Addio trasparenza per le opere pubbliche: nella manovra finanziaria c'è un articoletto che permetterà ai dirigenti dei ministeri di assegnare contratti milionari con procedure segrete. E i tangentisti brindano
(12 luglio 2010) Centro congressi costruito
alla MaddalenaAppalti segreti spa. Un codicillo nascosto nella manovra minaccia di stravolgere i principi di legalità e trasparenza dei lavori pubblici: con la nuova norma il governo Berlusconi autorizza tutti i dirigenti ministeriali ad assegnare contratti milionari con procedure "secretate".
Ogni capo della burocrazia romana potrà decidere personalmente, in pratica, non solo di affidare un maxi-appalto a un'impresa di sua fiducia, evitando così qualsiasi gara, ma addirittura di tenere riservata la stessa esistenza del contratto, senza dover pubblicizzare contenuti, importi e aziende beneficiate. Secondo i pochissimi esperti che se ne sono accorti (un paio di parlamentari del Pd e uno sparuto drappello di giuristi e magistrati), si tratta di una specie di controriforma del codice degli appalti che minaccia di azzerare gli obblighi di trasparenza e vanificare i controlli su un intero settore miliardario della spesa pubblica.
La norma-scandalo è "l'articolo 8, comma 10" della manovra per risanare i conti pubblici. Il governo ha usato una formulazione, con un doppio giro di rimandi legali, che sembra fatta apposta per non lasciar capire niente. Il comma 10, infatti, recita testualmente: "All'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo la lettera d), è inserita la seguente: "d-bis) adottano i provvedimenti previsti dall'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni". Traduzione in italiano: d'ora in poi qualsiasi dirigente ministeriale è libero di assegnare appalti con procedure segrete.
La legge del 2001, infatti, è quella che stabilisce i poteri dei burocrati più importanti. Il nuovo codicillo ("d-bis") allarga le eccezioni alle regole di trasparenza, concorrenza e controllo. Finora questi poteri eccezionali spettavano solo all'autorità politica: per tenere segreto un contratto pubblico, serviva l'autorizzazione motivata quantomeno di un ministro, se non della presidenza del Consiglio.
D'ora in poi, invece, qualsiasi capo-settore della burocrazia potrà decidere un proprio personalisssimo elenco di "opere, servizi e forniture da considerarsi "segreti" oppure "eseguibili con speciali misure di sicurezza"". Una distribuzione a pioggia dei poteri di "secretazione" che, dopo tanti scandali svelati dalle inchieste sulla Protezione civile, rischia d'innescare una moltiplicazione delle "cricche".
"In realtà gli appalti secretati sono già ora una torta ancora più grande di quella distribuita dalla Protezione civile", denuncia il senatore Antonio Rugghia, capogruppo Pd in commissione Difesa: "La semplice dichiarazioni di segretezza o sicurezza dell'opera ha consentito in questi anni di assegnare centinaia di appalti pluri-milionari a trattativa privata e senza alcuna pubblicità.
In molti casi, ad esempio per i tre affari da 200 milioni per le nuove carceri in Sardegna, queste procedure eccezionali risultano aver premiato le stesse ditte che sono inquisite per gli appalti della Protezione civile alla Maddalena. Ora, con il comma 10, si cancella anche quel poco che che resta dei canoni di trasparenza e concorrenza che erano stati sanciti dalla legge Merloni per far uscire l'Italia da Tangentopoli".
I pochi magistrati e giuristi che hanno cominciato a studiare il comma 10, a questo punto temono una specie di chiusura del cerchio dell'illegalità. Anche per l'ampiezza della norma. Le procedure segrete possono essere decise direttamente dai burocrati, infatti non solo per contratti delicatissimi (ad esempio per forniture militari o tecnologie da 007) ma anche per qualsiasi opera che richieda "misure di sicurezza", come carceri o caserme.
E cosa ne pensa l'Europa? La direttiva 2004/18 sugli appalti pubblici prevede all'art. 14 delle limitazioni alla regola della trasparenza per ragioni di "sicurezza" o "di tutela di interessi essenziali" di uno Stato membro, ragioni che vengono valutate dallo stesso paese interessato.
"Ma ci vuole un certo equilibrio", precisa una fonte comunitaria, "la questione è fino a dove si spinge l'interesse nazionale e la sicurezza, criteri che non possono diventare abusivi". Se uno Stato vuole segretare un appalto deve dimostrare che si tratta di un interesse strategico e che la divulgazione degli elementi dell'appalto pregiudica i suoi interessi nazionali. In concreto, visti da Bruxelles, un carcere o una caserma non sembrano interessi nazionali tali da sviare le regole comunitarie.
ha collaborato Alberto D'Argenzio
alla MaddalenaAppalti segreti spa. Un codicillo nascosto nella manovra minaccia di stravolgere i principi di legalità e trasparenza dei lavori pubblici: con la nuova norma il governo Berlusconi autorizza tutti i dirigenti ministeriali ad assegnare contratti milionari con procedure "secretate".
Ogni capo della burocrazia romana potrà decidere personalmente, in pratica, non solo di affidare un maxi-appalto a un'impresa di sua fiducia, evitando così qualsiasi gara, ma addirittura di tenere riservata la stessa esistenza del contratto, senza dover pubblicizzare contenuti, importi e aziende beneficiate. Secondo i pochissimi esperti che se ne sono accorti (un paio di parlamentari del Pd e uno sparuto drappello di giuristi e magistrati), si tratta di una specie di controriforma del codice degli appalti che minaccia di azzerare gli obblighi di trasparenza e vanificare i controlli su un intero settore miliardario della spesa pubblica.
La norma-scandalo è "l'articolo 8, comma 10" della manovra per risanare i conti pubblici. Il governo ha usato una formulazione, con un doppio giro di rimandi legali, che sembra fatta apposta per non lasciar capire niente. Il comma 10, infatti, recita testualmente: "All'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo la lettera d), è inserita la seguente: "d-bis) adottano i provvedimenti previsti dall'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni". Traduzione in italiano: d'ora in poi qualsiasi dirigente ministeriale è libero di assegnare appalti con procedure segrete.
La legge del 2001, infatti, è quella che stabilisce i poteri dei burocrati più importanti. Il nuovo codicillo ("d-bis") allarga le eccezioni alle regole di trasparenza, concorrenza e controllo. Finora questi poteri eccezionali spettavano solo all'autorità politica: per tenere segreto un contratto pubblico, serviva l'autorizzazione motivata quantomeno di un ministro, se non della presidenza del Consiglio.
D'ora in poi, invece, qualsiasi capo-settore della burocrazia potrà decidere un proprio personalisssimo elenco di "opere, servizi e forniture da considerarsi "segreti" oppure "eseguibili con speciali misure di sicurezza"". Una distribuzione a pioggia dei poteri di "secretazione" che, dopo tanti scandali svelati dalle inchieste sulla Protezione civile, rischia d'innescare una moltiplicazione delle "cricche".
"In realtà gli appalti secretati sono già ora una torta ancora più grande di quella distribuita dalla Protezione civile", denuncia il senatore Antonio Rugghia, capogruppo Pd in commissione Difesa: "La semplice dichiarazioni di segretezza o sicurezza dell'opera ha consentito in questi anni di assegnare centinaia di appalti pluri-milionari a trattativa privata e senza alcuna pubblicità.
In molti casi, ad esempio per i tre affari da 200 milioni per le nuove carceri in Sardegna, queste procedure eccezionali risultano aver premiato le stesse ditte che sono inquisite per gli appalti della Protezione civile alla Maddalena. Ora, con il comma 10, si cancella anche quel poco che che resta dei canoni di trasparenza e concorrenza che erano stati sanciti dalla legge Merloni per far uscire l'Italia da Tangentopoli".
I pochi magistrati e giuristi che hanno cominciato a studiare il comma 10, a questo punto temono una specie di chiusura del cerchio dell'illegalità. Anche per l'ampiezza della norma. Le procedure segrete possono essere decise direttamente dai burocrati, infatti non solo per contratti delicatissimi (ad esempio per forniture militari o tecnologie da 007) ma anche per qualsiasi opera che richieda "misure di sicurezza", come carceri o caserme.
E cosa ne pensa l'Europa? La direttiva 2004/18 sugli appalti pubblici prevede all'art. 14 delle limitazioni alla regola della trasparenza per ragioni di "sicurezza" o "di tutela di interessi essenziali" di uno Stato membro, ragioni che vengono valutate dallo stesso paese interessato.
"Ma ci vuole un certo equilibrio", precisa una fonte comunitaria, "la questione è fino a dove si spinge l'interesse nazionale e la sicurezza, criteri che non possono diventare abusivi". Se uno Stato vuole segretare un appalto deve dimostrare che si tratta di un interesse strategico e che la divulgazione degli elementi dell'appalto pregiudica i suoi interessi nazionali. In concreto, visti da Bruxelles, un carcere o una caserma non sembrano interessi nazionali tali da sviare le regole comunitarie.
ha collaborato Alberto D'Argenzio
Fonte:L'Espresso
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