giovedì 22 luglio 2010

Colonialismo «cavouriano» e storie di briganti a Santa Marinella


Di Maurizio Carbona

Durante l’ascesa dell’Italia, il cinema e l’Eiar, poi la Rai-Tv, hanno rispecchiato la patria; durante il declino, le tv private hanno rispecchiato il paese. Morale: la storia è quasi sparita dalle immagini cinematografiche e tv, mentre vi ha dilagato la cronaca, spesso nera. A questa rimozione della cultura tenta di rimediare, nel suo piccolo, il Festival di Santa Marinella, che domenica prossima aprirà la decima edizione presentando Briganti! di Pasquale Squitieri, con l’intervento del regista. E che si chiuderà il primo agosto con Il brigante di Tacca del Lupo di Pietro Germi. Sono film di opposta prospettiva - meridionale il primo, settentrionale il secondo -, ma accomunati dalla critica del compimento dell’unità nazionale. Per Ernesto Nicosia, direttore del Festival, «sono i vincitori a scrivere la Storia. Quindi l’impresa garibaldina, che ha unito l’Italia, ci è stata tramandata con la retorica dell’epoca, secondo una concezione dello Stato e della società cattolica-liberale, voluta da Cavour e Rosmini, nel desiderio di celebrare i potenti e nella necessità di emarginare il pensiero mazziniano, che aveva un’altra ipotesi unitaria. Ci fu dunque il sovrapporsi di un nord industriale e pragmatico a un sud agricolo e capace di grandi sacrifici. Le due realtà avrebbero potuto integrarsi ed arricchirsi; ma i conquistatori applicarono criteri colonialisti, creando guasti i cui esiti si perpetuano oggi». Prosegue Nicosia: «L’utilizzo di un unico modello a realtà economiche e sociali diverse comportò problemi tuttora irrisolti. Una disciplina intransigente, quasi militare e il richiamo a uno Stato, per i cittadini ex-borbonici, lontano e non identificabile, imposti manu militari, parvero una violenza, che si sommava a altre violenze e deludeva attese e promesse. E se da un lato alcuni si ribellarono ai nuovi padroni, le popolazioni videro nei capipopolo, se non i propri rappresentanti, dei “padrini”. L’impreparazione della classe dirigente ai nuovi compiti, l’assenza di una cultura italiana nei piemontesi, l' incomprensione per i problemi delle popolazioni annesse suscitarono la reazione di queste ultime, con la nascita del brigantaggio». Per altre informazioni sul festival, tel. 335.6547394; www.santamarinella.rm.gov.it


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Di Maurizio Carbona

Durante l’ascesa dell’Italia, il cinema e l’Eiar, poi la Rai-Tv, hanno rispecchiato la patria; durante il declino, le tv private hanno rispecchiato il paese. Morale: la storia è quasi sparita dalle immagini cinematografiche e tv, mentre vi ha dilagato la cronaca, spesso nera. A questa rimozione della cultura tenta di rimediare, nel suo piccolo, il Festival di Santa Marinella, che domenica prossima aprirà la decima edizione presentando Briganti! di Pasquale Squitieri, con l’intervento del regista. E che si chiuderà il primo agosto con Il brigante di Tacca del Lupo di Pietro Germi. Sono film di opposta prospettiva - meridionale il primo, settentrionale il secondo -, ma accomunati dalla critica del compimento dell’unità nazionale. Per Ernesto Nicosia, direttore del Festival, «sono i vincitori a scrivere la Storia. Quindi l’impresa garibaldina, che ha unito l’Italia, ci è stata tramandata con la retorica dell’epoca, secondo una concezione dello Stato e della società cattolica-liberale, voluta da Cavour e Rosmini, nel desiderio di celebrare i potenti e nella necessità di emarginare il pensiero mazziniano, che aveva un’altra ipotesi unitaria. Ci fu dunque il sovrapporsi di un nord industriale e pragmatico a un sud agricolo e capace di grandi sacrifici. Le due realtà avrebbero potuto integrarsi ed arricchirsi; ma i conquistatori applicarono criteri colonialisti, creando guasti i cui esiti si perpetuano oggi». Prosegue Nicosia: «L’utilizzo di un unico modello a realtà economiche e sociali diverse comportò problemi tuttora irrisolti. Una disciplina intransigente, quasi militare e il richiamo a uno Stato, per i cittadini ex-borbonici, lontano e non identificabile, imposti manu militari, parvero una violenza, che si sommava a altre violenze e deludeva attese e promesse. E se da un lato alcuni si ribellarono ai nuovi padroni, le popolazioni videro nei capipopolo, se non i propri rappresentanti, dei “padrini”. L’impreparazione della classe dirigente ai nuovi compiti, l’assenza di una cultura italiana nei piemontesi, l' incomprensione per i problemi delle popolazioni annesse suscitarono la reazione di queste ultime, con la nascita del brigantaggio». Per altre informazioni sul festival, tel. 335.6547394; www.santamarinella.rm.gov.it


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