domenica 5 dicembre 2010

Dateci quattro leve e faremo il nuovo Sud


di LINO PATRUNO

Veloce veloce, possiamo rivoltare il Sud. E risolvere ora la Questione meridionale. Un delirio? Lasciamo stare il «Piano Sud», soliti soldi che girano, anzi ancor meno. Ma stavolta dicono che ci sono. E siccome le Regioni meridionali sono accusate di non spenderli, stavolta se li tiene il governo. Col quale le Regioni devono concordare come utilizzarli. Centralismo alla faccia del federalismo, si mettano d’a ccordo. Ma procediamo. Proclamano: poche fondamentali opere invece della pioggia di piccoli finanziamenti che vanno a tutti e non accontentano nessuno.

In Puglia, tanto per capire, ci si aspetta la ferrovia Bari-Napoli da un’ora e mezza e la litoranea jonica fino alla Calabria. Col 30 per cento di infrastrutture in meno rispetto al Nord, è il minimo. Mezza unificazione d’Italia 150 anni dopo. Se non sarà così, chiudiamo il discorso. Come e quando potranno farlo se ci vogliono 10 anni per u n’opera grande e 4 per una piccola, non si sa. A proposito. Siccome quando si parla di Stato si parla anche di aziende pubbliche tipo Terna, il governo scriva a Terna: prego darsi da fare a completare le reti per trasportare l’energia da fonti alternative. Terna, parente di Enel, ha tanti di quegli utili da non avere problemi. Perché, diciamocelo sottovoce, ci riempiamo la nostra bella terra di pale eoliche e di specchi fotovoltaici, ma quasi metà della loro energia va perduta perché non si sa appunto come mandarla altrove, cioè esportarla. Solita beffa.

Visto che ci siamo, e visto che il federalismo in salsa lumbard significa «ciascuno si tenga il suo» (perché ci siamo stancati di assistere il Sud ecc. ecc.), i nostri prodi parlamentari meridionali facciano una sola cosa. Prima di firmare qualsiasi carta, pretendano che le tasse si paghino dove si ottiene il reddito. Facciano insomma finire lo scandaletto di aziende nazionali che producono da noi e non solo si portano via il guadagno, ma vanno a pagare le tasse dove hanno la sede legale, cioè normalmente al Nord. Quelli, signor Bossi, sono soldi nostri, altro che vi siete stancati di assisterci. E sono tre (opere, reti elettriche, tasse).

Poi c’è un fatto nuovo, giustamente sottolineato in questi giorni. L’Irlanda rischia il fallimento, e non è che si sentano tanto bene neanche Portogallo e Spagna. Sono proprio i tre campioni che sbattevano in faccia al nostro Sud per dirgli: vedi come si sono sviluppati utilizzando bene i fondi europei? L’Irlanda, anzitutto. Che aveva attirato investimenti da tutto il mondo dimezzando le tasse rispetto al resto d’Europa. Da poveri a ricchi. Ma col vizietto dei debiti. Da ricchi a poveri. «Dear sir», cari signori, bisogna risparmiare. Come fa, dove ce la fa, il nostro Sud. Che altrimenti sarebbe già crollato. Siccome i governi (di oggi e di ieri) si sono sbracciati a sostenere che il sistema rapido per rilanciare il Sud è un’ampia zona franca fiscale (come l’Irlanda, per capirci), si diano rapidamente da fare. Vadano finalmente a Bruxelles a ottenerla. Quelli risponderanno che è violazione della concorrenza. Loro ribatteranno che, con la globalizzazione, le regioni valgono quanto gli Stati. E se l’hanno data all’Irlanda, possono darla anche alle Regioni del Sud. Forse complicato da capire per tutti noi, ma noi li abbiamo eletti per ques to. Il modello Irlanda (senza i debiti) potrebbe portare da noi le aziende multinazionali che se ne andranno di lì. Soprattutto informatica e alta tecnologia. E noi abbiamo freschi ingegneri non secondi a nessuno.

Possono scendere anche aziende del Nord, così la finiscono di alzare capannoni nel letto dei fiumi e di lamentarsi poi per le alluvioni. E il Nord si potrà tenere allora anche i suoi sacri soldi senza il federalismo, lo sviluppo al Sud servirà anche a loro. Se insisterà col federalismo, significa che c’è il trucco. A questo punto le leve per sollevare il Sud sarebbero quattro (opere pubbliche, reti elettriche, tasse pagate in loco, zona franca). Ce n’è u n’altra, più o meno prossima ventura. Quando ridurremo la produzione di oggetti (ne abbiamo fin troppi) e ci dedicheremo soprattutto ai servizi, gran parte dei lavori attuali si faranno via computer. Non solo il telelavoro, lavorare da casa. Ma commercio, medicina, amministrazione viaggeranno in Internet. Esempio: un chirurgo da Bari opera un paziente a Milano grazie a un robot. Per lui non ci sarà più lo svantaggio dell’ospedale di serie B. Come per i nostri giovani non ci sarà più lo svantaggio del dove sono (il Sud senza aree attrezzate) ma varrà soltanto la loro intelligenza. Si dice «decontestualizzare». E se hanno un’idea, fanno un programmino (software) e mandano a realizzare ovunque. Così finiremo di esportare laureati e di importare muratori. Sommato il tutto, possiamo rivoltare il Sud. E risolvere ora la Questione meridionale. Se non si farà, almeno la finiscano di prenderci in giro.

Fonte:Gazzetta del Mezzogiorno

.
Leggi tutto »

di LINO PATRUNO

Veloce veloce, possiamo rivoltare il Sud. E risolvere ora la Questione meridionale. Un delirio? Lasciamo stare il «Piano Sud», soliti soldi che girano, anzi ancor meno. Ma stavolta dicono che ci sono. E siccome le Regioni meridionali sono accusate di non spenderli, stavolta se li tiene il governo. Col quale le Regioni devono concordare come utilizzarli. Centralismo alla faccia del federalismo, si mettano d’a ccordo. Ma procediamo. Proclamano: poche fondamentali opere invece della pioggia di piccoli finanziamenti che vanno a tutti e non accontentano nessuno.

In Puglia, tanto per capire, ci si aspetta la ferrovia Bari-Napoli da un’ora e mezza e la litoranea jonica fino alla Calabria. Col 30 per cento di infrastrutture in meno rispetto al Nord, è il minimo. Mezza unificazione d’Italia 150 anni dopo. Se non sarà così, chiudiamo il discorso. Come e quando potranno farlo se ci vogliono 10 anni per u n’opera grande e 4 per una piccola, non si sa. A proposito. Siccome quando si parla di Stato si parla anche di aziende pubbliche tipo Terna, il governo scriva a Terna: prego darsi da fare a completare le reti per trasportare l’energia da fonti alternative. Terna, parente di Enel, ha tanti di quegli utili da non avere problemi. Perché, diciamocelo sottovoce, ci riempiamo la nostra bella terra di pale eoliche e di specchi fotovoltaici, ma quasi metà della loro energia va perduta perché non si sa appunto come mandarla altrove, cioè esportarla. Solita beffa.

Visto che ci siamo, e visto che il federalismo in salsa lumbard significa «ciascuno si tenga il suo» (perché ci siamo stancati di assistere il Sud ecc. ecc.), i nostri prodi parlamentari meridionali facciano una sola cosa. Prima di firmare qualsiasi carta, pretendano che le tasse si paghino dove si ottiene il reddito. Facciano insomma finire lo scandaletto di aziende nazionali che producono da noi e non solo si portano via il guadagno, ma vanno a pagare le tasse dove hanno la sede legale, cioè normalmente al Nord. Quelli, signor Bossi, sono soldi nostri, altro che vi siete stancati di assisterci. E sono tre (opere, reti elettriche, tasse).

Poi c’è un fatto nuovo, giustamente sottolineato in questi giorni. L’Irlanda rischia il fallimento, e non è che si sentano tanto bene neanche Portogallo e Spagna. Sono proprio i tre campioni che sbattevano in faccia al nostro Sud per dirgli: vedi come si sono sviluppati utilizzando bene i fondi europei? L’Irlanda, anzitutto. Che aveva attirato investimenti da tutto il mondo dimezzando le tasse rispetto al resto d’Europa. Da poveri a ricchi. Ma col vizietto dei debiti. Da ricchi a poveri. «Dear sir», cari signori, bisogna risparmiare. Come fa, dove ce la fa, il nostro Sud. Che altrimenti sarebbe già crollato. Siccome i governi (di oggi e di ieri) si sono sbracciati a sostenere che il sistema rapido per rilanciare il Sud è un’ampia zona franca fiscale (come l’Irlanda, per capirci), si diano rapidamente da fare. Vadano finalmente a Bruxelles a ottenerla. Quelli risponderanno che è violazione della concorrenza. Loro ribatteranno che, con la globalizzazione, le regioni valgono quanto gli Stati. E se l’hanno data all’Irlanda, possono darla anche alle Regioni del Sud. Forse complicato da capire per tutti noi, ma noi li abbiamo eletti per ques to. Il modello Irlanda (senza i debiti) potrebbe portare da noi le aziende multinazionali che se ne andranno di lì. Soprattutto informatica e alta tecnologia. E noi abbiamo freschi ingegneri non secondi a nessuno.

Possono scendere anche aziende del Nord, così la finiscono di alzare capannoni nel letto dei fiumi e di lamentarsi poi per le alluvioni. E il Nord si potrà tenere allora anche i suoi sacri soldi senza il federalismo, lo sviluppo al Sud servirà anche a loro. Se insisterà col federalismo, significa che c’è il trucco. A questo punto le leve per sollevare il Sud sarebbero quattro (opere pubbliche, reti elettriche, tasse pagate in loco, zona franca). Ce n’è u n’altra, più o meno prossima ventura. Quando ridurremo la produzione di oggetti (ne abbiamo fin troppi) e ci dedicheremo soprattutto ai servizi, gran parte dei lavori attuali si faranno via computer. Non solo il telelavoro, lavorare da casa. Ma commercio, medicina, amministrazione viaggeranno in Internet. Esempio: un chirurgo da Bari opera un paziente a Milano grazie a un robot. Per lui non ci sarà più lo svantaggio dell’ospedale di serie B. Come per i nostri giovani non ci sarà più lo svantaggio del dove sono (il Sud senza aree attrezzate) ma varrà soltanto la loro intelligenza. Si dice «decontestualizzare». E se hanno un’idea, fanno un programmino (software) e mandano a realizzare ovunque. Così finiremo di esportare laureati e di importare muratori. Sommato il tutto, possiamo rivoltare il Sud. E risolvere ora la Questione meridionale. Se non si farà, almeno la finiscano di prenderci in giro.

Fonte:Gazzetta del Mezzogiorno

.

Nessun commento:

 
[Privacy]
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Hot Sonakshi Sinha, Car Price in India