Antonio Vanuzzo
L’Italia comincia a sentire i sintomi dell’effetto contagio greco. Tre gli indizi: la performance delle banche dopo le osservazioni di Moody’s, l’aumento delle contrattazioni dei titoli degli istituti sulle piattaforme non regolamentate, e l’incertezza politica sulla stabilità del governo e del paese.
Se tre indizi fanno una prova, l’Italia comincia a scontare l’effetto contagio. Proprio mentre si attende per giovedì il passaggio chiave sulla manovra in Consiglio dei ministri, l’inizio della settimana è stato piuttosto pesante per i bancari. Nonostante il mini rimbalzo di ieri, arrivato dopo un venerdì nerissimo per Piazza Affari, oggi il comparto è tornato pesantemente in rosso, in attesa del colloquio chiarificatore in corso in queste ore tra Berlusconi, Bossi e Tremonti, che respinge con forza qualsiasi ipotesi di dimissioni dopo le critiche della magistratura contabile sui tagli lineari contenuti nel provvedimento di bilancio. Al momento in cui scriviamo, Mps cede il 5% (per via dell’aumento di capitale) Banco Popolare il 3%, Bpm il 2%, Unicredit l’1,39%, Intesa Sanpaolo lo 0,64%, Ubi lo 0,73 per cento, mentre il Ftse All Share Banks, l’indice italiano di settore, arretra di un punto e mezzo percentuale, ma la tensione è diffusa su tutti i listini europei.
Primo indizio: secondo il Financial Times, che cita in un commento un report di Rbs, gli istituti di credito nazionali detengono 200 miliardi di euro in titoli di Stato italiani, circa il 13% del totale. Alcuni di questi, come Ubi e Mps, in questi giorni sono impegnati in difficili aumenti di capitale, e da Londra più di un operatore si chiede se abbiano passato gli stress test condotti dall’Eba, i cui risultati dovrebbero essere pubblicati, salvo ulteriori ritardi, entro la prima quindicina di luglio.
Da qualche settimana, quando è arrivato il secondo credit watch negativo sui conti pubblici, da parte di Moody’s, e la conseguente cascata di warning sugli istituti italiani, i media anglosassoni si sono scatenati, puntando il dito all’unisono sulla consueta questione della debole crescita economica, che rende più vulnerabile il Paese in un contesto di tassi d’interesse crescenti, e sui «problemi strutturali» delle banche nazionali.
Secondo indizio: gli investitori si stanno posizionando “corti” sull’Italia. I dati forniti a Linkiesta dalla piattaforma Boat di Markit (vedi grafico a fondo pagina), che viene utilizzata come stanza di compensazione per il 60% degli scambi sulle piattaforme over the counter, ed è regolata dalla Mifid, evidenziano un picco nelle contrattazioni il 17 giugno. Esattamente sette giorni prima del panic selling che ha affossato i titoli delle due principali banche italiane, cioè in concomitanza con la revisione di Moody’s. Quel giorno, il volume degli scambi ha superato i 20 milioni di euro per Mps, UniCredit e Banco Popolare, di poco inferiori, circa 17 milioni di euro, per Intesa Sanpaolo e Banca popolare di Milano. Numeri di un ordine di grandezza doppio rispetto alla media del mese di giugno, come è facilmente riscontrabile dal grafico. E confermati dagli schermi di Bloomberg fotografati dal blog finanziario Zerohedge, che mostrano le contrattazioni su Sigma X, la piattaforma di Goldman Sachs, riferite al 24 giugno. Giornata in cui il differenziale di rendimento tra titoli di Stato italiani decennali e tedeschi, punto di riferimento in Europa, è salito di 212 punti base, livello massimo dall’entrata in vigore dell’euro.
Il terzo indizio riguarda più la politica che i mercati. Ieri si è dimesso Marco Milanese, consigliere di Tremonti coinvolto nell’inchiesta sulla P4. Oggi, prima dell’incontro con Bossi e Berlusconi, il tiorlare di via XX Settembre ha ribadito di non avere nessuna intenzione di rassegnare le dimissioni. Nella lotta di successione a Mario Draghi in via Nazionale, inoltre, potrebbe finire un altro suo uomo, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, dopo Giuseppe Vegas, ex sottosegretario del dicastero e oggi al vertice della Consob. Stamattina, Libero scriveva che Tremonti stava facendo di tutto per farsi cacciare: una mossa per poi puntare sulla premiership. Da qualche ora si susseguono gli incontri a Palazzo Grazioli, e pochi istanti fa il ministro Frattini ha alzato parzialmente il velo sull’entità della manovra, 43 miliardi di euro, e sulla «rimodulazione» (non «tagli») delle tasse. Sulle tensioni interne alla maggioranza vigilano i mercati con la massima allerta. Ad Atene il parlamento si deve pronunciare sul piano di austerity da 28 miliardi di euro, condizione per ricevere nuovi aiuti comunitari, e sebbene il commissario agli Affari monetari Olli Rehn continui a rimarcare che «non c’è un piano B», alcune indiscrezioni farebbero presagire l’esatto contrario, e non si tratta certo dell’opzione rollover proposta da Sarkozy. L’incertezza politica sulla tenuta di Tremonti non potrebbe arrivare in un momento più sbagliato.
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