mercoledì 3 agosto 2011

LIBERTÀ E VERITÀ, RICORDANDO GIUSEPPE D'AVANZO E LA STRAGE DI BOLOGNA

Di Luigi de Magistris


Prima di iniziare i lavori odierni del Consiglio comunale, mi preme ricordare la scomparsa, avvenuta sabato pomeriggio, del giornalista Giuseppe D'Avanzo.

Ci tengo particolarmente non solo per la sua origine napoletana, ma perchè uno dei temi fondamentali della democrazia è quello relativo al rapporto che deve intercorrere fra potere politico e informazione, cartina di tornasole della potenzialità democratica e liberale di un paese. Ci tengo, poi, perchè proprio oggi ricorre il 31esimo anniversario della strage di Bologna, quella strage che vide, nel 1980, la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200. Una strage su cui grava il peso di una verità mai raggiunta, su cui si addensa l'ombra del depistaggio -anche istituzionale- portato avanti per anni in sfregio della sofferenza dei familiari delle vittime, quella stessa sofferenza acuita ancora oggi dalla mancata abrogazione del segreto di Stato. Un segreto, quest'ultimo, che nega verità e giustizia al paese intero e che macchia di colpa lo Stato medesimo, come ricordato dai tanti libri e interventi scritti da molteplici giornalisti nel tentativo di illuminare quella pagina tragica e oscura della nostra storia. C'è quindi un legame ideale tra ciò che oggi ricordiamo – la strage di Bologna e la figura di Giuseppe D'Avanzo.

Una democrazia compiuta e moderna, infatti, vede nell'attività indipendente dell'informazione una forma preziosa di controllo sul potere politico e le istituzioni, che non possono in alcun modo essere considerati immuni allo sguardo critico dei cittadini a cui sono chiamati a dar conto di se e del proprio operato. Anche e soprattutto quando il potere politico è chiamato a governare, a livello nazionale e locale. Anche e soprattutto quando deve rispondere, come nel caso di Bologna e per quanto riguarda lo Stato, alla richiesta di verità e giustizia mai appagate.

L'informazione libera è lo strumento che consente questo controllo e questa ricerca, l'informazione libera è la garanzia perchè questo controllo e questa ricerca si realizzino. Un'informazione così concepita, come ricerca della verità anche scomoda per il rappresentante politico-istituzionale, è inoltre un elemento di formazione sociale e civile prezioso per quanti aspirano a garantire una società fondata sulle coscienze vive, autonome, critiche.

Giuseppe D'Avanzo ha declinato la sua attività seguendo questi principi, contribuendo a rendere l'intero Paese più consapevole e il potere politico più forte, almeno quello che non teme il controllo perchè opera senza ombre di nessun genere. Non dimenticando, ovviamente, l'apporto positivo che ha dato all'informazione, la stessa che in questi anni -in alcuni casi e purtroppo spesso- è stata affetta, come direbbe Calamandrei, dalla sindrome dell'agorafobia, scegliendo di censurarsi prima di essere censurata dal potere, garantendosi l'autoconservazione opportunistica. In questo modo, D'Avanzo ha reso un proprio personale importante contributo al miglioramento del sistema democratico. Le sue inchieste di denuncia dei mali nazionali, compresa la deviazione e la corruzione delle istituzioni e del potere, i libri e gli articoli dedicati al tema della mafia e della sua infiltrazione istituzionale, sempre trattati con lo scrupolo tipico delle personalita' curiose e vivaci, sono una eredità preziosa per noi tutti. Per questo, per la sua morte, dunque, soffre Napoli ma anche l'Italia intera, in particolare quella società civile mobilitata nella lotta al crimine e che non considera il potere politico schermato dallo sguardo critico e vigile di chi lo ha delegato di rappresentarlo e perciò ha il diritto di giudicarlo.


Fonte: Luigi de Magistris


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Di Luigi de Magistris


Prima di iniziare i lavori odierni del Consiglio comunale, mi preme ricordare la scomparsa, avvenuta sabato pomeriggio, del giornalista Giuseppe D'Avanzo.

Ci tengo particolarmente non solo per la sua origine napoletana, ma perchè uno dei temi fondamentali della democrazia è quello relativo al rapporto che deve intercorrere fra potere politico e informazione, cartina di tornasole della potenzialità democratica e liberale di un paese. Ci tengo, poi, perchè proprio oggi ricorre il 31esimo anniversario della strage di Bologna, quella strage che vide, nel 1980, la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200. Una strage su cui grava il peso di una verità mai raggiunta, su cui si addensa l'ombra del depistaggio -anche istituzionale- portato avanti per anni in sfregio della sofferenza dei familiari delle vittime, quella stessa sofferenza acuita ancora oggi dalla mancata abrogazione del segreto di Stato. Un segreto, quest'ultimo, che nega verità e giustizia al paese intero e che macchia di colpa lo Stato medesimo, come ricordato dai tanti libri e interventi scritti da molteplici giornalisti nel tentativo di illuminare quella pagina tragica e oscura della nostra storia. C'è quindi un legame ideale tra ciò che oggi ricordiamo – la strage di Bologna e la figura di Giuseppe D'Avanzo.

Una democrazia compiuta e moderna, infatti, vede nell'attività indipendente dell'informazione una forma preziosa di controllo sul potere politico e le istituzioni, che non possono in alcun modo essere considerati immuni allo sguardo critico dei cittadini a cui sono chiamati a dar conto di se e del proprio operato. Anche e soprattutto quando il potere politico è chiamato a governare, a livello nazionale e locale. Anche e soprattutto quando deve rispondere, come nel caso di Bologna e per quanto riguarda lo Stato, alla richiesta di verità e giustizia mai appagate.

L'informazione libera è lo strumento che consente questo controllo e questa ricerca, l'informazione libera è la garanzia perchè questo controllo e questa ricerca si realizzino. Un'informazione così concepita, come ricerca della verità anche scomoda per il rappresentante politico-istituzionale, è inoltre un elemento di formazione sociale e civile prezioso per quanti aspirano a garantire una società fondata sulle coscienze vive, autonome, critiche.

Giuseppe D'Avanzo ha declinato la sua attività seguendo questi principi, contribuendo a rendere l'intero Paese più consapevole e il potere politico più forte, almeno quello che non teme il controllo perchè opera senza ombre di nessun genere. Non dimenticando, ovviamente, l'apporto positivo che ha dato all'informazione, la stessa che in questi anni -in alcuni casi e purtroppo spesso- è stata affetta, come direbbe Calamandrei, dalla sindrome dell'agorafobia, scegliendo di censurarsi prima di essere censurata dal potere, garantendosi l'autoconservazione opportunistica. In questo modo, D'Avanzo ha reso un proprio personale importante contributo al miglioramento del sistema democratico. Le sue inchieste di denuncia dei mali nazionali, compresa la deviazione e la corruzione delle istituzioni e del potere, i libri e gli articoli dedicati al tema della mafia e della sua infiltrazione istituzionale, sempre trattati con lo scrupolo tipico delle personalita' curiose e vivaci, sono una eredità preziosa per noi tutti. Per questo, per la sua morte, dunque, soffre Napoli ma anche l'Italia intera, in particolare quella società civile mobilitata nella lotta al crimine e che non considera il potere politico schermato dallo sguardo critico e vigile di chi lo ha delegato di rappresentarlo e perciò ha il diritto di giudicarlo.


Fonte: Luigi de Magistris


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