lunedì 26 luglio 2010

Meridione sempre peggio: il 15% vive con meno di mille euro al mese


La fotografia è impietosa. Il nostro Meridione sta sempre peggio. Il rapporto Swimez sull'economia del Mezzogiorno 2010 è chiaro: al Sud c'è sempre meno lavoro e il Pil torna ai livelli di dieci anni fa. Mentre il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, una famiglia su cinque non ha i soldi per andare dal medico e una su cinque non si può permettere di pagare il riscaldamento. Un Mezzogiorno in recessione, insomma, colpito dalla crisi del settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno che del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi. Per questo, dice lo Svimez, serve un nuovo progetto Paese per il Sud, che parta dal rilancio delle infrastrutture, con un piano di 38 miliardi di euro.

In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore rispetto al resto del Paese (5,5%). Nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, percentuale che in Sicilia sale al 54%. Hanno inoltre a carico tre o più familiari il 12% delle famiglie meridionali, un dato quattro volte superiore a quello del Centro-Nord (3,7%), che arriva al 16,5% in Campania. A rischio povertà a causa di un reddito troppo basso quasi un cittadino meridionale su tre, contro uno su dieci al Centro-Nord. In valori assoluti, al Sud, si tratta di 6 milioni 838mila persone, fra cui 889mila lavoratori dipendenti e 760mila pensionati.

Da segnalare che non sempre, nel Mezzogiorno, uno stipendio in più oltre a quello base modifica la situazione: in quasi una famiglia su quattro (23,9%) con due redditi il rischio rimane. Una situazione che ha i suoi effetti sulle scelte di tutti i giorni: una famiglia meridionale su quattro non ha soldi per andare dal medico; quasi una su due non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro. Ed ancora: nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento dovuto rinunciare ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania e il 24,8% in Sicilia). Nel 2008 è arrivata con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su quattro (25,9%) contro il 13,2% del Centro-Nord.

Nel 2009 il Pil del Sud è calato del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato del Centro-Nord (-5,2%). Il Pil per abitante è pari a 17.317 euro, il 58,8% del Centro-Nord (29.449 euro). Nessun settore si salva dalla crisi: dall'agricoltura (crollo del valore aggiunto del 5%) all'industria (meno 15,8%). Mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo del 16,6% e il commercio -11%. Giù anche turismo e trasporti (-3%) e intermediazione creditizia e immobiliare (-1,7%). Due le cause principali: gli investimenti che rallentano e le famiglie che non consumano. Queste ultime infatti hanno ridotto al Sud la spesa del 2,6% contro l'1,6% del Centro-Nord. Mentre gli investimenti industriali sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo la flessione (-3,7%) del 2008.

Forte l'impatto sull'occupazione anche se la disoccupazione cresce di più al centro-nord. Nel 2009 i disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+29,9%), quasi 30 volte di più che al Sud (+1,4%). Nella classe di età 15-24 anni la disoccupazione è arrivata al 20,1% al Centro-Nord e al 36% al Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,6% del totale, erano il 6,4% nel 2008). Tuttavia, al Sud continua a crescere la zona grigia della disoccupazione, che raggruppa persone che non cercano lavoro ma si dicono disponibili a lavorare, disoccupati impliciti e lavoratori potenziali: considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo del sud salirebbe nel 2009 a sfiorare il 23,9% (era stimato nel 22,5% nel 2008).

Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. Direzione Centro-Nord, dove si dirigono 9 emigranti su 10. Nel 2009 114mila persone si sono trasferite dal Sud al Nord, 8mila in meno rispetto al 2008. In crescita invece i trasferimenti in direzione opposta, da Nord a Sud, arrivati nel 2009 a 55mila unità (erano 50mila l'anno precedente). Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania (38mila nel 2007), seguita da Sicilia (26.200) e Puglia (21.300). La regione più attrattiva resta la Lombardia, seguita dall'Emilia Romagna. Solo 1 su dieci, invece, si trasferisce all'estero: in valori assoluti, dal 1996 al 2007, parliamo di 242mila persone, di cui oltre 13mila laureati. In testa alle preferenze la Germania, che attrae oltre un terzo degli emigranti verso l'estero, per il 20% laureati; seguono Svizzera e Regno Unito.

Risultati "insufficienti", presenza di "significative inefficenze" che rendono "necessario un ripensamento e possono anche spingere a una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo". Si può sintetizzare così il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Svimez. Il capo dello Stato segnala i risultati insufficienti delle politiche fin qui seguite, la presenza di significative inefficenze, richiamando a un ripensamento e a una profonda modifica degli interventi di sviluppo.

Fonte:Marsal@.it


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La fotografia è impietosa. Il nostro Meridione sta sempre peggio. Il rapporto Swimez sull'economia del Mezzogiorno 2010 è chiaro: al Sud c'è sempre meno lavoro e il Pil torna ai livelli di dieci anni fa. Mentre il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, una famiglia su cinque non ha i soldi per andare dal medico e una su cinque non si può permettere di pagare il riscaldamento. Un Mezzogiorno in recessione, insomma, colpito dalla crisi del settore industriale, che da otto anni consecutivi cresce meno che del Centro-Nord, cosa mai avvenuta dal dopoguerra a oggi. Per questo, dice lo Svimez, serve un nuovo progetto Paese per il Sud, che parta dal rilancio delle infrastrutture, con un piano di 38 miliardi di euro.

In base agli ultimi dati disponibili (2007) il 14% delle famiglie meridionali vive con meno di 1.000 euro al mese, un dato quasi tre volte superiore rispetto al resto del Paese (5,5%). Nel 47% delle famiglie meridionali vi è un unico stipendio, percentuale che in Sicilia sale al 54%. Hanno inoltre a carico tre o più familiari il 12% delle famiglie meridionali, un dato quattro volte superiore a quello del Centro-Nord (3,7%), che arriva al 16,5% in Campania. A rischio povertà a causa di un reddito troppo basso quasi un cittadino meridionale su tre, contro uno su dieci al Centro-Nord. In valori assoluti, al Sud, si tratta di 6 milioni 838mila persone, fra cui 889mila lavoratori dipendenti e 760mila pensionati.

Da segnalare che non sempre, nel Mezzogiorno, uno stipendio in più oltre a quello base modifica la situazione: in quasi una famiglia su quattro (23,9%) con due redditi il rischio rimane. Una situazione che ha i suoi effetti sulle scelte di tutti i giorni: una famiglia meridionale su quattro non ha soldi per andare dal medico; quasi una su due non ha potuto sostenere una spesa imprevista di 750 euro. Ed ancora: nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per vestiti necessari e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo bollette di luce, acqua e gas. Otto famiglie su cento dovuto rinunciare ad alimentari necessari (il 12% in Basilicata), il 21% non ha avuto soldi per il riscaldamento (27,5% in Sicilia) e il 20% per andare dal medico (il 25,3% in Campania e il 24,8% in Sicilia). Nel 2008 è arrivata con difficoltà a fine mese oltre una famiglia su quattro (25,9%) contro il 13,2% del Centro-Nord.

Nel 2009 il Pil del Sud è calato del 4,5%, un valore molto più negativo del -1,5% del 2008, leggermente inferiore al dato del Centro-Nord (-5,2%). Il Pil per abitante è pari a 17.317 euro, il 58,8% del Centro-Nord (29.449 euro). Nessun settore si salva dalla crisi: dall'agricoltura (crollo del valore aggiunto del 5%) all'industria (meno 15,8%). Mentre le produzioni manifatturiere hanno segnato un calo del 16,6% e il commercio -11%. Giù anche turismo e trasporti (-3%) e intermediazione creditizia e immobiliare (-1,7%). Due le cause principali: gli investimenti che rallentano e le famiglie che non consumano. Queste ultime infatti hanno ridotto al Sud la spesa del 2,6% contro l'1,6% del Centro-Nord. Mentre gli investimenti industriali sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo la flessione (-3,7%) del 2008.

Forte l'impatto sull'occupazione anche se la disoccupazione cresce di più al centro-nord. Nel 2009 i disoccupati sono aumentati più al Centro-Nord (+29,9%), quasi 30 volte di più che al Sud (+1,4%). Nella classe di età 15-24 anni la disoccupazione è arrivata al 20,1% al Centro-Nord e al 36% al Sud. Qui crescono anche i disoccupati di lunga durata (sono il 6,6% del totale, erano il 6,4% nel 2008). Tuttavia, al Sud continua a crescere la zona grigia della disoccupazione, che raggruppa persone che non cercano lavoro ma si dicono disponibili a lavorare, disoccupati impliciti e lavoratori potenziali: considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo del sud salirebbe nel 2009 a sfiorare il 23,9% (era stimato nel 22,5% nel 2008).

Tra il 1990 e il 2009 circa 2 milioni 385mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno. Direzione Centro-Nord, dove si dirigono 9 emigranti su 10. Nel 2009 114mila persone si sono trasferite dal Sud al Nord, 8mila in meno rispetto al 2008. In crescita invece i trasferimenti in direzione opposta, da Nord a Sud, arrivati nel 2009 a 55mila unità (erano 50mila l'anno precedente). Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania (38mila nel 2007), seguita da Sicilia (26.200) e Puglia (21.300). La regione più attrattiva resta la Lombardia, seguita dall'Emilia Romagna. Solo 1 su dieci, invece, si trasferisce all'estero: in valori assoluti, dal 1996 al 2007, parliamo di 242mila persone, di cui oltre 13mila laureati. In testa alle preferenze la Germania, che attrae oltre un terzo degli emigranti verso l'estero, per il 20% laureati; seguono Svizzera e Regno Unito.

Risultati "insufficienti", presenza di "significative inefficenze" che rendono "necessario un ripensamento e possono anche spingere a una profonda modifica delle modalità e dello stesso impianto strategico degli interventi di sviluppo". Si può sintetizzare così il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Svimez. Il capo dello Stato segnala i risultati insufficienti delle politiche fin qui seguite, la presenza di significative inefficenze, richiamando a un ripensamento e a una profonda modifica degli interventi di sviluppo.

Fonte:Marsal@.it


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