Ricevo e posto:
Di Lucio Garofalo
L’idea di una “guerra per la pace”, come quella che viene propagandata dai mass-media in questi giorni, costituisce un orrendo ossimoro concettuale che tuttavia riesce a riscuotere ampi consensi e simpatie presso l’opinione pubblica mondiale. I concetti di guerra e pace sono un’evidente contraddizione terminologica che nessuno può negare.
Anche in passato si ricorreva ad ossimori concettuali per giustificare le guerre come, ad esempio, le ”guerre sante” (si pensi solo alle crociate in Palestina). Oggi le ”guerre umanitarie”, o ”guerre per la pace”, sono il più sofisticato e, nel contempo, controverso stratagemma lessicale e ideologico inventato dall'imperialismo per ripararsi dietro un volto più ”umano” e più accettabile, perché abilmente camuffato, per coprire i crimini commessi in nome di un ideale assolutamente ipocrita, celando la reale natura del sistema economico-militare capitalista, che è una macchina guerrafondaia e sanguinaria.
Che la causa “nobile” consista poi nella fede religiosa, nella democrazia o nella libertà, nella pace o nell’umanitarismo, è irrilevante in quanto l’intervento bellico è in ogni caso brutale e sanguinoso, ma soprattutto l’ipocrisia che si traveste sotto il falso ideale è la stessa, nella misura in cui gli interessi sono ignobili e disonesti, riconducibili facilmente agli affari neocoloniali delle potenze occidentali che mirano ad impossessarsi delle ricchezze altrui, estorte con la violenza delle armi. Quindi, anche questa è un’altra (l’ennesima) guerra di rapina compiuta in nome della mostruosa ed insaziabile voracità consumistica dell’occidente. Altro che la “guerra umanitaria” o la “guerra per la pace”.
Non è banalmente una questione di pacifismo. La storia dimostra che le guerre non costituiscono la giusta soluzione per questo tipo di problemi, non sono uno strumento utile per salvaguardare i diritti umani, nella misura in cui le guerre non risolvono i problemi ma rischiano di aggravarli e moltiplicarli. Infatti, il principale pericolo che si corre è di incendiare l’intero fronte dei Paesi arabi, incentivando e fomentando le spinte oltranziste ed islamico-integraliste che, almeno finora, erano parse inesistenti o comunque marginali nelle rivolte sociali del Maghreb, causando una pericolosa escalation militare in Medio Oriente, che è una polveriera ad alto rischio di esplosione.
Sgombrando il campo da ogni ipocrisia bisognerebbe porsi almeno un paio di interrogativi. Anzitutto, perché la risoluzione dell’Onu n. 1973 non viene applicata in tutte le circostanze in cui i diritti umani sono violati? Perché si interviene militarmente in Libia ma non si interviene per bloccare, ad esempio, la repressione delle rivolte in Baharein, nello Yemen e negli altri paesi della penisola arabica e del Golfo persico, oppure non si è intervenuto quando Israele commetteva atti di violenza contro la popolazione palestinese della striscia di Gaza? Oltretutto non si può fingere di non sapere che Gheddafi è stato fino ad ieri il principale alleato degli interessi imperialistici occidentali e un ottimo socio in affari del governo Berlusconi e di altre cancellerie europee, in quanto è più facile e conveniente stringere patti scellerati e stipulare intese poco pulite con i regimi tirannici e dittatoriali piuttosto che con governi democratici.
Detto ciò, non bisogna sottovalutare le ragioni riconducibili al controllo delle risorse petrolifere di cui la Libia è uno dei principali produttori, né si può dimenticare, o fingere di non sapere che la Libia del colonnello Gheddafi costituisce da sempre un acquirente importante di armamenti occidentali, in particolare italiani. Ricordiamo che l’Italia risulta tra i primi cinque paesi al mondo nell’esportazione di armi da guerra. Non a caso la resistenza delle truppe libiche, costituite in gran parte da mercenari, si sta rivelando più tenace del previsto anche perché le armi in dotazione all’esercito di Gheddafi sono tecnologicamente avanzate e soprattutto di fabbricazione italiana.
Sulla base del ragionamento esposto, si può asserire che l’intervento bellico in Libia non abbia nulla a che spartire con esigenze di natura “umanitaria” o “pacifista”, né con altre motivazioni più “nobili”, ma c’entra solo il folle e spietato cinismo degli affari, l’arroganza di un sistema economico scellerato, assolutamente privo di scrupoli etici, morali e ideali, l’avidità e la voracità spregiudicata di un capitalismo sprovvisto di umanità e di un minimo di razionalità, mosso esclusivamente da una logica ferrea basata sulle leggi perverse e disumane del profitto privato e del business economico. Nessuna persona dotata di buon senso e di onestà intellettuale può negare l’ignominiosa evidenza di un mondo dominato da pochi operatori finanziari in grado di determinare e condizionare, in modo abietto, le scelte politiche decisive per il destino dell’umanità.
Immagino che tali affermazioni possano suscitare reazioni di sdegno nella misura in cui rivelano l’abominevole realtà di un sistema economico-affaristico criminale, articolato su scala globale, un mostruoso apparato imperialista costruito su metodi scientifici di sfruttamento, di rapina e di estorsione, applicati a livello planetario. Questo sistema mondiale permette a speculatori totalmente privi di scrupoli di approfittare dei più atroci delitti per accumulare colossali "fortune" economiche, appannaggio esclusivo di pochi detentori delle ricchezze mondiali, a discapito del destino di tutti i popoli del pianeta, abitato da oltre sei miliardi di esseri umani, i due terzi dei quali vivono al di sotto della soglia della povertà, in particolare quasi due miliardi di individui si trovano al limite estremo della povertà, sopravvivendo a stento con meno di un euro al giorno.
Tale assetto economico, politico e militare, strutturato su scala globale, favorisce una concentrazione sempre crescente delle ricchezze, del controllo e delle decisioni politiche internazionali, nelle mani di esigue minoranze, avide e corrotte, criminali e prepotenti, capaci di estorcere con la violenza, legale o meno che sia, le risorse materiali ed umane appartenenti ai popoli della Terra, cioè a miliardi di persone, e capaci di sottrarre, con l’inganno e l’astuzia, i risparmi di milioni di piccoli investitori e di semplici lavoratori in tutto il mondo, condannandoli alla fame ed alla miseria. In altri termini, questo sistema globalizzato è costruito in modo tale da accrescere nel tempo le già gravissime sperequazioni sociali e materiali oggi esistenti, approfondendo il divario a forbice tra ricche minoranze sempre più ricche e potenti, da un lato, e dall’altro masse sempre più estese di poveri, destinate ad impoverirsi e disumanizzarsi sempre più. Con l’ascesa e l’espansione del mercato capitalistico a livello mondiale, si è determinato un metodo di distribuzione delle ricchezze sempre più iniquo, irrazionale ed intollerabile per la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini che abitano il nostro pianeta, con conseguenze e costi inimmaginabili per l’equilibrio e la distensione internazionali, tenendo altresì conto delle tendenze demografiche a dir poco esplosive e destabilizzanti in atto nella realtà abnorme di continenti densamente popolati come l’Africa e l’Asia.
Concludo con un’amara constatazione circa il senso racchiuso nei principi fondamentali della nostra Costituzione. Ad esempio l’articolo 11, benché sulla carta sia inviolabile, è stato tradito e vilipeso talmente tante volte da essere diventato lettera morta.
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