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Oltre 2000 sindaci in piazza: “Uniti contro la manovra”.E intonano l’inno nazionale
Dovevano essere solo 500. Invece, i sindaci che si sono presentati a Milano contro i tagli agli enti locali previsti dalla manovra del governo sono oltre 2000. E così, da ristretto incontro in un auditorium, si è passati a una vera e propria marcia per le strade del capoluogo lombardo conclusasi a Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale milanese. “Va al di là delle nostre aspettative – ha detto il presidente dell’Anci Lombardia e sindaco di Varese, Attilio Fontana, commentando il numero di partecipanti -. L’alta partecipazione dimostra che siamo coesi contro la manovra”. Una coesione che ha portato gli amministratori a intonare l’inno d’Italia.
”Se i tagli non vanno via, dovremo portare i disabili e le persone delle mense della Caritas davanti a Palazzo Chigi”, ha denunciato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che partecipa in prima fila al corteo. Il primo cittadino della Capitale ha affermato che se le cose restano come ora, i tagli saranno “devastanti”, con 270 milioni in meno per Roma l’anno prossimo, tagli che riguardano “servizi essenziali ai cittadini, la mobilità, i servizi sociali”.
Del resto, uno studio del Sole 24 Ore calcola il danno fiscale dei tagli agli enti locali in mille euro a famiglia in media. E il governo ha già scelto questa via: nel decreto è prevista per comuni e regioni proprio la possibilità di aumentare le loro addizionali. A regioni ed enti locali – a regime, cioè nel 2013-2014 – sono stati sottratti in tutto oltre 15 miliardi di euro, l’11% del costo dell’intero sistema delle autonomie: le regioni “normali” avranno 6,1 miliardi in meno, le regioni a statuto speciale tre miliardi, i comuni 4,5 e le province 1,3 miliardi. All’importo rilevantissimo si somma la velocità dei risparmi previsti: l’ultima manovra, infatti, sottrae già dal prossimo gennaio 1,7 miliardi ai comuni, 0,7 alle province, due miliardi alle regioni speciali e 1,6 a quelle ordinarie (da sommare ai tagli del 2010 ovviamente). Per sindaci e governatori la strada è obbligata: taglio ai servizi e aumento delle tasse locali. Ecco perché, per la manifestazione di oggi a Milano, l’adesione tra gli amministratori locali è altissima e bipartisan.
E infatti insieme ai sindaci del Pdl, sfilano amministratori dell’opposizione. Il fatto che a Milano ”siano accorsi tanti sindaci dimostra che i tagli sono sbagliati. La protesta è corale”, ha dichiarato il primo cittadino di Torino, Piero Fassino. “I sindaci sono sempre in mezzo alla gente – ha detto ancora Fassino”, aggiungendo che ora si aspetta di sapere “in concreto” le modifiche alla manovra che presenterà al Governo.
Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha avanzato la proposta di tagliare allo Stato invece che ai Comuni: “Bisogna tagliare i costi dello Stato centrale – ha detto Tosi – cosa che finora non è mai stata fatta. I Comuni non ce la fanno più, bisogna andare a prelevare laddove ce n’è”.
Non è personalmente a Milano per protestare, ma anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, rappresentato da un suo assessore alla manifestazione dell’Anci, ha ribadito ‘il no’ del capoluogo partenopeo ai tagli ribadendo che “Napoli c’è, è in piazza, è mobilitata con le altre città a difesa dei diritti dei suoi cittadini”. “Tagliare a regioni, province e comuni – ha spiegato nel suo sito – significa una crescita delle tasse e delle tariffe oppure una diminuzione dei servizi offerti ai cittadini da questi stessi. Settori come welfare, sanità, trasporti vedranno una contrazione dell’offerta e un danno per l’intera comunità. La domanda che da amministratori ci poniamo è allora la seguente: è possibile che questa sia l’unica strada percorribile per rispondere alla crisi economica in atto? La risposta è no, un’altra via si può costruire e va percorsa: si tratta di una manovra che preveda un vero e drastico abbattimento dei costi della politica e una lotta altrettanto drastica e vera all’evasione fiscale, perchè sia finalmente strutturale e duratura”. “Una manovra – ha spiegato De Magistris – che preveda forme di tassazione sui grandi patrimoni in rispetto del principio della giustizia sociale, in particolare in periodi di crisi durante i quali dovrebbe predominare il senso del sacrificio da parte di chi più guadagna o possiede. Evitando di toccare i diritti dei lavoratori (art 8 della manovra), di scaricare sul pubblico impiego, di contrarre il welfare, di investire nelle spese militari a sostegno di operazioni senza respiro diplomatico, senza un chiaro quadro e un definito obiettivo politico”. Per quanto riguarda Napoli, quest’anno “il Comune ha subito un taglio di 130 milioni di euro e la manovra in discussione ne dovrebbe apportare un altro della stessa entità”; c’è poi “la condizione al limite del dissesto determinata dall’amministrazione precedente”. La giunta de Magistris, di tagli, ne ha messi in atto, dice il primo cittadino. “Per questo, proprio in ragione di tali sacrifici e di tali decisioni, speriamo il governo possa rivedere il decreto, come pare orientato a fare in queste ultime ore prevedendo il dimezzamento del taglio agli enti locali – ha concluso – e cancellando l’accorpamento dei piccoli comuni, che presentano costi minimi ma sono un patrimonio storico, turistico e politico che va difeso, diversamente dalle province che credo debbano essere abolite integralmente”.
Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni si è detto sicuro che “per il momento non ci sarà un innalzamento dell’età pensionabile per le donne, perché la Lega Nord è contraria, ma la questione resta all’ordine del giorno del Pdl”. Si tratta di “una riforma strutturale – ha spiegato – che permette di mettersi in linea con gli altri Paesi europei”. Di questo avviso anche il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, ex coordinatore regionale del Popolo delle Libertà. Secondo Podestà, infatti, considerato che le donne hanno un livello retributivo inferiore agli uomini e vivono di più, “se vanno in pensione prima si condannano ad un ultimo periodo di vita con una pensione da fame”.
Per il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, la manovra finanziaria “per quanto riguarda i tagli agli enti comunali, deve essere completamente ritirata”. Pisapia ha definito la manifestazione “di protesta”, ma anche “di proposta” e, soprattutto, dimostra il senso di responsabilità degli enti locali che sono i soggetti istituzionali più vicini ai cittadini e che possono dare le risposte di cui i cittadini hanno bisogno”. Il primo cittadino di Milano ha definito i tagli ai Comuni “l’ultima goccia di un vaso che ormai ha strabordato”. “Non è più possibile per gli enti comunali accettare ulteriori tagli e, soprattutto, in questo modo e con questo metodo: cioè, senza essere consultati o dopo essere stati consultati, ma senza tenere conto di indicazioni precise, di proposte alternative che sono venute finora da parte dei Comuni” ha concluso.
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Dovevano essere solo 500. Invece, i sindaci che si sono presentati a Milano contro i tagli agli enti locali previsti dalla manovra del governo sono oltre 2000. E così, da ristretto incontro in un auditorium, si è passati a una vera e propria marcia per le strade del capoluogo lombardo conclusasi a Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale milanese. “Va al di là delle nostre aspettative – ha detto il presidente dell’Anci Lombardia e sindaco di Varese, Attilio Fontana, commentando il numero di partecipanti -. L’alta partecipazione dimostra che siamo coesi contro la manovra”. Una coesione che ha portato gli amministratori a intonare l’inno d’Italia.
”Se i tagli non vanno via, dovremo portare i disabili e le persone delle mense della Caritas davanti a Palazzo Chigi”, ha denunciato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che partecipa in prima fila al corteo. Il primo cittadino della Capitale ha affermato che se le cose restano come ora, i tagli saranno “devastanti”, con 270 milioni in meno per Roma l’anno prossimo, tagli che riguardano “servizi essenziali ai cittadini, la mobilità, i servizi sociali”.
Del resto, uno studio del Sole 24 Ore calcola il danno fiscale dei tagli agli enti locali in mille euro a famiglia in media. E il governo ha già scelto questa via: nel decreto è prevista per comuni e regioni proprio la possibilità di aumentare le loro addizionali. A regioni ed enti locali – a regime, cioè nel 2013-2014 – sono stati sottratti in tutto oltre 15 miliardi di euro, l’11% del costo dell’intero sistema delle autonomie: le regioni “normali” avranno 6,1 miliardi in meno, le regioni a statuto speciale tre miliardi, i comuni 4,5 e le province 1,3 miliardi. All’importo rilevantissimo si somma la velocità dei risparmi previsti: l’ultima manovra, infatti, sottrae già dal prossimo gennaio 1,7 miliardi ai comuni, 0,7 alle province, due miliardi alle regioni speciali e 1,6 a quelle ordinarie (da sommare ai tagli del 2010 ovviamente). Per sindaci e governatori la strada è obbligata: taglio ai servizi e aumento delle tasse locali. Ecco perché, per la manifestazione di oggi a Milano, l’adesione tra gli amministratori locali è altissima e bipartisan.
E infatti insieme ai sindaci del Pdl, sfilano amministratori dell’opposizione. Il fatto che a Milano ”siano accorsi tanti sindaci dimostra che i tagli sono sbagliati. La protesta è corale”, ha dichiarato il primo cittadino di Torino, Piero Fassino. “I sindaci sono sempre in mezzo alla gente – ha detto ancora Fassino”, aggiungendo che ora si aspetta di sapere “in concreto” le modifiche alla manovra che presenterà al Governo.
Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha avanzato la proposta di tagliare allo Stato invece che ai Comuni: “Bisogna tagliare i costi dello Stato centrale – ha detto Tosi – cosa che finora non è mai stata fatta. I Comuni non ce la fanno più, bisogna andare a prelevare laddove ce n’è”.
Non è personalmente a Milano per protestare, ma anche il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, rappresentato da un suo assessore alla manifestazione dell’Anci, ha ribadito ‘il no’ del capoluogo partenopeo ai tagli ribadendo che “Napoli c’è, è in piazza, è mobilitata con le altre città a difesa dei diritti dei suoi cittadini”. “Tagliare a regioni, province e comuni – ha spiegato nel suo sito – significa una crescita delle tasse e delle tariffe oppure una diminuzione dei servizi offerti ai cittadini da questi stessi. Settori come welfare, sanità, trasporti vedranno una contrazione dell’offerta e un danno per l’intera comunità. La domanda che da amministratori ci poniamo è allora la seguente: è possibile che questa sia l’unica strada percorribile per rispondere alla crisi economica in atto? La risposta è no, un’altra via si può costruire e va percorsa: si tratta di una manovra che preveda un vero e drastico abbattimento dei costi della politica e una lotta altrettanto drastica e vera all’evasione fiscale, perchè sia finalmente strutturale e duratura”. “Una manovra – ha spiegato De Magistris – che preveda forme di tassazione sui grandi patrimoni in rispetto del principio della giustizia sociale, in particolare in periodi di crisi durante i quali dovrebbe predominare il senso del sacrificio da parte di chi più guadagna o possiede. Evitando di toccare i diritti dei lavoratori (art 8 della manovra), di scaricare sul pubblico impiego, di contrarre il welfare, di investire nelle spese militari a sostegno di operazioni senza respiro diplomatico, senza un chiaro quadro e un definito obiettivo politico”. Per quanto riguarda Napoli, quest’anno “il Comune ha subito un taglio di 130 milioni di euro e la manovra in discussione ne dovrebbe apportare un altro della stessa entità”; c’è poi “la condizione al limite del dissesto determinata dall’amministrazione precedente”. La giunta de Magistris, di tagli, ne ha messi in atto, dice il primo cittadino. “Per questo, proprio in ragione di tali sacrifici e di tali decisioni, speriamo il governo possa rivedere il decreto, come pare orientato a fare in queste ultime ore prevedendo il dimezzamento del taglio agli enti locali – ha concluso – e cancellando l’accorpamento dei piccoli comuni, che presentano costi minimi ma sono un patrimonio storico, turistico e politico che va difeso, diversamente dalle province che credo debbano essere abolite integralmente”.
Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni si è detto sicuro che “per il momento non ci sarà un innalzamento dell’età pensionabile per le donne, perché la Lega Nord è contraria, ma la questione resta all’ordine del giorno del Pdl”. Si tratta di “una riforma strutturale – ha spiegato – che permette di mettersi in linea con gli altri Paesi europei”. Di questo avviso anche il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, ex coordinatore regionale del Popolo delle Libertà. Secondo Podestà, infatti, considerato che le donne hanno un livello retributivo inferiore agli uomini e vivono di più, “se vanno in pensione prima si condannano ad un ultimo periodo di vita con una pensione da fame”.
Per il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, la manovra finanziaria “per quanto riguarda i tagli agli enti comunali, deve essere completamente ritirata”. Pisapia ha definito la manifestazione “di protesta”, ma anche “di proposta” e, soprattutto, dimostra il senso di responsabilità degli enti locali che sono i soggetti istituzionali più vicini ai cittadini e che possono dare le risposte di cui i cittadini hanno bisogno”. Il primo cittadino di Milano ha definito i tagli ai Comuni “l’ultima goccia di un vaso che ormai ha strabordato”. “Non è più possibile per gli enti comunali accettare ulteriori tagli e, soprattutto, in questo modo e con questo metodo: cioè, senza essere consultati o dopo essere stati consultati, ma senza tenere conto di indicazioni precise, di proposte alternative che sono venute finora da parte dei Comuni” ha concluso.
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