lunedì 14 marzo 2011

Occupazione e retribuzione: differenze tra nord e sud

italia_spaccataDal recente rapporto Istat sui dati occupazionali nel nostro paese, emerge il forte divario economico e sociale tra Italia settentrionale e meridionale. Il lavoro nero ad esempio: nel sud dell’Italia, quasi un lavoratore su cinque può essere considerato irregolare.

Le differenze tra sud e centro-nord sono evidenti anche nella produzione di ricchezza: qui emerge l'insufficienza della produzione del Mezzogiorno, dove tutte le regioni sono costrette a importare beni e servizi a sostegno di consumi e investimenti per una quota del Pil spesso superiore a venti punti percentuali.

Il Mezzogiorno in particolare si colloca su posizioni molto distanti rispetto al resto del Paese: l'indice di ricambio del mercato del lavoro è pari al 91,9% contro il 140,2% del centro-nord. Un altro elemento di differenza riguarda le imprese del sud, la solvibilità di quelle che ricorrono a finanziamenti bancari è inferiore rispetto al centro-nord.

Questo si riflette sui livelli dei tassi d'interesse, mediamente superiori di circa un punto percentuale indipendentemente dalla durata del prestito. Il dato più preoccupante riguarda i dati occupazionali benché il calo dell’occupazione non abbia risparmiato nessuna area, la sua intensità è stata rilevante soprattutto nel mezzogiorno; infatti nel Centro-Nord il numero di occupati si è ridotto dell’1%, nel Sud la riduzione è stata del 2,9%.

Precisamente i posti di lavoro persi nel Centro-Nord sono stati 172mila, rispetto a una perdita di oltre 188mila posti nelle regioni meridionali. Inoltre il numero degli occupati del Mezzogiorno corrisponde a poco più di un quarto il 27,4% del totale in Italia, quindi è logico che quest’area abbia subito in modo proporzionale le conseguenze dell’impoverimento del mercato del lavoro.

In tutto il paese cresce la disoccupazione potenziale comprendente i lavoratori in cassa integrazione e gli scoraggiati che potrebbero affluire in tempi brevi tra i disoccupati che nel 2010 si sono attestati all’11% . Aumenta la disoccupazione giovanile fino al valore del 29% di dicembre 2010.

Il Centro Nord esprime riduzioni e sviluppi di occupazione temporalmente coerenti con le fasi del ciclo e con oscillazioni smussate rispetto all’ampiezza del ciclo stesso. Il Mezzogiorno presenta due tendenze: stazionarietà nei periodi di espansione e riduzione dell’occupazione nei periodi di maggiore criticità.

Nelle regioni meridionali continuano invece a rimanere bassi i tassi di occupazione femminile: in Puglia appena una donna su quattro circa il 26,8% ha un impiego, mentre in Campania si sale addirittura al 27,9 per cento. Un divario profondo si registra infine anche sul fronte dei laureati senza lavoro: nel Mezzogiorno il 10,5% è ancora disoccupato a fronte di un 3,8% nel Nord e del 4,3% nell’Italia centrale.

Per quanto riguarda le retribuzioni, il reddito medio di un lavoratore dipendente nel Mezzogiorno, è inferiore di circa 5.000 euro rispetto a quello di un lavoratore del Nord . Il Nord Ovest mette a segno un valore più elevato e pari a 37.100 euro, il Centro si attesta su 36.178 euro, il Nord Est su 35.094 euro, mentre al Sud si scende a 32.186 euro.

Secondo Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia una crescita duratura dell’economia italiana può avvenire soltanto attraverso il decollo del sud, in cui il divario con il Nord, frena lo sviluppo dell’intero Paese.

Al Sud, infatti, è più ampio il divario fra risorse disponibili, soprattutto umane, e risultati conseguiti. Inoltre, vi è la necessità di far operare le aziende nella legalità, perché soltanto attraverso la lotta alla criminalità e un controllo capillare del territorio si possono tutelare le imprese che intendono investire al Sud e aiutarle a crescere.

Fonte:Biancolavoro

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italia_spaccataDal recente rapporto Istat sui dati occupazionali nel nostro paese, emerge il forte divario economico e sociale tra Italia settentrionale e meridionale. Il lavoro nero ad esempio: nel sud dell’Italia, quasi un lavoratore su cinque può essere considerato irregolare.

Le differenze tra sud e centro-nord sono evidenti anche nella produzione di ricchezza: qui emerge l'insufficienza della produzione del Mezzogiorno, dove tutte le regioni sono costrette a importare beni e servizi a sostegno di consumi e investimenti per una quota del Pil spesso superiore a venti punti percentuali.

Il Mezzogiorno in particolare si colloca su posizioni molto distanti rispetto al resto del Paese: l'indice di ricambio del mercato del lavoro è pari al 91,9% contro il 140,2% del centro-nord. Un altro elemento di differenza riguarda le imprese del sud, la solvibilità di quelle che ricorrono a finanziamenti bancari è inferiore rispetto al centro-nord.

Questo si riflette sui livelli dei tassi d'interesse, mediamente superiori di circa un punto percentuale indipendentemente dalla durata del prestito. Il dato più preoccupante riguarda i dati occupazionali benché il calo dell’occupazione non abbia risparmiato nessuna area, la sua intensità è stata rilevante soprattutto nel mezzogiorno; infatti nel Centro-Nord il numero di occupati si è ridotto dell’1%, nel Sud la riduzione è stata del 2,9%.

Precisamente i posti di lavoro persi nel Centro-Nord sono stati 172mila, rispetto a una perdita di oltre 188mila posti nelle regioni meridionali. Inoltre il numero degli occupati del Mezzogiorno corrisponde a poco più di un quarto il 27,4% del totale in Italia, quindi è logico che quest’area abbia subito in modo proporzionale le conseguenze dell’impoverimento del mercato del lavoro.

In tutto il paese cresce la disoccupazione potenziale comprendente i lavoratori in cassa integrazione e gli scoraggiati che potrebbero affluire in tempi brevi tra i disoccupati che nel 2010 si sono attestati all’11% . Aumenta la disoccupazione giovanile fino al valore del 29% di dicembre 2010.

Il Centro Nord esprime riduzioni e sviluppi di occupazione temporalmente coerenti con le fasi del ciclo e con oscillazioni smussate rispetto all’ampiezza del ciclo stesso. Il Mezzogiorno presenta due tendenze: stazionarietà nei periodi di espansione e riduzione dell’occupazione nei periodi di maggiore criticità.

Nelle regioni meridionali continuano invece a rimanere bassi i tassi di occupazione femminile: in Puglia appena una donna su quattro circa il 26,8% ha un impiego, mentre in Campania si sale addirittura al 27,9 per cento. Un divario profondo si registra infine anche sul fronte dei laureati senza lavoro: nel Mezzogiorno il 10,5% è ancora disoccupato a fronte di un 3,8% nel Nord e del 4,3% nell’Italia centrale.

Per quanto riguarda le retribuzioni, il reddito medio di un lavoratore dipendente nel Mezzogiorno, è inferiore di circa 5.000 euro rispetto a quello di un lavoratore del Nord . Il Nord Ovest mette a segno un valore più elevato e pari a 37.100 euro, il Centro si attesta su 36.178 euro, il Nord Est su 35.094 euro, mentre al Sud si scende a 32.186 euro.

Secondo Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia una crescita duratura dell’economia italiana può avvenire soltanto attraverso il decollo del sud, in cui il divario con il Nord, frena lo sviluppo dell’intero Paese.

Al Sud, infatti, è più ampio il divario fra risorse disponibili, soprattutto umane, e risultati conseguiti. Inoltre, vi è la necessità di far operare le aziende nella legalità, perché soltanto attraverso la lotta alla criminalità e un controllo capillare del territorio si possono tutelare le imprese che intendono investire al Sud e aiutarle a crescere.

Fonte:Biancolavoro

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