lunedì 19 luglio 2010
Palermo, la città delle contraddizioni
http://www.youtube.com/watch?v=adrQb0qqhxo
Di Federica Fabbretti e Martina Di Gianfelice
Mentre nel Palazzo di Giustizia, in un’ Aula Magna colma di gente, si commemorava tra lacrime, sorrisi e applausi, il giudice Paolo Borsellino, a pochi chilometri di distanza , in via della Libertà, venivano scoperte, divelte dall’asfalto e danneggiate, le statue di Giovanni Falcone e dello stesso Paolo Borsellino. Quando ci è stata comunicata la notizia avevamo appena salutato Salvatore Borsellino all’uscita dal tribunale dove Antonino Di Matteo, presidente della sezione palermitana dell’ANM, aveva organizzato la commemorazione. Siamo rimaste per un attimo senza parole, poi all’incredulità è subentrata la rabbia. Rabbia che ci ha spinte a dirigerci verso il luogo di quello che possiamo solo definire un affronto alla memoria dei due uomini che maggiormente hanno combattuto il cancro che da sempre opprime questa città.
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Le statue sono lì e la scena è desolante. Gettate sull’asfalto, alcune parti dei loro “corpi” sono mancanti e per un orrendo istante è come se fossimo tornate indietro di 18 anni, maggio e luglio sovrapposti, e fossimo là, sull’autostrada di Capaci e contemporaneamente in via Mariano D’Amelio, a guardare i corpi straziati dei nostri due eroi, di due delle persone per le quali ci sentiamo ancora fieri di essere italiani.
Sul viso delle forze dell’ordine presenti, giovani carabinieri e finanzieri che presidiavano le statue, si poteva leggere il nostro stesso stato d’animo. Le parole che sentiamo pronunciare loro, tra le altre, sono “vandalismo” e “mafia”.
Vandali di questo genere sarebbero il segno di una grave carenza storica e culturale, di un’assenza di conoscenza dei protagonisti fondamentali per la storia del nostro paese e di una totale mancanza di educazione alla legalità da parte dello Stato. Ma se invece dell’atto impulsivo di qualche ragazzino ignorante e irrispettoso si trattasse di un messaggio mafioso, anche se consapevoli della gravità del fatto, ci piace pensare che il suo significato possa essere ricercato nella paura che la mafia continua ad avere, ancora dopo 18 anni, dell’eredità e dell’esempio che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone hanno lasciato dentro ognuno di noi.
Mentre saliamo sul motorino e ce ne andiamo, non sappiamo se sperare che sia stato un atto di vandalismo o un preciso messaggio, lanciato a due giorni dall’anniversario della strage di via D’Amelio, nel giorno in cui da tutta Italia sono giunte in città centinaia e centinaia di Agende Rosse, pronte per riaffermare e ricordare i valori per i quali è vissuto e morto Paolo Borsellino, pronte a quel giuramento che da piu’ di un anno gridiamo all’Italia e agli italiani: “Paolo, le tue idee continueranno a camminare sulle nostre gambe”.
Fonte: ilfattiquotidiano.it, 18 luglio 2010
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http://www.youtube.com/watch?v=adrQb0qqhxo
Di Federica Fabbretti e Martina Di Gianfelice
Mentre nel Palazzo di Giustizia, in un’ Aula Magna colma di gente, si commemorava tra lacrime, sorrisi e applausi, il giudice Paolo Borsellino, a pochi chilometri di distanza , in via della Libertà, venivano scoperte, divelte dall’asfalto e danneggiate, le statue di Giovanni Falcone e dello stesso Paolo Borsellino. Quando ci è stata comunicata la notizia avevamo appena salutato Salvatore Borsellino all’uscita dal tribunale dove Antonino Di Matteo, presidente della sezione palermitana dell’ANM, aveva organizzato la commemorazione. Siamo rimaste per un attimo senza parole, poi all’incredulità è subentrata la rabbia. Rabbia che ci ha spinte a dirigerci verso il luogo di quello che possiamo solo definire un affronto alla memoria dei due uomini che maggiormente hanno combattuto il cancro che da sempre opprime questa città.
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Le statue sono lì e la scena è desolante. Gettate sull’asfalto, alcune parti dei loro “corpi” sono mancanti e per un orrendo istante è come se fossimo tornate indietro di 18 anni, maggio e luglio sovrapposti, e fossimo là, sull’autostrada di Capaci e contemporaneamente in via Mariano D’Amelio, a guardare i corpi straziati dei nostri due eroi, di due delle persone per le quali ci sentiamo ancora fieri di essere italiani.
Sul viso delle forze dell’ordine presenti, giovani carabinieri e finanzieri che presidiavano le statue, si poteva leggere il nostro stesso stato d’animo. Le parole che sentiamo pronunciare loro, tra le altre, sono “vandalismo” e “mafia”.
Vandali di questo genere sarebbero il segno di una grave carenza storica e culturale, di un’assenza di conoscenza dei protagonisti fondamentali per la storia del nostro paese e di una totale mancanza di educazione alla legalità da parte dello Stato. Ma se invece dell’atto impulsivo di qualche ragazzino ignorante e irrispettoso si trattasse di un messaggio mafioso, anche se consapevoli della gravità del fatto, ci piace pensare che il suo significato possa essere ricercato nella paura che la mafia continua ad avere, ancora dopo 18 anni, dell’eredità e dell’esempio che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone hanno lasciato dentro ognuno di noi.
Mentre saliamo sul motorino e ce ne andiamo, non sappiamo se sperare che sia stato un atto di vandalismo o un preciso messaggio, lanciato a due giorni dall’anniversario della strage di via D’Amelio, nel giorno in cui da tutta Italia sono giunte in città centinaia e centinaia di Agende Rosse, pronte per riaffermare e ricordare i valori per i quali è vissuto e morto Paolo Borsellino, pronte a quel giuramento che da piu’ di un anno gridiamo all’Italia e agli italiani: “Paolo, le tue idee continueranno a camminare sulle nostre gambe”.
Fonte: ilfattiquotidiano.it, 18 luglio 2010
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