese 2 ad integrare le ore di sostegno a ben 60 alunni disabili di tutti gli ordini di scuola. Altre 88 sentenze sfavorevoli al ministero sono state pronunciate dal Tar di Napoli. E la direzione scolastica regionale della Sicilia è stata condannata ad un maxi pagamento delle spese legali.

Nonostante la sentenza della Corte costituzionale del febbraio scorso, che giudica illegittimo il tetto agli organici di sostegno imposto dal precedente esecutivo, per oltre metà dell'anno scolastico genitori e figli dei 60 alunni vincitori del magaricorso pugliese si sono dovuti accontentare, di quel che passava il convento. "Nei confronti di ognuno dei minori - recita la sentenza dello scorso 3 marzo della sezione di Bari - con apposita diagnosi funzionale, l'Unità multifunzionale medica della A. S. L. ha richiesto la presenza in classe di insegnante di sostegno per un numero determinato di ore", ma "con gli impugnati provvedimenti dirigenziali gli istituti scolastici presso i quali gli alunni sono iscritti per l'anno scolastico 2010/2011 hanno ridotto le ore di presenza dell'insegnante di sostegno".

Quella di Bari è solo una delle tantissime sentenze che condannano il ministero a restituire il maltolto agli alunni disabili incappati nelle cesoie del governo. "Nel solo mese di gennaio - denuncia Giusppe Adernò, preside dell'istituto Parini di Catania - il Tar di Palermo ha emesso 35 sentenze a favore di altrettante richieste dei genitori che reclamavano il diritto di avere assegnato il docente di sostegno" per i propri figli. Il Tar ha inoltre condannato "la Direzione scolastica regionale e gli Uffici scolastici provinciali a provvedere alla nomina dei 35 docenti e a pagare le spese connesse al procedimento: circa tremila euro per ogni sentenza".

Tra ottobre e dicembre, i giudici amministrativi siciliani hanno emesso altre 34 sentenze analoghe, per un totale complessivo di circa 200 mila euro di spese legali a carico dell'amministrazione. Qualche esempio concreto? Al piccolo N. P., che frequenta la scuola elementare Giovanni XXIII di Palermo, sono state assegnate quest'anno soltanto 15 ore settimanali di sostegno, mentre ha diritto a 24 ore alla settimana. Mentre a due ragazzi con disabilità grave che frequentano l'istituto tecnico commerciale Sciascia di Agrigento sono state assegnate 9 ore settimanali, in luogo delle 18 a cui hanno diritto.

Ma non solo: due giorni fa a Milano è scoppiato il caso delle classi prime elementari con disabili che il prossimo anno sforeranno il tetto massimo di 20 alunni, potendo senza limite arrivare a 27 alunni. A chiederlo è stato l'Ufficio scolastico regionale della Lombardia con una apposita circolare. "Classi da 27 bambini sono già una follia - tuona Giovanni Del Bene, preside del comprensivo Cadorna - ma i disabili non possono stare in ambienti così affollati". "L'anno prossimo - spiega - in una mia prima ci sarà un alunno autistico molto grave: solo il rumore lo mette in difficoltà. Come faccio a metterlo in una classe con altri 26 alunni?".

Ma cosa prevede la normativa? In presenza di disabili, specialmente se gravi, è prevista la riduzione del numero di alunni a 20. E va da sé che in una classe non bisognerebbe inserirne più di uno. Ma la realtà è un'altra. Quest'anno, le classi con oltre due alunni H, da tre in su, sono migliaia. E in alcuni casi si arriva anche a quattro. Per questa ragione la mozione dell'ultimo congresso Fish (la Federazione italiana superamento handicap) parla di "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale con conseguente sovraffollamento delle classi" che "stanno determinando forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

E "chiede a tutti i Parlamentari di far propria una proposta di legge della Fish che riprenda i temi trattati nella relazione al fine di assicurare una effettiva attuazione della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità" e "rinnova e sollecita l'incontro di confronto e chiarimento con il ministro dell'Istruzione avanzata insieme da Fish e Fand (Federazione nazionale tra le Associazioni delle Persone con Disabilità).

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Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

A fronte dei tagli, il Ministero sta per lasciare non spesi fondi Ue pari al costo dell'intera Università. Scadranno tra poco più di un anno. PArticolarmente colpito il Sud. E Bruxelles ha bocciato anche le modalità di gestione di CORRADO ZUNINO

Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

ROMA - Il ministero dei tagli, la Pubblica istruzione che con l'ultima riforma ha portato via 400 milioni all'università italiana, non sa spendere 6,2 miliardi che l'Europa ci offre chiedendoci di investirli nel futuro. Sono i fondi Pon (Programma operativo nazionale) sulla Ricerca e competitività, i più grandi tra i fondi strutturali Ue, previsti per l'arco temporale 2007-2013. Siamo nel 2011 inoltrato e sembriamo avviati a ripetere l'exploit del 2000-2006: missione di spesa europea fallita.

Accade che nel solco degli obiettivi di Lisbona, la grande assise europea del Duemila che avrebbe voluto trasformare in dieci anni l'Europa "nella più competitiva e dinamica economia della conoscenza", l'Unione europea abbia messo nella disponibilità del ministero delle Finanze (Tremonti) e operativamente del Miur (Gelmini) 6,2 miliardi da destinare alla ricerca e sviluppo in quattro regioni a reddito basso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. I luoghi attraverso i quali questi denari avrebbero dovuto essere impegnati sono individuati innanzitutto nelle università, leve, sostiene l'Europa, di buona produttività, presidi di un'economia fondata sulla ricerca.

Questa somma, 6,2 miliardi (che sale a 8,6 miliardi se si considerano le tranche gestite direttamente dalle quattro Regioni), è pari al costo annuale dell'intera università italiana ed è quattro volte maggiore dell'assegno messo a disposizione dalla Commissione europea per tutte le altre 16 regioni italiane. Già, il Pil in ricerca e sviluppo dell'Italia meridionale, se questi denari fossero davvero investiti, passerebbe dallo 0,78% attuale all'1,22% superando i valori del Nord. Il problema è che gli impegni di spesa sono partiti con tre anni di ritardo, nel 2009, e le percentuali dei fondi fin qui utilizzate sono davvero basse, residuali. Secondo le stime della società Vision, basate sui dati della Ragioneria di Stato, allo scorso febbraio i fondi impegnati erano stati il 19,88% (1,62 miliardi) e i pagamenti il 10,37% (644,6 milioni). Un risultato peggiore di quello realizzato dai governi succedutisi tra il 2000 e il 2006.

Il sottosegretario all'Istruzione, il lucano Guido Viceconte, alla Camera ha confermato "una serie di slittamenti del programma e il suo significativo ritardo" e ha rilevato: "L'assorbimento delle risorse nelle regioni della convergenza rappresenta un problema di notevole rilevanza". Tutto dipende, sostiene Viceconte, dal fatto che sulla stessa questione agiscono due ministeri diversi: per dare un'accelerazione alle pratiche, ha spiegato, alcuni dirigenti del programma Pon sono stati cambiati. Il sottosegretario ha parlato di 1873 progetti finanziati in quattro aree tematiche per 915 milioni di euro totali. Cifre in linea con quelle offerte da "Vision". Il deputato Pd Sandro Gozi, autore sul tema di un'interrogazione parlamentare, incalza: "Non ci sono soldi pubblici e sui fondi europei per la ricerca il governo riesce a impegnare, dico impegnare non spendere, una cifra che oscilla tra il 14 e il 20 per cento a seconda delle voci che consideriamo. Mi sembra una scandalo la cui gravità viene sottovalutata".

La macroscopica opportunità sprecata diventa ancora più stridente se si pensa che, oggi, ogni anno, 24 mila studenti meridionali decidono di iscriversi in un'università al Nord e 15 mila laureati del Sud ogni stagione si trasferiscono alla conclusione degli studi. Nonostante il livello di risorse distribuite, nessuna delle università meridionali si classifica tra le prime venti nelle graduatorie nazionali. Fonti della Commissione europea hanno ricordato, infine, come per cinque volte - cinque - la Ue abbia bocciato il sistema di "governo, controllo e monitoraggio del Pon" perché non dava sufficienti garanzie di efficienza e legittimità degli interventi. Bruxelles ha accusato i nostri ministeri di aver organizzato bandi che coinvolgevano solo banche italiane e ha bloccato pezzi di finanziamento.


Fonte : La Repubblica

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I casi di La Spezia e Foggia portano alla luce sentenze in tutte Italia che accolgono le denunce delle famiglie e impongono di ripristinare le ore di sostegno. E scoppia il caso Milano: il prossimo anno le elementari rischiano di avere classi con disabili sovraffollate


di SALVO INTRAVAIA


Alunni disabili privati del sostegno per mesi, classi che ne ospitano "troppi" e, come se non bastasse, sovraffollate. Per far quadrare i conti nella scuola pubblica, il governo Berlusconi ha di fatto tagliato il sostegno agli allievi più deboli: i portatori di handicap. E le associazioni che difendono i diritti dei disabili denunciano "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale, con conseguente sovraffollamento delle classi", e preoccupanti "forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

Dopo l'articolo pubblicato da Repubblica.it 1, il vaso di Pandora dei "tagli" al sostegno operato dalla coppia Tremonti-Gelmini è stato scoperchiato. E a poco valgono i numeri citati dalla ministra sull'incremento dei posti in organico di sostegno, perché i tribunali certificano che il taglio c'è stato. Secondo il dossier sui tagli agli organici pubblicato qualche giorno fa dalla Cisl scuola, "il tetto dei 90 mila posti in organico di sostegno "è stato superato di circa 4 mila unità posti nell'anno scolastico 2010/11 per effetto della sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale".

In appena 7 mesi di scuola, sono state 4 mila le sentenze di condanna emesse dai Tar di tutta Italia a favore degli alunni disabili. Cui occorre aggiungere 4 milioni di spese legali sostenute dall'amministrazione. L'ultima notizia arriva dalla Puglia: appena tre settimane fa, il Tar locale ha condannato l'amministrazione scolastica pugliese 2 ad integrare le ore di sostegno a ben 60 alunni disabili di tutti gli ordini di scuola. Altre 88 sentenze sfavorevoli al ministero sono state pronunciate dal Tar di Napoli. E la direzione scolastica regionale della Sicilia è stata condannata ad un maxi pagamento delle spese legali.

Nonostante la sentenza della Corte costituzionale del febbraio scorso, che giudica illegittimo il tetto agli organici di sostegno imposto dal precedente esecutivo, per oltre metà dell'anno scolastico genitori e figli dei 60 alunni vincitori del magaricorso pugliese si sono dovuti accontentare, di quel che passava il convento. "Nei confronti di ognuno dei minori - recita la sentenza dello scorso 3 marzo della sezione di Bari - con apposita diagnosi funzionale, l'Unità multifunzionale medica della A. S. L. ha richiesto la presenza in classe di insegnante di sostegno per un numero determinato di ore", ma "con gli impugnati provvedimenti dirigenziali gli istituti scolastici presso i quali gli alunni sono iscritti per l'anno scolastico 2010/2011 hanno ridotto le ore di presenza dell'insegnante di sostegno".

Quella di Bari è solo una delle tantissime sentenze che condannano il ministero a restituire il maltolto agli alunni disabili incappati nelle cesoie del governo. "Nel solo mese di gennaio - denuncia Giusppe Adernò, preside dell'istituto Parini di Catania - il Tar di Palermo ha emesso 35 sentenze a favore di altrettante richieste dei genitori che reclamavano il diritto di avere assegnato il docente di sostegno" per i propri figli. Il Tar ha inoltre condannato "la Direzione scolastica regionale e gli Uffici scolastici provinciali a provvedere alla nomina dei 35 docenti e a pagare le spese connesse al procedimento: circa tremila euro per ogni sentenza".

Tra ottobre e dicembre, i giudici amministrativi siciliani hanno emesso altre 34 sentenze analoghe, per un totale complessivo di circa 200 mila euro di spese legali a carico dell'amministrazione. Qualche esempio concreto? Al piccolo N. P., che frequenta la scuola elementare Giovanni XXIII di Palermo, sono state assegnate quest'anno soltanto 15 ore settimanali di sostegno, mentre ha diritto a 24 ore alla settimana. Mentre a due ragazzi con disabilità grave che frequentano l'istituto tecnico commerciale Sciascia di Agrigento sono state assegnate 9 ore settimanali, in luogo delle 18 a cui hanno diritto.

Ma non solo: due giorni fa a Milano è scoppiato il caso delle classi prime elementari con disabili che il prossimo anno sforeranno il tetto massimo di 20 alunni, potendo senza limite arrivare a 27 alunni. A chiederlo è stato l'Ufficio scolastico regionale della Lombardia con una apposita circolare. "Classi da 27 bambini sono già una follia - tuona Giovanni Del Bene, preside del comprensivo Cadorna - ma i disabili non possono stare in ambienti così affollati". "L'anno prossimo - spiega - in una mia prima ci sarà un alunno autistico molto grave: solo il rumore lo mette in difficoltà. Come faccio a metterlo in una classe con altri 26 alunni?".

Ma cosa prevede la normativa? In presenza di disabili, specialmente se gravi, è prevista la riduzione del numero di alunni a 20. E va da sé che in una classe non bisognerebbe inserirne più di uno. Ma la realtà è un'altra. Quest'anno, le classi con oltre due alunni H, da tre in su, sono migliaia. E in alcuni casi si arriva anche a quattro. Per questa ragione la mozione dell'ultimo congresso Fish (la Federazione italiana superamento handicap) parla di "tagli indiscriminati alla spesa per l'istruzione statale con conseguente sovraffollamento delle classi" che "stanno determinando forme di concentrazione di soli alunni con disabilità in totale violazione della normativa apparentemente integra sull'inclusione scolastica".

E "chiede a tutti i Parlamentari di far propria una proposta di legge della Fish che riprenda i temi trattati nella relazione al fine di assicurare una effettiva attuazione della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità" e "rinnova e sollecita l'incontro di confronto e chiarimento con il ministro dell'Istruzione avanzata insieme da Fish e Fand (Federazione nazionale tra le Associazioni delle Persone con Disabilità).

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Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

A fronte dei tagli, il Ministero sta per lasciare non spesi fondi Ue pari al costo dell'intera Università. Scadranno tra poco più di un anno. PArticolarmente colpito il Sud. E Bruxelles ha bocciato anche le modalità di gestione di CORRADO ZUNINO

Atenei, così la Gelmini smarrisce i 6 miliardi stanziati dall'Europa

ROMA - Il ministero dei tagli, la Pubblica istruzione che con l'ultima riforma ha portato via 400 milioni all'università italiana, non sa spendere 6,2 miliardi che l'Europa ci offre chiedendoci di investirli nel futuro. Sono i fondi Pon (Programma operativo nazionale) sulla Ricerca e competitività, i più grandi tra i fondi strutturali Ue, previsti per l'arco temporale 2007-2013. Siamo nel 2011 inoltrato e sembriamo avviati a ripetere l'exploit del 2000-2006: missione di spesa europea fallita.

Accade che nel solco degli obiettivi di Lisbona, la grande assise europea del Duemila che avrebbe voluto trasformare in dieci anni l'Europa "nella più competitiva e dinamica economia della conoscenza", l'Unione europea abbia messo nella disponibilità del ministero delle Finanze (Tremonti) e operativamente del Miur (Gelmini) 6,2 miliardi da destinare alla ricerca e sviluppo in quattro regioni a reddito basso: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. I luoghi attraverso i quali questi denari avrebbero dovuto essere impegnati sono individuati innanzitutto nelle università, leve, sostiene l'Europa, di buona produttività, presidi di un'economia fondata sulla ricerca.

Questa somma, 6,2 miliardi (che sale a 8,6 miliardi se si considerano le tranche gestite direttamente dalle quattro Regioni), è pari al costo annuale dell'intera università italiana ed è quattro volte maggiore dell'assegno messo a disposizione dalla Commissione europea per tutte le altre 16 regioni italiane. Già, il Pil in ricerca e sviluppo dell'Italia meridionale, se questi denari fossero davvero investiti, passerebbe dallo 0,78% attuale all'1,22% superando i valori del Nord. Il problema è che gli impegni di spesa sono partiti con tre anni di ritardo, nel 2009, e le percentuali dei fondi fin qui utilizzate sono davvero basse, residuali. Secondo le stime della società Vision, basate sui dati della Ragioneria di Stato, allo scorso febbraio i fondi impegnati erano stati il 19,88% (1,62 miliardi) e i pagamenti il 10,37% (644,6 milioni). Un risultato peggiore di quello realizzato dai governi succedutisi tra il 2000 e il 2006.

Il sottosegretario all'Istruzione, il lucano Guido Viceconte, alla Camera ha confermato "una serie di slittamenti del programma e il suo significativo ritardo" e ha rilevato: "L'assorbimento delle risorse nelle regioni della convergenza rappresenta un problema di notevole rilevanza". Tutto dipende, sostiene Viceconte, dal fatto che sulla stessa questione agiscono due ministeri diversi: per dare un'accelerazione alle pratiche, ha spiegato, alcuni dirigenti del programma Pon sono stati cambiati. Il sottosegretario ha parlato di 1873 progetti finanziati in quattro aree tematiche per 915 milioni di euro totali. Cifre in linea con quelle offerte da "Vision". Il deputato Pd Sandro Gozi, autore sul tema di un'interrogazione parlamentare, incalza: "Non ci sono soldi pubblici e sui fondi europei per la ricerca il governo riesce a impegnare, dico impegnare non spendere, una cifra che oscilla tra il 14 e il 20 per cento a seconda delle voci che consideriamo. Mi sembra una scandalo la cui gravità viene sottovalutata".

La macroscopica opportunità sprecata diventa ancora più stridente se si pensa che, oggi, ogni anno, 24 mila studenti meridionali decidono di iscriversi in un'università al Nord e 15 mila laureati del Sud ogni stagione si trasferiscono alla conclusione degli studi. Nonostante il livello di risorse distribuite, nessuna delle università meridionali si classifica tra le prime venti nelle graduatorie nazionali. Fonti della Commissione europea hanno ricordato, infine, come per cinque volte - cinque - la Ue abbia bocciato il sistema di "governo, controllo e monitoraggio del Pon" perché non dava sufficienti garanzie di efficienza e legittimità degli interventi. Bruxelles ha accusato i nostri ministeri di aver organizzato bandi che coinvolgevano solo banche italiane e ha bloccato pezzi di finanziamento.


Fonte : La Repubblica

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Economia: Sarkozy vuole Roma fuori dall'euro (MF)


MILANO (MF-DJ)--Parigi, con la complicita' di Berlino, vuole arrivare allo show down finale: l'Italia fuori dalla serie A dell'euro. Quello che sulla carta potrebbe sembrare solo un elemento da spy story finanziaria si comincia a materializzare sulla scrivania di Giulio Tremonti come una concreta possibilita'. Le ultime uscite aggressive delle aziende francesi, a caccia dei tesori nascosti nella pancia di Edison (Amburgo: EDX.HM -notizie) , Parmalat (MDD: PLT.MDD - notizie) , FonSai, Pioneer (Berlino: PIO.BE - notizie) e persino Generali (Madrid: BASI.MC -notizie) , nascondono, si legge in un articolo di Milano Finanza, un progetto che va anche al di la' del gia' deprecabile evidente intento di far fuori Roma dalle rotte petrolifere della Libia in fiamme: spolpare il cuore dell'economia italiana, conquistarne magari una bella fetta del risparmio e costringere il Belpaese affannato a fare i conti con la possibilita' di cadere nella serie B del futuro euro, tutto a trazione franco-tedesca. Il tutto condito da un dato ancora oggi molto poco noto: una bella fetta del debito pubblico italiano, 1.700 miliardi, e' in pancia alle banche transalpine, dopo essere stato custodito per decenni nei portafogli dei Bot people e negli ultimi anni da istituti italiani e soprattutto stranieri. red/alb alberto.chimenti@mfdowjones.it


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MILANO (MF-DJ)--Parigi, con la complicita' di Berlino, vuole arrivare allo show down finale: l'Italia fuori dalla serie A dell'euro. Quello che sulla carta potrebbe sembrare solo un elemento da spy story finanziaria si comincia a materializzare sulla scrivania di Giulio Tremonti come una concreta possibilita'. Le ultime uscite aggressive delle aziende francesi, a caccia dei tesori nascosti nella pancia di Edison (Amburgo: EDX.HM -notizie) , Parmalat (MDD: PLT.MDD - notizie) , FonSai, Pioneer (Berlino: PIO.BE - notizie) e persino Generali (Madrid: BASI.MC -notizie) , nascondono, si legge in un articolo di Milano Finanza, un progetto che va anche al di la' del gia' deprecabile evidente intento di far fuori Roma dalle rotte petrolifere della Libia in fiamme: spolpare il cuore dell'economia italiana, conquistarne magari una bella fetta del risparmio e costringere il Belpaese affannato a fare i conti con la possibilita' di cadere nella serie B del futuro euro, tutto a trazione franco-tedesca. Il tutto condito da un dato ancora oggi molto poco noto: una bella fetta del debito pubblico italiano, 1.700 miliardi, e' in pancia alle banche transalpine, dopo essere stato custodito per decenni nei portafogli dei Bot people e negli ultimi anni da istituti italiani e soprattutto stranieri. red/alb alberto.chimenti@mfdowjones.it


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Dopo i fondi Fas anche gli Incentivi 488 spostati da Sud a Nord


Di Valerio Rizzo

ROMA – Ancora non sono finite le polemiche per i famosi fondi Fas, i fondi europei per lo sviluppo del Mezzogiorno, che il governo ha spostato da sud a nord per finanziare grandi opere ed aziende settentrionali e addirittura per pagare le multe sulle quote latte degli allevatori veneti.
Ma ecco che scoppia un nuovo caso: stiamo parlando dei cosiddetti “incentivi 488” chiamati così poiché prendono il nome dalla legge che li ha generati. Tali aiuti economici furono rinnovati dal Governo Prodi, nel 2008, che introdusse anche un controllo governativo sulla spesa. Questi fondi, destinati al Sud, per un totale di 150 milioni, dovevano servire per sviluppare e incentivare l’industria meridionale, e invece hanno preso tutt’altra direzione! Il governo ha deciso di destinarli non solo all’industria del Nord, ma anche per il finanziamento dell’industria bellica degli armamenti. Le regioni che riceveranno questo “regalo” sono la Lombardia e il Veneto. Ma cosa è successo? Il 4 maggio del 2010, il giorno in cui il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, aveva lasciato il suo incarico a causa dello scandalo sulla casa al Colosseo, firmò anche di fretta e furia tale decreto che poi fu regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 17 settembre scorso. Perché sottrarre questi fondi che erano stati destinati allo sviluppo del Mezzogiorno? Pino Aprile nel suo libro “Terroni” parla continuamente di fondi e investimenti che da 150 anni vengono dirottati nelle regioni del Centro-Nord a discapito del Sud; l’interrogativo è: siamo sicuri che convenga alla “Padania” separarsi dal resto del Paese?

Fonte:InfoOggi

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Di Valerio Rizzo

ROMA – Ancora non sono finite le polemiche per i famosi fondi Fas, i fondi europei per lo sviluppo del Mezzogiorno, che il governo ha spostato da sud a nord per finanziare grandi opere ed aziende settentrionali e addirittura per pagare le multe sulle quote latte degli allevatori veneti.
Ma ecco che scoppia un nuovo caso: stiamo parlando dei cosiddetti “incentivi 488” chiamati così poiché prendono il nome dalla legge che li ha generati. Tali aiuti economici furono rinnovati dal Governo Prodi, nel 2008, che introdusse anche un controllo governativo sulla spesa. Questi fondi, destinati al Sud, per un totale di 150 milioni, dovevano servire per sviluppare e incentivare l’industria meridionale, e invece hanno preso tutt’altra direzione! Il governo ha deciso di destinarli non solo all’industria del Nord, ma anche per il finanziamento dell’industria bellica degli armamenti. Le regioni che riceveranno questo “regalo” sono la Lombardia e il Veneto. Ma cosa è successo? Il 4 maggio del 2010, il giorno in cui il Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, aveva lasciato il suo incarico a causa dello scandalo sulla casa al Colosseo, firmò anche di fretta e furia tale decreto che poi fu regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 17 settembre scorso. Perché sottrarre questi fondi che erano stati destinati allo sviluppo del Mezzogiorno? Pino Aprile nel suo libro “Terroni” parla continuamente di fondi e investimenti che da 150 anni vengono dirottati nelle regioni del Centro-Nord a discapito del Sud; l’interrogativo è: siamo sicuri che convenga alla “Padania” separarsi dal resto del Paese?

Fonte:InfoOggi

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mercoledì 30 marzo 2011

150 anni di un'Italia disunita «Fuoco del Sud»: la foto di un brigante in ogni casa


di LINO PATRUNO

«Dottore, non è che è roba pericolosa?». La reazione allarmata è del custode di una sala per esposizioni alla vista delle foto di una mostra sul brigantaggio dopo l’unità d’Italia. Briganti fucilati e a bocca aperta verso il sole, teste di briganti infilate su pali o tenute sgocciolanti per i capelli, cadaveri nudi di briganti devastati dalle baionette, briganti appesi a un gancio nella pubblica piazza, corpi squartati di brigantesse a gambe aperte, resti di briganti ammucchiati e pronti alle fosse comuni o alla macerazione nella calce viva. Scattava nel custode la vivida intelligenza meridionale di chi capiva al volo che non era una mostra né un fatto qualsiasi, qualcosa stava per succedere: come nell’istinto di chi è abituato a difendersi. E scattava il paurismo, lo sconfittismo, il perditismo del meridionale che tante ne ha subìte nella storia da non volerne altre. E invece più si diffonde la verità, più si accende il «Fuoco del Sud».

E una dieci cento ce ne vogliono di quelle mostre. Che vanno sempre più in giro non solo sulla scia della leggenda dei briganti, ma sul sentimento di indignazione per l’orrido spettacolo, per l’esibizione trionfalistica dei protagonisti della mattanza, per lo sfregio all’umanità di quelle vite che cresce man mano che si racconta, si spiega, si coinvolge. E che magari alla fine prende anche il nostro custode. Perché ogni meridionale dovrebbe avere in casa la foto di un brigante vilipeso anche da morto: a simbolo del Sud vittima dello stesso trattamento. E perché al Sud servirebbero di nuovo i briganti, agguerrite bande a mano armata di megafono e non di moschetto, dell’ardimento della parola più che della proditorietà del gesto, briganti della comunicazione che diffondano la conoscenza, stimolino le coscienze, suscitino l’indignazione soprattutto in questo anniversario dei 150 anni di un’Italia unita mai così disunita.

Perché il «Fuoco del Sud» tutti l’hanno sempre ignorato. Anzi irriso, sbeffeggiato, umiliato. Un fuoco sempre soffocato da un lato sotto le ceneri del dolorismo, del rassegnismo, dell’inferiorismo dei meridionali, dall’altro sotto l’umiliazione di essere considerati la palla al piede del Paese, i parassiti che vivono sulle spalle del Nord, gli eterni piagnoni che si mettano una volta per tutte a lavorare e non stiano sempre a chiedere. Uno scandalo. Dopo la costruzione scientifica di una inferiorità partita molto prima dell’Unità. Dopo il disegno preordinato e sistematico di un Sud da mantenere arretrato. E prostrati a tal punto dal pregiudizio e dai luoghi comuni da non reagire. Anzi da considerare una vergogna le etichette messigli addosso. E fatta passare attraverso i più disonorevoli stadi.

Prima «Delinquenti nati» e quindi ancora tutti briganti, secondo un antropologo psicopatico come Cesare Lombroso. Poi «Incivili nati» come emblema del peggiorismo degli italiani cialtroni, infingardi, furbetti, inaffidabili, refrattari alle regole: sudisti tutti imbroglioni come il mediterraneo Ulisse, tuonava il professor Gianfranco Miglio, il teorico della Lega Nord. Infine «Sottosviluppati nati», come teorizzato da tal professor Richard Lynn, sociologo inglese dell’università di Dublino, giunto ad attribuire una asserita minore intelligenza al contagio dovuto alla vicinanza e ai rapporti storici con le popolazioni nordafricane e arabe, ovviamente di serie B. Si attende la definizione dei meridionali come sbaglio della natura. Come involuzione della specie. «Errore di Dio».

Il «Fuoco del Sud» sempre ignorato macina con la inquietudine sotterranea di un vulcano mai spento, una energia soffocata, la rabbia repressa di un torto subìto. E proprio la convinzione dello sfregio di una storia dell’Unità scritta ancora una volta dalla parte dei vincitori e mai dei vinti è la scintilla che attraversa un Sud sommerso e ribollente per quanto a lungo silente, frustrato, diviso, scoraggiato. È la Galassia. La Galassia della storia non contigua al potere dominante. La Galassia che si batte ancora contro tutto e contro tutti perché la storia sia finalmente riscritta. Intellettuali non accademici senza luci della ribalta, spesso trattati da deliranti mistificatori a caccia di una provinciale e un po’ cenciosa notorietà. E spesso costretti a troppo esacerbate passioni. Ma contestatori molesti di una storiografia ufficiale accusata addirittura di omertà, di aver monopolizzato le bibliografie e la pubblicistica sull’Unità, di aver avuto l’esclusiva dai più importanti editori. Quella storiografia dalla alterigia settaria che non si sarebbe mai concessa il beneficio del dubbio, anzi non l’avrebbe mai concesso. E che si è irradiata e continua a irradiarsi anche dai libri scolastici, quindi a raccontarla a generazioni di italiani ignari. Ma questa Galassia di storici o antistorici o controstorici è solo la mente, l’avanguardia combattiva dell’altra faccia della Galassia. L’altra faccia è quella formata da centinaia di movimenti culturali o politici, associazioni, organizzazioni, centri di ricerca, comitati locali. (…)

Così per le riviste e i periodici, un numero incontrollabile, anche in giro da più di cinquant’anni. E ci sono timidi partiti meridionalistici, che di tanto in tanto vediamo affiorare in elezioni non solo locali. E blog, e forum, e musei, e canzoni, e opere teatrali, e film, e radio e tv di protesta. E documentari. E raduni, manifestazioni, rievocazioni, messe, monumenti, targhe, pellegrinaggi sui luoghi sacri della «profanazione» del Sud. E proclami, e statuti, e mozioni, e raccolte di firme. E oltre mille convegni all’anno. Come centinaia sono i libri alternativi che se ne occupano, se non vogliamo considerare anche i briganti. (…)

Ma il problema è che non c’è Unità senza Sud. E che il Sud è entrato nella maniera peggiore in quell’Unità, come la voce della Galassia racconterà. Tanto da avere ancora oggi un Paese unito ma mai così disunito fra Nord e Sud in 150 anni. «Brandelli d’Italia». Principale argomento di chi mette in discussione quell’Unità. O almeno la mette in discussione dal 18 marzo 1861, «day after», giorno dopo la proclamazione del nuovo Regno d’Italia. Perché il «Fuoco del Sud» non si incrudelisce soltanto di un passato negato ma allo stesso modo di un presente figlio di quel passato. Un presente ovviamente rinfacciato ancora una volta come una colpa per evitare di parlare di colpe altrui. (…)

Esce per i tipi di Rubbettino il nuovo libro di Lino Patruno, «Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali» (pp. 203, euro 14,00). L’autore lo presenterà a Bari martedì 29 marzo (Feltrinelli, ore 18).


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di LINO PATRUNO

«Dottore, non è che è roba pericolosa?». La reazione allarmata è del custode di una sala per esposizioni alla vista delle foto di una mostra sul brigantaggio dopo l’unità d’Italia. Briganti fucilati e a bocca aperta verso il sole, teste di briganti infilate su pali o tenute sgocciolanti per i capelli, cadaveri nudi di briganti devastati dalle baionette, briganti appesi a un gancio nella pubblica piazza, corpi squartati di brigantesse a gambe aperte, resti di briganti ammucchiati e pronti alle fosse comuni o alla macerazione nella calce viva. Scattava nel custode la vivida intelligenza meridionale di chi capiva al volo che non era una mostra né un fatto qualsiasi, qualcosa stava per succedere: come nell’istinto di chi è abituato a difendersi. E scattava il paurismo, lo sconfittismo, il perditismo del meridionale che tante ne ha subìte nella storia da non volerne altre. E invece più si diffonde la verità, più si accende il «Fuoco del Sud».

E una dieci cento ce ne vogliono di quelle mostre. Che vanno sempre più in giro non solo sulla scia della leggenda dei briganti, ma sul sentimento di indignazione per l’orrido spettacolo, per l’esibizione trionfalistica dei protagonisti della mattanza, per lo sfregio all’umanità di quelle vite che cresce man mano che si racconta, si spiega, si coinvolge. E che magari alla fine prende anche il nostro custode. Perché ogni meridionale dovrebbe avere in casa la foto di un brigante vilipeso anche da morto: a simbolo del Sud vittima dello stesso trattamento. E perché al Sud servirebbero di nuovo i briganti, agguerrite bande a mano armata di megafono e non di moschetto, dell’ardimento della parola più che della proditorietà del gesto, briganti della comunicazione che diffondano la conoscenza, stimolino le coscienze, suscitino l’indignazione soprattutto in questo anniversario dei 150 anni di un’Italia unita mai così disunita.

Perché il «Fuoco del Sud» tutti l’hanno sempre ignorato. Anzi irriso, sbeffeggiato, umiliato. Un fuoco sempre soffocato da un lato sotto le ceneri del dolorismo, del rassegnismo, dell’inferiorismo dei meridionali, dall’altro sotto l’umiliazione di essere considerati la palla al piede del Paese, i parassiti che vivono sulle spalle del Nord, gli eterni piagnoni che si mettano una volta per tutte a lavorare e non stiano sempre a chiedere. Uno scandalo. Dopo la costruzione scientifica di una inferiorità partita molto prima dell’Unità. Dopo il disegno preordinato e sistematico di un Sud da mantenere arretrato. E prostrati a tal punto dal pregiudizio e dai luoghi comuni da non reagire. Anzi da considerare una vergogna le etichette messigli addosso. E fatta passare attraverso i più disonorevoli stadi.

Prima «Delinquenti nati» e quindi ancora tutti briganti, secondo un antropologo psicopatico come Cesare Lombroso. Poi «Incivili nati» come emblema del peggiorismo degli italiani cialtroni, infingardi, furbetti, inaffidabili, refrattari alle regole: sudisti tutti imbroglioni come il mediterraneo Ulisse, tuonava il professor Gianfranco Miglio, il teorico della Lega Nord. Infine «Sottosviluppati nati», come teorizzato da tal professor Richard Lynn, sociologo inglese dell’università di Dublino, giunto ad attribuire una asserita minore intelligenza al contagio dovuto alla vicinanza e ai rapporti storici con le popolazioni nordafricane e arabe, ovviamente di serie B. Si attende la definizione dei meridionali come sbaglio della natura. Come involuzione della specie. «Errore di Dio».

Il «Fuoco del Sud» sempre ignorato macina con la inquietudine sotterranea di un vulcano mai spento, una energia soffocata, la rabbia repressa di un torto subìto. E proprio la convinzione dello sfregio di una storia dell’Unità scritta ancora una volta dalla parte dei vincitori e mai dei vinti è la scintilla che attraversa un Sud sommerso e ribollente per quanto a lungo silente, frustrato, diviso, scoraggiato. È la Galassia. La Galassia della storia non contigua al potere dominante. La Galassia che si batte ancora contro tutto e contro tutti perché la storia sia finalmente riscritta. Intellettuali non accademici senza luci della ribalta, spesso trattati da deliranti mistificatori a caccia di una provinciale e un po’ cenciosa notorietà. E spesso costretti a troppo esacerbate passioni. Ma contestatori molesti di una storiografia ufficiale accusata addirittura di omertà, di aver monopolizzato le bibliografie e la pubblicistica sull’Unità, di aver avuto l’esclusiva dai più importanti editori. Quella storiografia dalla alterigia settaria che non si sarebbe mai concessa il beneficio del dubbio, anzi non l’avrebbe mai concesso. E che si è irradiata e continua a irradiarsi anche dai libri scolastici, quindi a raccontarla a generazioni di italiani ignari. Ma questa Galassia di storici o antistorici o controstorici è solo la mente, l’avanguardia combattiva dell’altra faccia della Galassia. L’altra faccia è quella formata da centinaia di movimenti culturali o politici, associazioni, organizzazioni, centri di ricerca, comitati locali. (…)

Così per le riviste e i periodici, un numero incontrollabile, anche in giro da più di cinquant’anni. E ci sono timidi partiti meridionalistici, che di tanto in tanto vediamo affiorare in elezioni non solo locali. E blog, e forum, e musei, e canzoni, e opere teatrali, e film, e radio e tv di protesta. E documentari. E raduni, manifestazioni, rievocazioni, messe, monumenti, targhe, pellegrinaggi sui luoghi sacri della «profanazione» del Sud. E proclami, e statuti, e mozioni, e raccolte di firme. E oltre mille convegni all’anno. Come centinaia sono i libri alternativi che se ne occupano, se non vogliamo considerare anche i briganti. (…)

Ma il problema è che non c’è Unità senza Sud. E che il Sud è entrato nella maniera peggiore in quell’Unità, come la voce della Galassia racconterà. Tanto da avere ancora oggi un Paese unito ma mai così disunito fra Nord e Sud in 150 anni. «Brandelli d’Italia». Principale argomento di chi mette in discussione quell’Unità. O almeno la mette in discussione dal 18 marzo 1861, «day after», giorno dopo la proclamazione del nuovo Regno d’Italia. Perché il «Fuoco del Sud» non si incrudelisce soltanto di un passato negato ma allo stesso modo di un presente figlio di quel passato. Un presente ovviamente rinfacciato ancora una volta come una colpa per evitare di parlare di colpe altrui. (…)

Esce per i tipi di Rubbettino il nuovo libro di Lino Patruno, «Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti meridionali» (pp. 203, euro 14,00). L’autore lo presenterà a Bari martedì 29 marzo (Feltrinelli, ore 18).


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Le menzogne su Gheddafi


http://video.libero.it/app/play?id=b3b2d4a3fa0c9a350eec61499d4347ba

Il giornalista RAI Amedeo Ricucci spiega in che modo i giornalisti hanno mentito di nuovo all'opinione pubblica.


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http://video.libero.it/app/play?id=b3b2d4a3fa0c9a350eec61499d4347ba

Il giornalista RAI Amedeo Ricucci spiega in che modo i giornalisti hanno mentito di nuovo all'opinione pubblica.


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Castelberforte (MN): Lettera di Francesco Massimino - Coord. Provinciale del PdSUD Mantova - pubblicata da " La Voce di Mantova"



Per una miglior comprensione della lettera, specifichiamo che l'Amministrazione Comunale del Comune di Castelbelforte è civica di centro destra con Vice Sindaco leghista.

Fonte: La Voce di Mantova di giovedì 24 febbraio 2011 pag.3


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Per una miglior comprensione della lettera, specifichiamo che l'Amministrazione Comunale del Comune di Castelbelforte è civica di centro destra con Vice Sindaco leghista.

Fonte: La Voce di Mantova di giovedì 24 febbraio 2011 pag.3


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CARDITO (NA) - 7 APRILE 2011 : PARTITA AMICHEVOLE FRA LA NAZIONALE CALCIO REGNO DELLE DUE SICILIE E USSI (UNIONE SPORTIVA STAMPA ITALIANA) CAMPANIA



L'INCASSO SARA' DEVOLUTO IN BENEFICENZA



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L'INCASSO SARA' DEVOLUTO IN BENEFICENZA



Roma - Venerdì 1 Aprile 2011: Nord e Sud nel difficile processo per la realizzazione dell’Unità Nazionale Italiana


Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia

La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo

La Fondazione Europea Dragan

L’Associazione Mazziniana Italiana – Sezione di Roma

Invitano la S.V. al convegno

Nord e Sud nel difficile processo per la realizzazione dell’Unità Nazionale Italiana

Venerdì 1 Aprile 2011, ore 16.30 – 19.00

presso la Fondazione Europea Dragan - Foro Traiano 1/A – Roma

Saluti:

Alfredo Arpaia, Presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo

Guido Ravasi, Segretario generale della Fondazione Europea Dragan

Introduce:

Massimo Scioscioli – Presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana

Relatori:

Mario del Vecchio, Presidente emerito Consiglio Regionale della Campania

Mario Menghini, Avvocato

Gigi Di Fiore, Scrittore e Capo redattore del “Mattino” di Napoli

Ernesto Mazzetti, Ordinario di Geografia politica ed economica – Università “Federico II” Napoli

Francesco Perfetti, Ordinario di Storia contemporanea – LUISS “Guido Carli” Roma

* * *

Sede convegno: FED Roma – Foro Traiano 1/A (Piazza Venezia) – Tel. 06 6797785 – Fax 06 6784961


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Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia

La Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo

La Fondazione Europea Dragan

L’Associazione Mazziniana Italiana – Sezione di Roma

Invitano la S.V. al convegno

Nord e Sud nel difficile processo per la realizzazione dell’Unità Nazionale Italiana

Venerdì 1 Aprile 2011, ore 16.30 – 19.00

presso la Fondazione Europea Dragan - Foro Traiano 1/A – Roma

Saluti:

Alfredo Arpaia, Presidente della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo

Guido Ravasi, Segretario generale della Fondazione Europea Dragan

Introduce:

Massimo Scioscioli – Presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana

Relatori:

Mario del Vecchio, Presidente emerito Consiglio Regionale della Campania

Mario Menghini, Avvocato

Gigi Di Fiore, Scrittore e Capo redattore del “Mattino” di Napoli

Ernesto Mazzetti, Ordinario di Geografia politica ed economica – Università “Federico II” Napoli

Francesco Perfetti, Ordinario di Storia contemporanea – LUISS “Guido Carli” Roma

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Sede convegno: FED Roma – Foro Traiano 1/A (Piazza Venezia) – Tel. 06 6797785 – Fax 06 6784961


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martedì 29 marzo 2011

Cristo si è fermato a Lampedusa


Ricevo e posto:



Di Lucio Garofalo


Esordisco con una testimonianza personale, sia pure solo verbale, di solidarietà e di vicinanza morale nei confronti dei migranti e dei cittadini di Lampedusa, giustamente esasperati dall’inettitudine, dall’arroganza e dal menefreghismo del governo italiano.

L’ignominiosa vicenda di Lampedusa è estremamente paradigmatica nella misura in cui fornisce l’ennesima, agghiacciante conferma (di cui si poteva tranquillamente fare a meno) che i diritti umani sono sistematicamente violati e calpestati nel nostro Paese e poi ci vengono a parlare di interventi “umanitari” da compiere in Libia o altrove. Quanto sta accadendo a Lampedusa è un esempio emblematico e grottesco dell’ipocrisia e della cattiva coscienza del mondo occidentale, nella fattispecie è una rappresentazione inequivocabile del degrado e dell’imbarbarimento politico dell’Italia e dell’Europa.

E’ innegabile che il comportamento del governo Berlusconi di fronte ad una reale e drammatica emergenza umanitaria sia stato quanto meno deprecabile e disonesto, tant’è che nel corso dell’ultima puntata di Anno Zero, a cui erano presenti Gino Strada e Ignazio La Russa, il portavoce di Emergency ha chiesto al ministro che fine avesse fatto il senso di umanità e di civiltà nel nostro “Belpaese”, ma soprattutto tra gli esponenti del governo in carica. Francamente mi è parso come pretendere compassione e comprensione da parte di un muro di pietra. Infatti, dall’altra parte sedeva La Russa.

Ma il “capolavoro” lo ha compiuto Tremonti, che ha tardivamente scoperto la classica “acqua calda” nel momento in cui ha suggerito di soccorrere i popoli arabi “a casa loro” come sento ripetere, senza alcun riscontro pratico, da quando ero ancora in fasce. Il ministro dell’economia ha rilanciato questa vecchia proposta di stampo paternalista e cripto-colonialista per una finalità che è comoda e funzionale agli interessi egoistici e meschini della piccola borghesia “padana” che fa capo alla Lega Nord, evidentemente terrorizzata all’ipotesi di un’invasione in massa di immigrati africani, per cui sta imponendo la “linea dura” che è quella di evitare che i flussi migratori giungano a “casa propria”. L’importante, per costoro, è che l’ondata migratoria resti confinata, finché possibile, nella piccola e remota isola di Lampedusa o in altri luoghi “miserabili” del Sud Italia, tanto chi se ne frega: “sono tutti marocchini”. E’ un’ottica allucinante e miope.

Una persona, evidentemente di buon senso, mi ha posto una domanda oltremodo scontata e legittima, che definirei addirittura ingenua nella sua estrema semplicità e franchezza:“perché non li smistano altrove?”. In effetti questa sembra essere l’unica soluzione possibile e praticabile, oltretutto di facile attuazione nel breve periodo, trattandosi di un’ipotesi pragmatica e di buon senso, eppure non viene eseguita. Perché?

Sinceramente mi pare di poter cogliere una serie di inquietanti analogie con la vicenda, altrettanto obbrobriosa e raccapricciante, dell’immondizia di Napoli, con la differenza (non di poco conto) che ora stiamo parlando di esseri umani, che evidentemente sono considerati e trattati alla stregua dei “rifiuti” in quanto nessuno li accetta a “casa propria”, esattamente come è accaduto con la spazzatura proveniente da Napoli.

L’accostamento tra i rifiuti di Napoli e i “rifiuti umani” di Lampedusa potrebbe risultare una provocazione assurda ed esagerata, ma è probabilmente l’unica chiave interpretativa per spiegare quanto sta accadendo in questi giorni in un paese che si proclama “civile” e che in questi mesi sta festeggiando i 150 anni della sua “unità”.

E’ evidente che nel caso specifico le difficoltà oggettive sono aggravate da fattori di ordine soggettivo, riconducibili cioè all’ambito delle decisioni dettate dai responsabili della politica. Mi riferisco all’inettitudine, all’impreparazione ed alle lentezze, a dir poco grossolane, messe in mostra dalle autorità politiche soprattutto governative, e all’assenza di un’efficace volontà di risoluzione che coincide e si intreccia in qualche misura con una logica becera e razzista che ha l’interesse a generare un elemento di ulteriore conflittualità e lacerazione sociale, che oltretutto fornisce una sorta di “diversivo”, un mezzo di “distrazione di massa” rispetto ad altre vicende ed altre questioni, interne ed esterne, che hanno imbarazzato ed hanno messo alla berlina la figura, già goffa e ridicola, del capo del governo italiano. E non mi riferisco solo agli eclatanti scandali sessuali che ultimamente sono passati, guarda caso, in secondo piano.


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Ricevo e posto:



Di Lucio Garofalo


Esordisco con una testimonianza personale, sia pure solo verbale, di solidarietà e di vicinanza morale nei confronti dei migranti e dei cittadini di Lampedusa, giustamente esasperati dall’inettitudine, dall’arroganza e dal menefreghismo del governo italiano.

L’ignominiosa vicenda di Lampedusa è estremamente paradigmatica nella misura in cui fornisce l’ennesima, agghiacciante conferma (di cui si poteva tranquillamente fare a meno) che i diritti umani sono sistematicamente violati e calpestati nel nostro Paese e poi ci vengono a parlare di interventi “umanitari” da compiere in Libia o altrove. Quanto sta accadendo a Lampedusa è un esempio emblematico e grottesco dell’ipocrisia e della cattiva coscienza del mondo occidentale, nella fattispecie è una rappresentazione inequivocabile del degrado e dell’imbarbarimento politico dell’Italia e dell’Europa.

E’ innegabile che il comportamento del governo Berlusconi di fronte ad una reale e drammatica emergenza umanitaria sia stato quanto meno deprecabile e disonesto, tant’è che nel corso dell’ultima puntata di Anno Zero, a cui erano presenti Gino Strada e Ignazio La Russa, il portavoce di Emergency ha chiesto al ministro che fine avesse fatto il senso di umanità e di civiltà nel nostro “Belpaese”, ma soprattutto tra gli esponenti del governo in carica. Francamente mi è parso come pretendere compassione e comprensione da parte di un muro di pietra. Infatti, dall’altra parte sedeva La Russa.

Ma il “capolavoro” lo ha compiuto Tremonti, che ha tardivamente scoperto la classica “acqua calda” nel momento in cui ha suggerito di soccorrere i popoli arabi “a casa loro” come sento ripetere, senza alcun riscontro pratico, da quando ero ancora in fasce. Il ministro dell’economia ha rilanciato questa vecchia proposta di stampo paternalista e cripto-colonialista per una finalità che è comoda e funzionale agli interessi egoistici e meschini della piccola borghesia “padana” che fa capo alla Lega Nord, evidentemente terrorizzata all’ipotesi di un’invasione in massa di immigrati africani, per cui sta imponendo la “linea dura” che è quella di evitare che i flussi migratori giungano a “casa propria”. L’importante, per costoro, è che l’ondata migratoria resti confinata, finché possibile, nella piccola e remota isola di Lampedusa o in altri luoghi “miserabili” del Sud Italia, tanto chi se ne frega: “sono tutti marocchini”. E’ un’ottica allucinante e miope.

Una persona, evidentemente di buon senso, mi ha posto una domanda oltremodo scontata e legittima, che definirei addirittura ingenua nella sua estrema semplicità e franchezza:“perché non li smistano altrove?”. In effetti questa sembra essere l’unica soluzione possibile e praticabile, oltretutto di facile attuazione nel breve periodo, trattandosi di un’ipotesi pragmatica e di buon senso, eppure non viene eseguita. Perché?

Sinceramente mi pare di poter cogliere una serie di inquietanti analogie con la vicenda, altrettanto obbrobriosa e raccapricciante, dell’immondizia di Napoli, con la differenza (non di poco conto) che ora stiamo parlando di esseri umani, che evidentemente sono considerati e trattati alla stregua dei “rifiuti” in quanto nessuno li accetta a “casa propria”, esattamente come è accaduto con la spazzatura proveniente da Napoli.

L’accostamento tra i rifiuti di Napoli e i “rifiuti umani” di Lampedusa potrebbe risultare una provocazione assurda ed esagerata, ma è probabilmente l’unica chiave interpretativa per spiegare quanto sta accadendo in questi giorni in un paese che si proclama “civile” e che in questi mesi sta festeggiando i 150 anni della sua “unità”.

E’ evidente che nel caso specifico le difficoltà oggettive sono aggravate da fattori di ordine soggettivo, riconducibili cioè all’ambito delle decisioni dettate dai responsabili della politica. Mi riferisco all’inettitudine, all’impreparazione ed alle lentezze, a dir poco grossolane, messe in mostra dalle autorità politiche soprattutto governative, e all’assenza di un’efficace volontà di risoluzione che coincide e si intreccia in qualche misura con una logica becera e razzista che ha l’interesse a generare un elemento di ulteriore conflittualità e lacerazione sociale, che oltretutto fornisce una sorta di “diversivo”, un mezzo di “distrazione di massa” rispetto ad altre vicende ed altre questioni, interne ed esterne, che hanno imbarazzato ed hanno messo alla berlina la figura, già goffa e ridicola, del capo del governo italiano. E non mi riferisco solo agli eclatanti scandali sessuali che ultimamente sono passati, guarda caso, in secondo piano.


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Nicola Zitara L'INVENZIONE DEL MEZZOGIORNO una storia finanziaria [Due Sicilie]


http://www.youtube.com/watch?v=oLoUoo74Mgg&feature=feedu


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http://www.youtube.com/watch?v=oLoUoo74Mgg&feature=feedu


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I tumori dell'infanzia nelle vicinanze delle centrali nucleari

Centrale Garigliano
Centrale Garigliano
Formia: Un mese fa leggevo le ambivalenti dichiarazioni attribuite all'onorevole Aldo Forte il quale, sulla base dei dati di uno studio epidemiologico dai risultati contraddittori, avrebbe detto che vivere vicino alle centrali nucleari di Borgo Sabotino e del Garigliano non e' pericoloso (1).
Nell'occasione scrivevo che la centrale/deposito di scorie del Garigliano e' compresa in una stretta ansa del fiume (Figura 1), in zona soggetta ad esondazioni e sismica, gia' allagatasi piu' d'una volta nel passato; che la popolazione locale - in tempi di sempre piu' frequenti esondazioni - questa centrale non la vuole piu'; che la popolazione si aspetta un forte impegno da parte di tutti i politici locali, di maggioranza e d'opposizione, per evitare in quella sede, e in qualsiasi altra area del nostro territorio, centrali nucleari e depositi di scorie radioattive (2).

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Figura 1: la centrale/deposito di scorie radioattive del Garigliano, compresa in una stretta ansa del fiume soggetto ad esondazioni.

Nel frattempo, nel corso dell'ultimo mese:

- C'e' stato il terremoto in Giappone, e' stata danneggiata la centrale nucleare di Fukushima, c'e' stata una notevole ed estesa contaminazione radioattiva;

- La Germania, per prima in Europa e non a caso (come si capira' leggendo il seguito), ha fermato le sue centrali piu' vecchie, mentre quasi tutto il mondo si sta interrogando sui rischi del nucleare;

- C'e' stato un terremoto a Cassino, che dista solo 25 km in linea d'aria dalla centrale del Garigliano;

- Si e' allagata di nuovo la zona della centrale del Garigliano (Figura 2);

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Figura 2: la recente esondazione del fiume Garigliano (marzo 2011) nella zona della centrale nucleare/deposito di scorie radioattive.

Come se tutto cio' non bastasse:

- La Libia e' stata e continua ad essere bombardata da una coalizione di sei paesi che includono Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Canada. Altre potenze mondiali hanno condannato l'intervento. Gheddafi ha minacciato ritorsioni.

Dunque, oltre a possibili incidenti, terremoti, maremoti ed esondazioni, ora bisogna mettere in conto anche possibili atti bellici o terroristici quali potenziali cause di danno alle centrali nucleari di quelle potenze mondiali (inclusa l'Italia) che stanno, a torto o a ragione, bombardando la Libia.

Mettendo per il momento da parte tutte queste angoscianti possibilita' (che secondo me gia' basterebbero per chiudere, ed evitare da ora in poi, le centrali nucleari in tutto il mondo), e ipotizzando un loro funzionamento regolare, senza incidenti, vediamo in base agli studi piu' recenti quale rischio comporta il vivere vicino ad una centrale nucleare.

Gli studi epidemiologici piu' recenti hanno riguardato soprattutto tumori in bambini nei primi anni di vita, per due motivi:

1) L'esposizione alle radiazioni in utero nei primi mesi di gravidanza e' particolarmente nociva, essendo l'embrione ed il feto in rapido accrescimento molto vulnerabili al danno radioattivo, dunque gli effetti delle radiazioni possono essere rilevati piu' facilmente se si studiano bambini nei primi anni di vita;

2) Studiando l'effetto delle radiazioni sui bambini nei primi anni di vita, si elimina l'interferenza di tutti gli altri agenti cancerogeni ai quali possono essere esposti gli adulti nel corso degli anni. Peraltro gli adulti, col passare degli anni, vanno incontro ad un significativo aumento dell'incidenza di tumori facilitato dall'invecchiamento, incidenza che invece e' estremamente bassa nei bambini.

Lo studio piu' importante degli ultimi anni, pubblicato nel 2008, e' stato condotto in Germania ed e' conosciuto con l'acronimo KiKK (Epidemiologische Studie zu Kinderkrebs in der Umgebung von Kernkraftwerken, ovvero Studio Epidemiologico sui Tumori dell'Infanzia nelle Vicinanze di Centrali Nucleari). Contrariamente ai precedenti studi, numericamente molto piu' limitati, lo studio KiKK ha individuato 1592 casi di tumore (esclusa la leucemia), diagnosticati tra il 1980 e il 2003 in bambini di eta' inferiore ai 5 anni, i quali sono stati paragonati a 4750 bambini senza tumore (3). E' stata studiata la relazione tra tumori e distanza dalla centrale, nelle zone circostanti a tutte le centrali nucleari esistenti in Germania (Figura 3).

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Figura 3: tutte le centrali nucleari esistenti in Germania, incluse nello studio KiKK. (8)

Lo studio ha individuato nelle stesse aree anche 593 bambini con leucemia, diagnosticata nello stesso periodo, e li ha paragonati a 1766 bambini senza leucemia (4).

Questo studio e' molto importante proprio perche', con l'enorme numero di casi studiati, e' in grado di provare la significativita' statistica dell'aumento di tumori solidi e di leucemie che e' stato osservato nelle aree studiate. Invece tanti studi precedenti, con un numero molto inferiore di casi, pur avendo rilevato un'aumento di tumori, sono stati inconcludenti perche' il numero di casi era troppo basso per poter dimostrare che le differenze osservate erano reali (statisticamente significative) e non casuali.

Quali sono i risultati dello studio KiKK?

Nei bambini d'eta' inferiore a 5 anni che vivono entro i 5 km da una centrale nucleare, paragonati con bambini della stessa eta' che vivono ad una distanza maggiore, e' stato dimostrato un aumento del rischio di leucemia che e' di 2,2 volte, mentre per i tumori solidi l'aumento e' di 1,6 volte. I risultati sono di una significativita' statistica tale che e' estremamente improbabile che essi siano dovuti al caso. Il rischio di leucemia nello stesso studio e' risultato essere piu' elevato anche in un raggio di 10 km dalla centrale. Tutto questo senza che ci sia evidenza di incidenti nelle 16 centrali tedesche, e senza che siano stati identificati altri fattori che possano aver contribuito all'aumento del rischio.

Lo studio KiKK, dal momento della sua pubblicazione, ha ricevuto un'attenzione enorme sui media in Germania, stimolando un approfondito e prolungato dibattito tra la popolazione tedesca, ma non ha ancora ricevuto altrove l'attenzione che invece merita. Si comprende dunque l'immediata decisione della Germania di chiudere le centrali piu' vecchie subito dopo il disastro di Fukyshima.

La maggiore incidenza di leucemia vicino alle centrali e' stata confermata anche da una recente metaanalisi (analisi complessiva dei dati di tutti gli studi giudicati validi che esistono sull'argomento).

Questa metaanalisi ha incluso i dati di 17 studi effettuati in tutto il mondo e riguardanti le aree vicine a ben 136 centrali nucleari in Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Germania, Giappone e Spagna. Nei bambini fino a 9 anni d'eta', il numero di morti dovute a leucemia e' risultato essere dal 5 al 24% piu' elevato e l'incidenza di leucemia e' risultata essere dal 14 al 21% piu' elevata (5).

Durante il normale funzionamento di una centrale nucleare, le emissioni radioattive nell'aria sono quelle che determinano la dose maggiore alla quale vengono esposti gli abitanti delle aree limitrofe. Queste emissioni contengono soprattutto H-3 (trizio) come vapore acqueo radioattivo, C-14 come anidride carbonica radioattiva, e gas nobili radioattivi (Kr, Ar e Xe).

La Figura 4 mostra la relazione tra distanza dalla centrale in Km e la concentrazione di trizio nell'aria (da rilevazioni fatte nelle vicinanze di reattori canadesi).

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Figura 4: la concentrazione di trizio nell'aria aumenta con la vicinanza alla centrale. (8)

E' anche dimostrato che queste emissioni causano piu' elevate concentrazioni di radionuclidi (Figura 5) nel terreno, sulla vegetazione e negli alimenti (da agricoltura e bestiame) prodotti entro un certo raggio dalle centrali nucleari (in base a rilevazioni fatte nelle vicinanze di centrali in Canada).

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Figura 5: la concentrazione di trizio nel terreno, sulla vegetazione e negli alimenti aumenta con la vicinanza alla centrale. (8)

La relazione tra concentrazioni di trizio e distanza dalla centrale osservata in questi studi e' molto simile alla relazione riscontrata nello studio KiKK tra rischio di tumore e distanza dalla centrale.

Sebbene la dose di radioattivita' stimata con procedimenti molto complessi (da 10-2 a 10-4 mSv all'anno) sia stata considerata nel passato troppo bassa per causare tumori, in alcune fasi del normale funzionamento delle centrali le emissioni radioattive aumentano improvvisamente. Infatti e' stato provato un aumento periodico dell'emissione di carbonio e idrogeno radioattivi, in forma di anidride carbonica e vapore acqueo, messo in relazione all'apertura dei reattori che avviene ogni anno per sostituire il combustibile nucleare (Figura 6).

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Figura 6: il rilascio di C-14 da una centrale nel sud della Germania (Neckarwestheim 2) misurato ogni 3 mesi. Si notino gli improvvisi aumenti con cadenza annuale. (8)

Dopo la pubblicazione dello studio KiKK, anche negli Stati Uniti, su richiesta della U.S. Regulatory Commission, sta per essere avviato dalla National Academy of Sciences uno studio sul rischio di tumore nelle vicinanze di centrali nucleari (6).

Tornando al Golfo di Gaeta, ho apprezzato molto l'impegno di tanti politici locali che, spesso andando anche contro le direttive dei loro partiti, si sono schierati contro una nuova centrale o l'ampliamento del deposito di scorie radioattive al Garigliano.

Sandro Bartolomeo, assumendo una posizione ferma ed inequivocabile, recentemente ha scritto un articolo molto chiaro e, nella sua sinteticita', molto ben informato sull'argomento (7). Il suo articolo ha fornito lo stimolo per questo approfondimento.

L'onorevole Aldo Forte invece non lo capisco. Allora per lui cito Ludwig Wittgenstein (Figura 7) il quale, nel suo Tractatus Logico-philosophicus, ha scritto:

«Cio' che si puo' dire si deve dire chiaramente; e su cio' di cui non si e' in grado di parlare si deve tacere».

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Figura 7: Ludwig Wittgenstein (1889-1951)

Se l'onorevole Aldo Forte sente di dover dire qualcosa e di battersi contro la presenza del nucleare nella nostra zona, come la maggioranza della popolazione mi pare che esiga, allora lo dicesse chiaramente, in maniera forte, decisa ed inequivocabile, come hanno gia' fatto in tanti. Altrimenti farebbe meglio a tacere.

1. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88067
2. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88259
3. Kaatsch P, Spix C, Schulze-Rath R, Schmiedel S, Blettner M: Leukemias in young children living in the vicinity of German nuclear power plants. Int J Cancer 2008, 122:721-726.
4. Spix C, Schmiedel S, Kaatsch P, Schulze-Rath R, Blettner M: Casecontrol study on childhood cancer in the vicinity of nuclear power plants in Germany 1980-2003. Eur J Cancer 2008, 44:275-284.
5. Baker PJ, Hoel D: Meta-analysis of standardized incidence and mortality rates of childhood leukemias in proximity to nuclear facilities. Eur J Cancer Care 2007, 16:355-363.
6. U.S. Nuclear Regulatory Commission: Office of Public Affairs. No. 10-060; April 7, 2010. NRC ASKS National Academy of Sciences to Study Cancer Risk in Populations Living Near Nuclear Power Facilities.
7. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88740
8. Fairlie I. Commentary: childhood cancer near nuclear power stations. Environ Health. 2009 Sep 23;8:43.

Fonte:Telefree

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Centrale Garigliano
Centrale Garigliano
Formia: Un mese fa leggevo le ambivalenti dichiarazioni attribuite all'onorevole Aldo Forte il quale, sulla base dei dati di uno studio epidemiologico dai risultati contraddittori, avrebbe detto che vivere vicino alle centrali nucleari di Borgo Sabotino e del Garigliano non e' pericoloso (1).
Nell'occasione scrivevo che la centrale/deposito di scorie del Garigliano e' compresa in una stretta ansa del fiume (Figura 1), in zona soggetta ad esondazioni e sismica, gia' allagatasi piu' d'una volta nel passato; che la popolazione locale - in tempi di sempre piu' frequenti esondazioni - questa centrale non la vuole piu'; che la popolazione si aspetta un forte impegno da parte di tutti i politici locali, di maggioranza e d'opposizione, per evitare in quella sede, e in qualsiasi altra area del nostro territorio, centrali nucleari e depositi di scorie radioattive (2).

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Figura 1: la centrale/deposito di scorie radioattive del Garigliano, compresa in una stretta ansa del fiume soggetto ad esondazioni.

Nel frattempo, nel corso dell'ultimo mese:

- C'e' stato il terremoto in Giappone, e' stata danneggiata la centrale nucleare di Fukushima, c'e' stata una notevole ed estesa contaminazione radioattiva;

- La Germania, per prima in Europa e non a caso (come si capira' leggendo il seguito), ha fermato le sue centrali piu' vecchie, mentre quasi tutto il mondo si sta interrogando sui rischi del nucleare;

- C'e' stato un terremoto a Cassino, che dista solo 25 km in linea d'aria dalla centrale del Garigliano;

- Si e' allagata di nuovo la zona della centrale del Garigliano (Figura 2);

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Figura 2: la recente esondazione del fiume Garigliano (marzo 2011) nella zona della centrale nucleare/deposito di scorie radioattive.

Come se tutto cio' non bastasse:

- La Libia e' stata e continua ad essere bombardata da una coalizione di sei paesi che includono Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Canada. Altre potenze mondiali hanno condannato l'intervento. Gheddafi ha minacciato ritorsioni.

Dunque, oltre a possibili incidenti, terremoti, maremoti ed esondazioni, ora bisogna mettere in conto anche possibili atti bellici o terroristici quali potenziali cause di danno alle centrali nucleari di quelle potenze mondiali (inclusa l'Italia) che stanno, a torto o a ragione, bombardando la Libia.

Mettendo per il momento da parte tutte queste angoscianti possibilita' (che secondo me gia' basterebbero per chiudere, ed evitare da ora in poi, le centrali nucleari in tutto il mondo), e ipotizzando un loro funzionamento regolare, senza incidenti, vediamo in base agli studi piu' recenti quale rischio comporta il vivere vicino ad una centrale nucleare.

Gli studi epidemiologici piu' recenti hanno riguardato soprattutto tumori in bambini nei primi anni di vita, per due motivi:

1) L'esposizione alle radiazioni in utero nei primi mesi di gravidanza e' particolarmente nociva, essendo l'embrione ed il feto in rapido accrescimento molto vulnerabili al danno radioattivo, dunque gli effetti delle radiazioni possono essere rilevati piu' facilmente se si studiano bambini nei primi anni di vita;

2) Studiando l'effetto delle radiazioni sui bambini nei primi anni di vita, si elimina l'interferenza di tutti gli altri agenti cancerogeni ai quali possono essere esposti gli adulti nel corso degli anni. Peraltro gli adulti, col passare degli anni, vanno incontro ad un significativo aumento dell'incidenza di tumori facilitato dall'invecchiamento, incidenza che invece e' estremamente bassa nei bambini.

Lo studio piu' importante degli ultimi anni, pubblicato nel 2008, e' stato condotto in Germania ed e' conosciuto con l'acronimo KiKK (Epidemiologische Studie zu Kinderkrebs in der Umgebung von Kernkraftwerken, ovvero Studio Epidemiologico sui Tumori dell'Infanzia nelle Vicinanze di Centrali Nucleari). Contrariamente ai precedenti studi, numericamente molto piu' limitati, lo studio KiKK ha individuato 1592 casi di tumore (esclusa la leucemia), diagnosticati tra il 1980 e il 2003 in bambini di eta' inferiore ai 5 anni, i quali sono stati paragonati a 4750 bambini senza tumore (3). E' stata studiata la relazione tra tumori e distanza dalla centrale, nelle zone circostanti a tutte le centrali nucleari esistenti in Germania (Figura 3).

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Figura 3: tutte le centrali nucleari esistenti in Germania, incluse nello studio KiKK. (8)

Lo studio ha individuato nelle stesse aree anche 593 bambini con leucemia, diagnosticata nello stesso periodo, e li ha paragonati a 1766 bambini senza leucemia (4).

Questo studio e' molto importante proprio perche', con l'enorme numero di casi studiati, e' in grado di provare la significativita' statistica dell'aumento di tumori solidi e di leucemie che e' stato osservato nelle aree studiate. Invece tanti studi precedenti, con un numero molto inferiore di casi, pur avendo rilevato un'aumento di tumori, sono stati inconcludenti perche' il numero di casi era troppo basso per poter dimostrare che le differenze osservate erano reali (statisticamente significative) e non casuali.

Quali sono i risultati dello studio KiKK?

Nei bambini d'eta' inferiore a 5 anni che vivono entro i 5 km da una centrale nucleare, paragonati con bambini della stessa eta' che vivono ad una distanza maggiore, e' stato dimostrato un aumento del rischio di leucemia che e' di 2,2 volte, mentre per i tumori solidi l'aumento e' di 1,6 volte. I risultati sono di una significativita' statistica tale che e' estremamente improbabile che essi siano dovuti al caso. Il rischio di leucemia nello stesso studio e' risultato essere piu' elevato anche in un raggio di 10 km dalla centrale. Tutto questo senza che ci sia evidenza di incidenti nelle 16 centrali tedesche, e senza che siano stati identificati altri fattori che possano aver contribuito all'aumento del rischio.

Lo studio KiKK, dal momento della sua pubblicazione, ha ricevuto un'attenzione enorme sui media in Germania, stimolando un approfondito e prolungato dibattito tra la popolazione tedesca, ma non ha ancora ricevuto altrove l'attenzione che invece merita. Si comprende dunque l'immediata decisione della Germania di chiudere le centrali piu' vecchie subito dopo il disastro di Fukyshima.

La maggiore incidenza di leucemia vicino alle centrali e' stata confermata anche da una recente metaanalisi (analisi complessiva dei dati di tutti gli studi giudicati validi che esistono sull'argomento).

Questa metaanalisi ha incluso i dati di 17 studi effettuati in tutto il mondo e riguardanti le aree vicine a ben 136 centrali nucleari in Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Germania, Giappone e Spagna. Nei bambini fino a 9 anni d'eta', il numero di morti dovute a leucemia e' risultato essere dal 5 al 24% piu' elevato e l'incidenza di leucemia e' risultata essere dal 14 al 21% piu' elevata (5).

Durante il normale funzionamento di una centrale nucleare, le emissioni radioattive nell'aria sono quelle che determinano la dose maggiore alla quale vengono esposti gli abitanti delle aree limitrofe. Queste emissioni contengono soprattutto H-3 (trizio) come vapore acqueo radioattivo, C-14 come anidride carbonica radioattiva, e gas nobili radioattivi (Kr, Ar e Xe).

La Figura 4 mostra la relazione tra distanza dalla centrale in Km e la concentrazione di trizio nell'aria (da rilevazioni fatte nelle vicinanze di reattori canadesi).

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Figura 4: la concentrazione di trizio nell'aria aumenta con la vicinanza alla centrale. (8)

E' anche dimostrato che queste emissioni causano piu' elevate concentrazioni di radionuclidi (Figura 5) nel terreno, sulla vegetazione e negli alimenti (da agricoltura e bestiame) prodotti entro un certo raggio dalle centrali nucleari (in base a rilevazioni fatte nelle vicinanze di centrali in Canada).

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Figura 5: la concentrazione di trizio nel terreno, sulla vegetazione e negli alimenti aumenta con la vicinanza alla centrale. (8)

La relazione tra concentrazioni di trizio e distanza dalla centrale osservata in questi studi e' molto simile alla relazione riscontrata nello studio KiKK tra rischio di tumore e distanza dalla centrale.

Sebbene la dose di radioattivita' stimata con procedimenti molto complessi (da 10-2 a 10-4 mSv all'anno) sia stata considerata nel passato troppo bassa per causare tumori, in alcune fasi del normale funzionamento delle centrali le emissioni radioattive aumentano improvvisamente. Infatti e' stato provato un aumento periodico dell'emissione di carbonio e idrogeno radioattivi, in forma di anidride carbonica e vapore acqueo, messo in relazione all'apertura dei reattori che avviene ogni anno per sostituire il combustibile nucleare (Figura 6).

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Figura 6: il rilascio di C-14 da una centrale nel sud della Germania (Neckarwestheim 2) misurato ogni 3 mesi. Si notino gli improvvisi aumenti con cadenza annuale. (8)

Dopo la pubblicazione dello studio KiKK, anche negli Stati Uniti, su richiesta della U.S. Regulatory Commission, sta per essere avviato dalla National Academy of Sciences uno studio sul rischio di tumore nelle vicinanze di centrali nucleari (6).

Tornando al Golfo di Gaeta, ho apprezzato molto l'impegno di tanti politici locali che, spesso andando anche contro le direttive dei loro partiti, si sono schierati contro una nuova centrale o l'ampliamento del deposito di scorie radioattive al Garigliano.

Sandro Bartolomeo, assumendo una posizione ferma ed inequivocabile, recentemente ha scritto un articolo molto chiaro e, nella sua sinteticita', molto ben informato sull'argomento (7). Il suo articolo ha fornito lo stimolo per questo approfondimento.

L'onorevole Aldo Forte invece non lo capisco. Allora per lui cito Ludwig Wittgenstein (Figura 7) il quale, nel suo Tractatus Logico-philosophicus, ha scritto:

«Cio' che si puo' dire si deve dire chiaramente; e su cio' di cui non si e' in grado di parlare si deve tacere».

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Figura 7: Ludwig Wittgenstein (1889-1951)

Se l'onorevole Aldo Forte sente di dover dire qualcosa e di battersi contro la presenza del nucleare nella nostra zona, come la maggioranza della popolazione mi pare che esiga, allora lo dicesse chiaramente, in maniera forte, decisa ed inequivocabile, come hanno gia' fatto in tanti. Altrimenti farebbe meglio a tacere.

1. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88067
2. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88259
3. Kaatsch P, Spix C, Schulze-Rath R, Schmiedel S, Blettner M: Leukemias in young children living in the vicinity of German nuclear power plants. Int J Cancer 2008, 122:721-726.
4. Spix C, Schmiedel S, Kaatsch P, Schulze-Rath R, Blettner M: Casecontrol study on childhood cancer in the vicinity of nuclear power plants in Germany 1980-2003. Eur J Cancer 2008, 44:275-284.
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6. U.S. Nuclear Regulatory Commission: Office of Public Affairs. No. 10-060; April 7, 2010. NRC ASKS National Academy of Sciences to Study Cancer Risk in Populations Living Near Nuclear Power Facilities.
7. http://www.telefree.it/news.php?op=view&id=88740
8. Fairlie I. Commentary: childhood cancer near nuclear power stations. Environ Health. 2009 Sep 23;8:43.

Fonte:Telefree

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