L’Unità del Paese ha messo in ginocchio il Meridione, impoverendolo
È la tesi di Pino Aprile in «Terroni», libro che ribalta gli stereotipidi Paolo Bernardini*
Alle soglie delle celebrazioni per i 150 anni dell’unificazione dell’Italia, giunge un libro che rimette radicalmente in questione la validità della costruzione statalistica, e quindi dell’invenzione della Nazione italiana, e che pone domande scottanti. Terroni, di Pino Aprile (Piemme), racconta la storia delle violenze, persecuzioni, deportazioni, umiliazioni, che un paese straniero e conquistatore, il Regno di Sardegna, poi divenuto Regno d’Italia senza modificare né costituzione né ordinale dinastico del Sovrano, ha inflitto a quel che sarebbe diventato il “Sud” d’Italia.
Ma che prima era un regno borbonico, che si estendeva, con due capitali, Napoli e Palermo, fino alla coste meridionali della Sicilia. Un libro che è già un best-seller. Non racconta qualcosa di nuovo, ma racconta una storia triste e truce con una passione civile e un amore per il Sud – dove Aprile è nato – che si coniuga con una ardente denuncia dello stato di disagio in cui il Sud tuttora, e forse più di prima, si trova gettato. Il successo di Aprile, parafrasando T.S. Eliot, «il più crudele degli scrittori», giunge nel momento in cui un altro grande storico del Sud, Nicola Zitara, ci ha lasciato. Prima di morire, l’anziano ma lucidissimo Zitara si era augurato, in un’intervista, che venissero finalmente storici obiettivi e non asserviti a nessun potere, nel libro paga della sola verità, a raccontare le umiliazioni subite per oltre cento anni da terre bellissime e uomini fieri. In qualche modo, il successo di Aprile ripaga una vita di studi di Zitara, dello storico ad esempio che ci aveva insegnato che fino ai primi anni Settanta del Novecento quel che giungeva dal Sud nelle casse dello Stato centrale era di più di quanto vi venisse “ridistribuito”. Riposerà un pochino più in pace, quel piccolo grande uomo di Siderno, sapendo che opere come quelle di Aprile, e non solo Terroni, cominciano a modificare profondamente, anche a livello di coscienza e cognizioni del cittadino comune, quel che si crede del rapporto Sud- Nord, o meglio, Savoia e stati da loro conquistati, compresa la Venetia, che al Sud non è.
Agli storici non asserviti le crudeltà e gli stupri dei garibaldini, ad esempio, le ruberie e vigliaccherie del regime italico, e perfino il probabile omicidio di un Italiano doc come Ippolito Nievo, perché con lui si inabissassero documenti compromettenti sulla celebre spedizione di Quarto, erano noti e stranoti. D’altra parte, erano noti anche i massacri avvenuti in Italia dopo il 1945 da parte dei vincitori a danno dei fascisti, ma ci è voluta la penna e la popolarità di Pansa, il suo Sangue dei vinti, perché queste nozioni divenissero popolari, e perché no, entrassero nella coscienza di (quasi) tutti. Che Nino Bixio fosse un criminale si sapeva ampiamente, d’altra parte si dilettava a navigare in Australia ancor prima che l’Italia fosse unita, per cercarvi luoghi possibilmente inameni ove deportare gli italiani in eccesso, quelli che il nuovo corso avrebbe condannato ad estrema povertà. Gli italiani in eccesso poi divennero la cifra davvero modica di 27 milioni. Poco meno della metà di coloro che in Italia risiedono ora. Questo il numero degli emigranti da quando l’Italia unita, per usare le parole dello storico e costituzionalista Roberto Martucci, è stata “inventata”. Per questo Terroni, per chi se la senta di navigare per pagine e pagine nel mare rosso sangue di un processo di conquista e annientamento – anche dell’identità culturale – da parte di uno stato conquistatore ai danni di una colonia, è lettura illuminante. Perché, singolarmente, narra anche della progressiva presa di coscienza di chi il libro ha scritto, un uomo a cui da bambino – come a tutti noi, del resto – era stata raccontata una storia diversa. Del tutto diversa. E del tutto falsa. D’altra parte di pietà verso i propri cittadini il neonato Regno d’Italia, luogo ove il Parlamento già si segnalava per corruzione e assenteismo, ne dimostrava assai poca; perché se venivano sterminati i “briganti”, ovvero i patrioti del Sud, con metodi degni di Hitler, non molto meglio erano trattati i veneti o perfino gli operai milanesi, cui venivano riservate le cannonate ben note di Bava Beccaris, piemontese di Fossano, senatore pluridecorato, assassino. A Milano, in quel tragico maggio 1898, morirono 80 persone, oltre 400 i feriti. Leggere Terroni insegna la storia di un popolo che si è trasformato nel tempo, con strategie diverse di adattamento ad uno stato centrale ad esso alieno; racconta lo strano rapporto Sud- Nord, inasprito solo dall’Unità: basta leggere una commedia di Goldoni per vedere come nel pacifico mondo settecentesco napoletani e veneziani scherzassero tra di loro nelle loro rispettive lingue. E lascia intravedere anche quanto orgoglio vi sia nei popoli “del Sud”, orgoglio che ora sta magicamente rifiorendo, da Napoli a Palermo. Un’altra storia.
Pino Aprile, «Terroni», Piemme, 224 pag., 17,50 euro
*Paolo Bernardini, 47 anni, è professore ordinario di Storia moderna all’Università dell’Insubria e collaboratore culturale de «La Provincia». Fondatore e direttore del Center for Italian and European Studies della Boston University, ha insegnato in università americane, inglesi
e tedesche. È studioso di storia moderna, del pensiero politico,e dell’ebraismo,
autore di oltre 200 testi in italiano, inglese e tedesco. È stato selezionato come Inaugural
Fellow dell’Institute for Advanced Study della University of Notre Dame, Usa, nel semestre del 2010-2011, unico tra i selezionati proveniente da un ateneo italiano
Fonte: La Provincia del 16 ottobre 2010 pag. 57
L’Unità del Paese ha messo in ginocchio il Meridione, impoverendolo
È la tesi di Pino Aprile in «Terroni», libro che ribalta gli stereotipidi Paolo Bernardini*
Alle soglie delle celebrazioni per i 150 anni dell’unificazione dell’Italia, giunge un libro che rimette radicalmente in questione la validità della costruzione statalistica, e quindi dell’invenzione della Nazione italiana, e che pone domande scottanti. Terroni, di Pino Aprile (Piemme), racconta la storia delle violenze, persecuzioni, deportazioni, umiliazioni, che un paese straniero e conquistatore, il Regno di Sardegna, poi divenuto Regno d’Italia senza modificare né costituzione né ordinale dinastico del Sovrano, ha inflitto a quel che sarebbe diventato il “Sud” d’Italia.
Ma che prima era un regno borbonico, che si estendeva, con due capitali, Napoli e Palermo, fino alla coste meridionali della Sicilia. Un libro che è già un best-seller. Non racconta qualcosa di nuovo, ma racconta una storia triste e truce con una passione civile e un amore per il Sud – dove Aprile è nato – che si coniuga con una ardente denuncia dello stato di disagio in cui il Sud tuttora, e forse più di prima, si trova gettato. Il successo di Aprile, parafrasando T.S. Eliot, «il più crudele degli scrittori», giunge nel momento in cui un altro grande storico del Sud, Nicola Zitara, ci ha lasciato. Prima di morire, l’anziano ma lucidissimo Zitara si era augurato, in un’intervista, che venissero finalmente storici obiettivi e non asserviti a nessun potere, nel libro paga della sola verità, a raccontare le umiliazioni subite per oltre cento anni da terre bellissime e uomini fieri. In qualche modo, il successo di Aprile ripaga una vita di studi di Zitara, dello storico ad esempio che ci aveva insegnato che fino ai primi anni Settanta del Novecento quel che giungeva dal Sud nelle casse dello Stato centrale era di più di quanto vi venisse “ridistribuito”. Riposerà un pochino più in pace, quel piccolo grande uomo di Siderno, sapendo che opere come quelle di Aprile, e non solo Terroni, cominciano a modificare profondamente, anche a livello di coscienza e cognizioni del cittadino comune, quel che si crede del rapporto Sud- Nord, o meglio, Savoia e stati da loro conquistati, compresa la Venetia, che al Sud non è.
Agli storici non asserviti le crudeltà e gli stupri dei garibaldini, ad esempio, le ruberie e vigliaccherie del regime italico, e perfino il probabile omicidio di un Italiano doc come Ippolito Nievo, perché con lui si inabissassero documenti compromettenti sulla celebre spedizione di Quarto, erano noti e stranoti. D’altra parte, erano noti anche i massacri avvenuti in Italia dopo il 1945 da parte dei vincitori a danno dei fascisti, ma ci è voluta la penna e la popolarità di Pansa, il suo Sangue dei vinti, perché queste nozioni divenissero popolari, e perché no, entrassero nella coscienza di (quasi) tutti. Che Nino Bixio fosse un criminale si sapeva ampiamente, d’altra parte si dilettava a navigare in Australia ancor prima che l’Italia fosse unita, per cercarvi luoghi possibilmente inameni ove deportare gli italiani in eccesso, quelli che il nuovo corso avrebbe condannato ad estrema povertà. Gli italiani in eccesso poi divennero la cifra davvero modica di 27 milioni. Poco meno della metà di coloro che in Italia risiedono ora. Questo il numero degli emigranti da quando l’Italia unita, per usare le parole dello storico e costituzionalista Roberto Martucci, è stata “inventata”. Per questo Terroni, per chi se la senta di navigare per pagine e pagine nel mare rosso sangue di un processo di conquista e annientamento – anche dell’identità culturale – da parte di uno stato conquistatore ai danni di una colonia, è lettura illuminante. Perché, singolarmente, narra anche della progressiva presa di coscienza di chi il libro ha scritto, un uomo a cui da bambino – come a tutti noi, del resto – era stata raccontata una storia diversa. Del tutto diversa. E del tutto falsa. D’altra parte di pietà verso i propri cittadini il neonato Regno d’Italia, luogo ove il Parlamento già si segnalava per corruzione e assenteismo, ne dimostrava assai poca; perché se venivano sterminati i “briganti”, ovvero i patrioti del Sud, con metodi degni di Hitler, non molto meglio erano trattati i veneti o perfino gli operai milanesi, cui venivano riservate le cannonate ben note di Bava Beccaris, piemontese di Fossano, senatore pluridecorato, assassino. A Milano, in quel tragico maggio 1898, morirono 80 persone, oltre 400 i feriti. Leggere Terroni insegna la storia di un popolo che si è trasformato nel tempo, con strategie diverse di adattamento ad uno stato centrale ad esso alieno; racconta lo strano rapporto Sud- Nord, inasprito solo dall’Unità: basta leggere una commedia di Goldoni per vedere come nel pacifico mondo settecentesco napoletani e veneziani scherzassero tra di loro nelle loro rispettive lingue. E lascia intravedere anche quanto orgoglio vi sia nei popoli “del Sud”, orgoglio che ora sta magicamente rifiorendo, da Napoli a Palermo. Un’altra storia.
Pino Aprile, «Terroni», Piemme, 224 pag., 17,50 euro
*Paolo Bernardini, 47 anni, è professore ordinario di Storia moderna all’Università dell’Insubria e collaboratore culturale de «La Provincia». Fondatore e direttore del Center for Italian and European Studies della Boston University, ha insegnato in università americane, inglesi
e tedesche. È studioso di storia moderna, del pensiero politico,e dell’ebraismo,
autore di oltre 200 testi in italiano, inglese e tedesco. È stato selezionato come Inaugural
Fellow dell’Institute for Advanced Study della University of Notre Dame, Usa, nel semestre del 2010-2011, unico tra i selezionati proveniente da un ateneo italiano
Fonte: La Provincia del 16 ottobre 2010 pag. 57
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