“Il maxiemendamento del Governo ha modificato la sospensione delle multe per le quote latte” ha detto Maurizio Gasparri (presidente dei senatori Pdl) al termine della conferenza dei capigruppo. La norma prevedeva che il pagamento degli importi (con scadenza 30 giugno 2010) venisse sospeso fino a dicembre, invece il maxiemendamento proroga il pagamento al 31 dicembre 2010. Slittamento che accontenta l’elettorato leghista (fatto di allevatori) e scontenta quello centrista (Udc, Dc, Udeur) costituito dai coltivatori del Mezzogiorno. Scontro tra settori del comparto agricolo? No, solo che anche i coltivatori avrebbero gradito sgravi. Nella sostanza la materia agricola è regionale ed i tagli alle Regioni vengono confermati. Così come viene confermata la misura che estende all’autorizzazione paesaggistico-territoriale (di sovraintendenze o regioni) il silenzio-assenso della “conferenza dei servizi” e la proroga delle rate delle cosiddette quote latte. Questa è la sostanza per gli agricoltori nella versione finale del maxiemendamento alla manovra presentato dal governo. “Ringraziamo il governo, in particolar modo il ministro Tremonti, per la sensibilità dimostrata nella trattativa che ha portato all’inserimento, nel maxiemendamento, della proroga del pagamento delle quote latte - hanno dichiarato Gianpaolo Vallardi ed Enrico Montani (senatori del Carroccio in Commissione Agricoltura) - sicuramente offre un sospiro di sollievo ai nostri allevatori, in questo particolare momento in cui il prezzo del latte non permette sicuramente di pagare sanzioni pregresse. Il movimento della Lega Nord - hanno aggiunto i due senatori - anche questa volta sostiene il mondo agricolo e le istanze degli agricoltori”. E qualcuno da Coldiretti precisa “la Lega tutela solo gli allevatori”. L’emendamento inserito nel maxiemendamento conferma la proroga per quegli allevatori facenti parte delle 23 mila aziende della legge 119 del 2003 e di tutti gli altri allevatori della legge 33 del 2009 che dovevano pagare le rate entro il 30 giugno scorso: per il 95% allevatori che insistono nel Nord Italia. “Un miliardo e mezzo di multa per le quote latte, e quindi di spesa improduttiva, fa della Lega il vero partito della spesa pubblica del nostro Paese - dichiara Roberto Occhiuto (capogruppo dell’Udc in Commissione Finanze alla Camera) -. Neanche Bassolino e Loiero - prosegue l’esponente centrista - sarebbero riusciti a provocare danno maggiore con un solo emendamento, e per difendere il privilegio indifendibile degli allevatori, tutti del Nord: da oggi sarà più difficile per i leghisti ergersi a paladini del rigore e della lotta agli sprechi”.
Annosa questione latte
Il calvario delle quote latte inizia nel 1984. Quando l’allora Comunità Europea (Cee), per far fronte alle eccedenze di latte e derivati, decise la regolamentazione della produzione attraverso (le quote). All’Italia vennero assegnate, ed a fronte d’una trattativa politica che la vedeva controparte economicamente debole dei paesi nordeuropei, quote non corrispondenti alla realtà: circa il 50% in meno dell’effettiva produzione. Da quella trattativa da perdenti (agevolata anche dall’inadeguatezza dell’epoca a rilevare correttamente i dati produttivi) si svilupparono le polemiche e gli incidenti “diplomatici” che, in circa 26 anni, hanno generato la “questione quote latte”. Nel giro d’un biennio i politici italiani si resero conto che i quantitativi prodotti eccedevano la quota assegnata: dall’Europa cominciarono a fioccare salatissime multe agli allevatori. Fino al 1990, l’Unione europea considerava l’Italia come unica e grande azienda: perché la politica italiana aveva chiesto espressamente alla comunità europea di non dettagliare le multe. Una trovata clientelare da Prima Repubblica, per non sconvolgere l’elettorato bianco (gli allevatori erano tutti democristiani, anche nella rossa Emilia) e le sanzioni vennero pagate dallo Stato, ed a fronte di una minor erogazione di fondi Ue (a discapito del mondo agricolo): una trovata dei professori di politica agraria comunitaria bolognesi, amici e sodali di Romano Prodi. Ma l’Italia, paese delle migliaia di competenze in campo agricolo (leggasi scaricabarile), credeva d’aver gabbato la comunità europea. Il Belpaese fornì persino dei dati falsi e contraddittori: l’Ue col tempo ha contestato tutti i dati produttivi forniti da fonti pubbliche italiane. Così l’amministrazione europea avviava un lento ma inesorabile e pesante contenzioso. I politici italiani pensarono bene d’avviare un negoziato con gli uffici comunitari, credendo di prendere per stanchezza una robusta controparte spalleggiata da Danimarca, Germania e Francia. “L’Italia va cacciata dalla comunità!” gridavano i politici nordeuropei. Ma i politici italiani contavano di prendere per stanchezza i partner dell’Antico Continente. Così nell’autunno 1994 arrivava una sorta di definizione del contenzioso: veniva varata una consistente riduzione del prelievo, dovuto all’aumento della quantità nazionale. Poi arrivarono anche le nuove regole comunitarie. Contro i provvedimenti dell’Ue sono piovuti molti ricorsi alla magistratura amministrativa, e conseguenti sospensive. Intanto di anno in anno gli allevatori sono diminuiti notevolmente. I pochi rimasti hanno continuato a ricorrere, facendo lievitare l’importo del contenzioso. La politica nazionale ha battuto tantissime strade per risolvere la vicenda. L’ex ministro leghista Zaia (oggi governatore del Veneto) per un verso ha affrontato la questione, prendendo spunto dalla nuova assegnazione di quote all’Italia. Ma va anche detto che la Lega ha manifestato con la questione “quote latte” i propri limiti, l’incapacità a risolvere la questione con un salto di qualità. Ed in molti si sono chiesti che fine abbia fatto l’equilibrio, anche perché non si può consigliare agli allevatori di non pagare le sanzioni, di non rispettare le leggi europee. I consigli dispensati dalla Lega agli allevatori introducono elementi di grave ingiustizia e turbative della concorrenza: assegnare le nuove quote a quanti hanno agito nell’illegalità è un danno per il comparto agricolo. Sulla vicenda ogni associazione ha preso una posizione. Equilibrata quella della Coldiretti, che chiede parametri di giustizia nell’intera Europa per il settore lattiero. Diversa la posizione della Lega, che creerebbe belligeranza tra Italia ed altri paesi dell’Ue. Il rischio è ancora una volta la chiusura di molte aziende ed un prezzo ancora più basso del latte italiano alla stalla.
La linea giusta
“Mi pare che ci siano due linee in atto sul tema delle quote latte: una di serietà ed una che seria non è”, ha detto Giancarlo Galan (ministro delle Politiche Agricole). “E’ intollerabile che paghi il Mezzogiorno e che si diano soldi a chi ha truffato lo Stato, come nel caso delle quote latte”, afferma la presidente del Gruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro, che rammenta quanto siano penalizzati gli agricoltori del Sud. “Quella delle quote latte è una vicenda in cui si rischia di spendere molto denaro, causare molte distinzioni e favori per raccogliere alla fine pochissimi frutti - ha aggiunto il ministro Galan -. In Italia deve essere garantito il rispetto della legalità sulla questione quote latte, è la posizione assunta dalla delegazione Pdl al Parlamento europeo”. “Un problema economico legato ai diversi milioni di euro che la Lega Nord vorrebbe far pagare a tutti i cittadini italiani - sostengono gli eurodeputati del Pdl - per esentare dal pagamento delle multe coloro che non hanno mai rispettato le regole. La responsabilità politica della Lega Nord - sottolineano - è la responsabilità la stessa dei capetti dei Cobas del latte che, alla ricerca di un colpo di spugna che cancelli le loro malefatte, hanno trascinato nel baratro molti piccoli produttori, inseguendo il miraggio delle produzioni senza regole”. Ma la Lega ha vinto le regionali in Veneto e Piemonte anche (e soprattutto) promettendo che spalleggerà il comparto agricolo contro l’Unione europea. Intanto il 22 luglio manifesteranno a Roma migliaia di imprenditori agricoli, turbati da una disparità che premia l’allevatore (elettore leghista). Secondo Giuseppe Politi (presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori) “sarebbero bastate due misure, la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali in scadenza il prossimo 31 luglio per le imprese delle zone svantaggiante e di montagna e la reintroduzione del bonus gasolio per le serre, per dare una temporanea boccata d’ossigeno al settore”. Ma il premio agli allevatori ha fatto saltare la pace nelle campagne. E qualche coltivatore ci va giù duro accusando gli allevatori d’essere “evasori premiati dalla Lega”. Tra le due categorie ormai è scontro.
Fonte: Opinione.it
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