domenica 28 febbraio 2010

Sud, NO TAX AREA, welfare e statalisti



Di Oscar Giannino

Del Mezzogiorno, in una settimana si è occupata Confindustria nel convegno nazionale di venerdì scorso a Bari, e la CEI, con una nota molto preoccupata emessa dai vescovi italiani. Effettivamente, sul tema ormai si sente poco di organico, a parte inchieste e denunce sdegnate sulle reti criminali e la loro presa, e vicende come quella di Termini Imerese-Fiat. Ne approfitto allora per saggiare il polso ai nostri lettori, e verificare come la pensano e se condividano alcune proposte di discontinuità un po’ violenta, le sole che secondo me possono – forse e dico “forse” – interrompere la tendenza che dal 2002 in avanti vede riaprirsi il gap tra Nord e Sud. Ricordo a tutti che quest’ultimo produce oggi il 23,8% del Pil nazionale, esattamente come 60 anni fa.
Sui nodi delle risorse e delle infrastrutture, qualche riflessione iniziale su ciò che resta da spendere del quadro comunitario. Siamo giunti infatti a metà del quadro di programmazione delle risorse comunitarie e nazionali 2007-2013, ma non abbiamo ancora imparato la lezione del fallimento recente e precedente delle politiche di coesione. Dei 100 miliardi di euro che dovevano costituire la somma complessiva a disposizione entro il 2013, tra 47 in fondi strutturali europei e cofinanziamento nazionale, e 53 relativi al Fondo Aree Sottoutilizzate, quest’ultimo è stato prima ridotto di 13,6 miliardi di euro della disponibilità complessiva, più di altri 13 miliardi sono stati destinati ad altri scopi, il residuo è concentrato in tre fondi, ma forte è stato lo scontro tra governo e Regioni con conseguente lungo rinvio dell’approvazione dei programmi regionali. Alla fine del 2009, i fondi strutturali risultavano assegnati a progetti per circa il 40% del totale: ma le spese certificate ammontano solo al 6% del totale. Il 6%, non è un errore di battitura.
La capacità di selezione dei progetti continua a mancare. Sono troppi, frammentari incoerenti, senza vere priorità. Dispersi sul territorio, non individuano poli di sviluppo. Su 62 cosiddetti Grandi Progetti di valore superiore a 50 milioni di euro, di cui 56 nel Sud, alla fine del 2009 solo 4 erano approvati dalla Commissione Europea. Quattro. Le spese per i trasporti restano insufficienti se confrontate con gli altri Paesi UE (rispetto ad una previsione media europea del 22%, nei programmi regionali del Mezzogiorno la spesa media prevista per infrastrutture di trasporto è di circa il 16%) così come rimane ampia la frammentazione dei sostegni alle imprese, soprattutto se confrontati con le enormi necessità di innovazione e di riconversione produttiva imposte dalla crisi.
Ritardi e difficoltà di realizzazione delle opere restano ampi. Occorrono oggi circa 12 anni e mezzo nel Sud per realizzare un’infrastruttura di importo superiore a 100 milioni di euro, più di 10 anni tra i 50 e 100 milioni di euro, più di 7 anni per i progetti tra 5 e 10 milioni di euro. Tutti tempi incompatibili con i sei anni di programmazione comunitaria. Di qui le opere che si cominciano e poi si sospendono.
Confindustria propone di istituire un Osservatorio centrale sui fondi strutturali, per riaccentrare su poche priorità la grande maggioranza di fondi non assegnati, il 60% ancora dei 47 miliardi dei fondi strutturali europei. Per infrastrutture maggiori e trasporto, dal convegno di Bari ha proposto una selezione massima di tre opere per ognuna delle otto Regioni meridionali e di sei opere interregionali condivise. La lista confindustriale prevede interventi sulla viabilità, come la Termoli-San Vittore e l’autostrada Siracusa-Gela; sull’intermodalità, come l’hub di Gioia Tauro e il porto di Bari; sui collegamenti ferroviari, come il potenziamento della Battipaglia-Potenza-Metaponto. Tra le priorità interregionali, il completamento della Salerno-Reggio Calabria, l’alta capacità Napoli-Bari, le statali 106 Jonica e la Sassari-Olbia.
Può andare. Ma secondo sono proposte di manutenzione. Non di discontinuità. Penso maturo il tempo per fare altro. L’esperienza ci ha insegnato che la politica nazionale e quella delle Regioni – proprio ora che gli italiani si accingono a votare in molte di esse – parla molto ma fa poco, quando si tratta di porre riparo alla conflittualità endemica di competenza e coordinamenti, alla scarsa capacità tecnica di selezione, alla tendenza alla dispersione a pioggia delle risorse in progettini e progettucoli di chiaro sapore elettoralistico.
Credo sia allora venuto il momento di una proposta più coraggiosa. Se vogliamo far tesoro dei fallimenti, non basta pensare all’ordinaria manutenzione amministrativa. Occorre una svolta strutturale. Dei 343 miliardi di euro pubblici a valori attuali destinati al Sud in 60 anni secondo l’ultimo rapporto SVIMEZ, circa 115 sono stati destinati in sussidi, agevolazioni e incentivi alle imprese. Fuori dal conto restano poi le molte decine di miliardi di euro andate alle imprese dell’Iri e pubbliche. Senonché, sempre lo SVIMEZ calcola che , ancora negli anni 2000-08, il 70% di questi incentivi pubblici alle imprese sia stato in conto capitale, cioè a fondo perduto. E recensendo le ben1307 – 1307! – forme di incentivo e agevolazioni alle imprese oggi presenti nel Sud – 91 nazionali, e 1216 regionali, dico 1216 ! – lo SVIMEZ rileva che l’83% dei fondi – ma ancora di più, ben l’89% di quelli nazionali, i più rilevanti – viene attribuito in forma discrezionale, su valutazione della politica e dell’amministrazione, non automatica.
Quanto poi alle agevolazioni in forma di credito d’imposta e sviluppo, cioè l’incentivo a maggior moltiplicatore in termini di innovazioni per accrescere tecnologicamente il valore aggiunto, sui circa 650 milioni concessi nel 2008 solo il 6% veniva da richieste di imprese meridionali.
Recentemente, il governatore della Banca d’Italia ha espresso un giudizio netto su questi meccanismi di aiuti.«Le nostre analisi mostrano che i sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci: si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque, si introducono distorsioni di varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive».
Bisogna cambiare radicalmente prospettiva.
Se vogliamo davvero che il Sud aiuti il Sud , dobbiamo puntare a che si rafforzi l’imprenditorialità vera, non al moltiplicarsi di iniziative mordi-e-fuggi per incamerare qualche sussidio e chiudere poi rapidamente porte e capannoni. Ma se assumiamo tale prospettiva, allora non abbiamo bisogno di contributi in conto capitale non finalizzati a progetti, ma di interventi in conto interessi e in conto garanzie, che non azzerino artificialmente all’inizio il rischio dell’imprenditore. Non abbiamo bisogno di sussidi discrezionali, ma di incentivi automatici. Non abbiamo bisogno di una politica che creda di saper lei individuare e valutare settori e lavorazioni, meglio di quanto sappiano fare imprenditori veri che ragionano sul mercato, suoi costi e sulle sue esternalità.
La politica, in altre parole, dovrebbe capovolgere lo schema sin qui seguito.
Se intende lasciare il più possibile delle risorse nelle mani di imprenditori sani e veri, senza mediazioni e patronaggi, al contempo tenendo sempre a mente il vincolo di finanza pubblica, allora dovrebbe considerare seriamente e una proposta che ha quasi del rivoluzionario, nella storia italiana. Una vera NO TAX AREA per il Sud.
Il gettito IRES dalle imprese meridionali era di circa 4 miliardi di euro, nel 2008. La media dei sussidi alle imprese meridionali, nell’ultimo decennio, è superiore allo stesso importo, è circa pari allo 0,6% del Pil nazionale ogni anno. Ma, sul totale, i sussidi discrezionali a fondo perduto, che sono quasi il 90% del totale, superano ampiamente i 4 bn di gettito IRES dal Sud. Annullare le due poste non crea deficit aggiuntivo, come si vede.
So bene che è una proposta di rottura. Ma come è possibile, che la discontinuità verso 150 anni di fallimento possa venire se non da una novità forte e straordinaria? So bene che è una proposta che va trattata a Bruxelles. Ma su questo ci sono state decisioni comunitarie negli ultimi anni, come la sentenza della Corte di Giustizia sul prelievo differenziato nelle Azzorre, che possono venirci in soccorso. Certo, sarà magari un negoziato duro. Ma per il Sud il governo italiano potrebbe e dovrebbe puntare i piedi. Il fisco per lo sviluppo non passa solo per la – risibile, dal mio punto di vista iperminoritario di questi tempi – lotta ai paradisi fiscali, ma anche per assicurare alla parte meno sviluppata dell’Italia qualcosa di analogo a ciò che ha comportato il meno fisco per l’Irlanda.
Non è un decisione da prendere a cuor leggero, mentre il federalismo fiscale deve entrare – ci entrerà mai sul serio? non ho risposte – nel suo momento attuativo e mentre l’Europa è attraversata dai fremiti della crisi di debiti sovrani come quello di Grecia, Portogallo e Spagna. Si può studiare un periodo di attuazione a tempo, magari di sei anni in maniera da renderlo coerente alla programmazione comunitaria. Sarebbe giusto limitare l’esenzione IRES alle imprese produttive, escludendo la finanza. Ma il netto per i conti pubblici sarebbe eguale. Alle imprese vere arriverebbe un aiuto in modo diverso, abbattendo ogni intermediazione politica e amministrativa, tagliando alla radice ogni fenomeno di contiguità tra partiti e imprese, capicorrente e associazioni d’interesse, accettando che a camminare meglio sulle proprie gambe siano innanzitutto quelli che hanno gambe e testa buona.
La vera remora che ho, personalmente, è quella che in questo modo si innesterebbe in Italia un ulteriore distorsione nell’utilizzo dei capitali. Non nascondo affatto che molti dei miei amici che studiano e insegnano negli USA storcono la bocca, alla proposta – è la stessa sostenuta nel libro di Francesco Delzio “La scossa”, di cui ho parlato in trasmissione due settimane fa – in quanto il problema in Italia è di abbassare le tasse in generale, senza distorcere la convenienza agli investimenti con logiche comunque “a tempo” che incoraggiano moral hazard e free riding. Verissimo. Ma intanto da noi la prospettiva di abbassare le tasse non c’è, nel prossimo futuro. Il centrodestra sembra averci messo una pietra sopra, il centrosinistra figuriamoci. Perché dovremmo allora scartare a priori la NO TAX AREA almeno per il Sud? Dopo tutti i denari pubblici che abbiamo sprecato? Dopo tutti gli investimenti esteri che non abbiamo saputo attrarre? Ricordo a tutti che nel 2008 solo il 6% del totale degli investimenti in Italia veniva dall’estero, contro il 15% della Francia e il 33% del Regno Unito. E del nostro 6% di IDE, solo lo 0,6% era posizionato a Sud.
Non mi nascondo che è difficile innanzitutto per le imprese, proporre il taglio dei contributi a fondo perduto. Ancor più improbabile è che sia la politica, a rinunciare alla sua discrezionalità e ala sua illusione dirigista, che nel nostro Paese significa solo assistenzialismo e clientelismo. Ma chi la pensa come noi non deve smontarsi, di fronte agli ostacoli della realtà. Tacere e non proporre nulla, significa solo rendere il gioco più facile a a statalisti e assistiti.

Una proposta al sindacato
Mi si dirà che, di fronte questa proposta avvenirista, proprio mentre il ruolo dello Stato cresce in tutta Europa e in tutto l’Ocse di fronte ai colpi della crisi, l’emergenza vera è un’altra. A cominciare dai problemi di Termini Imerese. Della crisi del maggior porto di transhipment italiano di fronte al calo dei container, Gioia Tauro. E via continuando, con le tanti crisi produttive aperte nel Mezzogiorno, che rischiano di aggravare da subito l’emergenza lavoro.
Ma purtroppo non possiamo stupirci di queste crisi. E’ il mancato rilancio del Sud, la sua minor produttività, i suoi maggiori costi logistici e di trasporto, l’inadeguatezza del suo capitale umano, l’esiguità del suo capitale sociale oltre al peso dell’economia criminale, ciò che induce anche grandi imprese a dover rivedere i propri progetti. E’ illusorio credere di dare risposta ai problemi della necessità di ristrutturazioni produttive anche pesanti, mettendo mano al portafoglio pubblico per indurre le aziende a restare come sono e dove sono. Se non hanno più mercato, o registrano costi fuori mercato, significa solo continuare nel falò di risorse pubbliche e posti di lavoro improduttivi.
Le aziende devono essere lasciate libere di ristrutturarsi e ridefinirsi, se vogliamo che siano in condizioni di rispondere al meglio alle mutate condizioni dei mercati, dopo la crisi.
Ma questo non significa affatto disinteressarsi dei lavoratori.
Per questo affianco alla NO TAX AREA due altre proposte.
La prima è al governo. E’ venuto il momento di pensare non più solo all’estensione in deroga degli ammortizzatori sociali esistenti. E’ stato utile e giusto procedere così, per un anno e mezzo. Ma ora serve altro. Occorre aprire il tavolo, tra governo, sindacati e noi imprese, per una riforma degli ammortizzatori che una volta per tutte superi la vecchia concezione. Non servono più ammortizzatori tesi a difendere l’occupazione dov’era e com’era. Sono figli di una concezione statica del lavoro, delle imprese e della domanda interna e internazionale. Servono ammortizzatori che tutelino il lavoratore nel mercato del lavoro, lasciando libere le aziende di ristrutturarsi, e accompagnando il lavoratore alla formazione continua e al reimpiego. Altrimenti, la ripresa del commercio mondiale sarà soprattutto a beneficio di quei Paesi che hanno questa maggior flessibilità, e in questi mesi stanno registrando, a differenza di noi, grandi recuperi di produttività proprio con la ristrutturazione delle aziende in crisi.
La seconda proposta è al sindacato. A tutti i sindacati. Anche alla Cgil, che non ha firmato un anno fa il nuovo modello contrattuale. In quell’intesa, c’è una via che può offrire più futuro ai lavoratori di ogni cieca contrapposizione antagonistica, a Termini Imprese e Gioia Tauro, come in moltissime aree depresse del Sud. Non solo è stato introdotto il salario di produttività, che purtroppo solo il 6% delle imprese meridionali sperimenta. Con la nuova intesa si è anche previsto che in casi locali e particolari di straordinaria difficoltà, imprese e sindacati possano di concerto trattare e definire deroghe non solo alla parte salariale, ma anche alla parte normativa nazionale del contratto.
E’ proprio questa, la strada che occorre sperimentare nel Sud. Non sarebbero nuove gabbie salariali estese a tutto il Sud. ma un’offerta articolata e contrattata territorialmente che offra a imprese in difficoltà e a settori spiazzati, o a imprese straniere che vogliano investire in Italia assicurando un futuro a insediamenti produttivi e all’indotto, qualcosa di simile alla prova di lungimiranza offerta anni fa in Germania con accordi in deroga rispetto a quelli nazionali, su salario e normativa, come alla Volskwagen. Sindacato e impresa derogarono di comune accordo accettando anche lo scambio tra salario e occupazione, non solo sugli orari. Volskwagen si avvia oggi a candidarsi a superare persino la Toyota, come prima impresa automobilistica al mondo. E’ del tutto impensabile, immaginare che anche da noi si possa fare qualcosa di analogo al Sud?

Fonte :Chicago-blog

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Di Oscar Giannino

Del Mezzogiorno, in una settimana si è occupata Confindustria nel convegno nazionale di venerdì scorso a Bari, e la CEI, con una nota molto preoccupata emessa dai vescovi italiani. Effettivamente, sul tema ormai si sente poco di organico, a parte inchieste e denunce sdegnate sulle reti criminali e la loro presa, e vicende come quella di Termini Imerese-Fiat. Ne approfitto allora per saggiare il polso ai nostri lettori, e verificare come la pensano e se condividano alcune proposte di discontinuità un po’ violenta, le sole che secondo me possono – forse e dico “forse” – interrompere la tendenza che dal 2002 in avanti vede riaprirsi il gap tra Nord e Sud. Ricordo a tutti che quest’ultimo produce oggi il 23,8% del Pil nazionale, esattamente come 60 anni fa.
Sui nodi delle risorse e delle infrastrutture, qualche riflessione iniziale su ciò che resta da spendere del quadro comunitario. Siamo giunti infatti a metà del quadro di programmazione delle risorse comunitarie e nazionali 2007-2013, ma non abbiamo ancora imparato la lezione del fallimento recente e precedente delle politiche di coesione. Dei 100 miliardi di euro che dovevano costituire la somma complessiva a disposizione entro il 2013, tra 47 in fondi strutturali europei e cofinanziamento nazionale, e 53 relativi al Fondo Aree Sottoutilizzate, quest’ultimo è stato prima ridotto di 13,6 miliardi di euro della disponibilità complessiva, più di altri 13 miliardi sono stati destinati ad altri scopi, il residuo è concentrato in tre fondi, ma forte è stato lo scontro tra governo e Regioni con conseguente lungo rinvio dell’approvazione dei programmi regionali. Alla fine del 2009, i fondi strutturali risultavano assegnati a progetti per circa il 40% del totale: ma le spese certificate ammontano solo al 6% del totale. Il 6%, non è un errore di battitura.
La capacità di selezione dei progetti continua a mancare. Sono troppi, frammentari incoerenti, senza vere priorità. Dispersi sul territorio, non individuano poli di sviluppo. Su 62 cosiddetti Grandi Progetti di valore superiore a 50 milioni di euro, di cui 56 nel Sud, alla fine del 2009 solo 4 erano approvati dalla Commissione Europea. Quattro. Le spese per i trasporti restano insufficienti se confrontate con gli altri Paesi UE (rispetto ad una previsione media europea del 22%, nei programmi regionali del Mezzogiorno la spesa media prevista per infrastrutture di trasporto è di circa il 16%) così come rimane ampia la frammentazione dei sostegni alle imprese, soprattutto se confrontati con le enormi necessità di innovazione e di riconversione produttiva imposte dalla crisi.
Ritardi e difficoltà di realizzazione delle opere restano ampi. Occorrono oggi circa 12 anni e mezzo nel Sud per realizzare un’infrastruttura di importo superiore a 100 milioni di euro, più di 10 anni tra i 50 e 100 milioni di euro, più di 7 anni per i progetti tra 5 e 10 milioni di euro. Tutti tempi incompatibili con i sei anni di programmazione comunitaria. Di qui le opere che si cominciano e poi si sospendono.
Confindustria propone di istituire un Osservatorio centrale sui fondi strutturali, per riaccentrare su poche priorità la grande maggioranza di fondi non assegnati, il 60% ancora dei 47 miliardi dei fondi strutturali europei. Per infrastrutture maggiori e trasporto, dal convegno di Bari ha proposto una selezione massima di tre opere per ognuna delle otto Regioni meridionali e di sei opere interregionali condivise. La lista confindustriale prevede interventi sulla viabilità, come la Termoli-San Vittore e l’autostrada Siracusa-Gela; sull’intermodalità, come l’hub di Gioia Tauro e il porto di Bari; sui collegamenti ferroviari, come il potenziamento della Battipaglia-Potenza-Metaponto. Tra le priorità interregionali, il completamento della Salerno-Reggio Calabria, l’alta capacità Napoli-Bari, le statali 106 Jonica e la Sassari-Olbia.
Può andare. Ma secondo sono proposte di manutenzione. Non di discontinuità. Penso maturo il tempo per fare altro. L’esperienza ci ha insegnato che la politica nazionale e quella delle Regioni – proprio ora che gli italiani si accingono a votare in molte di esse – parla molto ma fa poco, quando si tratta di porre riparo alla conflittualità endemica di competenza e coordinamenti, alla scarsa capacità tecnica di selezione, alla tendenza alla dispersione a pioggia delle risorse in progettini e progettucoli di chiaro sapore elettoralistico.
Credo sia allora venuto il momento di una proposta più coraggiosa. Se vogliamo far tesoro dei fallimenti, non basta pensare all’ordinaria manutenzione amministrativa. Occorre una svolta strutturale. Dei 343 miliardi di euro pubblici a valori attuali destinati al Sud in 60 anni secondo l’ultimo rapporto SVIMEZ, circa 115 sono stati destinati in sussidi, agevolazioni e incentivi alle imprese. Fuori dal conto restano poi le molte decine di miliardi di euro andate alle imprese dell’Iri e pubbliche. Senonché, sempre lo SVIMEZ calcola che , ancora negli anni 2000-08, il 70% di questi incentivi pubblici alle imprese sia stato in conto capitale, cioè a fondo perduto. E recensendo le ben1307 – 1307! – forme di incentivo e agevolazioni alle imprese oggi presenti nel Sud – 91 nazionali, e 1216 regionali, dico 1216 ! – lo SVIMEZ rileva che l’83% dei fondi – ma ancora di più, ben l’89% di quelli nazionali, i più rilevanti – viene attribuito in forma discrezionale, su valutazione della politica e dell’amministrazione, non automatica.
Quanto poi alle agevolazioni in forma di credito d’imposta e sviluppo, cioè l’incentivo a maggior moltiplicatore in termini di innovazioni per accrescere tecnologicamente il valore aggiunto, sui circa 650 milioni concessi nel 2008 solo il 6% veniva da richieste di imprese meridionali.
Recentemente, il governatore della Banca d’Italia ha espresso un giudizio netto su questi meccanismi di aiuti.«Le nostre analisi mostrano che i sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci: si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque, si introducono distorsioni di varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive».
Bisogna cambiare radicalmente prospettiva.
Se vogliamo davvero che il Sud aiuti il Sud , dobbiamo puntare a che si rafforzi l’imprenditorialità vera, non al moltiplicarsi di iniziative mordi-e-fuggi per incamerare qualche sussidio e chiudere poi rapidamente porte e capannoni. Ma se assumiamo tale prospettiva, allora non abbiamo bisogno di contributi in conto capitale non finalizzati a progetti, ma di interventi in conto interessi e in conto garanzie, che non azzerino artificialmente all’inizio il rischio dell’imprenditore. Non abbiamo bisogno di sussidi discrezionali, ma di incentivi automatici. Non abbiamo bisogno di una politica che creda di saper lei individuare e valutare settori e lavorazioni, meglio di quanto sappiano fare imprenditori veri che ragionano sul mercato, suoi costi e sulle sue esternalità.
La politica, in altre parole, dovrebbe capovolgere lo schema sin qui seguito.
Se intende lasciare il più possibile delle risorse nelle mani di imprenditori sani e veri, senza mediazioni e patronaggi, al contempo tenendo sempre a mente il vincolo di finanza pubblica, allora dovrebbe considerare seriamente e una proposta che ha quasi del rivoluzionario, nella storia italiana. Una vera NO TAX AREA per il Sud.
Il gettito IRES dalle imprese meridionali era di circa 4 miliardi di euro, nel 2008. La media dei sussidi alle imprese meridionali, nell’ultimo decennio, è superiore allo stesso importo, è circa pari allo 0,6% del Pil nazionale ogni anno. Ma, sul totale, i sussidi discrezionali a fondo perduto, che sono quasi il 90% del totale, superano ampiamente i 4 bn di gettito IRES dal Sud. Annullare le due poste non crea deficit aggiuntivo, come si vede.
So bene che è una proposta di rottura. Ma come è possibile, che la discontinuità verso 150 anni di fallimento possa venire se non da una novità forte e straordinaria? So bene che è una proposta che va trattata a Bruxelles. Ma su questo ci sono state decisioni comunitarie negli ultimi anni, come la sentenza della Corte di Giustizia sul prelievo differenziato nelle Azzorre, che possono venirci in soccorso. Certo, sarà magari un negoziato duro. Ma per il Sud il governo italiano potrebbe e dovrebbe puntare i piedi. Il fisco per lo sviluppo non passa solo per la – risibile, dal mio punto di vista iperminoritario di questi tempi – lotta ai paradisi fiscali, ma anche per assicurare alla parte meno sviluppata dell’Italia qualcosa di analogo a ciò che ha comportato il meno fisco per l’Irlanda.
Non è un decisione da prendere a cuor leggero, mentre il federalismo fiscale deve entrare – ci entrerà mai sul serio? non ho risposte – nel suo momento attuativo e mentre l’Europa è attraversata dai fremiti della crisi di debiti sovrani come quello di Grecia, Portogallo e Spagna. Si può studiare un periodo di attuazione a tempo, magari di sei anni in maniera da renderlo coerente alla programmazione comunitaria. Sarebbe giusto limitare l’esenzione IRES alle imprese produttive, escludendo la finanza. Ma il netto per i conti pubblici sarebbe eguale. Alle imprese vere arriverebbe un aiuto in modo diverso, abbattendo ogni intermediazione politica e amministrativa, tagliando alla radice ogni fenomeno di contiguità tra partiti e imprese, capicorrente e associazioni d’interesse, accettando che a camminare meglio sulle proprie gambe siano innanzitutto quelli che hanno gambe e testa buona.
La vera remora che ho, personalmente, è quella che in questo modo si innesterebbe in Italia un ulteriore distorsione nell’utilizzo dei capitali. Non nascondo affatto che molti dei miei amici che studiano e insegnano negli USA storcono la bocca, alla proposta – è la stessa sostenuta nel libro di Francesco Delzio “La scossa”, di cui ho parlato in trasmissione due settimane fa – in quanto il problema in Italia è di abbassare le tasse in generale, senza distorcere la convenienza agli investimenti con logiche comunque “a tempo” che incoraggiano moral hazard e free riding. Verissimo. Ma intanto da noi la prospettiva di abbassare le tasse non c’è, nel prossimo futuro. Il centrodestra sembra averci messo una pietra sopra, il centrosinistra figuriamoci. Perché dovremmo allora scartare a priori la NO TAX AREA almeno per il Sud? Dopo tutti i denari pubblici che abbiamo sprecato? Dopo tutti gli investimenti esteri che non abbiamo saputo attrarre? Ricordo a tutti che nel 2008 solo il 6% del totale degli investimenti in Italia veniva dall’estero, contro il 15% della Francia e il 33% del Regno Unito. E del nostro 6% di IDE, solo lo 0,6% era posizionato a Sud.
Non mi nascondo che è difficile innanzitutto per le imprese, proporre il taglio dei contributi a fondo perduto. Ancor più improbabile è che sia la politica, a rinunciare alla sua discrezionalità e ala sua illusione dirigista, che nel nostro Paese significa solo assistenzialismo e clientelismo. Ma chi la pensa come noi non deve smontarsi, di fronte agli ostacoli della realtà. Tacere e non proporre nulla, significa solo rendere il gioco più facile a a statalisti e assistiti.

Una proposta al sindacato
Mi si dirà che, di fronte questa proposta avvenirista, proprio mentre il ruolo dello Stato cresce in tutta Europa e in tutto l’Ocse di fronte ai colpi della crisi, l’emergenza vera è un’altra. A cominciare dai problemi di Termini Imerese. Della crisi del maggior porto di transhipment italiano di fronte al calo dei container, Gioia Tauro. E via continuando, con le tanti crisi produttive aperte nel Mezzogiorno, che rischiano di aggravare da subito l’emergenza lavoro.
Ma purtroppo non possiamo stupirci di queste crisi. E’ il mancato rilancio del Sud, la sua minor produttività, i suoi maggiori costi logistici e di trasporto, l’inadeguatezza del suo capitale umano, l’esiguità del suo capitale sociale oltre al peso dell’economia criminale, ciò che induce anche grandi imprese a dover rivedere i propri progetti. E’ illusorio credere di dare risposta ai problemi della necessità di ristrutturazioni produttive anche pesanti, mettendo mano al portafoglio pubblico per indurre le aziende a restare come sono e dove sono. Se non hanno più mercato, o registrano costi fuori mercato, significa solo continuare nel falò di risorse pubbliche e posti di lavoro improduttivi.
Le aziende devono essere lasciate libere di ristrutturarsi e ridefinirsi, se vogliamo che siano in condizioni di rispondere al meglio alle mutate condizioni dei mercati, dopo la crisi.
Ma questo non significa affatto disinteressarsi dei lavoratori.
Per questo affianco alla NO TAX AREA due altre proposte.
La prima è al governo. E’ venuto il momento di pensare non più solo all’estensione in deroga degli ammortizzatori sociali esistenti. E’ stato utile e giusto procedere così, per un anno e mezzo. Ma ora serve altro. Occorre aprire il tavolo, tra governo, sindacati e noi imprese, per una riforma degli ammortizzatori che una volta per tutte superi la vecchia concezione. Non servono più ammortizzatori tesi a difendere l’occupazione dov’era e com’era. Sono figli di una concezione statica del lavoro, delle imprese e della domanda interna e internazionale. Servono ammortizzatori che tutelino il lavoratore nel mercato del lavoro, lasciando libere le aziende di ristrutturarsi, e accompagnando il lavoratore alla formazione continua e al reimpiego. Altrimenti, la ripresa del commercio mondiale sarà soprattutto a beneficio di quei Paesi che hanno questa maggior flessibilità, e in questi mesi stanno registrando, a differenza di noi, grandi recuperi di produttività proprio con la ristrutturazione delle aziende in crisi.
La seconda proposta è al sindacato. A tutti i sindacati. Anche alla Cgil, che non ha firmato un anno fa il nuovo modello contrattuale. In quell’intesa, c’è una via che può offrire più futuro ai lavoratori di ogni cieca contrapposizione antagonistica, a Termini Imprese e Gioia Tauro, come in moltissime aree depresse del Sud. Non solo è stato introdotto il salario di produttività, che purtroppo solo il 6% delle imprese meridionali sperimenta. Con la nuova intesa si è anche previsto che in casi locali e particolari di straordinaria difficoltà, imprese e sindacati possano di concerto trattare e definire deroghe non solo alla parte salariale, ma anche alla parte normativa nazionale del contratto.
E’ proprio questa, la strada che occorre sperimentare nel Sud. Non sarebbero nuove gabbie salariali estese a tutto il Sud. ma un’offerta articolata e contrattata territorialmente che offra a imprese in difficoltà e a settori spiazzati, o a imprese straniere che vogliano investire in Italia assicurando un futuro a insediamenti produttivi e all’indotto, qualcosa di simile alla prova di lungimiranza offerta anni fa in Germania con accordi in deroga rispetto a quelli nazionali, su salario e normativa, come alla Volskwagen. Sindacato e impresa derogarono di comune accordo accettando anche lo scambio tra salario e occupazione, non solo sugli orari. Volskwagen si avvia oggi a candidarsi a superare persino la Toyota, come prima impresa automobilistica al mondo. E’ del tutto impensabile, immaginare che anche da noi si possa fare qualcosa di analogo al Sud?

Fonte :Chicago-blog

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La Grecia si arrende


Atene rinvia l’emissione del nuovo debito e si affida alla clemenza delle banche tedesche

Di Stefano Feltri

"La Grecia è andata”, dicono gli operatori finanziari. Tradotto: ormai è quasi sicuro che non riuscirà a vendere i suoi titoli di debito a investitori che hanno sempre meno fiducia nelle capacità del governo di Atene di avviare il piano di risanamento promesso all’Unione europea. Il Wall Street Journal di ieri ha rivelato che questa settimana era previsa un’asta di titoli di Stato, ma il governo l’ha rinviata all’ultimo minuto per timore che lo sciopero generale di mercoledì scoraggiasse i potenziali investitori. L’asta dovrebbe quindi tenersi la prossima settimana ed è considerato l’ultimo test per la Grecia: se non vende i bond sarà la bancarotta.

L’APPELLO. “Le nostre peggiori paure hanno trovato conferma nell'economia, la Grecia non deve pensare ai costi politici ma concentrarsi sulla sua sopravvivenza”, ha detto ieri il primo ministro greco George Papandreou, in un discorso che era in realtà un appello alla Germania.
Perché ormai il destino della Grecia si gioca in una partita a due con Berlino, l’Unione europea ha abdicato e ha lasciato alla cancelliera Angela Merkel la responsabilità di decidere se abbandonare Atene al collasso (così l’euro si svaluterà e i prodotti tedeschi ritroveranno competitività, ma al prezzo di una nuova crisi bancaria e forse una recessione).
La posizione tedesca oscilla: il Financial Times Deutschland scrive che le banche tedesche hanno fatto sapere di non essere interessate a comprare bond greci, posizione che equivale a una sentenza di morte finanziaria per Atene. Ma Papandreu è stato invitato a Berlino il 5 marzo, per discutere con la Merkel il destino del suo Paese.
Per guadagnare consenso in patria annuncia di reclamare "le riparazioni di guerra" che la Germania non ha mai pagato dopo il 1945. Ma in realtà il dossier da discutere è una sottoscrizione dei titoli di debito greci fatta da banche tedesche con il governo che si accolla la garanzia dei prestiti. Un’associazione dei consumatori greca ha lanciato una campagna per il boicottaggio dei prodotti tedeschi dopo la copertina della rivista Focus su cui era rappresentata la Venere di Milo con il dito medio alzato.

I DUBBI. I mercati non sanno bene a chi credere, perché nel frattempo continuano le scommesse al ribasso sull’euro, fatte dai fondi speculativi che puntano sul collasso della Grecia. Il nove marzo Papandreu poi andrà da Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti lo ha invitato per discutere della situazione finanziaria e valutare anche le conseguenze dei un eventuale default.
Chi scalpita per intervenire è il Fondo monetario internazionale guidato da Dominique Strauss-Khan. Ieri il direttore del Fmi ha detto che "se ci sarà chiesto di fare di più, lo faremo", visto che l’Unione europea non sembra in grado di risolvere da sola il problema nonostante le rassicurazioni del Lussemburgo che, con il suo ministro delle Finanze del Lussemburgo, Luc Frieden, ricorda come "l’Europa non permetterà che la Grecia diventi un pericolo per la zona euro".
Strauss-Khan pensa anche alla campagna elettorale del 2012 in Francia, dove è l’unico candidato del Partito socialista che potrebbe contendere l’eliseo a Nicholas Sarkozy (che nella crisi non è riuscito a imporre una reazione coordinata dell’Europa). Strauss-Khan deve però vincere le resistenze culturali europee: nessuno vuole che la crisi greca sia risolta da un organismo internazionale che, anche se guidato da un francese, ha una chiara matrice americana.

Fonte: il Fatto Quotidiano del 27 febbraio
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Atene rinvia l’emissione del nuovo debito e si affida alla clemenza delle banche tedesche

Di Stefano Feltri

"La Grecia è andata”, dicono gli operatori finanziari. Tradotto: ormai è quasi sicuro che non riuscirà a vendere i suoi titoli di debito a investitori che hanno sempre meno fiducia nelle capacità del governo di Atene di avviare il piano di risanamento promesso all’Unione europea. Il Wall Street Journal di ieri ha rivelato che questa settimana era previsa un’asta di titoli di Stato, ma il governo l’ha rinviata all’ultimo minuto per timore che lo sciopero generale di mercoledì scoraggiasse i potenziali investitori. L’asta dovrebbe quindi tenersi la prossima settimana ed è considerato l’ultimo test per la Grecia: se non vende i bond sarà la bancarotta.

L’APPELLO. “Le nostre peggiori paure hanno trovato conferma nell'economia, la Grecia non deve pensare ai costi politici ma concentrarsi sulla sua sopravvivenza”, ha detto ieri il primo ministro greco George Papandreou, in un discorso che era in realtà un appello alla Germania.
Perché ormai il destino della Grecia si gioca in una partita a due con Berlino, l’Unione europea ha abdicato e ha lasciato alla cancelliera Angela Merkel la responsabilità di decidere se abbandonare Atene al collasso (così l’euro si svaluterà e i prodotti tedeschi ritroveranno competitività, ma al prezzo di una nuova crisi bancaria e forse una recessione).
La posizione tedesca oscilla: il Financial Times Deutschland scrive che le banche tedesche hanno fatto sapere di non essere interessate a comprare bond greci, posizione che equivale a una sentenza di morte finanziaria per Atene. Ma Papandreu è stato invitato a Berlino il 5 marzo, per discutere con la Merkel il destino del suo Paese.
Per guadagnare consenso in patria annuncia di reclamare "le riparazioni di guerra" che la Germania non ha mai pagato dopo il 1945. Ma in realtà il dossier da discutere è una sottoscrizione dei titoli di debito greci fatta da banche tedesche con il governo che si accolla la garanzia dei prestiti. Un’associazione dei consumatori greca ha lanciato una campagna per il boicottaggio dei prodotti tedeschi dopo la copertina della rivista Focus su cui era rappresentata la Venere di Milo con il dito medio alzato.

I DUBBI. I mercati non sanno bene a chi credere, perché nel frattempo continuano le scommesse al ribasso sull’euro, fatte dai fondi speculativi che puntano sul collasso della Grecia. Il nove marzo Papandreu poi andrà da Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti lo ha invitato per discutere della situazione finanziaria e valutare anche le conseguenze dei un eventuale default.
Chi scalpita per intervenire è il Fondo monetario internazionale guidato da Dominique Strauss-Khan. Ieri il direttore del Fmi ha detto che "se ci sarà chiesto di fare di più, lo faremo", visto che l’Unione europea non sembra in grado di risolvere da sola il problema nonostante le rassicurazioni del Lussemburgo che, con il suo ministro delle Finanze del Lussemburgo, Luc Frieden, ricorda come "l’Europa non permetterà che la Grecia diventi un pericolo per la zona euro".
Strauss-Khan pensa anche alla campagna elettorale del 2012 in Francia, dove è l’unico candidato del Partito socialista che potrebbe contendere l’eliseo a Nicholas Sarkozy (che nella crisi non è riuscito a imporre una reazione coordinata dell’Europa). Strauss-Khan deve però vincere le resistenze culturali europee: nessuno vuole che la crisi greca sia risolta da un organismo internazionale che, anche se guidato da un francese, ha una chiara matrice americana.

Fonte: il Fatto Quotidiano del 27 febbraio
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La Corte dei Conti: Campania, crisi nera tra debiti, sanità e rifiuti


Nessun ”miglioramento apparente” nel campo della sanita’ campana. A sottolinearlo e’ Arturo Martucci di Scarfizzi, procuratore regionale della sezione campana della Corte dei Conti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, oggi a Napoli. ”Dai tavoli tecnici e cioe’ da tutti cio’ che per noi significa monitoraggio – ha detto – abbiamo rilevato cifre sempre in peggioramento. Con il commissariamento della sanita’, ci saremmo aspettati una situazione migliore”. ” Si puo’ dire – ha aggiunto – che c’e’ un miglioramento per gli ultimi provvedimenti, ma assistiamo a un continuo vaniloquio normativo che non corrisponde ai fatti. Purtroppo non si vedono cambiamenti di rotta”.

Nella relazione, il procuratore regionale ripercorre anche le tappe che, dopo il commissariamento, la Regione ha fatto per chiederne la sospensione, vantando anche un credito nei confronti dello Stato. ”Il Piano di rientro, intervenuto nel 2007 e il mutuo con lo Stato di circa 1.180.000 di euro, contratto all’inizio del 2008 – si legge nella relazione – sono operazioni concepite perche’ il debito non solo non era stato estinto con l’operazione di cartolarizzazione gestita da Soresa, ma continuava a crescere”. Un’operazione finanziaria, la cartolarizzazione, che ”potrebbe dirsi di finanza creativa” e che avrebbe dovuto porre rimedio, in qualche misura, ai ritardi nei pagamenti dei fornitori. ”Se pure si fosse pensato a un effetto risolutivo di questa operazione – ha precisato – quest’effetto e’ stato in parte vanificato dalla non completa utilizzazione dei fondi messi a disposizione dalle banche finanziatrici”. Un quadro che, ha concluso, ”evidenzia carenze e insufficienze dell’operazione di cartolarizzazione”.

Nel mirino della Corte dei Conti anche le partecipate, cosiddette societa’ miste, che risultano ”malgovernate”. Su di esse ha lanciato pesanti accuse Michael Sciascia, presidente facente funzioni della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, secondo cui ”le societa’ partecipate mancano di ogni controllo e coordinamento da parte degli enti territoriali”.
Non solo: ”I soggetti incaricati della gestione seguono logiche e decisioni che non rienrano in – peraltro spesso inesistenti – scelte pianificate di politica finanziaria”.

Sul fronte dei rifiuti Napoli non e’ l’unica a restare lontana non solo dal 25% di differenziata (traguardo fissato per il 2009) attestandosi a poco piu’ del 21% (dato registrato nel settembre scorso) ma ancor piu’ dal 35 % fissato (traguardo fissato per il 31 dicembre del 2010. Come il capoluogo di regione, infatti, si trova il 50% dei comuni campani. Tantissimi i sindaci che non hanno avviato e realizzato ativia’ di differenziata, compio di propria competenza, su cui risultano sotanzialmente inadempienti sia la Regione che il Governo, nonostante le richiese di scioglimento previste dal decreto sui rifiuti ed avanzate da Bertolaso.

Fra gli sprechi, soprattutto di consulenze, registrati dalla relazione della Corte dei Conti balza agli occhi il caso di un dirigene del Comune di Nola (Napoli) che ha liquidato a se stesso ed a propri familiari una parcella di 700mila euro. Altro buco profondo e’ quello dei debiti fuori bilancio, valutato tra i 180 ed i 200 milioni di euro, intesi complessivamente su tutti i comuni campani. Soldi che non si sa come recuperare. Nel corso del 2009 la Core ha emesso sentenze che mettono sotto accusa gli appalti di lavori e servizi pubblici, ii finanziamenti europei ( spesso destinati ad iniziative fittizie ed otenuti attraverso falsificazioni documentali, in unquadro di scarsi conrolli, di inefficenza e di connivenza).

Fonte:Napolionline
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Nessun ”miglioramento apparente” nel campo della sanita’ campana. A sottolinearlo e’ Arturo Martucci di Scarfizzi, procuratore regionale della sezione campana della Corte dei Conti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, oggi a Napoli. ”Dai tavoli tecnici e cioe’ da tutti cio’ che per noi significa monitoraggio – ha detto – abbiamo rilevato cifre sempre in peggioramento. Con il commissariamento della sanita’, ci saremmo aspettati una situazione migliore”. ” Si puo’ dire – ha aggiunto – che c’e’ un miglioramento per gli ultimi provvedimenti, ma assistiamo a un continuo vaniloquio normativo che non corrisponde ai fatti. Purtroppo non si vedono cambiamenti di rotta”.

Nella relazione, il procuratore regionale ripercorre anche le tappe che, dopo il commissariamento, la Regione ha fatto per chiederne la sospensione, vantando anche un credito nei confronti dello Stato. ”Il Piano di rientro, intervenuto nel 2007 e il mutuo con lo Stato di circa 1.180.000 di euro, contratto all’inizio del 2008 – si legge nella relazione – sono operazioni concepite perche’ il debito non solo non era stato estinto con l’operazione di cartolarizzazione gestita da Soresa, ma continuava a crescere”. Un’operazione finanziaria, la cartolarizzazione, che ”potrebbe dirsi di finanza creativa” e che avrebbe dovuto porre rimedio, in qualche misura, ai ritardi nei pagamenti dei fornitori. ”Se pure si fosse pensato a un effetto risolutivo di questa operazione – ha precisato – quest’effetto e’ stato in parte vanificato dalla non completa utilizzazione dei fondi messi a disposizione dalle banche finanziatrici”. Un quadro che, ha concluso, ”evidenzia carenze e insufficienze dell’operazione di cartolarizzazione”.

Nel mirino della Corte dei Conti anche le partecipate, cosiddette societa’ miste, che risultano ”malgovernate”. Su di esse ha lanciato pesanti accuse Michael Sciascia, presidente facente funzioni della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, secondo cui ”le societa’ partecipate mancano di ogni controllo e coordinamento da parte degli enti territoriali”.
Non solo: ”I soggetti incaricati della gestione seguono logiche e decisioni che non rienrano in – peraltro spesso inesistenti – scelte pianificate di politica finanziaria”.

Sul fronte dei rifiuti Napoli non e’ l’unica a restare lontana non solo dal 25% di differenziata (traguardo fissato per il 2009) attestandosi a poco piu’ del 21% (dato registrato nel settembre scorso) ma ancor piu’ dal 35 % fissato (traguardo fissato per il 31 dicembre del 2010. Come il capoluogo di regione, infatti, si trova il 50% dei comuni campani. Tantissimi i sindaci che non hanno avviato e realizzato ativia’ di differenziata, compio di propria competenza, su cui risultano sotanzialmente inadempienti sia la Regione che il Governo, nonostante le richiese di scioglimento previste dal decreto sui rifiuti ed avanzate da Bertolaso.

Fra gli sprechi, soprattutto di consulenze, registrati dalla relazione della Corte dei Conti balza agli occhi il caso di un dirigene del Comune di Nola (Napoli) che ha liquidato a se stesso ed a propri familiari una parcella di 700mila euro. Altro buco profondo e’ quello dei debiti fuori bilancio, valutato tra i 180 ed i 200 milioni di euro, intesi complessivamente su tutti i comuni campani. Soldi che non si sa come recuperare. Nel corso del 2009 la Core ha emesso sentenze che mettono sotto accusa gli appalti di lavori e servizi pubblici, ii finanziamenti europei ( spesso destinati ad iniziative fittizie ed otenuti attraverso falsificazioni documentali, in unquadro di scarsi conrolli, di inefficenza e di connivenza).

Fonte:Napolionline
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“EGREGIO PRESIDENTE…” a proposito della presentazione a Napoli del nuovo libro di Giorgio Napolitano


Ieri, 26 Febbraio 2010, presso la storica “Saletta rossa” della libreria Guida di Napoli è stato presentato il libro di Giorgio Napolitano “Il patto che ci lega”. Erano presenti personalità, giornalisti e politici tra cui Massimo D’Alema.

Noi premettiamo che ci predisponiamo in queste occasioni sempre con la massima onestà intellettuale e senza particolari pregiudizi, e, nel caso specifico, consci dello spessore del ruolo istituzionale del Presidente, che è di certo persona onesta e del fatto che egli è di origini meridionali, con un cognome che le ribadisce ancor più; pur se siamo non dimentichi della storia e dei suoi eventi e non rinunciando alla nostra capacità di valutare a priori il senso e lo spirito di posizioni a noi fin troppo note.

Il testo è un inno all’unità dell’Italia e un deciso rimbrotto al Mezzogiorno a non sentirsi vittima di “conquiste”, ma anzi attore nel processo unitario ( e cita a sostegno della sua tesi “il plebiscito” d’adesione), a non prestare orecchio e attenzione alle eccessive critiche all’epopea risorgimentale, che può meritare discussioni e valutazioni ma che non dovrebbero andare oltre la critica d’una possibile egemonia piemontese ma in sostanza “moderata” (sic!). L’invito inoltre deciso a non ascoltare le sirene di “bestemmie separatiste”. Il testo ruota sulla figura di Giustino Fortunato, ritenuto dal Presidente esempio d’equilibrio nel suo impegno rivolto al processo unitario e di difesa dell’esigenze del Meridione.

Noi vorremmo permetterci, immodestamente, di fare personalmente e come Partito del Sud, alcune considerazioni che ci piacerebbe tanto rivolgere all’attenzione del Presidente:


“Egregio Presidente,

il titolo della sua fatica letteraria recita “Il patto che ci lega”. Orbene, un patto perché sia tale va stipulato tra due o più parti perché possa essere ritenuto tale, e non ci risulta che il Sud abbia mai stipulato nessun accordo del genere. Lei invita a rifuggere dal termine conquista: e come la chiamerebbe un’invasione senza dichiarazione di guerra, l’appropriazione indebita di risorse e beni, la spoliazione scientifica attuata? Porta a sostegno delle sue tesi d’un Meridione partecipe e non vittima “il plebiscito” : immaginiamo si riferisca a quella messa in scena da circo con la malavita coinvolta con i camorristi assoldati! Tanto che quella storica piazza napoletana titolata Largo di Palazzo mutò nome proprio in onore a quella sorta di consenso estorto e pilotato che Lei appella come “il plebiscito”, e che, giustamente, lo scrittore Marcello D’Orta invita a rititolare “Piazza presi per il sedere”! Anche in questo caso il termine “plebiscito” è improprio e non fotografa la realtà dei fatti. Stupisce, tra l’altro, che proprio dalla sua alta carica istituzionale venga portato ad esempio - pur se comprendiamo che ormai in Italia la legalità sia un “optional” – un episodio che vede (come da prove d’archivio) la malavita protagonista.

Poi Lei, con la sua nota bonomia, ritiene “moderata” l’egemonia piemontese : ci assale il dubbio d’aver ricevuto cattive lezioni di grammatica se paesi bruciati e rasi al suolo (Pontelandolfo e Casalduni docet), eccidi, rappresaglie, migliaia di morti, stupri, 160.000 bombe su Gaeta, ecc…possano essere interpretati come gestione “moderata”. Meridione partecipe? Strano non faccia menzione a 10 anni di repressione al cosiddetto brigantaggio, che coinvolse in prima persona e più o meno direttamente e indirettamente contadini, civili, nobili, religiosi, ex soldati dell’ex Stato autonomo del Sud, e altri strati della popolazione! Le confessiamo ci piacerebbe, proprio nell’ottica del suo ragionamento ed in riferimento alle “bestemmie separatiste”, uguale durezza nel rimbrottare e difendere la uguale dignità della “sua” terra nei confronti di forze governative – nelle leggi e proposte da loro sostenute – come nel caso della Lega Nord e dei suoi alleati. E infine, riguardo a Giustino Fortunato, Lei parla di equilibrio fra sostegno all’Unità e difesa degli interessi meridionali : a dire il vero testi, dichiarazioni e documenti, parlano di amaro rammarico e il chiedersi se fosse stato giusto procedere a quel tipo d’unità!

Egregio Presidente…se vogliamo dirla, crediamo sia il caso di dirla tutta!

Andrea Balìa

Partito del Sud - Napoli

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Ieri, 26 Febbraio 2010, presso la storica “Saletta rossa” della libreria Guida di Napoli è stato presentato il libro di Giorgio Napolitano “Il patto che ci lega”. Erano presenti personalità, giornalisti e politici tra cui Massimo D’Alema.

Noi premettiamo che ci predisponiamo in queste occasioni sempre con la massima onestà intellettuale e senza particolari pregiudizi, e, nel caso specifico, consci dello spessore del ruolo istituzionale del Presidente, che è di certo persona onesta e del fatto che egli è di origini meridionali, con un cognome che le ribadisce ancor più; pur se siamo non dimentichi della storia e dei suoi eventi e non rinunciando alla nostra capacità di valutare a priori il senso e lo spirito di posizioni a noi fin troppo note.

Il testo è un inno all’unità dell’Italia e un deciso rimbrotto al Mezzogiorno a non sentirsi vittima di “conquiste”, ma anzi attore nel processo unitario ( e cita a sostegno della sua tesi “il plebiscito” d’adesione), a non prestare orecchio e attenzione alle eccessive critiche all’epopea risorgimentale, che può meritare discussioni e valutazioni ma che non dovrebbero andare oltre la critica d’una possibile egemonia piemontese ma in sostanza “moderata” (sic!). L’invito inoltre deciso a non ascoltare le sirene di “bestemmie separatiste”. Il testo ruota sulla figura di Giustino Fortunato, ritenuto dal Presidente esempio d’equilibrio nel suo impegno rivolto al processo unitario e di difesa dell’esigenze del Meridione.

Noi vorremmo permetterci, immodestamente, di fare personalmente e come Partito del Sud, alcune considerazioni che ci piacerebbe tanto rivolgere all’attenzione del Presidente:


“Egregio Presidente,

il titolo della sua fatica letteraria recita “Il patto che ci lega”. Orbene, un patto perché sia tale va stipulato tra due o più parti perché possa essere ritenuto tale, e non ci risulta che il Sud abbia mai stipulato nessun accordo del genere. Lei invita a rifuggere dal termine conquista: e come la chiamerebbe un’invasione senza dichiarazione di guerra, l’appropriazione indebita di risorse e beni, la spoliazione scientifica attuata? Porta a sostegno delle sue tesi d’un Meridione partecipe e non vittima “il plebiscito” : immaginiamo si riferisca a quella messa in scena da circo con la malavita coinvolta con i camorristi assoldati! Tanto che quella storica piazza napoletana titolata Largo di Palazzo mutò nome proprio in onore a quella sorta di consenso estorto e pilotato che Lei appella come “il plebiscito”, e che, giustamente, lo scrittore Marcello D’Orta invita a rititolare “Piazza presi per il sedere”! Anche in questo caso il termine “plebiscito” è improprio e non fotografa la realtà dei fatti. Stupisce, tra l’altro, che proprio dalla sua alta carica istituzionale venga portato ad esempio - pur se comprendiamo che ormai in Italia la legalità sia un “optional” – un episodio che vede (come da prove d’archivio) la malavita protagonista.

Poi Lei, con la sua nota bonomia, ritiene “moderata” l’egemonia piemontese : ci assale il dubbio d’aver ricevuto cattive lezioni di grammatica se paesi bruciati e rasi al suolo (Pontelandolfo e Casalduni docet), eccidi, rappresaglie, migliaia di morti, stupri, 160.000 bombe su Gaeta, ecc…possano essere interpretati come gestione “moderata”. Meridione partecipe? Strano non faccia menzione a 10 anni di repressione al cosiddetto brigantaggio, che coinvolse in prima persona e più o meno direttamente e indirettamente contadini, civili, nobili, religiosi, ex soldati dell’ex Stato autonomo del Sud, e altri strati della popolazione! Le confessiamo ci piacerebbe, proprio nell’ottica del suo ragionamento ed in riferimento alle “bestemmie separatiste”, uguale durezza nel rimbrottare e difendere la uguale dignità della “sua” terra nei confronti di forze governative – nelle leggi e proposte da loro sostenute – come nel caso della Lega Nord e dei suoi alleati. E infine, riguardo a Giustino Fortunato, Lei parla di equilibrio fra sostegno all’Unità e difesa degli interessi meridionali : a dire il vero testi, dichiarazioni e documenti, parlano di amaro rammarico e il chiedersi se fosse stato giusto procedere a quel tipo d’unità!

Egregio Presidente…se vogliamo dirla, crediamo sia il caso di dirla tutta!

Andrea Balìa

Partito del Sud - Napoli

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Il PdL consegna le liste in ritardo, Polverini a rischio

Le aspre discussioni per i posti causano un danno grottesco alla candidata della compagine berlusconiana, che potrebbe essere esclusa dalla corsa alla presidenza della Regione.

Di Giovanni Palombo

Strilli, spintoni, carabinieri schierati a separare le opposte fazioni, alcuni esponenti radicali si sono sdraiati in terra per impedire simbolicamente che i delegati del Pdl potessero consegnare le liste fuori dai tempi prescritti dalla legge. Un teatrino, l’ennesimo, che squalifica ancor di piu’ questi mestieranti della politica che fanno dell’improvvisazione e del pressappochismo la loro vera bandiera e identita’. Alle ore 12 di oggi sabato 27 febbraio scadeva il termine per la presentazione delle liste per i partiti che intendono contendersi la presidenza della Regione Lazio. ”Assolutamente fiduciosi” che la situazione possa appianarsi, perché ”non c’è nessun motivo per escluderci”, ma allo stato dei fatti la lista del Pdl per le regionali nel Lazioè fuori”. Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl, annuncia di aver presentato ricorso al presidente dell’ufficio centrale circoscrizionale per il mancato deposito della lista.

ROBA DA LEGULEI - Sara’ questa materia per gli avvocati che si divertiranno a spaccare il capello ma, per il cittadino normale, quello che quando sta in coda all’ufficio postale e se sgarra di un minuto non ha diritto di replica ne’ di scorciatoie e corsie preferenziali, quanto accaduto oggi assume un sapore grottesco ed umiliante a prescindere da come andra’ a finire. Le liste del PdL non erano pronte e non sono state preparate prima a causa di un serrato mercanteggiamento durato fino all’ultimo minuto. E’ la spartizione del potere cio’ che ha impedito ai pdiellini di presentarsi in tempo per gli adempimenti burocratici. Ancora ieri e questa notte si sono succeduti incontri e scontri al calor bianco per i posti nel listino della Polverini. Storace, che puntava ad una rappresentanza per il suo partito nel listino protetto, e’ stato segato senza troppi complimenti e si e’ provveduto ad arruolare al suo posto Alessandra Mandarelli assessore della giunta Marrazzo.
La Mandarelli si e’ distinta per aver affossato la carta senior -provvedimento di tutela sociale istituito proprio dalla giunta Storace- e ora la Polverini la fa entrare nella sua lista in pompa magna e in spregio ad ogni coerenza verso gli elettori” e’ questo quanto si mugugna nelle file a destra del PdL.
DALLA PADELLA ALLA BRACE - La legge e’ chiara e le ore 12 sono il termine ultimo per la presentazione delle liste, non ci sono ne’ se ne’ ma e, anche se il ricorso dovesse essere in qualche modo accolto, la brutta figura e’ assicurata. “il PdL e’ il partito di quelli che parcheggiano in seconda fila, di quelli che entrano dalle porte laterali in barba agli altri che stanno alle regole e alla legge” commentano esponenti radicali. La querelle e’ destinata ad incendiare i prossimi giorni di campagna elettorale ma se anche la lista del PdL dovesse essere ricusata, poco male, agli elettori non resterebbe che votare Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova che, a differenza della Polverini, si sa bene da che parte stia.

Fonte:Giornalettismo

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Le aspre discussioni per i posti causano un danno grottesco alla candidata della compagine berlusconiana, che potrebbe essere esclusa dalla corsa alla presidenza della Regione.

Di Giovanni Palombo

Strilli, spintoni, carabinieri schierati a separare le opposte fazioni, alcuni esponenti radicali si sono sdraiati in terra per impedire simbolicamente che i delegati del Pdl potessero consegnare le liste fuori dai tempi prescritti dalla legge. Un teatrino, l’ennesimo, che squalifica ancor di piu’ questi mestieranti della politica che fanno dell’improvvisazione e del pressappochismo la loro vera bandiera e identita’. Alle ore 12 di oggi sabato 27 febbraio scadeva il termine per la presentazione delle liste per i partiti che intendono contendersi la presidenza della Regione Lazio. ”Assolutamente fiduciosi” che la situazione possa appianarsi, perché ”non c’è nessun motivo per escluderci”, ma allo stato dei fatti la lista del Pdl per le regionali nel Lazioè fuori”. Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl, annuncia di aver presentato ricorso al presidente dell’ufficio centrale circoscrizionale per il mancato deposito della lista.

ROBA DA LEGULEI - Sara’ questa materia per gli avvocati che si divertiranno a spaccare il capello ma, per il cittadino normale, quello che quando sta in coda all’ufficio postale e se sgarra di un minuto non ha diritto di replica ne’ di scorciatoie e corsie preferenziali, quanto accaduto oggi assume un sapore grottesco ed umiliante a prescindere da come andra’ a finire. Le liste del PdL non erano pronte e non sono state preparate prima a causa di un serrato mercanteggiamento durato fino all’ultimo minuto. E’ la spartizione del potere cio’ che ha impedito ai pdiellini di presentarsi in tempo per gli adempimenti burocratici. Ancora ieri e questa notte si sono succeduti incontri e scontri al calor bianco per i posti nel listino della Polverini. Storace, che puntava ad una rappresentanza per il suo partito nel listino protetto, e’ stato segato senza troppi complimenti e si e’ provveduto ad arruolare al suo posto Alessandra Mandarelli assessore della giunta Marrazzo.
La Mandarelli si e’ distinta per aver affossato la carta senior -provvedimento di tutela sociale istituito proprio dalla giunta Storace- e ora la Polverini la fa entrare nella sua lista in pompa magna e in spregio ad ogni coerenza verso gli elettori” e’ questo quanto si mugugna nelle file a destra del PdL.
DALLA PADELLA ALLA BRACE - La legge e’ chiara e le ore 12 sono il termine ultimo per la presentazione delle liste, non ci sono ne’ se ne’ ma e, anche se il ricorso dovesse essere in qualche modo accolto, la brutta figura e’ assicurata. “il PdL e’ il partito di quelli che parcheggiano in seconda fila, di quelli che entrano dalle porte laterali in barba agli altri che stanno alle regole e alla legge” commentano esponenti radicali. La querelle e’ destinata ad incendiare i prossimi giorni di campagna elettorale ma se anche la lista del PdL dovesse essere ricusata, poco male, agli elettori non resterebbe che votare Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova che, a differenza della Polverini, si sa bene da che parte stia.

Fonte:Giornalettismo

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sabato 27 febbraio 2010

Rifiuti in Campania - Vietato protestare. Per decreto


Giulio Finotti (Terra Campania)

26/02/2010


IL CASO. Il dl che sancisce l’impossibilità di opporsi alle azioni del commissario per i Rifiuti scade. Che farà il governo?



Sta per scadere il conto alla rovescia per la conversione del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 che, assieme alla fine ufficiale dell’emergenza rifiuti, sancisce anche l’impossibilità per i cittadini di opporsi di fronte alla legge alle azioni del Commissariato di governo. I 60 giorni che la legge stabilisce come limite massimo per la conversione dei decreti in legge scadono infatti il primo marzo, ed ora i comitati temono che in questi giorni il parlamento approvi la norma che sospende tutte le pendenze giudiziarie contro il Commissariato fino al 2011. L’allarme arriva dal versante sud-orientale del Vesuvio, dove negli ultimi anni la terra è tornata a scottare non per la lava, ma per la riapertura delle discariche. Quello che preoccupa maggiormente i cittadini dei paesi vesuviani della zona, come Boscotrecase o Boscoreale, che ultimamente hanno inscenato una protesta in occasione della visita del ministro Mara Carfagna, è l’apertura di una seconda discarica nel Parco nazionale del Vesuvio.

La discarica, di circa 3 milioni e mezzo di metri cubi dovrebbe contenere, secondo gli allarmi dell’ex presidente dell’ente Parco, Maurizio Fraissinet, anche rifiuti tossici e pericolosi, «comprese le polveri dell’inceneritore di Acerra». L’avvocato Francesco Sorrentino, che ha ricevuto mandato da parte di Legambiente Campania Onlus, per opporsi all’apertura della seconda discarica nel Parco del Vesuvio (nella cava Vitiel lo) ha spiegato quali sarebbero le conseguenze della conversione in legge del decreto di dicembre: «In primis la sospensione di tutte le cause contro il Commissariato per l’emergenza rifiuti, mentre non potrebbero essere intentate nuove cause. Il Tar del Lazio si è già espresso sull’intenzione di accogliere l’istanza di legittimità costituzionale di questa legge, che dovrà quindi poi essere esaminata dalla Corte Costituzionale».

Quelli di cui si parla sono procedimenti non penali, ma controversie di natura civilistica e amministrativa contro il Commissariato. In caso di conversione del decreto quindi, sarebbe sospeso il procedimento contro il piano di viabilità della discarica Sari 1 (chiusa nel 1994 e riaperta nel 2008, ndr), mentre non potrebbe essere intentata alcuna causa contro la decisione della conferenza dei servizi in merito alla cava Vitiello. Secondo i legali di Legambiente inoltre sarebbero state violate anche le direttive europee di riferimento (la Direttiva Uccelli e la Direttiva Habitat, ndr), che vietano la modifica delle zone a protezione speciale a meno di previa autorizzazione dei vari organi competenti. Proprio a proposito dell’impatto che l’apertura di una seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio avrebbe sull’habitat della zona, s’è espresso con durezza l’ex presidente dell’ente, Maurizio Fraissinet, secondo il quale alcune specie di uccelli, già a rischio, si estinguerebbero. «Abbiamo prodotto una serie di contro-deduzioni alla ridicola valutazione di incidenza che hanno fatto alcuni studiosi legati all’università Sapienza di Roma.

Gli autori di questa valutazione, che per altro hanno ammesso di aver avuto poco tempo per lavorare alla loro pubblicazione, stranamente non hanno tenuto conto del “Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti nel Parco Nazionale del Vesuvio”, un lavoro che il Parco ha pubblicato nel 2008. Una ricerca durata 11 anni, che dimostra come gli uccelli del Parco Nazionale utilizzino la cava Vitiello per alimentarsi, viste le caratteristiche del suo habitat pur non nidificando nella stessa cava. Secondo la relazione di incidenza invece non vi sarebbero uccelli, visto che non nidificano lì e si aggiunge inoltre che una volta aperta la discarica non ci sarebbe la presenza di gabbiani». «Che io sappia - ha aggiunto Fraissinet - non esistono discariche sul pianeta, in cui non ci siano gabbiani». Nubi di preoccupazioni si addensano attorno ad uno dei vulcani più noti al mondo, mentre i lavori per allestire la seconda discarica nel Parco Nazionale sono cominciati da alcuni giorni.

Fonte:Terranews
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Giulio Finotti (Terra Campania)

26/02/2010


IL CASO. Il dl che sancisce l’impossibilità di opporsi alle azioni del commissario per i Rifiuti scade. Che farà il governo?



Sta per scadere il conto alla rovescia per la conversione del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 che, assieme alla fine ufficiale dell’emergenza rifiuti, sancisce anche l’impossibilità per i cittadini di opporsi di fronte alla legge alle azioni del Commissariato di governo. I 60 giorni che la legge stabilisce come limite massimo per la conversione dei decreti in legge scadono infatti il primo marzo, ed ora i comitati temono che in questi giorni il parlamento approvi la norma che sospende tutte le pendenze giudiziarie contro il Commissariato fino al 2011. L’allarme arriva dal versante sud-orientale del Vesuvio, dove negli ultimi anni la terra è tornata a scottare non per la lava, ma per la riapertura delle discariche. Quello che preoccupa maggiormente i cittadini dei paesi vesuviani della zona, come Boscotrecase o Boscoreale, che ultimamente hanno inscenato una protesta in occasione della visita del ministro Mara Carfagna, è l’apertura di una seconda discarica nel Parco nazionale del Vesuvio.

La discarica, di circa 3 milioni e mezzo di metri cubi dovrebbe contenere, secondo gli allarmi dell’ex presidente dell’ente Parco, Maurizio Fraissinet, anche rifiuti tossici e pericolosi, «comprese le polveri dell’inceneritore di Acerra». L’avvocato Francesco Sorrentino, che ha ricevuto mandato da parte di Legambiente Campania Onlus, per opporsi all’apertura della seconda discarica nel Parco del Vesuvio (nella cava Vitiel lo) ha spiegato quali sarebbero le conseguenze della conversione in legge del decreto di dicembre: «In primis la sospensione di tutte le cause contro il Commissariato per l’emergenza rifiuti, mentre non potrebbero essere intentate nuove cause. Il Tar del Lazio si è già espresso sull’intenzione di accogliere l’istanza di legittimità costituzionale di questa legge, che dovrà quindi poi essere esaminata dalla Corte Costituzionale».

Quelli di cui si parla sono procedimenti non penali, ma controversie di natura civilistica e amministrativa contro il Commissariato. In caso di conversione del decreto quindi, sarebbe sospeso il procedimento contro il piano di viabilità della discarica Sari 1 (chiusa nel 1994 e riaperta nel 2008, ndr), mentre non potrebbe essere intentata alcuna causa contro la decisione della conferenza dei servizi in merito alla cava Vitiello. Secondo i legali di Legambiente inoltre sarebbero state violate anche le direttive europee di riferimento (la Direttiva Uccelli e la Direttiva Habitat, ndr), che vietano la modifica delle zone a protezione speciale a meno di previa autorizzazione dei vari organi competenti. Proprio a proposito dell’impatto che l’apertura di una seconda discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio avrebbe sull’habitat della zona, s’è espresso con durezza l’ex presidente dell’ente, Maurizio Fraissinet, secondo il quale alcune specie di uccelli, già a rischio, si estinguerebbero. «Abbiamo prodotto una serie di contro-deduzioni alla ridicola valutazione di incidenza che hanno fatto alcuni studiosi legati all’università Sapienza di Roma.

Gli autori di questa valutazione, che per altro hanno ammesso di aver avuto poco tempo per lavorare alla loro pubblicazione, stranamente non hanno tenuto conto del “Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti nel Parco Nazionale del Vesuvio”, un lavoro che il Parco ha pubblicato nel 2008. Una ricerca durata 11 anni, che dimostra come gli uccelli del Parco Nazionale utilizzino la cava Vitiello per alimentarsi, viste le caratteristiche del suo habitat pur non nidificando nella stessa cava. Secondo la relazione di incidenza invece non vi sarebbero uccelli, visto che non nidificano lì e si aggiunge inoltre che una volta aperta la discarica non ci sarebbe la presenza di gabbiani». «Che io sappia - ha aggiunto Fraissinet - non esistono discariche sul pianeta, in cui non ci siano gabbiani». Nubi di preoccupazioni si addensano attorno ad uno dei vulcani più noti al mondo, mentre i lavori per allestire la seconda discarica nel Parco Nazionale sono cominciati da alcuni giorni.

Fonte:Terranews
.

Faccia a faccia con la terza donna che aspira a guidare il Lazio. Sostenuta dalla Rete dei Cittadini, fuori dai partiti.



Marza Marzoli
Nasce il 20/71966, è sposata ed ha un figlio di 6 anni.Vive a Tarquinia, dove da 20 anni gestisce uno stabilimento balneare e un ristorante.
Dal 2005 è impegnata con il Movimento No Coke che si oppone alle riconversioni a carbone delle centrali elettriche di tutta Italia.
Dice di sé: «Segni particolari: passione per la politica» convinta che «i partiti sono la morte dei buoni propositi di tutti i comitati territoriali e dei movimenti nazionali». Mai rivestito cariche elettive.Corre per la Presidenza della Regione Lazio, sostenuta dalla Rete dei Cittadini, collegata a molti comitati e associazioni



Non facciamo mai interviste “comode”; a lei - come anche a Renata Polverini e a Emma Bonino e ad altri eventuali concorrenti che dovessero spuntare – sottoponiamo domande incalzanti su temi che la gente ha molto a cuore.
Ci teniamo veramente a rendere un servizio ai lettori-elettori che meritano il più possibile risposte chiare,concrete e non evasive.

Siete molto critici con i partiti e la “casta” dei politicanti: non c'è il rischio di populismo?

«Il populismo presuppone una strumentalizzazione delle masse, che noi non tentiamo neanche di mettere in campo, riassumiamo semmai le idee dei cittadini in alcuni
concetti chiari a tutti, sui privilegi dei pochi, contrapposti ai diritti violati
e della mancanza di democraziadei tanti».

Non c'è proprio nessun politico laziale che promuove?
«Tutti i politici collegati agli schieramenti sempre-al potere dimostrano di essere lontanissimi dalle esigenze del territorio ed è per questo che ci stiamo impegnando in prima persona. [...]
Il politico di riferimento c’è, ma si chiama “cittadino”. Abbiamo ribadito alcuni giorni fa che la Rete dei Cittadini corre da sola!».

Come pensa di affrontare l'enorme buco finanziario della Sanità regionale? Diminuendo i servizi o aumentando le tasse?
«La nostra ricetta è semplice: “trasparenza e legalità”, rendere accessibili e comprensibili tutti i bilanci delle strutture ospedaliere, compresi i meccanismi di convenzioni con le strutture private, in primis le società che le gestiscono. Un meccanismo di controllo delle funzioni amministrative,atto a prevenire ogni tipo
di spreco e di clientelismo, vera piaga del sistema».

Tra Castelli romani, litorale e provincia di Latina incombono due inceneritori (Albano e Latina), le discariche di Latina e Albano, le centrali turbogas di
Aprilia e Pontinia. A cosa è contraria e a cosa è favorevole?
A Tarquinia, imponendovi vari ecomostri vi hanno “fregato”, dice lei. C'è qualcosa che concretamente potrebbe fare lei riguardoquesti impianti qui?

«La prima cosa che sogno per i cittadini impegnati come me nella lotta contro lo scempio dell’ambiente e della salute, è quella di dargli voce e dignità, evidentemente negata in ogni dove. Le istituzioni non difendono i territori, piuttosto ne rappresentano il problema, perché incapaci (per chi crede a Babbo Natale) di mettere in campo soluzioni ottimali, come nel caso dei rifiuti, del carbone sporco (Babbo Natale crede al carbone pulito) cedendo alle lobby. Sistemi
alternativi ai cancrovalorizzatori ci sono e si chiamano “Rifiuti zero”, trattamento meccanico biologico e il riciclo di tutti i materiali di scarto, che oggi finiscono in discarica a quasi 100 euro atonnellata e direttamente sulle spalle della collettività. La raccolta porta a porta sì, ma chiediamoci prima dove finisce la frazione secca della differenziata (ottimo per fare cdr), di solito èuna filiera che i sindaci stentano a divulgare.
Sviluppo delle energie rinnovabili come sostituzione delle energie da combustibile fossile, decentralizzato e gestito direttamente dalle piccole comunità. Una rivoluzioneche i cittadini sono pronti a fare!»

Nucleare: è favorevole? A Latina è in costruzione un nuovo deposito di scorie radioattive in quasi totale segretezza. Come agirebbe lei da Governatore?
«Al nucleare può essere favorevole solo la lobby del nucleare, per aprire cantieri e avviare commesse milionarie. I cittadini hanno acquisito una competenza spaventosamente alta, anche sul tema energia, hanno mille motivi per dire no al nucleare,uno tra tutti, perché non serve produrre altra energia, tanto più che non sia rinnovabile (l’uranio non è rinnovabile) e che nessuno ha risolto il problema dell’inquinamento locale dell’impianto e delle scorie».
Da una parte c'è bisogno di infrastrutture e servizi per sviluppare l'economia,
dall'altra la popolazione subisce le prepotenze delle lobby. Che azioni metterebbe in campo?
«Anche qui basterebbe utilizzare lo strumento della trasparenza degliatti: quando si vuole imporre una discarica ad un territorio, devi spiegare che nessuno sta lavorando ad un’alternativa nonostante i cittadini sottopongano ogni giorno evidenze e progetti realizzabili».

Come vede la privatizzazione dell'acqua? E la “moda” del project financing?
«I cittadini sono spaventati dall’idea della privatizzazione di un bene pubblico, perché nel mondo vi sono esempi di privatizzazione militare e non che hanno
reso il popolo schiavo anche del potere sull’acqua. Ma ci rendiamo conto, che l’acqua non deve avere padroni?»

È d'accordo con l'autostrada Roma-Latina a pagamento?
«Se vogliamo essere esatti, bisogna parlare di Corridoio Tirrenico, che interessa la Livorno-Civitavecchia e la Roma-Latina: vergognoso a dir poco lo spreco di territorio agricolo, un’abnorme colata di cemento e asfalto per un’opera che era già finanziatadallo stato e che si chiamava “Adeguamento e messa in sicurezza” dei due tratti di strada statale. Una strada statale che vogliono rubarla ai territori per darla in pasto ai privati, che ci guadagneranno con i pedaggi pagati da noi!»

Perché le persone dovrebbero fidarsi di lei e credere che realizzerà quanto dice in campagna elettorale?
«Preferisco sempre farmi dire dagli elettori che cosa hanno ottenuto fino ad oggi, delegando il dipendente partitico di turno od accontentandosi
di votare il meno-peggio. I cittadini sottoscrivendo lo statuto dell'associazione
Rete dei Cittadini, basato sulla democrazia diretta, potranno, anche dopo l’elezione, intervenire direttamente sugli eletti».

Cosa ha realizzato finora Marzia Marzoli?
«In tanti anni di battaglie sul mio territorio, ho realizzato un sogno collettivo: vestirmi di bianco per fare politica, senza sporcarmi di marrone. Parliamo della Rete dei Cittadini, quella per cui ci stiamo impegnando a rappresentare. Noi siamo “cittadini informati” che, insieme agli altri, chiediamo dignità e spazio per i diritti inviolabili della democrazia, della legalità, che nei territori si chiamano diritto alla salute, ambiente sano in cui crescere i propri figli».

Cosa non bisogna assolutamente dire a Marzia Marzoli?
«Sono orgogliosa di essere ambientalista, perché difendo la coerenza del suo significato, di fare parte del popolo del no, perché il popolo del sì è quello delle lobby. Quando me lo dicono con spregio, “ambientalista”, mi incazzo».

Lei contesta a Bonino e Polverini di non aver fornito un programma a un mese dal voto, a differenza di voi. Quali sono (in estrema sintesi)le sue 5 priorità e come le realizzerà?
«Il nostro puntodi orgoglio, le cinque priorità sono nel programma elettorale su www.retedeicittadini.it, espressione e convinzione che un altro modo di fare politica e amministrare è possibile e improrogabile. Prendendo in prestito il tema dei rifiuti con le “quattro erre”: Riduzione dei costi della politica; Riutilizzo di tutte le materie prime che finiscono in discarica e in cdr; Riciclo di interessi
collettivi per il raggiungimento del benessere di tutti i cittadini; Recupero
dei diritti alla salute, al lavoro, all’istruzione. Aggiungiamo una quinta “erre” di Risparmio ed efficienza energetica».

Se non sarà eletta Presidente della Regione, ma otterrà il posto da Consigliere, si schiererà con qualcuno dei vincitori? Meglio la Bonino o la Polverini?
«Rete dei Cittadini corre da sola!»


Fonte: Il Caffè n. 188 del 25/02/2010
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Il Partito del Sud , fra i fondatori della Rete dei Cittadini, appoggia e sostiene, all'interno della lista "Rete dei Cittadini" la candidatura del
Candidato Consigliere: Viciconte Enrico



Enrico Viciconte, Nato a Roma il 11/12/1948 coniugato con 5 figli.
Attualmente Funzionario Direttivo della Provincia di Roma;
Giornalista Pubblicista,
Guardia Ecologica Onoraria Regione Lazio;
Gia’ consigliere circoscrizionale( 4° Municipio) per due mandati;
Membro eletto al 2° mandato della R.S.U. della Provincia di Roma in quota U.I.L.
Segretario Regionale Lazio del Partito del Sud;
Dirigente Nazionale del Partito del Sud;
Hobby: Archeologia e Storia;

.
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Marza Marzoli
Nasce il 20/71966, è sposata ed ha un figlio di 6 anni.Vive a Tarquinia, dove da 20 anni gestisce uno stabilimento balneare e un ristorante.
Dal 2005 è impegnata con il Movimento No Coke che si oppone alle riconversioni a carbone delle centrali elettriche di tutta Italia.
Dice di sé: «Segni particolari: passione per la politica» convinta che «i partiti sono la morte dei buoni propositi di tutti i comitati territoriali e dei movimenti nazionali». Mai rivestito cariche elettive.Corre per la Presidenza della Regione Lazio, sostenuta dalla Rete dei Cittadini, collegata a molti comitati e associazioni



Non facciamo mai interviste “comode”; a lei - come anche a Renata Polverini e a Emma Bonino e ad altri eventuali concorrenti che dovessero spuntare – sottoponiamo domande incalzanti su temi che la gente ha molto a cuore.
Ci teniamo veramente a rendere un servizio ai lettori-elettori che meritano il più possibile risposte chiare,concrete e non evasive.

Siete molto critici con i partiti e la “casta” dei politicanti: non c'è il rischio di populismo?

«Il populismo presuppone una strumentalizzazione delle masse, che noi non tentiamo neanche di mettere in campo, riassumiamo semmai le idee dei cittadini in alcuni
concetti chiari a tutti, sui privilegi dei pochi, contrapposti ai diritti violati
e della mancanza di democraziadei tanti».

Non c'è proprio nessun politico laziale che promuove?
«Tutti i politici collegati agli schieramenti sempre-al potere dimostrano di essere lontanissimi dalle esigenze del territorio ed è per questo che ci stiamo impegnando in prima persona. [...]
Il politico di riferimento c’è, ma si chiama “cittadino”. Abbiamo ribadito alcuni giorni fa che la Rete dei Cittadini corre da sola!».

Come pensa di affrontare l'enorme buco finanziario della Sanità regionale? Diminuendo i servizi o aumentando le tasse?
«La nostra ricetta è semplice: “trasparenza e legalità”, rendere accessibili e comprensibili tutti i bilanci delle strutture ospedaliere, compresi i meccanismi di convenzioni con le strutture private, in primis le società che le gestiscono. Un meccanismo di controllo delle funzioni amministrative,atto a prevenire ogni tipo
di spreco e di clientelismo, vera piaga del sistema».

Tra Castelli romani, litorale e provincia di Latina incombono due inceneritori (Albano e Latina), le discariche di Latina e Albano, le centrali turbogas di
Aprilia e Pontinia. A cosa è contraria e a cosa è favorevole?
A Tarquinia, imponendovi vari ecomostri vi hanno “fregato”, dice lei. C'è qualcosa che concretamente potrebbe fare lei riguardoquesti impianti qui?

«La prima cosa che sogno per i cittadini impegnati come me nella lotta contro lo scempio dell’ambiente e della salute, è quella di dargli voce e dignità, evidentemente negata in ogni dove. Le istituzioni non difendono i territori, piuttosto ne rappresentano il problema, perché incapaci (per chi crede a Babbo Natale) di mettere in campo soluzioni ottimali, come nel caso dei rifiuti, del carbone sporco (Babbo Natale crede al carbone pulito) cedendo alle lobby. Sistemi
alternativi ai cancrovalorizzatori ci sono e si chiamano “Rifiuti zero”, trattamento meccanico biologico e il riciclo di tutti i materiali di scarto, che oggi finiscono in discarica a quasi 100 euro atonnellata e direttamente sulle spalle della collettività. La raccolta porta a porta sì, ma chiediamoci prima dove finisce la frazione secca della differenziata (ottimo per fare cdr), di solito èuna filiera che i sindaci stentano a divulgare.
Sviluppo delle energie rinnovabili come sostituzione delle energie da combustibile fossile, decentralizzato e gestito direttamente dalle piccole comunità. Una rivoluzioneche i cittadini sono pronti a fare!»

Nucleare: è favorevole? A Latina è in costruzione un nuovo deposito di scorie radioattive in quasi totale segretezza. Come agirebbe lei da Governatore?
«Al nucleare può essere favorevole solo la lobby del nucleare, per aprire cantieri e avviare commesse milionarie. I cittadini hanno acquisito una competenza spaventosamente alta, anche sul tema energia, hanno mille motivi per dire no al nucleare,uno tra tutti, perché non serve produrre altra energia, tanto più che non sia rinnovabile (l’uranio non è rinnovabile) e che nessuno ha risolto il problema dell’inquinamento locale dell’impianto e delle scorie».
Da una parte c'è bisogno di infrastrutture e servizi per sviluppare l'economia,
dall'altra la popolazione subisce le prepotenze delle lobby. Che azioni metterebbe in campo?
«Anche qui basterebbe utilizzare lo strumento della trasparenza degliatti: quando si vuole imporre una discarica ad un territorio, devi spiegare che nessuno sta lavorando ad un’alternativa nonostante i cittadini sottopongano ogni giorno evidenze e progetti realizzabili».

Come vede la privatizzazione dell'acqua? E la “moda” del project financing?
«I cittadini sono spaventati dall’idea della privatizzazione di un bene pubblico, perché nel mondo vi sono esempi di privatizzazione militare e non che hanno
reso il popolo schiavo anche del potere sull’acqua. Ma ci rendiamo conto, che l’acqua non deve avere padroni?»

È d'accordo con l'autostrada Roma-Latina a pagamento?
«Se vogliamo essere esatti, bisogna parlare di Corridoio Tirrenico, che interessa la Livorno-Civitavecchia e la Roma-Latina: vergognoso a dir poco lo spreco di territorio agricolo, un’abnorme colata di cemento e asfalto per un’opera che era già finanziatadallo stato e che si chiamava “Adeguamento e messa in sicurezza” dei due tratti di strada statale. Una strada statale che vogliono rubarla ai territori per darla in pasto ai privati, che ci guadagneranno con i pedaggi pagati da noi!»

Perché le persone dovrebbero fidarsi di lei e credere che realizzerà quanto dice in campagna elettorale?
«Preferisco sempre farmi dire dagli elettori che cosa hanno ottenuto fino ad oggi, delegando il dipendente partitico di turno od accontentandosi
di votare il meno-peggio. I cittadini sottoscrivendo lo statuto dell'associazione
Rete dei Cittadini, basato sulla democrazia diretta, potranno, anche dopo l’elezione, intervenire direttamente sugli eletti».

Cosa ha realizzato finora Marzia Marzoli?
«In tanti anni di battaglie sul mio territorio, ho realizzato un sogno collettivo: vestirmi di bianco per fare politica, senza sporcarmi di marrone. Parliamo della Rete dei Cittadini, quella per cui ci stiamo impegnando a rappresentare. Noi siamo “cittadini informati” che, insieme agli altri, chiediamo dignità e spazio per i diritti inviolabili della democrazia, della legalità, che nei territori si chiamano diritto alla salute, ambiente sano in cui crescere i propri figli».

Cosa non bisogna assolutamente dire a Marzia Marzoli?
«Sono orgogliosa di essere ambientalista, perché difendo la coerenza del suo significato, di fare parte del popolo del no, perché il popolo del sì è quello delle lobby. Quando me lo dicono con spregio, “ambientalista”, mi incazzo».

Lei contesta a Bonino e Polverini di non aver fornito un programma a un mese dal voto, a differenza di voi. Quali sono (in estrema sintesi)le sue 5 priorità e come le realizzerà?
«Il nostro puntodi orgoglio, le cinque priorità sono nel programma elettorale su www.retedeicittadini.it, espressione e convinzione che un altro modo di fare politica e amministrare è possibile e improrogabile. Prendendo in prestito il tema dei rifiuti con le “quattro erre”: Riduzione dei costi della politica; Riutilizzo di tutte le materie prime che finiscono in discarica e in cdr; Riciclo di interessi
collettivi per il raggiungimento del benessere di tutti i cittadini; Recupero
dei diritti alla salute, al lavoro, all’istruzione. Aggiungiamo una quinta “erre” di Risparmio ed efficienza energetica».

Se non sarà eletta Presidente della Regione, ma otterrà il posto da Consigliere, si schiererà con qualcuno dei vincitori? Meglio la Bonino o la Polverini?
«Rete dei Cittadini corre da sola!»


Fonte: Il Caffè n. 188 del 25/02/2010
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Il Partito del Sud , fra i fondatori della Rete dei Cittadini, appoggia e sostiene, all'interno della lista "Rete dei Cittadini" la candidatura del
Candidato Consigliere: Viciconte Enrico



Enrico Viciconte, Nato a Roma il 11/12/1948 coniugato con 5 figli.
Attualmente Funzionario Direttivo della Provincia di Roma;
Giornalista Pubblicista,
Guardia Ecologica Onoraria Regione Lazio;
Gia’ consigliere circoscrizionale( 4° Municipio) per due mandati;
Membro eletto al 2° mandato della R.S.U. della Provincia di Roma in quota U.I.L.
Segretario Regionale Lazio del Partito del Sud;
Dirigente Nazionale del Partito del Sud;
Hobby: Archeologia e Storia;

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venerdì 26 febbraio 2010

Sospetti sul Festival di Sanremo


Questa mattina il M.I.L.-Movimento Indipendentista Ligure ha inoltrato un esposto alla Procura del Tribunale di Sanremo e alla Procura del Tribunale di Genova che si allega in copia.

Sospetti sul Festival di Sanremo

Genova sabato 20 febbraio 2010

RACCOMANDATA A.R

Alla Procura del Tribunale di Sanremo
e
Alla Procura del Tribunale di Genova

I sottoscritti, responsabili del M.I.L.-Movimento Indipendentista Ligure, essendo venuti a conoscenza da articoli pubblicati da alcuni quotidiani (si allegano le pagine interessate) che al Festival di Sanremo i cittadini utenti e paganti il canone Rai, potrebbero essere stati "raggirati-truffati" dallo svolgimento del "Festival della canzone", chiedono alle Autorità Giudiziarie in oggetto di svolgere indagini per verificare se siano stati commessi dei reati.

Distinti saluti

Vincenzo Matteucci
presidente
Franco Bampi
segretario
Flavio Gaggero
responsabile politiche ambientali


Riportiamo, in sintesi, quanto scritto da alcuni quotidiani.

"IL SECOLO XIX", in prima pagina: "Quel Televoto è sospetto - A poche ore dal gran finale, ombre sui sistemi di voto: molti orchestrali si astengono ma soprattutto il televoto è gestito da una società del gruppo che realizza anche talent show come X-Factor".

"la Repubblica", all'interno di un lungo articolo: "...Ma cos'è? Il Sanremo dei raccomandati. Ai giornali arrivano telefonate di protesta da tutt'Italia. Cartellino rosso. La squalifica si impone..."

"il Giornale", "...Emanuele Filiberto ... Bandito dal domicilio Italia, riabilitato dalla sua tv..."

"La Stampa", in prima pagina "Sanremo, il ct gioca sporco - L'Ariston fischia Lippi e il principe - Il pubblico irritato grida «A casa»..."

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Questa mattina il M.I.L.-Movimento Indipendentista Ligure ha inoltrato un esposto alla Procura del Tribunale di Sanremo e alla Procura del Tribunale di Genova che si allega in copia.

Sospetti sul Festival di Sanremo

Genova sabato 20 febbraio 2010

RACCOMANDATA A.R

Alla Procura del Tribunale di Sanremo
e
Alla Procura del Tribunale di Genova

I sottoscritti, responsabili del M.I.L.-Movimento Indipendentista Ligure, essendo venuti a conoscenza da articoli pubblicati da alcuni quotidiani (si allegano le pagine interessate) che al Festival di Sanremo i cittadini utenti e paganti il canone Rai, potrebbero essere stati "raggirati-truffati" dallo svolgimento del "Festival della canzone", chiedono alle Autorità Giudiziarie in oggetto di svolgere indagini per verificare se siano stati commessi dei reati.

Distinti saluti

Vincenzo Matteucci
presidente
Franco Bampi
segretario
Flavio Gaggero
responsabile politiche ambientali


Riportiamo, in sintesi, quanto scritto da alcuni quotidiani.

"IL SECOLO XIX", in prima pagina: "Quel Televoto è sospetto - A poche ore dal gran finale, ombre sui sistemi di voto: molti orchestrali si astengono ma soprattutto il televoto è gestito da una società del gruppo che realizza anche talent show come X-Factor".

"la Repubblica", all'interno di un lungo articolo: "...Ma cos'è? Il Sanremo dei raccomandati. Ai giornali arrivano telefonate di protesta da tutt'Italia. Cartellino rosso. La squalifica si impone..."

"il Giornale", "...Emanuele Filiberto ... Bandito dal domicilio Italia, riabilitato dalla sua tv..."

"La Stampa", in prima pagina "Sanremo, il ct gioca sporco - L'Ariston fischia Lippi e il principe - Il pubblico irritato grida «A casa»..."

New York Times: le banche americane scommettono sul fallimento della Grecia


Le banche che hanno aiutato la Grecia a mascherare il proprio debito starebbero ora spingendo il Paese sull’orlo della rovina finanziaria, effettuando scommesse simili a quelle che hanno fatto quasi tracollare Aig, la grande società di assicurazione statunitense, ricorrendo ai contratti “swap”. Lo riporta il New York Times, sottolineando che la corsa ad assicurarsi contro il rischio di default della Grecia “sta rendendo sempre più difficile per Atene raccogliere i fondi necessari per onorare i propri obblighi”.

Mentre si scopre questa nuova ondata di scommesse sulla situazione economica greca, i timori del mercato finanziario si spostano sulla Spagna e sull’Italia. A far crescere questi sospetti ci sono, tra le altre, le parole del vicepremier greco Theodoros Pangalos, secondo il quale l’Italia ha semplicemente mascherato meglio la propria situazione finanziaria.

Poi si è schierato su questa posizione anche il premio Nobel per l’economia Robert Mundell. «Sarebbe molto difficile riuscire a salvare l’Italia – ha detto Mundell – Qualsiasi cosa si stia facendo per la Grecia e magari per il Portogallo e anche per l’Irlanda, deve anche essere fatto per salvare l’Italia. L’Italia deve essere preoccupata». Secondo Mundell, l’alto livello del debito dell’Italia, che secondo l’Unione europea toccherà il 117% del Pil quest’anno, potrebbe creare problemi per l’intera Eurozona qualora un aumento degli oneri finanziari rendesse difficile far fronte agli impegni.

Tornando a quanto ha scritto il New York Times a proposito dei contratti di swap sul “default” della Grecia, Philip Gisdakis, analista di Unicredit afferma: «È come acquistare un’assicurazione anti-incendio per la casa del vicino: si crea un incentivo per bruciarla». Mentre le condizioni finanziarie della Grecia peggiorano, minando l’euro, il ruolo giocato da Goldman Sachs e da altre grandi banche nel mascherare le vere difficoltà del Paese ha sollevato critiche da parte dei leader europei.Ma anche prima che il problema greco divenisse evidente, una società poco conosciuta e sostenuta da Goldman, JPMorgan e un’altra dozzina di banche ha creato un indice che consente agli attori del mercato di scommettere sul fatto che la Grecia o altri paesi europei possano o meno fallire.

Lo scorso settembre, la società Markit di Londra, ha introdotto l’indice iTraxx SovX Europa, che si basava sugli swap e lasciava che gli investitori scommettessero sulla Grecia, poco prima della crisi. Questi derivati hanno assunto un ruolo fuori misura nella crisi del debito in Europa. Un risultato, dicono alcuni operatori, che è un circolo vizioso. Le banche e gli altri che “scommettono” su queste operazioni di swap e il costo della copertura assicurativa continua a far crescere il debito greco. Allarmato da questi segnali, gli investitori obbligazionari evitano i titoli emessi da Atene, rendendo più difficile per il Paese ricevere nuovi prestiti.

Ma mentre alcuni leader europei hanno accusato gli speculatori finanziari, per il peggioramento della crisi, il ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, la scorsa settimana ha individuato come causa i contratti “swap”. La Lagarde ha detto che pochi giocatori hanno dominato il mercato e che è necessaria una regolamentazione più severa.

Intanto, l’agenzia Standard & Poor’s esclude l’ipotesi di un default sul debito sovrano di uno dei Paesi di Eurolandia, Grecia inclusa. S&P spiega di non attendersi che «alcun Paese sovrano lasci l’area euro nel medio termine»: una soluzione che provocherebbe un immediato deprezzamento della nuova valuta locale e il conseguente aumento degli interessi da pagare sul debito estero, «aggiungendo così ulteriori pressioni di bilancio». Poi c’è il rischio di una “fuga di capitali” che si verificherebbe in caso di abbandono dell’euro, «che porterebbe ad una potenziale crisi bancaria suggerendo così che è improbabile che un Paese dell’area euro».

Fonte:Blitzquotidiano.it

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Le banche che hanno aiutato la Grecia a mascherare il proprio debito starebbero ora spingendo il Paese sull’orlo della rovina finanziaria, effettuando scommesse simili a quelle che hanno fatto quasi tracollare Aig, la grande società di assicurazione statunitense, ricorrendo ai contratti “swap”. Lo riporta il New York Times, sottolineando che la corsa ad assicurarsi contro il rischio di default della Grecia “sta rendendo sempre più difficile per Atene raccogliere i fondi necessari per onorare i propri obblighi”.

Mentre si scopre questa nuova ondata di scommesse sulla situazione economica greca, i timori del mercato finanziario si spostano sulla Spagna e sull’Italia. A far crescere questi sospetti ci sono, tra le altre, le parole del vicepremier greco Theodoros Pangalos, secondo il quale l’Italia ha semplicemente mascherato meglio la propria situazione finanziaria.

Poi si è schierato su questa posizione anche il premio Nobel per l’economia Robert Mundell. «Sarebbe molto difficile riuscire a salvare l’Italia – ha detto Mundell – Qualsiasi cosa si stia facendo per la Grecia e magari per il Portogallo e anche per l’Irlanda, deve anche essere fatto per salvare l’Italia. L’Italia deve essere preoccupata». Secondo Mundell, l’alto livello del debito dell’Italia, che secondo l’Unione europea toccherà il 117% del Pil quest’anno, potrebbe creare problemi per l’intera Eurozona qualora un aumento degli oneri finanziari rendesse difficile far fronte agli impegni.

Tornando a quanto ha scritto il New York Times a proposito dei contratti di swap sul “default” della Grecia, Philip Gisdakis, analista di Unicredit afferma: «È come acquistare un’assicurazione anti-incendio per la casa del vicino: si crea un incentivo per bruciarla». Mentre le condizioni finanziarie della Grecia peggiorano, minando l’euro, il ruolo giocato da Goldman Sachs e da altre grandi banche nel mascherare le vere difficoltà del Paese ha sollevato critiche da parte dei leader europei.Ma anche prima che il problema greco divenisse evidente, una società poco conosciuta e sostenuta da Goldman, JPMorgan e un’altra dozzina di banche ha creato un indice che consente agli attori del mercato di scommettere sul fatto che la Grecia o altri paesi europei possano o meno fallire.

Lo scorso settembre, la società Markit di Londra, ha introdotto l’indice iTraxx SovX Europa, che si basava sugli swap e lasciava che gli investitori scommettessero sulla Grecia, poco prima della crisi. Questi derivati hanno assunto un ruolo fuori misura nella crisi del debito in Europa. Un risultato, dicono alcuni operatori, che è un circolo vizioso. Le banche e gli altri che “scommettono” su queste operazioni di swap e il costo della copertura assicurativa continua a far crescere il debito greco. Allarmato da questi segnali, gli investitori obbligazionari evitano i titoli emessi da Atene, rendendo più difficile per il Paese ricevere nuovi prestiti.

Ma mentre alcuni leader europei hanno accusato gli speculatori finanziari, per il peggioramento della crisi, il ministro delle Finanze francese, Christine Lagarde, la scorsa settimana ha individuato come causa i contratti “swap”. La Lagarde ha detto che pochi giocatori hanno dominato il mercato e che è necessaria una regolamentazione più severa.

Intanto, l’agenzia Standard & Poor’s esclude l’ipotesi di un default sul debito sovrano di uno dei Paesi di Eurolandia, Grecia inclusa. S&P spiega di non attendersi che «alcun Paese sovrano lasci l’area euro nel medio termine»: una soluzione che provocherebbe un immediato deprezzamento della nuova valuta locale e il conseguente aumento degli interessi da pagare sul debito estero, «aggiungendo così ulteriori pressioni di bilancio». Poi c’è il rischio di una “fuga di capitali” che si verificherebbe in caso di abbandono dell’euro, «che porterebbe ad una potenziale crisi bancaria suggerendo così che è improbabile che un Paese dell’area euro».

Fonte:Blitzquotidiano.it

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FIAT: in cassa integrazione anche gli impiegati

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Sono i ‘colletti bianchi’ dell’azienda ma non per questo saranno ‘immuni’ dalla cassa integrazione che ha già colpito i ‘colleghi’ operai. Dopo la cassa integrazione scattata lunedì scorso per 30.000 operai degli stabilimenti Fiat in Italia, il provvedimento riguarderà, infatti, anche gli impiegati del Gruppo torinese. A cominciare dagli ‘enti centrali’ di Mirafiori, la ‘testa pensante’ del Lingotto, dove il provvedimento scatterà per i dipendenti dell’Auto, della Powertrain e degli Acquisti, in gran parte impiegati, dal 22 al 28 marzo, e dal 6 all’11 aprile. In particolare, a marzo andranno in cassa integrazione 1.200 lavoratori dell’Auto, nella seconda settimana il numero salirà a 2.400, quasi il 50% degli interessati. Inoltre, il provvedimento preso dall’azienda riguarda anche 400 dipendenti della Powertrain di Mirafiori e Torino Stura, che salgono a 800 nella settimana di aprile e gli Acquisti.

"La Fiat ha dato i dividendi agli azionisti – ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani – e mette in cassa integrazione i lavoratori: non si fa così, non bisogna dare i dividendi quando c’è crisi". E anche l’Ugl ha messo in evidenza la situazione del Gruppo, chiedendo "una convocazione del Gruppo a Palazzo Chigi".

E il calo degli ordini di auto non sta portando solo cassa integrazione per i lavoratori dell’azienda guidata da Sergio Marchionne. Da lunedì prossimo, infatti, alle ex-Meccaniche di Mirafiori, oggi Powertrain, diminuiranno i turni. Al montaggio si scenderà da 18 a 15 ore alla settimana, alla lavorazione da 18 a 17. Soluzioni che mettono in allarme i sindacati. "Temiamo che per i colletti bianchi – ha detto il segretario generale della Fiom Torinese, Giorgio Airaudo – sia solo l’inizio. La Fiat continua ad adeguarsi al mercato con la cassa integrazione, l’azienda guarda più fuori Italia che in Italia".

Fonte: ADNKRONOS

Da:Valdagri.net

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Sono i ‘colletti bianchi’ dell’azienda ma non per questo saranno ‘immuni’ dalla cassa integrazione che ha già colpito i ‘colleghi’ operai. Dopo la cassa integrazione scattata lunedì scorso per 30.000 operai degli stabilimenti Fiat in Italia, il provvedimento riguarderà, infatti, anche gli impiegati del Gruppo torinese. A cominciare dagli ‘enti centrali’ di Mirafiori, la ‘testa pensante’ del Lingotto, dove il provvedimento scatterà per i dipendenti dell’Auto, della Powertrain e degli Acquisti, in gran parte impiegati, dal 22 al 28 marzo, e dal 6 all’11 aprile. In particolare, a marzo andranno in cassa integrazione 1.200 lavoratori dell’Auto, nella seconda settimana il numero salirà a 2.400, quasi il 50% degli interessati. Inoltre, il provvedimento preso dall’azienda riguarda anche 400 dipendenti della Powertrain di Mirafiori e Torino Stura, che salgono a 800 nella settimana di aprile e gli Acquisti.

"La Fiat ha dato i dividendi agli azionisti – ha detto il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani – e mette in cassa integrazione i lavoratori: non si fa così, non bisogna dare i dividendi quando c’è crisi". E anche l’Ugl ha messo in evidenza la situazione del Gruppo, chiedendo "una convocazione del Gruppo a Palazzo Chigi".

E il calo degli ordini di auto non sta portando solo cassa integrazione per i lavoratori dell’azienda guidata da Sergio Marchionne. Da lunedì prossimo, infatti, alle ex-Meccaniche di Mirafiori, oggi Powertrain, diminuiranno i turni. Al montaggio si scenderà da 18 a 15 ore alla settimana, alla lavorazione da 18 a 17. Soluzioni che mettono in allarme i sindacati. "Temiamo che per i colletti bianchi – ha detto il segretario generale della Fiom Torinese, Giorgio Airaudo – sia solo l’inizio. La Fiat continua ad adeguarsi al mercato con la cassa integrazione, l’azienda guarda più fuori Italia che in Italia".

Fonte: ADNKRONOS

Da:Valdagri.net

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giovedì 25 febbraio 2010

Comune di Gaeta : Delibera incarico legale per azione legale contro casa Savoia



COMUNE DI GAETA Provincia di Latina DELIBERAZIONE DI GIUNTA N°42 del 22/02/2010

OGGETTO

Deliberazione del Consiglio Comunale n°100 del 6 dicembre 2008: “150° Anniversario Unità d’Italia. Provvedimenti”. Incarico legale a professionista esterno.

L’anno duemilanove, addì 22 del mese di febbraio in Gaeta e nella sede del
Municipio, alle ore 21:00 e seguenti, si è riunita la Giunta Comunale.
Sono intervenuti:
presente assente
Presidente Antonio RAIMONDI X
Assessore (Vice Sindaco) Salvatore DI CIACCIO X
Assessore Antonella AVITABILE X
Assessore Alfredo CARDI X
Assessore Antonio CIANO X
Assessore Cosmo DI PERNA X
Assessore Giovanni IALONGO X
Assessore David VECCHIARIELLO X

Partecipa il Segretario Generale Avv. Alessandro Izzi, il quale è incaricato anche
della redazione del verbale.

LA GIUNTA

● Vista la proposta di deliberazione in oggetto presentata dall’Assessore Cap. Antonio Ciano;
P.P.:16/6°
2
Premesso che

· con deliberazione di Consiglio Comunale n. 100 del 6 dicembre 2008 si è approvato
l’ordine del giorno ad oggetto: “150° Anniversario Unità d’Italia. Provvedimenti”,
che impegna il Sindaco e la Giunta Comunale, ognuno per la propria competenza, ad
attivare ogni azione utile per il riconoscimento ed il risarcimento dei danni arrecati
dalla Dinastia Sabauda alla Città di Gaeta in occasione dell’assedio iniziato nel
novembre 1860 e terminato il 13 febbraio 1861, anche tramite incarico legale per le
azioni da esperire nei confronti degli eredi e dei beneficiari del patrimonio ex reale;

· con deliberazione di Giunta Comunale n. 12 del 29/01/2009 si è dato incarico al Prof.
Avv. Pasquale Troncone, con studio in Napoli alla Via Girolamo Santacroce nr. 5/A, di
rendere un parere legale in ordine all’inquadramento giuridico dei fatti accaduti in
occasione dell’assedio di Gaeta del 1860-1861 da parte dell’Esercito Piemontese con
espressa rinuncia a qualsiasi compenso di carattere economico;

· il professionista ha reso il parere legale richiesto, acquisito al protocollo generale in
data 7 luglio 2009, prot. 27276, ad oggetto “Sulla rilevanza giuridica degli effetti
dell’assedio del 1860-1961”;

Ritenuto di apprezzare il lavoro svolto dal professionista condividendo in primis

· che il Comune di Gaeta con tale iniziativa intende riaffermare la sua fedeltà ai
principi della Costituzione repubblicana del 1948 ed in particolare tutta l’azione
amministrativa che ne dovesse conseguire, dovrà essere informata al dettato
dell’art. 54 Cost. “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e
di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore …” come
opportunamente sottolineato dal professionista alla pag. 4 del parere;

· che l’amore che i cittadini di Gaeta portano alla storia della propria città e
l’impegno secolare che i cittadini del 1861 assunsero con atti pubblici impongono alla
coscienza dei loro discendenti di aprire un dialogo franco e sereno sulle ragioni
dell’assedio e sui possibili illeciti commessi all’epoca;

Preso atto che il professionista al Capitolo VII “Le possibili azioni riparative da
intraprendere” ha prospettato le azioni giudiziali ed extra giudiziali che quest’Ente può
intraprendere per il conseguimento della riparazione dei danni subiti dalla città e dai
suoi concittadini, nonché la possibile richiesta di sdemanializzazione dei beni indicati
nelle delibere comunali dell’epoca adottate dalle passate amministrazioni di questo
Comune;

Considerata la recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni
Unite Civile n. 14201/08 che ha enunciato il principio di diritto di carattere generale che
prescinde da limiti temporali “il rispetto dei diritti inviolabili della persona ha assunto, anche nell’ordinamento internazionale, il ruolo di principio fondamentale per il suo contenuto assiologico di meta valore”;

Considerato altresì che al di là delle azioni giudiziarie, afferma il professionista
che sarebbe auspicabile trovare la giusta capacità di iniziativa per addivenire ad un
dialogo pubblico, fondato su esigenze di tipo etico, tra la comunità gaetana e i
discendenti di Casa Savoia. Le ragioni dell’onore e del buon nome di una ex casa regnante dovrebbero motivare gli attuali rappresentanti della famiglia Savoia a farsi continuatori di quell’opera di pacificazione e di riparazione intrapresa dal Luogotenente generale il Principe di Carigliano, nominato con Decreto mediante ilquale il Principe Eugenio di Savoja Carignano lo nominava Luogotenente generale nelle
province napoletane il 3 gennaio 1861, allorchè l’11 gennaio 1861 volle rendersi
personalmente conto di quanti e quali danni l’assedio di Gaeta aveva cagionato contro
civili inermi e contro una città sovrana. Tale particolare sensibilità del Carigliano lo
spinse ad assumere l’impegno morale di rappresentare le giuste ragioni di Gaeta presso
il Sovrano Sabaudo. Gesto questo di alto valore umano e sociale al quale non venne dato
dal Sovrano Sabaudo alcun seguito;

Considerato che risulta ampiamente documentato che i danni cagionati alle
strutture civili e agli stessi cittadini in occasione dell’assedio non furono contenuti “nei limiti di stretta necessità”, ed all’uopo è significativo quanto riportato nel verbale del
28 febbraio 1861 nel quale si legge che “il decurionato ha considerato nulla ostare alla
dimostrazione di affetto verso l’augusto Nostro Sovrano, e Principe, lo stato di sfacelo
di questa Città, e Borgo da pochi giorni liberata dal memorabile, e singolare assedio, in
cui la truppa assediata, benché nazionale, era la vera nemica dei suoi abitanti, l’assediante benché con foga spaventevole, ed orroso, usante delle sue Artiglieri, era l’amica protettrice di essi” e del verbale del 10 giugno 1861 “divenuta questa
città teatro di guerra fu il bersaglio delle truppe belligeranti, e degli assediati venne ridotta nello stato di ruine, e di squallore”;

Tenuto conto resta di sommo ed attuale contenuto quanto venne scritto nella
“Memoria della Città di Gaeta inviata al Parlamento di Torino nel 1865” “….NON CREDASI, CHE QUESTA CITTA’ S’ASTENGA E SI ASTERRÀ DAL PRESENTARE DIVERSAMENTE LE SUE RAGIONI PER MERA PULSILLANIMITÀ”;

Considerato

· che occorre dare attuazione alla delibera Consiliare 100/2008 conferendo incarico
legale per la tutela degli interessi della Città di Gaeta e della Comunità gaetana;

· che pertanto questa Amministrazione comunale in attuazione della delibera
Consiliare di cui sopra intende conferire incarico al Prof. Avv. Pasquale Troncone
affinché proponga a tal fine ogni azione extra giudiziale e/o giudiziale conseguente;

Vista la valutazione resa dall’Avvocatura comunale sulla questione che così si
esprime “L’Avvocatura Comunale (rappresentata dall’Avv.to Daniela Piccolo e Avv.to
Annamaria Rak) esaminata la proposta di delibera di Giunta Comunale relativa al
conferimento di incarico legale a professionista esterno, considerata la peculiarità della
materia in oggetto, che riveste anche questioni di diritto internazionale;

considerato altresì che con delibera di Giunta n°12/2009 è stato conferito apposito incarico di
studio della questione di cui si tratta al Prof. Avv.to Pasquale Troncone, non si
ravvisano motivi ostativi a che lo stesso professionista esperto della materia prosegua
nell’incarico conferito, salvo diverse valutazioni della Giunta Comunale.

Gaeta,18/02/2010 – L’Avvocatura Comunale”;

Sentito il Prof. Avv. Pasquale Troncone il quale si è dichiarato disponibile ed
onorato di tutelare il Comune di Gaeta in sede giudiziale ed extra giudiziale, a titolo
gratuito fatte salve le eventuali spese processuali;

Visti i pareri favorevoli di regolarità tecnica del Dirigente del VI Settore, che
testualmente si riporta: “Il Consiglio Comunale con delibera 100/08 ha approvato
l’ordine del giorno in cui si impegnava la Giunta Comunale ad attivarsi per il
riconoscimento ed il risarcimento dei danni arrecati dalla Dinastia Sabauda.

Successivamente la G.C. ha incaricato un professionista esterno perché fornisse un
parere legale sulla questione. Il professionista ha svolto l’incarico e fornito il parere
legale. In virtù del suddetto parere si ritiene di incaricare lo stesso professionista per
agire giudizialmente a tutela della città di Gaeta e della comunità gaetana.” e di
regolarità contabile del Dirigente del Settore economico finanziario, resi ai sensi
dell’art. 49, comma 1, del Decreto Legislativo 267/2007,

Con votazione unanime favorevole, palesemente resa per alzata di mano

D E L I B E R A

1. di prendere atto del lavoro svolto dal professionista e di condividerne il ricostruito
percorso storico;

2. di incaricare il medesimo professionista, Prof. Avv. Pasquale Troncone del Foro di
Napoli, con studio in Napoli alla Via Girolamo Santacroce n. 5/A, previa verifica della
sussistenza dei presupposti di legge, a proporre azione extra giudiziale e/o giudiziale
davanti alle Autorità competenti per il riconoscimento e l’ottenimento del
risarcimento dei danni arrecati alla Città di Gaeta ed alla Comunità gaetana dalla
Dinastia Sabauda, nonché per la restituzione dei beni confiscati divenuti
successivamente di proprietà demaniale;

3. di prendere atto della disponibilità del professionista a svolgere il presente incarico
titolo gratuito fatte salve le spese processuali, il quale pertanto sottoscriverà la
presente per accettazione dell’incarico alle predette condizioni;

4. di demandare al Dirigente del VI Settore, l’adozione del relativo provvedimento
determinativo gestionale per l’impegno di spesa occorrente per quanto sopra previsto
nel limite massimo di euro 2000,00;

5. Il professionista nel sottoscrivere la relativa determinazione di impegno di spesa
assume l’obbligo di comunicare al Comune – nel corso del giudizio – l’eventuale
modifica dell’importo delle spese processuali, da concordarsi preventivamente con il
Comune stesso, il quale non è vincolato obbligatoriamente all’accettazione;

6. la somma di euro 2000,00 graverà sul capitolo 124 codice 1.01.02.03 dell’esercizio
finanziario 2010 avente per oggetto “spese per liti, arbitraggi e risarcimenti”.

Successivamente

LA GIUNTA COMUNALE

Ravvisata la necessità di dichiarare il presente atto immediatamente eseguibile,
riscontrandone l’urgenza dettata dalla problematica in questione;

Richiamato l’art. 134 del D.Lgs 267/2000

Con separata votazione unanime favorevole, legalmente resa per alzata di mano

D I C H I A R A

Il presente atto immediatamente eseguibile.

Il presente verbale viene letto, confermato e sottoscritto nelle forme di legge.

IL SINDACO DOTT. ANTONIO RAIMONDI
IL SEGRETARIO GENERALE AVV. ALESSANDRO IZZI

Pareri favorevoli ai sensi dell’art.49 – 1° comma – del Dec. Lgs. 18/08/2000, n°267
Per la regolarità tecnica Per la regolarità contabile
il Funzionario responsabile il Funzionario responsabile
f.to (Ing. Emilio Masiello) f.to (D.ssa Maria Veronica Gallinaro)

Il sottoscritto Segretario Comunale, visti gli atti d’ufficio,

ATTESTA

Che il presente atto:

►Viene affisso in copia a questo Albo Pretorio, come prescritto dall’art.124, comma 1, del Dec. Lgs. 18/08/2000n°267, per 15 giorni consecutivi a decorrere dal 23/02/2010;

►Non è soggetto a controllo preventivo di legittimità ai sensi della Legge Costituzionale n°3/2001;

►È esecutivo perché dichiarato immediatamente eseguibile (art. 134 – comma 4 – del Dec. Lgs. 18/08/2000, n°267).
Lì 23/02/2010
________________________ _________________________
il Messo Comunale il Segretario Generale
f.to (Lustro Giuseppe) f.to (Avv. Alessandro Izzi)
Il sottoscritto Segretario Generale, visti gli atti d’ufficio

ATTESTA

Che il presente atto è divenuto esecutivo il ______________________
►perché decorso il decimo giorno della sua pubblicazione (art.134 – comma 3 – del Dec. Lgs. 18/08/2000 n°267).
Lì _____________________

IL SEGRETARIO GENERALE
f.to (Avv. Alessandro Izzi)

COPIA CONFORME ALL’ORIGINALE, IN CARTA LIBERA PER USO AMMINISTRATIVO.
Addì __________________________
IL SEGRETARIO GENERALE
(Avv. Alessandro Izzi)
-
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COMUNE DI GAETA Provincia di Latina DELIBERAZIONE DI GIUNTA N°42 del 22/02/2010

OGGETTO

Deliberazione del Consiglio Comunale n°100 del 6 dicembre 2008: “150° Anniversario Unità d’Italia. Provvedimenti”. Incarico legale a professionista esterno.

L’anno duemilanove, addì 22 del mese di febbraio in Gaeta e nella sede del
Municipio, alle ore 21:00 e seguenti, si è riunita la Giunta Comunale.
Sono intervenuti:
presente assente
Presidente Antonio RAIMONDI X
Assessore (Vice Sindaco) Salvatore DI CIACCIO X
Assessore Antonella AVITABILE X
Assessore Alfredo CARDI X
Assessore Antonio CIANO X
Assessore Cosmo DI PERNA X
Assessore Giovanni IALONGO X
Assessore David VECCHIARIELLO X

Partecipa il Segretario Generale Avv. Alessandro Izzi, il quale è incaricato anche
della redazione del verbale.

LA GIUNTA

● Vista la proposta di deliberazione in oggetto presentata dall’Assessore Cap. Antonio Ciano;
P.P.:16/6°
2
Premesso che

· con deliberazione di Consiglio Comunale n. 100 del 6 dicembre 2008 si è approvato
l’ordine del giorno ad oggetto: “150° Anniversario Unità d’Italia. Provvedimenti”,
che impegna il Sindaco e la Giunta Comunale, ognuno per la propria competenza, ad
attivare ogni azione utile per il riconoscimento ed il risarcimento dei danni arrecati
dalla Dinastia Sabauda alla Città di Gaeta in occasione dell’assedio iniziato nel
novembre 1860 e terminato il 13 febbraio 1861, anche tramite incarico legale per le
azioni da esperire nei confronti degli eredi e dei beneficiari del patrimonio ex reale;

· con deliberazione di Giunta Comunale n. 12 del 29/01/2009 si è dato incarico al Prof.
Avv. Pasquale Troncone, con studio in Napoli alla Via Girolamo Santacroce nr. 5/A, di
rendere un parere legale in ordine all’inquadramento giuridico dei fatti accaduti in
occasione dell’assedio di Gaeta del 1860-1861 da parte dell’Esercito Piemontese con
espressa rinuncia a qualsiasi compenso di carattere economico;

· il professionista ha reso il parere legale richiesto, acquisito al protocollo generale in
data 7 luglio 2009, prot. 27276, ad oggetto “Sulla rilevanza giuridica degli effetti
dell’assedio del 1860-1961”;

Ritenuto di apprezzare il lavoro svolto dal professionista condividendo in primis

· che il Comune di Gaeta con tale iniziativa intende riaffermare la sua fedeltà ai
principi della Costituzione repubblicana del 1948 ed in particolare tutta l’azione
amministrativa che ne dovesse conseguire, dovrà essere informata al dettato
dell’art. 54 Cost. “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e
di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore …” come
opportunamente sottolineato dal professionista alla pag. 4 del parere;

· che l’amore che i cittadini di Gaeta portano alla storia della propria città e
l’impegno secolare che i cittadini del 1861 assunsero con atti pubblici impongono alla
coscienza dei loro discendenti di aprire un dialogo franco e sereno sulle ragioni
dell’assedio e sui possibili illeciti commessi all’epoca;

Preso atto che il professionista al Capitolo VII “Le possibili azioni riparative da
intraprendere” ha prospettato le azioni giudiziali ed extra giudiziali che quest’Ente può
intraprendere per il conseguimento della riparazione dei danni subiti dalla città e dai
suoi concittadini, nonché la possibile richiesta di sdemanializzazione dei beni indicati
nelle delibere comunali dell’epoca adottate dalle passate amministrazioni di questo
Comune;

Considerata la recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni
Unite Civile n. 14201/08 che ha enunciato il principio di diritto di carattere generale che
prescinde da limiti temporali “il rispetto dei diritti inviolabili della persona ha assunto, anche nell’ordinamento internazionale, il ruolo di principio fondamentale per il suo contenuto assiologico di meta valore”;

Considerato altresì che al di là delle azioni giudiziarie, afferma il professionista
che sarebbe auspicabile trovare la giusta capacità di iniziativa per addivenire ad un
dialogo pubblico, fondato su esigenze di tipo etico, tra la comunità gaetana e i
discendenti di Casa Savoia. Le ragioni dell’onore e del buon nome di una ex casa regnante dovrebbero motivare gli attuali rappresentanti della famiglia Savoia a farsi continuatori di quell’opera di pacificazione e di riparazione intrapresa dal Luogotenente generale il Principe di Carigliano, nominato con Decreto mediante ilquale il Principe Eugenio di Savoja Carignano lo nominava Luogotenente generale nelle
province napoletane il 3 gennaio 1861, allorchè l’11 gennaio 1861 volle rendersi
personalmente conto di quanti e quali danni l’assedio di Gaeta aveva cagionato contro
civili inermi e contro una città sovrana. Tale particolare sensibilità del Carigliano lo
spinse ad assumere l’impegno morale di rappresentare le giuste ragioni di Gaeta presso
il Sovrano Sabaudo. Gesto questo di alto valore umano e sociale al quale non venne dato
dal Sovrano Sabaudo alcun seguito;

Considerato che risulta ampiamente documentato che i danni cagionati alle
strutture civili e agli stessi cittadini in occasione dell’assedio non furono contenuti “nei limiti di stretta necessità”, ed all’uopo è significativo quanto riportato nel verbale del
28 febbraio 1861 nel quale si legge che “il decurionato ha considerato nulla ostare alla
dimostrazione di affetto verso l’augusto Nostro Sovrano, e Principe, lo stato di sfacelo
di questa Città, e Borgo da pochi giorni liberata dal memorabile, e singolare assedio, in
cui la truppa assediata, benché nazionale, era la vera nemica dei suoi abitanti, l’assediante benché con foga spaventevole, ed orroso, usante delle sue Artiglieri, era l’amica protettrice di essi” e del verbale del 10 giugno 1861 “divenuta questa
città teatro di guerra fu il bersaglio delle truppe belligeranti, e degli assediati venne ridotta nello stato di ruine, e di squallore”;

Tenuto conto resta di sommo ed attuale contenuto quanto venne scritto nella
“Memoria della Città di Gaeta inviata al Parlamento di Torino nel 1865” “….NON CREDASI, CHE QUESTA CITTA’ S’ASTENGA E SI ASTERRÀ DAL PRESENTARE DIVERSAMENTE LE SUE RAGIONI PER MERA PULSILLANIMITÀ”;

Considerato

· che occorre dare attuazione alla delibera Consiliare 100/2008 conferendo incarico
legale per la tutela degli interessi della Città di Gaeta e della Comunità gaetana;

· che pertanto questa Amministrazione comunale in attuazione della delibera
Consiliare di cui sopra intende conferire incarico al Prof. Avv. Pasquale Troncone
affinché proponga a tal fine ogni azione extra giudiziale e/o giudiziale conseguente;

Vista la valutazione resa dall’Avvocatura comunale sulla questione che così si
esprime “L’Avvocatura Comunale (rappresentata dall’Avv.to Daniela Piccolo e Avv.to
Annamaria Rak) esaminata la proposta di delibera di Giunta Comunale relativa al
conferimento di incarico legale a professionista esterno, considerata la peculiarità della
materia in oggetto, che riveste anche questioni di diritto internazionale;

considerato altresì che con delibera di Giunta n°12/2009 è stato conferito apposito incarico di
studio della questione di cui si tratta al Prof. Avv.to Pasquale Troncone, non si
ravvisano motivi ostativi a che lo stesso professionista esperto della materia prosegua
nell’incarico conferito, salvo diverse valutazioni della Giunta Comunale.

Gaeta,18/02/2010 – L’Avvocatura Comunale”;

Sentito il Prof. Avv. Pasquale Troncone il quale si è dichiarato disponibile ed
onorato di tutelare il Comune di Gaeta in sede giudiziale ed extra giudiziale, a titolo
gratuito fatte salve le eventuali spese processuali;

Visti i pareri favorevoli di regolarità tecnica del Dirigente del VI Settore, che
testualmente si riporta: “Il Consiglio Comunale con delibera 100/08 ha approvato
l’ordine del giorno in cui si impegnava la Giunta Comunale ad attivarsi per il
riconoscimento ed il risarcimento dei danni arrecati dalla Dinastia Sabauda.

Successivamente la G.C. ha incaricato un professionista esterno perché fornisse un
parere legale sulla questione. Il professionista ha svolto l’incarico e fornito il parere
legale. In virtù del suddetto parere si ritiene di incaricare lo stesso professionista per
agire giudizialmente a tutela della città di Gaeta e della comunità gaetana.” e di
regolarità contabile del Dirigente del Settore economico finanziario, resi ai sensi
dell’art. 49, comma 1, del Decreto Legislativo 267/2007,

Con votazione unanime favorevole, palesemente resa per alzata di mano

D E L I B E R A

1. di prendere atto del lavoro svolto dal professionista e di condividerne il ricostruito
percorso storico;

2. di incaricare il medesimo professionista, Prof. Avv. Pasquale Troncone del Foro di
Napoli, con studio in Napoli alla Via Girolamo Santacroce n. 5/A, previa verifica della
sussistenza dei presupposti di legge, a proporre azione extra giudiziale e/o giudiziale
davanti alle Autorità competenti per il riconoscimento e l’ottenimento del
risarcimento dei danni arrecati alla Città di Gaeta ed alla Comunità gaetana dalla
Dinastia Sabauda, nonché per la restituzione dei beni confiscati divenuti
successivamente di proprietà demaniale;

3. di prendere atto della disponibilità del professionista a svolgere il presente incarico
titolo gratuito fatte salve le spese processuali, il quale pertanto sottoscriverà la
presente per accettazione dell’incarico alle predette condizioni;

4. di demandare al Dirigente del VI Settore, l’adozione del relativo provvedimento
determinativo gestionale per l’impegno di spesa occorrente per quanto sopra previsto
nel limite massimo di euro 2000,00;

5. Il professionista nel sottoscrivere la relativa determinazione di impegno di spesa
assume l’obbligo di comunicare al Comune – nel corso del giudizio – l’eventuale
modifica dell’importo delle spese processuali, da concordarsi preventivamente con il
Comune stesso, il quale non è vincolato obbligatoriamente all’accettazione;

6. la somma di euro 2000,00 graverà sul capitolo 124 codice 1.01.02.03 dell’esercizio
finanziario 2010 avente per oggetto “spese per liti, arbitraggi e risarcimenti”.

Successivamente

LA GIUNTA COMUNALE

Ravvisata la necessità di dichiarare il presente atto immediatamente eseguibile,
riscontrandone l’urgenza dettata dalla problematica in questione;

Richiamato l’art. 134 del D.Lgs 267/2000

Con separata votazione unanime favorevole, legalmente resa per alzata di mano

D I C H I A R A

Il presente atto immediatamente eseguibile.

Il presente verbale viene letto, confermato e sottoscritto nelle forme di legge.

IL SINDACO DOTT. ANTONIO RAIMONDI
IL SEGRETARIO GENERALE AVV. ALESSANDRO IZZI

Pareri favorevoli ai sensi dell’art.49 – 1° comma – del Dec. Lgs. 18/08/2000, n°267
Per la regolarità tecnica Per la regolarità contabile
il Funzionario responsabile il Funzionario responsabile
f.to (Ing. Emilio Masiello) f.to (D.ssa Maria Veronica Gallinaro)

Il sottoscritto Segretario Comunale, visti gli atti d’ufficio,

ATTESTA

Che il presente atto:

►Viene affisso in copia a questo Albo Pretorio, come prescritto dall’art.124, comma 1, del Dec. Lgs. 18/08/2000n°267, per 15 giorni consecutivi a decorrere dal 23/02/2010;

►Non è soggetto a controllo preventivo di legittimità ai sensi della Legge Costituzionale n°3/2001;

►È esecutivo perché dichiarato immediatamente eseguibile (art. 134 – comma 4 – del Dec. Lgs. 18/08/2000, n°267).
Lì 23/02/2010
________________________ _________________________
il Messo Comunale il Segretario Generale
f.to (Lustro Giuseppe) f.to (Avv. Alessandro Izzi)
Il sottoscritto Segretario Generale, visti gli atti d’ufficio

ATTESTA

Che il presente atto è divenuto esecutivo il ______________________
►perché decorso il decimo giorno della sua pubblicazione (art.134 – comma 3 – del Dec. Lgs. 18/08/2000 n°267).
Lì _____________________

IL SEGRETARIO GENERALE
f.to (Avv. Alessandro Izzi)

COPIA CONFORME ALL’ORIGINALE, IN CARTA LIBERA PER USO AMMINISTRATIVO.
Addì __________________________
IL SEGRETARIO GENERALE
(Avv. Alessandro Izzi)
-

I.T.C. “Leonardo da Vinci”- Santa Maria Capua Vetere (CE)- SABATO 6 MARZO: A 150 ANNI DALL'UNITA' CONTROSTORIA D' ITALIA

Istituto Tecnico Commerciale Statale
ad Indirizzo Giuridico Economico Aziendale
“Leonardo da Vinci”
Santa Maria Capua Vetere (CE) Via C. Santagata n. 18

A 150 ANNI DALL'UNITA'
CONTROSTORIA D' ITALIA





CONVEGNO DI AGGIORNAMENTO
AULA MAGNA IST.TECNICO COMM.
SABATO 6 MARZO ORE 10,30


Relatori

D. Mattucci Cons. Com.le
G. Stellato Cons. Reg.le
Su “A 150 anni dall’Unità”

M. Vigliotti Dirigente Scolastico
Su “Briganti o partigiani? L’epopea dei briganti”

P. De Chiara Mov. neoborbonico
“La storia negata: grandezza e primati della Napoli borbonica”

Nel corso del convegno sarà proiettato un video del regista MAURO CAIANO dal titolo:
“NAPOLI CAPITALE”

In questi giorni saremo inondati di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Siamo italiani e non lo rinneghiamo: ma da meridionali ci chiediamo spesso se quella annessione violenta e forzata sia stata un bene, se non c’erano altri modi per realizzare questa unità, se i Savoia poi hanno o no fatto meglio dei Borboni.
La storia non ammette “se” e “ma”; eppure penso che noi tutti ci sentiamo delusi e ingannati: e restano come tragici interrogativi quelli intorno alla spietata repressione del brigantaggio e della rivolta dei contadini, al sottosviluppo che conseguì la mancanza di ogni pianificazione ed intervento, la rapina occhiuta di ogni risorsa.
E ci viene il dubbio che abbiamo poco da festeggiare

Il preside



“Finiamola di definirci i “buoni” d’Europa, e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste. Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle due Sicilie, “PIEMONTESI
Carlo Alianello


Chi ha visto ò lupo
e s’è miso paura
nun sape ancora
cu chi ave a che ffà
o vero lupo/che mange è criature
è ò piemontese
e l’avimme caccià
La canzone dei briganti
.
Leggi tutto »
Istituto Tecnico Commerciale Statale
ad Indirizzo Giuridico Economico Aziendale
“Leonardo da Vinci”
Santa Maria Capua Vetere (CE) Via C. Santagata n. 18

A 150 ANNI DALL'UNITA'
CONTROSTORIA D' ITALIA





CONVEGNO DI AGGIORNAMENTO
AULA MAGNA IST.TECNICO COMM.
SABATO 6 MARZO ORE 10,30


Relatori

D. Mattucci Cons. Com.le
G. Stellato Cons. Reg.le
Su “A 150 anni dall’Unità”

M. Vigliotti Dirigente Scolastico
Su “Briganti o partigiani? L’epopea dei briganti”

P. De Chiara Mov. neoborbonico
“La storia negata: grandezza e primati della Napoli borbonica”

Nel corso del convegno sarà proiettato un video del regista MAURO CAIANO dal titolo:
“NAPOLI CAPITALE”

In questi giorni saremo inondati di celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Siamo italiani e non lo rinneghiamo: ma da meridionali ci chiediamo spesso se quella annessione violenta e forzata sia stata un bene, se non c’erano altri modi per realizzare questa unità, se i Savoia poi hanno o no fatto meglio dei Borboni.
La storia non ammette “se” e “ma”; eppure penso che noi tutti ci sentiamo delusi e ingannati: e restano come tragici interrogativi quelli intorno alla spietata repressione del brigantaggio e della rivolta dei contadini, al sottosviluppo che conseguì la mancanza di ogni pianificazione ed intervento, la rapina occhiuta di ogni risorsa.
E ci viene il dubbio che abbiamo poco da festeggiare

Il preside



“Finiamola di definirci i “buoni” d’Europa, e nessuno dei nostri fratelli del Nord venga a lamentarsi delle stragi naziste. Le SS del 1860 e degli anni successivi si chiamarono, almeno per gli abitanti dell’ex Regno delle due Sicilie, “PIEMONTESI
Carlo Alianello


Chi ha visto ò lupo
e s’è miso paura
nun sape ancora
cu chi ave a che ffà
o vero lupo/che mange è criature
è ò piemontese
e l’avimme caccià
La canzone dei briganti
.

A proposito del savoiardo canterino


di Raffaele Abbate

L’esibizione del principino Savoia sul palco sanremese che grazie al “voto popolare” (ovvero noleggio di un call center) è arrivato in finale, mi ha fatto ritornare in mente quanto, qualche anno orsono, lessi sul “Mattino” di Napoli: una lettera aperta che il Maestro Roberto De Simone manda al principe babbo, il ”dott. Savoia V.E” , frequentatore assiduo di bordelli di alto e basso bordo.

SE VE LA SIETE PERSA LEGGETELA !!!!!

Caro dottor Savoia,

sono un napoletano come te e ho più o meno la tua età: sotto i settant’anni. Nell’apprendere che probabilmente verrai a Napoli, mi sono riaffiorate alla memoria ridde di avvenimenti risalenti al 1943, dei quali tu fai parte comunque, e che quindi mi corre l’obbligo di comunicarti.

Nell’ex convento di Monteoliveto, presso la Posta centrale, tra le rovine causate dal bombardamento del 4 dicembre 1941, si erano insediate, nel ‘43, le truppe americane di occupazione, e i napoletani della zona, affamati, ivi sostavano spe­rando in qualche gesto d’elemosina, o in una vendita di prodotti alimentari che i militari effettuavano per poche am-lire.

Tra i tanti, mi trovavo lì con mia nonna, avevo dieci anni, e la mia famiglia era ridotta in disperate condi­zioni dopo che mio padre era stato dimesso dall’esercito coloniale. A un tratto, dalle scale del cortile di Monteoliveto discese un americano il quale mostrò una grossa scatola di carne e si accinse ad aprirla. Tutti, credendo che egli volesse distribuirne il contenuto tra più persone, gli si affollarono intorno, ma il militare, non appena ebbe tagliato il coperchio, scaracchiò rumorosamente e sputò sulla carne, gettando la scatola a terra, tra le risate degli ame­ricani presenti. Purtuttavia, ricordo che una donna si chinò a recuperare la scatola, togliendone la parte su­periore della carne.

A tal punto, un secondo militare si sbottonò i pantaloni e pisciò sulla scatola, bagnando anche la donna che ad alta voce bestemmiò. Ma tu non puoi ricordare tali cose: eri bene al sicuro con tuo nonno che proditoriamente era fuggito abbandonando la Nazione all’invasione delle truppe anche di colore.

Le persone come me, e sono tante, ricor­dano, ricordano: e io mi ricordo del povero Rosario De Leva, figlio del maestro Enrico De Leva, autore di «Spingole francesi», di «‘A nuvena» e di tante altre belle melodie. Rosario aveva quindici anni, e come me studiava il pianoforte con Tita Parisi, presso la quale mi recavo a prendere lezione, in via dei Mille, nello stesso palazzo in cui abitava il maestro De Leva. Il giovanissimo Rosario, un sabato mattina del settembre del ‘43, stava percorrendo via Vittoria Colonna, quando udì intimargli l’alt da una pattuglia tedesca. Rosario prese a correre e si rifugiò nella vicina chiesa dell’Ascensione, ma fu raggiunto da due militari che con tre colpi di pistola lo ammazzarono lì, ai piedi dell’alta­re maggiore. Più o meno, allo stesso modo mori mio nonno Claudio, padre di mia madre, scambiato dal tedeschi per un giovane. In quei giorni ammazzare una persona era facilissimo, caro dottor Savoia, e non si subiva nemmeno un processo, come quello che tu hai subito.

In quei giorni morire era facile, e per vivere si faceva di tutto, ci s’industriava a vendere di tutto, come fece ingegnosamente una «zarellara» dei Banchi Nuovi, che, nella Befana del 1944, si mise a vendere palloncini ricavati dai preservativi dei soldati america­ni. Mia madre s’industriava vendendo del sapone fatto in casa – si fa per dire – perché in realtà eravamo accampati in una casa-botte­ga di nonno Claudio, in piazza del Gesù, invasa totalmente dalle macerie del bombardamento del 4 agosto 1943. Noi ci eravamo li trasferiti da piazza Sant’Erasmo, al Porto, dopo che la nostra casa era stata sventrata da un pezzo della nave esplosa nel marzo del ‘43. Lì, oltre a vendere il sapone, mia madre vendeva anche lo zucchero di contrabbando, tant’è che una volta subimmo una perquisizione della polizia. Ma fortunatamente una comare di nonna ebbe la felice idea di nascondere vari sacchetti,di zucchero nel pianoforte verticale, sui quale io mi esercitavo a suonare, e i poliziotti cercarono dappertutto, perfino nei materassi, tralasciando il vecchio strumento. Era questa la realtà collettiva della nostra città, e tale rimase oltre il giugno del ‘46, quando, perlomeno, avem­mo la fortuna che i Savoia fossero definitivamente cacciati via.

Ma con tutto ciò, caro dottor Savoia, a scanso di equivoci, ti chiarisco che non sono neoborbonico. Ma un re un re come Carlo di Borbone i Savoia se lo sognano, e che gli effetti di quel regno illuminato si riflessero a lungo sui discendenti di quella dinastia; ma ai Borbone si imputano gravi colpe, come la vergognosa fuga di Ferdinando dalla città, nel 1798, all’approssimarsi dell’esercito francese. Nè sarà mai perdonabile la barbara macelleria del ’99, il tradimento compiuto verso i rivoluzionari giacobini che capitolarono con la garanzia di avere salva la vita. Ma i tuoi avi, caro Savoia, hanno usurpato il regno delle due Sicilie, lo hanno spogliato come terra di conquista, abbandonando il Sud alla miseria, alla disoccupazione, all’emigrazione, al mancato sviluppo economico; sono responsabili di avere impiegato i meridionali come carne da cannone nelle guerre d’Africa, nella guerra ‘15-’18; sono colpevoli di avere aperto le porte al fascismo, di avere firmato una nefanda dichiarazione di guerra, i cui esiti a Napoli furono catastrofici e tuttora sono visibili.A tale proposito, caro dottor Savoia, non so se ricordi quale era, urbanisticamente, l’aspetto della nostra città nel ‘46, e allora quando verrai, se verrai, volgi uno sguardo alla collina del Vomero, a Posillipo, a Mergellina, alla Riviera di Chiaia, a via Marina, a piazza Mercato, e ti salteranno agli occhi gli oltraggi edilizi, gli abusi, gli scempi, che in nome di un partito monarchico, i laurini hanno perpetrato sulla città. Né dimentico le visite del sindaco Lauro a tuo padre Umberto in Portogallo, il quale si faceva ritrarre nell’atto di stringere la mano a dan Achille, e questi pubblicava le foto sul «Roma», quasi a mostrare la legittimità di una sua carica di novello Vicerè. Se tu venissi a Napoli, caro Savoia, per chiedere perdono del male fatto alla nostra città dalla tua famiglia, ti riconoscerei una qualche nobiltà. Ma tu tornerai con l’albagia del tuo rango, sarai ricevuto tra salamelecchi e baciamani al Circolo dell’Unione, e già mi vedo medaglie e nastrini e collari di’ ordini cavallereschi, e croci lucidate al Sidol, e altre chincagliene del genere, messi in bella mostra non tanto per onorare te, sappio, ma per ribadire i privilegi di un potere, che, sia pure storicamente disconosciuto, esercita tuttora una sua negativa influenza. Eppure, quando ti vedrai circondato da sorrisi di dentiere e da battimani difolcloristi­che contesse e baronesse, ricordati che ci sono anche tanti napoletani come me; e siamo noi i discendenti di Giambattista Vico, di Vincenzo Cuoco, di Benedetto Cro­ce, del professore Caccioppoli, che le palle non le hanno mai avute sulla corona ma dove di solito si collocano..

Scusami, tra l’altro, caro Savoia, se ti ho chiamato «dottore», ma è questo l’appellativo che a Napoli i gestori di parcheggio abusivo sogliono dare ai clienti cui non sanno che titolo dare.

firmato : Maestro Roberto De Simone

———————————————————————————-

Al principino Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia, (il babbo ha messo la “sepponta”1 anche all’amico del cuore e di affari Reza Pahlavi) dedico questa mia invettiva alla maniera di Shakespeare.

Orbene messere, malgrado il tuo cocchio rifinito di oro zecchino,

malgrado la tua coppia di destrieri d’Arabia,

malgrado la tua giubba di Fiandra ed i tuoi merletti di Arles,

malgrado il tuo sguardo che va oltre noi miseri mortali,

come se fossimo trasparenti

qual ghiaccio di montagna,

malgrado il tuo portamento slanciato

che domina noi poveri botoli rincagnati e tondi

per il cibo sempre uguale,

mentre tu pasteggi

con ostriche e fagiani

e li innaffi con vino regale

ebbene messere,

sappi che

malgrado tutto ciò

ed altro ancora

che il rispetto, non certo per te

ma per chi mi legge,

mi impone di tacere,

è arrivata l’ora che qualcuno

ti dia la lezione che meriti.

Caro messere

ascolta queste mie forbite parole

anche se ti sarà difficile intendere

perché i tuoi avi e precettori fuggirono disperati

dalla tua avita magione

a cagione della tua refrattarietà all’apprendere.

Cerca, orsu, di sforzarti

anche se lo sforzo ti aggrotterà la fronte

ma sappi che così più ristretta sarà la tua calotta cranica

più atta ad ospitar il tuo cervello

che essendo meno nel vuoto

potrà, almeno una volta nella sua pigra vita,

funzionare.

Quel tuo misero cervello tanto simile al frutto di un’ostrica

ormai avvizzito per il non uso.

In conclusione messere

ora che lo sforzo ti rende recettivo

ascolta

ecco cosa ho da dirti:

va ad accoppiarti

in guisa degli abitanti dell’antica Sodoma

ma vedi se puoi

cerca di farlo molto ma molto lontano da noi.

In conclusione: gli unici savoiardi che tollero sono quelli nel Tiramisù!

Nota 1 Sepponta (verbo seppontare): nel suo significato originario, la sepponta è un sostegno, qualcosa che aiuta a stare in piedi, che sostiene. Nell’accezione più comune, indica l’usanza di trasferire al primo nipote maschio il nome del nonno, allo scopo di far sopravvivere il casato o anche imporre il nome di persone che si ritengono importanti.

Fonte:Lettere Magazine
.
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di Raffaele Abbate

L’esibizione del principino Savoia sul palco sanremese che grazie al “voto popolare” (ovvero noleggio di un call center) è arrivato in finale, mi ha fatto ritornare in mente quanto, qualche anno orsono, lessi sul “Mattino” di Napoli: una lettera aperta che il Maestro Roberto De Simone manda al principe babbo, il ”dott. Savoia V.E” , frequentatore assiduo di bordelli di alto e basso bordo.

SE VE LA SIETE PERSA LEGGETELA !!!!!

Caro dottor Savoia,

sono un napoletano come te e ho più o meno la tua età: sotto i settant’anni. Nell’apprendere che probabilmente verrai a Napoli, mi sono riaffiorate alla memoria ridde di avvenimenti risalenti al 1943, dei quali tu fai parte comunque, e che quindi mi corre l’obbligo di comunicarti.

Nell’ex convento di Monteoliveto, presso la Posta centrale, tra le rovine causate dal bombardamento del 4 dicembre 1941, si erano insediate, nel ‘43, le truppe americane di occupazione, e i napoletani della zona, affamati, ivi sostavano spe­rando in qualche gesto d’elemosina, o in una vendita di prodotti alimentari che i militari effettuavano per poche am-lire.

Tra i tanti, mi trovavo lì con mia nonna, avevo dieci anni, e la mia famiglia era ridotta in disperate condi­zioni dopo che mio padre era stato dimesso dall’esercito coloniale. A un tratto, dalle scale del cortile di Monteoliveto discese un americano il quale mostrò una grossa scatola di carne e si accinse ad aprirla. Tutti, credendo che egli volesse distribuirne il contenuto tra più persone, gli si affollarono intorno, ma il militare, non appena ebbe tagliato il coperchio, scaracchiò rumorosamente e sputò sulla carne, gettando la scatola a terra, tra le risate degli ame­ricani presenti. Purtuttavia, ricordo che una donna si chinò a recuperare la scatola, togliendone la parte su­periore della carne.

A tal punto, un secondo militare si sbottonò i pantaloni e pisciò sulla scatola, bagnando anche la donna che ad alta voce bestemmiò. Ma tu non puoi ricordare tali cose: eri bene al sicuro con tuo nonno che proditoriamente era fuggito abbandonando la Nazione all’invasione delle truppe anche di colore.

Le persone come me, e sono tante, ricor­dano, ricordano: e io mi ricordo del povero Rosario De Leva, figlio del maestro Enrico De Leva, autore di «Spingole francesi», di «‘A nuvena» e di tante altre belle melodie. Rosario aveva quindici anni, e come me studiava il pianoforte con Tita Parisi, presso la quale mi recavo a prendere lezione, in via dei Mille, nello stesso palazzo in cui abitava il maestro De Leva. Il giovanissimo Rosario, un sabato mattina del settembre del ‘43, stava percorrendo via Vittoria Colonna, quando udì intimargli l’alt da una pattuglia tedesca. Rosario prese a correre e si rifugiò nella vicina chiesa dell’Ascensione, ma fu raggiunto da due militari che con tre colpi di pistola lo ammazzarono lì, ai piedi dell’alta­re maggiore. Più o meno, allo stesso modo mori mio nonno Claudio, padre di mia madre, scambiato dal tedeschi per un giovane. In quei giorni ammazzare una persona era facilissimo, caro dottor Savoia, e non si subiva nemmeno un processo, come quello che tu hai subito.

In quei giorni morire era facile, e per vivere si faceva di tutto, ci s’industriava a vendere di tutto, come fece ingegnosamente una «zarellara» dei Banchi Nuovi, che, nella Befana del 1944, si mise a vendere palloncini ricavati dai preservativi dei soldati america­ni. Mia madre s’industriava vendendo del sapone fatto in casa – si fa per dire – perché in realtà eravamo accampati in una casa-botte­ga di nonno Claudio, in piazza del Gesù, invasa totalmente dalle macerie del bombardamento del 4 agosto 1943. Noi ci eravamo li trasferiti da piazza Sant’Erasmo, al Porto, dopo che la nostra casa era stata sventrata da un pezzo della nave esplosa nel marzo del ‘43. Lì, oltre a vendere il sapone, mia madre vendeva anche lo zucchero di contrabbando, tant’è che una volta subimmo una perquisizione della polizia. Ma fortunatamente una comare di nonna ebbe la felice idea di nascondere vari sacchetti,di zucchero nel pianoforte verticale, sui quale io mi esercitavo a suonare, e i poliziotti cercarono dappertutto, perfino nei materassi, tralasciando il vecchio strumento. Era questa la realtà collettiva della nostra città, e tale rimase oltre il giugno del ‘46, quando, perlomeno, avem­mo la fortuna che i Savoia fossero definitivamente cacciati via.

Ma con tutto ciò, caro dottor Savoia, a scanso di equivoci, ti chiarisco che non sono neoborbonico. Ma un re un re come Carlo di Borbone i Savoia se lo sognano, e che gli effetti di quel regno illuminato si riflessero a lungo sui discendenti di quella dinastia; ma ai Borbone si imputano gravi colpe, come la vergognosa fuga di Ferdinando dalla città, nel 1798, all’approssimarsi dell’esercito francese. Nè sarà mai perdonabile la barbara macelleria del ’99, il tradimento compiuto verso i rivoluzionari giacobini che capitolarono con la garanzia di avere salva la vita. Ma i tuoi avi, caro Savoia, hanno usurpato il regno delle due Sicilie, lo hanno spogliato come terra di conquista, abbandonando il Sud alla miseria, alla disoccupazione, all’emigrazione, al mancato sviluppo economico; sono responsabili di avere impiegato i meridionali come carne da cannone nelle guerre d’Africa, nella guerra ‘15-’18; sono colpevoli di avere aperto le porte al fascismo, di avere firmato una nefanda dichiarazione di guerra, i cui esiti a Napoli furono catastrofici e tuttora sono visibili.A tale proposito, caro dottor Savoia, non so se ricordi quale era, urbanisticamente, l’aspetto della nostra città nel ‘46, e allora quando verrai, se verrai, volgi uno sguardo alla collina del Vomero, a Posillipo, a Mergellina, alla Riviera di Chiaia, a via Marina, a piazza Mercato, e ti salteranno agli occhi gli oltraggi edilizi, gli abusi, gli scempi, che in nome di un partito monarchico, i laurini hanno perpetrato sulla città. Né dimentico le visite del sindaco Lauro a tuo padre Umberto in Portogallo, il quale si faceva ritrarre nell’atto di stringere la mano a dan Achille, e questi pubblicava le foto sul «Roma», quasi a mostrare la legittimità di una sua carica di novello Vicerè. Se tu venissi a Napoli, caro Savoia, per chiedere perdono del male fatto alla nostra città dalla tua famiglia, ti riconoscerei una qualche nobiltà. Ma tu tornerai con l’albagia del tuo rango, sarai ricevuto tra salamelecchi e baciamani al Circolo dell’Unione, e già mi vedo medaglie e nastrini e collari di’ ordini cavallereschi, e croci lucidate al Sidol, e altre chincagliene del genere, messi in bella mostra non tanto per onorare te, sappio, ma per ribadire i privilegi di un potere, che, sia pure storicamente disconosciuto, esercita tuttora una sua negativa influenza. Eppure, quando ti vedrai circondato da sorrisi di dentiere e da battimani difolcloristi­che contesse e baronesse, ricordati che ci sono anche tanti napoletani come me; e siamo noi i discendenti di Giambattista Vico, di Vincenzo Cuoco, di Benedetto Cro­ce, del professore Caccioppoli, che le palle non le hanno mai avute sulla corona ma dove di solito si collocano..

Scusami, tra l’altro, caro Savoia, se ti ho chiamato «dottore», ma è questo l’appellativo che a Napoli i gestori di parcheggio abusivo sogliono dare ai clienti cui non sanno che titolo dare.

firmato : Maestro Roberto De Simone

———————————————————————————-

Al principino Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia, (il babbo ha messo la “sepponta”1 anche all’amico del cuore e di affari Reza Pahlavi) dedico questa mia invettiva alla maniera di Shakespeare.

Orbene messere, malgrado il tuo cocchio rifinito di oro zecchino,

malgrado la tua coppia di destrieri d’Arabia,

malgrado la tua giubba di Fiandra ed i tuoi merletti di Arles,

malgrado il tuo sguardo che va oltre noi miseri mortali,

come se fossimo trasparenti

qual ghiaccio di montagna,

malgrado il tuo portamento slanciato

che domina noi poveri botoli rincagnati e tondi

per il cibo sempre uguale,

mentre tu pasteggi

con ostriche e fagiani

e li innaffi con vino regale

ebbene messere,

sappi che

malgrado tutto ciò

ed altro ancora

che il rispetto, non certo per te

ma per chi mi legge,

mi impone di tacere,

è arrivata l’ora che qualcuno

ti dia la lezione che meriti.

Caro messere

ascolta queste mie forbite parole

anche se ti sarà difficile intendere

perché i tuoi avi e precettori fuggirono disperati

dalla tua avita magione

a cagione della tua refrattarietà all’apprendere.

Cerca, orsu, di sforzarti

anche se lo sforzo ti aggrotterà la fronte

ma sappi che così più ristretta sarà la tua calotta cranica

più atta ad ospitar il tuo cervello

che essendo meno nel vuoto

potrà, almeno una volta nella sua pigra vita,

funzionare.

Quel tuo misero cervello tanto simile al frutto di un’ostrica

ormai avvizzito per il non uso.

In conclusione messere

ora che lo sforzo ti rende recettivo

ascolta

ecco cosa ho da dirti:

va ad accoppiarti

in guisa degli abitanti dell’antica Sodoma

ma vedi se puoi

cerca di farlo molto ma molto lontano da noi.

In conclusione: gli unici savoiardi che tollero sono quelli nel Tiramisù!

Nota 1 Sepponta (verbo seppontare): nel suo significato originario, la sepponta è un sostegno, qualcosa che aiuta a stare in piedi, che sostiene. Nell’accezione più comune, indica l’usanza di trasferire al primo nipote maschio il nome del nonno, allo scopo di far sopravvivere il casato o anche imporre il nome di persone che si ritengono importanti.

Fonte:Lettere Magazine
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martedì 23 febbraio 2010

UNA GRANDE INIZIATIVA CULTURALE, STORICA E OCCUPAZIONALE PRENDE IL VARO : "Commissione Intelligence & Cultura"


Promossa e lanciata dal PARTITO DEL SUD - NAPOLI, a cura dell'Arch.tto Bruno Pappalardo, Responsabile Provinciale Siti Artistici e Architettonici - Consigliere Partito del Sud Sez. Guido Dorso - Napoli


Abbiamo già promosso e avviato la costituzione di una “Commissione Intelligence & Cultura” che dovrà monitorare tutte le enormi risorse umane, culturali, economiche - imprenditoriali della nostra città e di tutto il Meridione ma soprattutto l’immenso nostro patrimonio artistico e monumentale nonché paesaggistico presente sul nostro territorio.

Sarà compito della commissione controllare, stimolare e promuovere prodotti finanziari ed artistici che abbiano sempre il preciso obbiettivo di rappresentare il nostro orgoglio identitario e culturale ma anche quello progettuale e fattuale che generi dinamiche di intervento sociale e occupazionale, genesi naturale di un intelligente uso dei suddetti spazi.

Es: 21mila strutture vuote, qualcosa come 15.00 metri cubi di spazio inutilizzato abbandonate nel solo centro storico e appartenenti a varie istituzioni (Provincia, Comune, Curia ecc.) dove, tra questi, si ritrovano numerosissimi siti religiosi come Cappelle private (Comune) e Chiese sconsacrate che potranno essere riusate e finalizzate a nuove destinazioni.

Potranno diventare, ad esempio moduli operativi come botteghe artigianali per lo studio e il design di prodotti d’artigianalità appartenenti alla nostra grande conoscenza delle tecniche delle arti minori e del restauro.

Il prodotto dovrebbe sempre essere afferente a quello già esistente, secoli addietro, in quello stesso luogo per mantenere e riportare fisicamente in essere una mappatura dei mestieri e di una storia di socialità dei quartieri simile ad una griglia narrativa.

Gli stessi discenti , con i propri maestri, realizzando una produzione, potrebbero, con la commercializzazione di questa, autogestirsi sia organizzativamente che finanziariamente al punto da restaurare il sito “ o spazio formativo” in cui gli stessi giovani quotidianamente imparano e lavorano. Potrebbero inoltre diventare dei “Musei civici dell’artigianato locale” o “Musei Promozionali Virtuali d’Arte” del quartiere, all’interno dei quali, possano essere proiettati (trasferimento on-line attraverso mezzi informatici) su quattro apposite enormi pareti, simultaneamente, le sale e, dunque le opere ed eventi appartenenti a tutti i musei e mostre di qualsiasi paese del mondo. Il quartiere si appropria di una cultura globale.
Lo stesso criterio potrebbe essere utilizzato per visualizzare, su grossi schermi la storia artigianale ma soprattutto tecnica di tutte le fasi realizzative di quei manufatti riguardante il rione come mezzo di addottrinamento e in concreto lavoro teorico e pratico
(esempio: oreficeria, ceramica, ferri battuti e lavorazioni, fiori finti, indorature, modellamento di metalli, delle pietre, delle maioliche (Capodimonte) dei tessuti, delle tinture, dell’intaglio e dell’intarsio, del restauro, delle tecniche del mosaico, ecc. ecc.)

Arch. Bruno Pappalardo
Responsabile Provinciale Siti Artistici e Architettonici - Consigliere
Partito del Sud Sez. Guido Dorso - Napoli

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Promossa e lanciata dal PARTITO DEL SUD - NAPOLI, a cura dell'Arch.tto Bruno Pappalardo, Responsabile Provinciale Siti Artistici e Architettonici - Consigliere Partito del Sud Sez. Guido Dorso - Napoli


Abbiamo già promosso e avviato la costituzione di una “Commissione Intelligence & Cultura” che dovrà monitorare tutte le enormi risorse umane, culturali, economiche - imprenditoriali della nostra città e di tutto il Meridione ma soprattutto l’immenso nostro patrimonio artistico e monumentale nonché paesaggistico presente sul nostro territorio.

Sarà compito della commissione controllare, stimolare e promuovere prodotti finanziari ed artistici che abbiano sempre il preciso obbiettivo di rappresentare il nostro orgoglio identitario e culturale ma anche quello progettuale e fattuale che generi dinamiche di intervento sociale e occupazionale, genesi naturale di un intelligente uso dei suddetti spazi.

Es: 21mila strutture vuote, qualcosa come 15.00 metri cubi di spazio inutilizzato abbandonate nel solo centro storico e appartenenti a varie istituzioni (Provincia, Comune, Curia ecc.) dove, tra questi, si ritrovano numerosissimi siti religiosi come Cappelle private (Comune) e Chiese sconsacrate che potranno essere riusate e finalizzate a nuove destinazioni.

Potranno diventare, ad esempio moduli operativi come botteghe artigianali per lo studio e il design di prodotti d’artigianalità appartenenti alla nostra grande conoscenza delle tecniche delle arti minori e del restauro.

Il prodotto dovrebbe sempre essere afferente a quello già esistente, secoli addietro, in quello stesso luogo per mantenere e riportare fisicamente in essere una mappatura dei mestieri e di una storia di socialità dei quartieri simile ad una griglia narrativa.

Gli stessi discenti , con i propri maestri, realizzando una produzione, potrebbero, con la commercializzazione di questa, autogestirsi sia organizzativamente che finanziariamente al punto da restaurare il sito “ o spazio formativo” in cui gli stessi giovani quotidianamente imparano e lavorano. Potrebbero inoltre diventare dei “Musei civici dell’artigianato locale” o “Musei Promozionali Virtuali d’Arte” del quartiere, all’interno dei quali, possano essere proiettati (trasferimento on-line attraverso mezzi informatici) su quattro apposite enormi pareti, simultaneamente, le sale e, dunque le opere ed eventi appartenenti a tutti i musei e mostre di qualsiasi paese del mondo. Il quartiere si appropria di una cultura globale.
Lo stesso criterio potrebbe essere utilizzato per visualizzare, su grossi schermi la storia artigianale ma soprattutto tecnica di tutte le fasi realizzative di quei manufatti riguardante il rione come mezzo di addottrinamento e in concreto lavoro teorico e pratico
(esempio: oreficeria, ceramica, ferri battuti e lavorazioni, fiori finti, indorature, modellamento di metalli, delle pietre, delle maioliche (Capodimonte) dei tessuti, delle tinture, dell’intaglio e dell’intarsio, del restauro, delle tecniche del mosaico, ecc. ecc.)

Arch. Bruno Pappalardo
Responsabile Provinciale Siti Artistici e Architettonici - Consigliere
Partito del Sud Sez. Guido Dorso - Napoli

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GIORGIO BOCCA CONTRO NAPOLI / Le cause della Questione Meridionale / Ammazziamo Pulcinella



http://www.youtube.com/watch?v=JvrAKt_HxXo

Intervento integrale di Giorgio Bocca su: http://www.youtube.com/watch?v=KDG_-G...

Un imbarazzato e anche un po' impacciato Fabio Fazio ospita Giorgio Bocca a "Che tempo che fa".
Il noto giornalista e "illustre" intellettuale mostra il peso degli anni attaccando Napoli e i Napoletani con una serie di considerazioni DA CENSURA che solo un ignorante non potrebbe smentire, e forse Fazio se avesse saputo la vera storia dell'Unità d'Italia avrebbe potuto trovare il modo per frenarlo e uscire dall'imbarazzo.

Napoli ha grossi problemi, e noi lo sappiamo bene. Ma questi si trattano con serietà perchè sono spesso drammatici, e ci dissociamo da certi sorrisi ironici e irriverenti.
Quello che fa la differenza tra un grande uomo e un uomo qualunque è la capacità da parte del primo di saper dare un reale contributo, fornire un punto di osservazione alternativo, creare l'opportunità per una profonda riflessione, contrariamente al secondo tipo di persona che fa finta di non vedere o blatera sempre gli stessi ammuffiti concetti, preconfezionati e pronti per ogni occasione.

Stupisce vedere un uomo di oltre ottanta anni seduto nel suo pullover di marca, tronfio del successo di una vita, mentre pronuncia certe "porcherie" accompagnandole con sorrisi sarcastici. Sconcerta, addolora, provoca, suscita sdegno e offende una comunità intera.
E con lui il pubblico presente che applaude e sghignazza dando l'esatta percezione del clima che si respira in Italia.

I napoletani non piangano sulle parole di Bocca, non le bollino solo come razziste ma vadano oltre e rispondano con argomentazioni inconfutabili, come quelle esposte nel video che dimostrano quanta pericolosa demagogia e quale campagna denigratoria nei confronti di Napoli e del meridione passi senza contraddittorio e con molta arroganza in TV.

L'AUTOCONSAPEVOLEZZA E LA NOSTRA DIFESA IMMUNITARIA.

p.s.= si ringrazia gli autori dei contributi video (ULISSE, RAI - GARIBALDI IL GENERALE)
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http://www.youtube.com/watch?v=JvrAKt_HxXo

Intervento integrale di Giorgio Bocca su: http://www.youtube.com/watch?v=KDG_-G...

Un imbarazzato e anche un po' impacciato Fabio Fazio ospita Giorgio Bocca a "Che tempo che fa".
Il noto giornalista e "illustre" intellettuale mostra il peso degli anni attaccando Napoli e i Napoletani con una serie di considerazioni DA CENSURA che solo un ignorante non potrebbe smentire, e forse Fazio se avesse saputo la vera storia dell'Unità d'Italia avrebbe potuto trovare il modo per frenarlo e uscire dall'imbarazzo.

Napoli ha grossi problemi, e noi lo sappiamo bene. Ma questi si trattano con serietà perchè sono spesso drammatici, e ci dissociamo da certi sorrisi ironici e irriverenti.
Quello che fa la differenza tra un grande uomo e un uomo qualunque è la capacità da parte del primo di saper dare un reale contributo, fornire un punto di osservazione alternativo, creare l'opportunità per una profonda riflessione, contrariamente al secondo tipo di persona che fa finta di non vedere o blatera sempre gli stessi ammuffiti concetti, preconfezionati e pronti per ogni occasione.

Stupisce vedere un uomo di oltre ottanta anni seduto nel suo pullover di marca, tronfio del successo di una vita, mentre pronuncia certe "porcherie" accompagnandole con sorrisi sarcastici. Sconcerta, addolora, provoca, suscita sdegno e offende una comunità intera.
E con lui il pubblico presente che applaude e sghignazza dando l'esatta percezione del clima che si respira in Italia.

I napoletani non piangano sulle parole di Bocca, non le bollino solo come razziste ma vadano oltre e rispondano con argomentazioni inconfutabili, come quelle esposte nel video che dimostrano quanta pericolosa demagogia e quale campagna denigratoria nei confronti di Napoli e del meridione passi senza contraddittorio e con molta arroganza in TV.

L'AUTOCONSAPEVOLEZZA E LA NOSTRA DIFESA IMMUNITARIA.

p.s.= si ringrazia gli autori dei contributi video (ULISSE, RAI - GARIBALDI IL GENERALE)
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