Interessante ricerca di Giuseppe di Bella che smentisce quanto affermato da Paolo Rumiz nell'articolo del 30/08/2010 pubblicato da Repubblica con il titolo "Le orecchie ritrovate di Garibaldi"...Di Bella fornisce una possibile spiegazione sulla mancanza del lobo dell'orecchio sinistro di Garibaldi...è però ovvio che, in assenza di prove certe, sono valide anche le altre supposizioni, riportate da Di Bella, sulle possibili cause "alternative" (e meno onorevoli) della causa della mutilazione dell'orecchio di Garibaldi....Anche perchè , se la spiegazione fosse quella, comunque plausibile, citata dall'autore dell'articolo, non si capirebbe il motivo, come correttamente riportato da Di Bella, degli avvenuti occultamenti, censure e fotoritocchi da parte degli "esegeti" del mito di Garibaldi...solo motivi estetici...o paura della scoperta di verità "scomode"?--------------------------------------------------------------------------------------
Di Giuseppe Di Bella
Sicilia Informazioni del 11/12/2010
Vengono continuamente pubblicati nuovi lavori su Garibaldi e sul Risorgimento: libri, articoli, cataloghi, raccolte iconografiche, trasmissioni televisive e radiofoniche, film, convegni e commemorazioni di ogni tipo e in ogni dove; tutto questo nonostante il basso profilo delle celebrazioni deciso a livello istituzionale, esito anche del taglio dei fondi e della presa di posizione della Lega Nord. Il cinquantenario ed il centenario ebbero ben altri fasti.
Non si attenua quindi l’interesse per questo complesso personaggio che, a prescindere dalle personali opinioni, ha avuto un ruolo determinante nel processo unitario italiano. Anzi il 150° anniversario dell’unità ha stimolato e rinvigorito l’interesse di studiosi e lettori, anche se l’epopea risorgimentale non sembra più un patrimonio popolare diffuso e fuori discussione, essendosi visibilmente attenuata, col trascorrere delle generazioni, la compenetrazione tra gli italiani e la storia della loro unificazione.
Il mio fornitore di libri usati, mi ha confessato di essere meravigliato dalle tante richieste di materiali su Garibaldi e le sue imprese, che da mesi gli pervengono giornalmente. Oltre alla sorpresa per le continue richieste di testi sul Generale, mi ha riferito un’altra curiosa circostanza: “Molti lettori hanno chiesto libri specifici sull’attività di ladro, schiavista e pirata di Garibaldi ed anche sulla storia … delle sue orecchie. Ho risposto che non avevo niente del genere e ci sono rimasti un po’ male”.
Sull’opera e sulla vita pubblica e privata dei personaggi di grande rilievo, ieri come oggi, le cronache e poi la storia, si intrecciano con la mitizzazione del soggetto che inevitabilmente da la stura a leggende positive e negative, glorificanti o infamanti, secondo intenzione.
La forza della calunnia, che è ben più del rossiniano “venticello”, talvolta ottiene il contrario effetto di distrarre dalle vere responsabilità storiche dei soggetti investiti, e fatti marginali, veri o supposti, assumono un improprio rilievo.
Sull’azione politica del Generale ci siamo soffermati più volte sottolineandone i limiti, la confusione, le tante ingenue contraddizioni ed i tardivi pentimenti. Oggi ci occupiamo di una delle tante accuse rivolte a Garibaldi, ultimamente amplificata da una forte e positiva volontà di rivisitazione critica dei fatti e dei personaggi del Risorgimento italiano, e del modo in cui venne realizzata l’unità.
La “storia” di cui trattiamo, spesso evocata dai detrattori dell’Avventuriero dei due Mondi, è nota in più versioni. In quella più diffusa, a Garibaldi sarebbero state tagliate completamente ambedue le orecchie, o solo quella destra o solo quella sinistra, perché accusato di aver rubato dei cavalli, o più genericamente bestiame, in Sud America verso il 1838. In altra versione dei “fatti”, che ha medesima ambientazione, al Generale sarebbe stata staccata un’orecchia o parte di essa, con un morso: la sanguinosa mutilazione gli sarebbe stata inflitta da una donna che voleva violentare. Non manca, in pieno stile italico, una versione “hard gossip”, che racconta di un’orecchia strappata dal morso di una prostituta in un bordello di Arles.
Incuriosito dall’insistenza con la quale questa accusa viene periodicamente rilanciata, ho effettuato un’analisi del materiale fotografico a mia disposizione.
Esaminando le foto che ritraggono Garibaldi, si nota che questi portava i capelli lunghi e quasi sempre avvolgenti il collo e le orecchie in modo fin troppo accurato. E’ altresì vero che in moltissime immagini il posizionamento dei capelli e la mancanza di volume dove atteso, evidenziano un appiattimento che può far sospettare la mancanza dei padiglioni auricolari.
Ho isolato alcune foto del Generale molto note, ristampate in centinaia di copie subito dopo la realizzazione della lastra, e ripetutamente utilizzate da 150 anni, per la produzione di stampe, libri e riviste. Ho scelto le immagini più famose, più nitide e quelle che si presentano tecnicamente “più pulite” ovvero apparentemente non ritoccate in laboratorio.
I risultati dell’indagine sono visibili nella foto (consiglio di ingrandire cliccando sull’immagine). Alla nostra sinistra vediamo il Generale fotografato attorno al 1861. Questa celebre immagine del profilo destro, servì da modello per centinaia di riproduzioni a stampa, riviste, libri, ma anche per medaglie e quadri ad olio. All’ingrandimento si evidenzia nettamente un piccolo foro nel lobo dell’orecchia destra, verosimilmente esito della pregressa abitudine di portare l’orecchino, come d’uso tra gli uomini di mare.
L’orecchia destra si presenta comunque integra, circostanza confermata dalle celebri foto eseguite in sequenza dai fratelli Alinari, dove Garibaldi è preso di fronte e subito dopo girato a sinistra mostrando anche in quel caso l’orecchia destra completa del lobo.
La foto a destra, eseguita anche questa negli anni 60’ dell’Ottocento, mostra chiaramente la mancanza del lobo dell’orecchia sinistra. Ho evidenziato la notevole differenza di forma e lunghezza dell’orecchia, parametrando in rosso e verde le rispettive zone speculari. L’assenza del lobo sinistro lascia occupare ai capelli una zona del collo che specularmene è coperta dal lobo destro. Anche a notevole ingrandimento, in ambedue le foto, non si rilevano alterazioni o modifiche di laboratorio.
Si evidenzia che pur non essendo perfettamente coincidente la scala delle due foto, e pur essendo leggermente diversa la prospettiva, la notevole differenza rilevata non lascia margini di interpretazione.
E’ lecito chiedersi perché fino ad oggi questa evidente mutilazione non sia stata conclamata. Ritengo che il limite delle osservazioni fin qui svolte, sia stato quello di esaminare singolarmente le due orecchie senza porle direttamente a confronto. Si noti che l’orecchia mutilata, esaminata senza termini di paragone, sembra semplicemente presentare un lobo molto corto e arrotondato, in fin dei conti verosimile. Solo il confronto parametrato svela che a sinistra non sussiste il lobo e che il margine inferiore dell’orecchia altro non è che il limite del padiglione auricolare.
La mutilazione a sinistra, quasi sempre semicoperta dai capelli, era invero poco apprezzabile guardando solo quel profilo, tanto è vero che questa foto che mostra l’orecchio sinistro senza il lobo, è stata ininterrottamente ripresa, come “buon” modello, centinaia di volte: da ultimo nel francobollo emesso nel 2007 dalle Poste italiane.
Gli stessi autori e fotografi pronti a giurare, ritengo in buona fede, che Garibaldi sul letto di morte avesse ancora integre le orecchie, sono stati ingannati dalla circostanza che è difficile avere un’immagine frontale che ponga bene in evidenza queste differenze, e che vista lateralmente e singolarmente, l’orecchia sinistra, semi coperta da barba e capelli, può apparire completa.
A complicare la situazione, vi è il fatto che molte foto ritraggono Garibaldi “completo di orecchie” (cfr. W. Settimelli - Album fotografico – ed. Alinari). Ne citiamo per tutte una tra le più celebri, scattata nel dicembre del 1862: Garibaldi è stato ferito sull’Aspromonte dai soldati del “Re Galantuomo”, ed è convalescente all’albergo delle Tre donzelle in Pisa, dopo essere stato operato dal Professor Ferdinando Zanetti. Di questa famosa immagine esistono numerose edizioni firmate da diversi fotografi, ma ad una analisi all’ingrandimento, l’orecchia sinistra appare completamente diversa, direi “disegnata”, ed affiorano i segni di un banale fotomontaggio.
Tutte le foto che ritraggono il Generale sono state studiate in modo approfondito ed è accertato che molte sono state modificate in laboratorio, anche attraverso fotomontaggi. L’esistenza di molto materiale mistificato, rende incerto qualsiasi studio e va tenuta presente per comprendere la difficoltà dell’indagine e spiegare le affermazioni di alcuni autori, che basandosi su foto artefatte o non confrontando con parametri certi le due orecchie, sono pervenuti a conclusioni inesatte.
Non va inoltre dimenticato che tutto ciò che riguarda il Generale, protetto dall’aura di intoccabile primo eroe nazionale, ha subìto un’impropria, e direi ingenua, censura: il precedente matrimonio di Anita, venne “rivelato” al grande pubblico solo dopo la sua morte. Anzi quando nel 1903 apparve in Italia il primo lavoro di ricerca in merito, condotto dallo storico brasiliano Virgilio Varzea, corredato da tanto di certificato di matrimonio tra Anita ed il calzolaio Manoel Duarte, rinvenuto nella Parrocchia di Laguna, vi fu una levata di scudi, non solo della famiglia: in Italia il libro venne pubblicato in poche copie e molti storici, spaventati da tanto generale sdegno e livore, archiviarono in tutta fretta l’episodio.
Vediamo adesso quali sono verosimilmente i motivi di questa mutilazione. Si premette che non vi sono, fino ad oggi, documenti storici che attestino che tale mutilazione sia stata inferta a Garibaldi per punizione o durante un supposto tentativo di violenza.
Di tale mutilazione parla Giovanni Battista Cuneo nella sua biografia di Garibaldi e ne fa vago accenno Crispi. Per quanto ad oggi documentabile, la spiegazione della mancanza del lobo dell’orecchia sinistra, è una sola.
Facciamo un passo indietro. Come è noto, condannato a morte dal Governo Sabaudo nel 1834, Garibaldi si rifugia prima in Francia a Marsiglia, e alla fine del 1835 parte per il Sud America. Prima ancora del suo sbarco a Rio de Janeiro, la regione del Rio Grande del Sud aveva dichiarato la secessione dall’Impero, su cui nominalmente regnava, sotto tutela, un fanciullo di dodici anni, Don Pedro II.
Il capo di Stato maggiore e “ideologo” mazziniano della rivolta del Rio Grande, era un esule italiano, il conte Livio Zambeccari, massone, poi fondatore della Loggia “Ausonia” di Torino nel 1859, dalla quale si enuclea un “Grande Oriente d’Italia” di cui lo stesso diviene Gran Maestro. Con Zambeccari, pur prigioniero, Garibaldi e Rossetti concordarono un piano operativo per riorganizzare la piccola flotta riograndese, ricevendo contemporaneamente dal Comandante Joao Manoel de Lima, una “patente di corsa” ufficiale, che prevedeva:
“Il navigare liberamente per il mare e per i fiumi, ove operino navi da guerra o mercantili del Governo brasiliano o dei suoi sudditi per catturarle con le forze delle armi, considerandosi le navi catturate come buone prede essendo la patente rilasciata da una autorità legittima e competente”.
Inizia così la carriera di corsaro di Giuseppe Garibaldi che a bordo di una “garopera”, un barcone da pesca, ribattezzata “Mazzini”, con dodici uomini di equipaggio, comincia ad assaltare le navi nemiche.
Abbordata e catturata la goletta imperiale brasiliana “Luisa”, la Mazzini venne colata a picco per mancanza di un secondo pilota. Cinque schiavi incatenati furono liberati e rimasero con Garibaldi. La Luisa venne ribattezzata “Farroupilha” dal nome affibbiato ai rivoluzionari “Os farropos” ovvero pezzenti, straccioni.
Adeguatamente informati dell’accaduto, i capitani di alcune navi uruguayane e brasiliane si erano messi a caccia del corsaro italiano. Garibaldi salpata temerariamente l’ancora da Maldonado, di notte e mentre infuriava una spaventosa tempesta, si era diretto verso il Plata a Jesus Maria, sfidando gli scogli di Piedras Negras.
La nave finì proprio tra i gorghi e le aguzze pietre nere, evitando miracolosamente il naufragio; con la luce del giorno Garibaldi scoprì che la bussola lo aveva ingannato perché le armi erano state spostate a prua.
Dopo una breve sosta di rifornimento a Jesus Maria, “l’uomo che non somiglia a nessuno”, secondo la definizione di Garibaldi, riferita da George Hirundy, riprese il largo. Il 15 giugno 1937 vide apparire in lontananza due lancioni senza bandiera.
Ordinò di aspettare “alla vela” ovvero fermi ma pronti alla manovra, e con le armi in pugno. Avvicinatosi a cento metri il più grande dei lancioni con sole tre persone visibili sul ponte, venne loro ordinata la resa in nome del Governo uruguayano, mentre sulla tolda comparivano una trentina di soldati armati di fucili. Garibaldi non si arrese e gli uruguayani fecero fuoco uccidendo il timoniere della Farroupilha e ferendo altri marinai.
Il Generale prese il timone abbandonato ma subito dopo venne colpito al collo da un proiettile: cadde come morto.
La Farrouphila riuscì a fuggire dirigendosi verso Santa Fé, sul Paranà. Luigi Carniglia, un esule ligure, si prese cura di Garibaldi che rimase tra la vita e la morte per otto giorni, fino a che giunti a Gualeguay, un chirurgo estrasse il proiettile dalla ferita. La nave venne sequestrata ed il Generale imprigionato.
Così scriveva qualche tempo dopo all’amico Cuneo: “Le mie ferite sono quasi dimenticate, come pure l’operazione alla cervice. Era entrata, quella maledetta palla, sotto l’orecchia sinistra, e dopo aver attraversato diametralmente il collo, si era fermata sotto l’orecchia destra, a mezzo pollice dalla cute... “.
Quindi è lo stesso Garibaldi, in epoca non sospetta, che racconta “delle ferite” subite e verosimilmente la pallottola troncò il lobo sinistro per continuare a penetrare nella parte posteriore del collo e fermarsi sotto l’orecchia destra.
Esaminati tutti i materiali disponibili, possiamo quindi concludere che al Generale mancava completamente il lobo dell’orecchia sinistra e che verosimilmente questo gli venne asportato dalla pallottola che lo ferì al collo nel 1837. La gravissima ferita e la pericolosa estrazione del proiettile, avevano lasciato un’estesa e complessa cicatrice. I capelli lunghi ed il loro posizionamento “strategico”, certamente servivano anche a coprire la mutilazione e la cicatrice, operazione favorita dalla circostanza che la posizione delle orecchie era naturalmente arretrata ed appiattita.
Per quanto al furto di cavalli, si consideri che in Sud America il bestiame brado era numerosissimo ed il suo prezzo insignificante: un bue da macellare costava uno Scudo (5 Lire Sarde). Al momento del suo trasferimento a Montevideo, Garibaldi venne autorizzato dal generale Bento Goncalves da Silva in persona, a raccogliere una mandria tra gli animali allo stato brado e mise insieme 900 capi che perse o fu costretto a macellare strada facendo, recuperandone solo 300 pelli. Il ricavato gli consentì a malapena di comprare i vestiti per se, per la compagna Ana Maria de Jesus Antunes Riveiro da Silva (Anita, anche Annita o Aninha) ed il primogenito Menotti.
E’ utile infine ricordare che Garibaldi in Sud America, nei suoi lunghi spostamenti a terra, era solito cavalcare alla “escortera”, ovvero si serviva di un branco di cavalli e per non fermarsi, cambiava destriero in corsa, facendoli così riposare dal peso a turno, senza mai arrestare la fuga del suo cuore impavido verso il destino, contro le vaghe ombre che intravedeva nella nebbia della storia.
Fonte:
Sicilia Informazioni del 11/12/2010.
Interessante ricerca di Giuseppe di Bella che smentisce quanto affermato da Paolo Rumiz nell'articolo del 30/08/2010 pubblicato da Repubblica con il titolo "Le orecchie ritrovate di Garibaldi"...Di Bella fornisce una possibile spiegazione sulla mancanza del lobo dell'orecchio sinistro di Garibaldi...è però ovvio che, in assenza di prove certe, sono valide anche le altre supposizioni, riportate da Di Bella, sulle possibili cause "alternative" (e meno onorevoli) della causa della mutilazione dell'orecchio di Garibaldi....Anche perchè , se la spiegazione fosse quella, comunque plausibile, citata dall'autore dell'articolo, non si capirebbe il motivo, come correttamente riportato da Di Bella, degli avvenuti occultamenti, censure e fotoritocchi da parte degli "esegeti" del mito di Garibaldi...solo motivi estetici...o paura della scoperta di verità "scomode"?--------------------------------------------------------------------------------------
Di Giuseppe Di Bella
Sicilia Informazioni del 11/12/2010
Vengono continuamente pubblicati nuovi lavori su Garibaldi e sul Risorgimento: libri, articoli, cataloghi, raccolte iconografiche, trasmissioni televisive e radiofoniche, film, convegni e commemorazioni di ogni tipo e in ogni dove; tutto questo nonostante il basso profilo delle celebrazioni deciso a livello istituzionale, esito anche del taglio dei fondi e della presa di posizione della Lega Nord. Il cinquantenario ed il centenario ebbero ben altri fasti.
Non si attenua quindi l’interesse per questo complesso personaggio che, a prescindere dalle personali opinioni, ha avuto un ruolo determinante nel processo unitario italiano. Anzi il 150° anniversario dell’unità ha stimolato e rinvigorito l’interesse di studiosi e lettori, anche se l’epopea risorgimentale non sembra più un patrimonio popolare diffuso e fuori discussione, essendosi visibilmente attenuata, col trascorrere delle generazioni, la compenetrazione tra gli italiani e la storia della loro unificazione.
Il mio fornitore di libri usati, mi ha confessato di essere meravigliato dalle tante richieste di materiali su Garibaldi e le sue imprese, che da mesi gli pervengono giornalmente. Oltre alla sorpresa per le continue richieste di testi sul Generale, mi ha riferito un’altra curiosa circostanza: “Molti lettori hanno chiesto libri specifici sull’attività di ladro, schiavista e pirata di Garibaldi ed anche sulla storia … delle sue orecchie. Ho risposto che non avevo niente del genere e ci sono rimasti un po’ male”.
Sull’opera e sulla vita pubblica e privata dei personaggi di grande rilievo, ieri come oggi, le cronache e poi la storia, si intrecciano con la mitizzazione del soggetto che inevitabilmente da la stura a leggende positive e negative, glorificanti o infamanti, secondo intenzione.
La forza della calunnia, che è ben più del rossiniano “venticello”, talvolta ottiene il contrario effetto di distrarre dalle vere responsabilità storiche dei soggetti investiti, e fatti marginali, veri o supposti, assumono un improprio rilievo.
Sull’azione politica del Generale ci siamo soffermati più volte sottolineandone i limiti, la confusione, le tante ingenue contraddizioni ed i tardivi pentimenti. Oggi ci occupiamo di una delle tante accuse rivolte a Garibaldi, ultimamente amplificata da una forte e positiva volontà di rivisitazione critica dei fatti e dei personaggi del Risorgimento italiano, e del modo in cui venne realizzata l’unità.
La “storia” di cui trattiamo, spesso evocata dai detrattori dell’Avventuriero dei due Mondi, è nota in più versioni. In quella più diffusa, a Garibaldi sarebbero state tagliate completamente ambedue le orecchie, o solo quella destra o solo quella sinistra, perché accusato di aver rubato dei cavalli, o più genericamente bestiame, in Sud America verso il 1838. In altra versione dei “fatti”, che ha medesima ambientazione, al Generale sarebbe stata staccata un’orecchia o parte di essa, con un morso: la sanguinosa mutilazione gli sarebbe stata inflitta da una donna che voleva violentare. Non manca, in pieno stile italico, una versione “hard gossip”, che racconta di un’orecchia strappata dal morso di una prostituta in un bordello di Arles.
Incuriosito dall’insistenza con la quale questa accusa viene periodicamente rilanciata, ho effettuato un’analisi del materiale fotografico a mia disposizione.
Esaminando le foto che ritraggono Garibaldi, si nota che questi portava i capelli lunghi e quasi sempre avvolgenti il collo e le orecchie in modo fin troppo accurato. E’ altresì vero che in moltissime immagini il posizionamento dei capelli e la mancanza di volume dove atteso, evidenziano un appiattimento che può far sospettare la mancanza dei padiglioni auricolari.
Ho isolato alcune foto del Generale molto note, ristampate in centinaia di copie subito dopo la realizzazione della lastra, e ripetutamente utilizzate da 150 anni, per la produzione di stampe, libri e riviste. Ho scelto le immagini più famose, più nitide e quelle che si presentano tecnicamente “più pulite” ovvero apparentemente non ritoccate in laboratorio.
I risultati dell’indagine sono visibili nella foto (consiglio di ingrandire cliccando sull’immagine). Alla nostra sinistra vediamo il Generale fotografato attorno al 1861. Questa celebre immagine del profilo destro, servì da modello per centinaia di riproduzioni a stampa, riviste, libri, ma anche per medaglie e quadri ad olio. All’ingrandimento si evidenzia nettamente un piccolo foro nel lobo dell’orecchia destra, verosimilmente esito della pregressa abitudine di portare l’orecchino, come d’uso tra gli uomini di mare.
L’orecchia destra si presenta comunque integra, circostanza confermata dalle celebri foto eseguite in sequenza dai fratelli Alinari, dove Garibaldi è preso di fronte e subito dopo girato a sinistra mostrando anche in quel caso l’orecchia destra completa del lobo.
La foto a destra, eseguita anche questa negli anni 60’ dell’Ottocento, mostra chiaramente la mancanza del lobo dell’orecchia sinistra. Ho evidenziato la notevole differenza di forma e lunghezza dell’orecchia, parametrando in rosso e verde le rispettive zone speculari. L’assenza del lobo sinistro lascia occupare ai capelli una zona del collo che specularmene è coperta dal lobo destro. Anche a notevole ingrandimento, in ambedue le foto, non si rilevano alterazioni o modifiche di laboratorio.
Si evidenzia che pur non essendo perfettamente coincidente la scala delle due foto, e pur essendo leggermente diversa la prospettiva, la notevole differenza rilevata non lascia margini di interpretazione.
E’ lecito chiedersi perché fino ad oggi questa evidente mutilazione non sia stata conclamata. Ritengo che il limite delle osservazioni fin qui svolte, sia stato quello di esaminare singolarmente le due orecchie senza porle direttamente a confronto. Si noti che l’orecchia mutilata, esaminata senza termini di paragone, sembra semplicemente presentare un lobo molto corto e arrotondato, in fin dei conti verosimile. Solo il confronto parametrato svela che a sinistra non sussiste il lobo e che il margine inferiore dell’orecchia altro non è che il limite del padiglione auricolare.
La mutilazione a sinistra, quasi sempre semicoperta dai capelli, era invero poco apprezzabile guardando solo quel profilo, tanto è vero che questa foto che mostra l’orecchio sinistro senza il lobo, è stata ininterrottamente ripresa, come “buon” modello, centinaia di volte: da ultimo nel francobollo emesso nel 2007 dalle Poste italiane.
Gli stessi autori e fotografi pronti a giurare, ritengo in buona fede, che Garibaldi sul letto di morte avesse ancora integre le orecchie, sono stati ingannati dalla circostanza che è difficile avere un’immagine frontale che ponga bene in evidenza queste differenze, e che vista lateralmente e singolarmente, l’orecchia sinistra, semi coperta da barba e capelli, può apparire completa.
A complicare la situazione, vi è il fatto che molte foto ritraggono Garibaldi “completo di orecchie” (cfr. W. Settimelli - Album fotografico – ed. Alinari). Ne citiamo per tutte una tra le più celebri, scattata nel dicembre del 1862: Garibaldi è stato ferito sull’Aspromonte dai soldati del “Re Galantuomo”, ed è convalescente all’albergo delle Tre donzelle in Pisa, dopo essere stato operato dal Professor Ferdinando Zanetti. Di questa famosa immagine esistono numerose edizioni firmate da diversi fotografi, ma ad una analisi all’ingrandimento, l’orecchia sinistra appare completamente diversa, direi “disegnata”, ed affiorano i segni di un banale fotomontaggio.
Tutte le foto che ritraggono il Generale sono state studiate in modo approfondito ed è accertato che molte sono state modificate in laboratorio, anche attraverso fotomontaggi. L’esistenza di molto materiale mistificato, rende incerto qualsiasi studio e va tenuta presente per comprendere la difficoltà dell’indagine e spiegare le affermazioni di alcuni autori, che basandosi su foto artefatte o non confrontando con parametri certi le due orecchie, sono pervenuti a conclusioni inesatte.
Non va inoltre dimenticato che tutto ciò che riguarda il Generale, protetto dall’aura di intoccabile primo eroe nazionale, ha subìto un’impropria, e direi ingenua, censura: il precedente matrimonio di Anita, venne “rivelato” al grande pubblico solo dopo la sua morte. Anzi quando nel 1903 apparve in Italia il primo lavoro di ricerca in merito, condotto dallo storico brasiliano Virgilio Varzea, corredato da tanto di certificato di matrimonio tra Anita ed il calzolaio Manoel Duarte, rinvenuto nella Parrocchia di Laguna, vi fu una levata di scudi, non solo della famiglia: in Italia il libro venne pubblicato in poche copie e molti storici, spaventati da tanto generale sdegno e livore, archiviarono in tutta fretta l’episodio.
Vediamo adesso quali sono verosimilmente i motivi di questa mutilazione. Si premette che non vi sono, fino ad oggi, documenti storici che attestino che tale mutilazione sia stata inferta a Garibaldi per punizione o durante un supposto tentativo di violenza.
Di tale mutilazione parla Giovanni Battista Cuneo nella sua biografia di Garibaldi e ne fa vago accenno Crispi. Per quanto ad oggi documentabile, la spiegazione della mancanza del lobo dell’orecchia sinistra, è una sola.
Facciamo un passo indietro. Come è noto, condannato a morte dal Governo Sabaudo nel 1834, Garibaldi si rifugia prima in Francia a Marsiglia, e alla fine del 1835 parte per il Sud America. Prima ancora del suo sbarco a Rio de Janeiro, la regione del Rio Grande del Sud aveva dichiarato la secessione dall’Impero, su cui nominalmente regnava, sotto tutela, un fanciullo di dodici anni, Don Pedro II.
Il capo di Stato maggiore e “ideologo” mazziniano della rivolta del Rio Grande, era un esule italiano, il conte Livio Zambeccari, massone, poi fondatore della Loggia “Ausonia” di Torino nel 1859, dalla quale si enuclea un “Grande Oriente d’Italia” di cui lo stesso diviene Gran Maestro. Con Zambeccari, pur prigioniero, Garibaldi e Rossetti concordarono un piano operativo per riorganizzare la piccola flotta riograndese, ricevendo contemporaneamente dal Comandante Joao Manoel de Lima, una “patente di corsa” ufficiale, che prevedeva:
“Il navigare liberamente per il mare e per i fiumi, ove operino navi da guerra o mercantili del Governo brasiliano o dei suoi sudditi per catturarle con le forze delle armi, considerandosi le navi catturate come buone prede essendo la patente rilasciata da una autorità legittima e competente”.
Inizia così la carriera di corsaro di Giuseppe Garibaldi che a bordo di una “garopera”, un barcone da pesca, ribattezzata “Mazzini”, con dodici uomini di equipaggio, comincia ad assaltare le navi nemiche.
Abbordata e catturata la goletta imperiale brasiliana “Luisa”, la Mazzini venne colata a picco per mancanza di un secondo pilota. Cinque schiavi incatenati furono liberati e rimasero con Garibaldi. La Luisa venne ribattezzata “Farroupilha” dal nome affibbiato ai rivoluzionari “Os farropos” ovvero pezzenti, straccioni.
Adeguatamente informati dell’accaduto, i capitani di alcune navi uruguayane e brasiliane si erano messi a caccia del corsaro italiano. Garibaldi salpata temerariamente l’ancora da Maldonado, di notte e mentre infuriava una spaventosa tempesta, si era diretto verso il Plata a Jesus Maria, sfidando gli scogli di Piedras Negras.
La nave finì proprio tra i gorghi e le aguzze pietre nere, evitando miracolosamente il naufragio; con la luce del giorno Garibaldi scoprì che la bussola lo aveva ingannato perché le armi erano state spostate a prua.
Dopo una breve sosta di rifornimento a Jesus Maria, “l’uomo che non somiglia a nessuno”, secondo la definizione di Garibaldi, riferita da George Hirundy, riprese il largo. Il 15 giugno 1937 vide apparire in lontananza due lancioni senza bandiera.
Ordinò di aspettare “alla vela” ovvero fermi ma pronti alla manovra, e con le armi in pugno. Avvicinatosi a cento metri il più grande dei lancioni con sole tre persone visibili sul ponte, venne loro ordinata la resa in nome del Governo uruguayano, mentre sulla tolda comparivano una trentina di soldati armati di fucili. Garibaldi non si arrese e gli uruguayani fecero fuoco uccidendo il timoniere della Farroupilha e ferendo altri marinai.
Il Generale prese il timone abbandonato ma subito dopo venne colpito al collo da un proiettile: cadde come morto.
La Farrouphila riuscì a fuggire dirigendosi verso Santa Fé, sul Paranà. Luigi Carniglia, un esule ligure, si prese cura di Garibaldi che rimase tra la vita e la morte per otto giorni, fino a che giunti a Gualeguay, un chirurgo estrasse il proiettile dalla ferita. La nave venne sequestrata ed il Generale imprigionato.
Così scriveva qualche tempo dopo all’amico Cuneo: “Le mie ferite sono quasi dimenticate, come pure l’operazione alla cervice. Era entrata, quella maledetta palla, sotto l’orecchia sinistra, e dopo aver attraversato diametralmente il collo, si era fermata sotto l’orecchia destra, a mezzo pollice dalla cute... “.
Quindi è lo stesso Garibaldi, in epoca non sospetta, che racconta “delle ferite” subite e verosimilmente la pallottola troncò il lobo sinistro per continuare a penetrare nella parte posteriore del collo e fermarsi sotto l’orecchia destra.
Esaminati tutti i materiali disponibili, possiamo quindi concludere che al Generale mancava completamente il lobo dell’orecchia sinistra e che verosimilmente questo gli venne asportato dalla pallottola che lo ferì al collo nel 1837. La gravissima ferita e la pericolosa estrazione del proiettile, avevano lasciato un’estesa e complessa cicatrice. I capelli lunghi ed il loro posizionamento “strategico”, certamente servivano anche a coprire la mutilazione e la cicatrice, operazione favorita dalla circostanza che la posizione delle orecchie era naturalmente arretrata ed appiattita.
Per quanto al furto di cavalli, si consideri che in Sud America il bestiame brado era numerosissimo ed il suo prezzo insignificante: un bue da macellare costava uno Scudo (5 Lire Sarde). Al momento del suo trasferimento a Montevideo, Garibaldi venne autorizzato dal generale Bento Goncalves da Silva in persona, a raccogliere una mandria tra gli animali allo stato brado e mise insieme 900 capi che perse o fu costretto a macellare strada facendo, recuperandone solo 300 pelli. Il ricavato gli consentì a malapena di comprare i vestiti per se, per la compagna Ana Maria de Jesus Antunes Riveiro da Silva (Anita, anche Annita o Aninha) ed il primogenito Menotti.
E’ utile infine ricordare che Garibaldi in Sud America, nei suoi lunghi spostamenti a terra, era solito cavalcare alla “escortera”, ovvero si serviva di un branco di cavalli e per non fermarsi, cambiava destriero in corsa, facendoli così riposare dal peso a turno, senza mai arrestare la fuga del suo cuore impavido verso il destino, contro le vaghe ombre che intravedeva nella nebbia della storia.
Fonte:
Sicilia Informazioni del 11/12/2010.
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