di Marisa Ingrosso
Chissà se lo sanno. Chissà se quelli che abitano nelle piazze e nelle vie intitolate ad Enrico Cialdini sanno chi fu quell’uomo. Sulla targa leggono «generale». Ma lo sanno contro chi combatté? Sanno che il suo nomignolo era «macellaio dei meridionali»?
Facendo una ricerca su alcuni stradari abbiamo verificato che questa toponomastica è presente in Puglia da nord a sud. Per esempio, a Monopoli, Carbonara, Altamura, Rutigliano, Giovinazzo e Bitonto (Bari); Barletta, Andria e Bisceglie (Bat); San Severo (nel Foggiano); Nardò e Trepuzzi (nel Salento); San Pancrazio Salentino (Brindisi); Massafra (Taranto). In Basilicata c’è via Cialdini a Stigliano (in provincia di Matera).
E allora è bene chiarire che questo generale modenese Enrico Cialdini fu, obiettivamente, un capace condottiero. Portò l’esercito sardo-piemontese alla vittoria contro i Borbone (la famiglia regnante nel Mezzogiorno). Poi ebbe l’incarico di guidare la repressione del brigantaggio (movimento armato che si opponeva ai piemontesi e rivoleva i Borboni sul trono), ed anche qui riuscì nell’intento. Ma va pure detto che, sotto il suo comando, le truppe si accanirono sulla popolazione del Sud. Con lui vi furono carneficine di civili.
Giusto per fare due esempi, ai suoi ordini, il 17 febbraio 1861, fu letteralmente rasa al suolo Mola di Gaeta, a colpi di cannone. Poi, dopo l’unità d’Italia, con Cialdini nominato luogotenente dell’ex Regno delle Due Sicilie e, sotto il suo comando supremo, i bersaglieri ebbero mano libera nel vendicare un gruppo di loro commilitoni. Per l’esattezza, quarantacinque soldati che furono trucidati da briganti e contadini. Gli insorgenti meridionali si abbandonarono a raccapricciante crudeltà: il corpo del tenente Augusto Bracci fu decapitato e la testa fu portata in trionfo.
Per risposta, i bersaglieri non diedero la caccia agli assassini. Non effettuarono rastrellamenti a raffica, arresti a decine. No, i bersaglieri, il 13 agosto 1861, piombarono negli abitati di Pontelandolfo e Casalduni e fecero carne da porco. Le testimonianze dell’epoca riferiscono di militari addestrati e armati fino ai denti che entravano in casa di civili e – prima di appiccare il fuoco, uccidevano la gente con la baionetta e a fucilate.
Al termine del massacro, quasi si fecero vanto di aver ridotto i due paesi in cenere.
Aurelio Lepre (in La storia. Dalla metà del Seicento alla fine dell’Ottocento, Zanichelli ed.) riporta le parole di uno dei militari, un ufficiale dell’esercito che fu testimone: «Un battaglione di bersaglieri entrò nel paese, uccise quanti vi erano rimasti, saccheggiò tutte le case e poi mise il fuoco al villaggio intero, che venne distrutto».
E Giovanni De Matteo in Brigantaggio e Risorgimento (Alfredo Guida editore) scrive che il giorno dopo la carneficina il luogotenente colonnello Gaetano Negri, telegrafò al comando generale la lieta novella. Questo il testo del messaggio: «Giovedì 14 agosto 1861. Ieri all’alba, giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora».
Al massimo responsabile di quelle stragi, la Puglia e la Basilicata hanno tributato il riconoscimento più ambito, eternandone il ricordo. Spesso le vie sono in posizione centrale. Addirittura, a Barletta, in via Cialdini, sorge la scuola elementare.
Invece, a chi lottò sul fronte opposto, agli insorgenti che affrontarono le milizie di Cialdini, non è stato intitolato alcunché. Non risultano vie, vicoli o tratturi, a ricordo di Pontelandolfo, di Casalduni, o delle vittime civili della conquista del Sud Italia da parte del Nord.
E giusto? E sbagliato? Ciascuno, oggi, è libero di valutare.
da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 18 febbraio 2011
Fonte:OndadelSud
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