È di Napoli il team che rappresenta l'Italia all'Imagine Cup, gara di informatica per studenti dei 5 continenti |
I finalisti dell'edizione 2010 dell'Imagine Cup all'università Federico II di Napoli |
NAPOLI - Il mondo si cambia anche attraverso piccoli gesti. I macroproblemi che affliggono l’umanità, quelli che le Nazioni Unite hanno sintetizzato negli otto
Millennium Goals da centrare entro il 2015 - educazione universale, lotta alla fame nel mondo, uguaglianza tra i sessi, salute per i bambini, sostegno alle madri in gravidanza, lotta contro l'hiv e altre patologie su vasta scala, sostenibilità ambientale e global partnership - sono l'effetto di comportamenti, scelte e stili di vita che appartengono al quotidiano di ciascuno di noi. Per questo intervenendo sul piccolo è possibile pensare in grande. È questa la filosofia che sta alla base dell’Imagine Cup, la gara di
information technology per studenti universitari di tutto il mondo promossa da Microsoft, che arriva quest'anno all'ottava edizione. Più di 300mila studenti vi hanno preso parte nei cinque continenti e solo i migliori di loro si affronteranno nella sfida decisiva, le finali mondiali che si svolgeranno all’inizio di luglio a Varsavia. E a rappresentare l’Italia nella più importante delle categorie in cui si suddivide la competizione, quella del «Software Design», ci sarà una squadra di studenti dell’università Federico II di Napoli, uscita vincitrice dalla selezione nazionale che proprio nel capoluogo campano ha avuto tra mercoledì e giovedì la sua fase finale. I quattro studenti del team «Error 404 v.2.0» (Raffaele Galiero, Clemente Giorio, Giulio D’Angelo e Ivana Cipolletta) sono stati designati come i portacolori azzurri al termine di una selezione che ha visto, a livello nazionale, la partecipazione di 250 studenti di diversi atenei di un po' tutte le regioni italiane.
Imagine Cup, le finali italiane
STOP AL TRAFFICO - A far prevalere il team partenopeo è stato un progetto, ribattezzato Lift4U, che ha come obiettivo la riduzione del numero di veicoli circolanti sulle strade mediante la gestione centralizzata di un maxi sistema di car pooling, car sharing, bike sharing e di uso ottimale dei mezzi pubblici, accessibile sia da pc sia da dispositivi mobili, ovvero i sempre più diffusi smartphone. Dietro di loro si sono piazzati il team «Code Zero» dell’università di Cagliari (Davide Luzzu e Roberto Manca), con un progetto legato all’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro flessibile finalizzato a gestire le microassunzioni temporanee e a fare emergere il lavoro nero; e una squadra dell’università di Genova (Marco Gandolfo, Noemi Greco e Luca Oneto) che con ByBNet ha dato vita ad una sorta di e-Bay della solidarietà, creando una piattaforma per l’incontro tra le persone che offrono donazioni in denaro oppure beni o tempo libero e le associazioni umanitarie che di quelle offerte abbisognano. Queste ultime vengono valutate con un sistema di feedback degli utenti e con un’analisi di affidabilità affidata a programmi di "intelligenza artificiale" che fanno tesoro delle esperienze pregresse e dei giudizi del network per valutare le possibilità che un progetto di cooperazione vada a buon fine o per definire il grado di fiducia che si può riporre in quell'ente.
LA SCHEDA: i sei progetti arrivati alle finali nazionali di Imagine Cup 2010
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I quattro studenti del team "Error 404 v.2.0" |
GIOCANDO S'IMPARA - Le finali italiane hanno decretato anche i vincitori di altre due categorie: la «Game Design», per l’ideazione di videogiochi, e la «Surface Interaction», destinata ad applicazioni per Sourface, la piattaforma multitouch di Microsoft, anch’esse incentrate sugli obiettivi del millennio dell’Onu. Le due categorie sono state vinte rispettivamente dal team «NextSoft» dell’università di Catania (Claudio Musumeci, Stefano Musumeci, Dario Paraspola e Federico Fausto Santoro) con il gioco Bacteriovirus (una guerra tra globuli bianchi e batteri che ricorda vagamente l’idea di base dei cartoni animati della serie «Alla scoperta del corpo umano»); e dal team «Fooding» del Politecnico di Milano (Laura Stefani, Gianvito Toscano, Luca Trinchero e Roberto Turla) con il software omonimo, pensato per l’erogazione di informazioni in tema alimentare e utilizzabile anche per la gestione delle prenotazioni di un ristorante.
FANTASIA AL POTERE - «Il livello dei progetti presentati cresce di anno in anno - commenta Anders Nilsson, a capo del gruppo Developer and Platform di Microsoft Italia -, conseguenza anche di una maggiore predisposizione di rettori e docenti a concedere tempo agli studenti per queste che sono applicazioni concrete del sapere. Dietro ognuna di queste piattaforme ci sono mesi e mesi di lavoro e comunque sia andata la classifica finale, ciascuno dei partecipanti sa che per il solo fatto di essere arrivato fin qui ha comunque vinto». Lo slogan dell’iniziativa non è stato scelto a caso: You win, we all win, tu vinci, tutti vinciamo. «Del resto - aggiunge Mauro Minella, responsabile dei programmi universitari di Microsoft Italia - quelli presentati sono progetti tecnologici innovativi e fantasiosi ma assolutamente concreti e realizzabili. In gara ci sono state tante idee: ciò che il mondo potrebbe diventare domani è in mano ai giovani di oggi».
LA START UP DELL'ANNO - L’evento di Napoli è stato anche l’occasione per assegnare il premio «Start-up dell’anno» alla migliore delle 10 aziende start-up arrivate in finale nel contest promosso dalla stessa Microsoft e dall’associazione PNICube, che raggruppa gli incubatori di impresa universitari italiani. La vittoria in questo caso è andata alla Genefinity, una spin off dell’università di Trieste fondata nel 2006, che realizza soluzioni per il settore dei film sottili per la diagnostica medica.
LE FINALI MONDIALI - In Polonia la competizione sarà serrata. Il confronto sarà solo tra i campioni delle diverse edizioni nazionali e quindi i progetti in gara saranno tutti di livello elevato. L’Italia vanta già una vittoria a livello mondiale, quella dell’edizione del 2006, quando ad aggiudicarsi il titolo, in India (la finale si svolge ogni anno in un Paese diverso, l’Italia è tra i candidati ad ospitare quelle del 2011) a prevalere fu un team del Politecnico di Torino. Lo scorso anno i portacolori italiani arrivavano invece da Udine, uno dei poli universitari più attivi nella partecipazione a questa competizione, che in altri due casi aveva inviato propri studenti alle finali mondiali. La categoria del Software Design è la più importante, ma non è detto che il quattro di «Error 404» siano gli unici italiani in gara alla finalissima: per tutte le altre categorie, dalle embedded technologies alle arti visive (fotografia, minifilmati), dalla creazione di videogame alla sfida su algoritmi e abilità di calcolo la selezione avviene online e a livello globale e i nomi degli ammessi alla sfida in terra polacca si conosceranno solo nelle prossime settimane.
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David Platt, docente ad Harvard |
«SOFTWARE SUCKS» - «C’è un gran bisogno di dummies nella progettazione di software - ha commentato il prof. David Platt, docente ad Harvard e autore dell’eloquente volume Why software sucks, edito in Italia da Mondadori con il titolo "Perché il software fa schifo", ospite della manifestazione -. Purtroppo dietro a molti dei programmi o dei siti web che utilizziamo ogni giorno ci sono persone che ragionano più come computer che come esseri umani e questo si riflette nei programmi stessi, spesso complicati e inaccessibili al grande pubblico. Ma questo poteva forse andare bene fino a un decennio fa, quando l’informatica di uso quotidiano era appannaggio solo di studiosi e addetti ai lavori, che in qualche modo accettavano e si predisponevano a studiare il funzionamento dei diversi programmi. Oggi, invece, il pc e Internet sono usati praticamente da tutti, dai bambini agli anziani. E quello che forse era accettabile un tempo, ora non lo è più». La regola, per Platt, eccentrico docente che nei suoi key note salta sui tavoli e cammina sulle poltroncine come il Benigni della "Notte degli Oscar", deve essere una sola: «Basta che funzioni». Ergo: niente fronzoli e niente opzioni che la maggior parte degli utenti mai utilizzerà ma che spesso mettono in crisi chi sta dall’altra parte del monitor e fanno perdere tempo. Un’idea di software «no frills» che ancora non riesce a decollare nelle software house. Perché? Platt ha la sua dissacrante teoria: «Per troppo tempo abbiamo lasciato che i programmi fossero prodotti da smanettoni sfigati che il sabato sera stanno davanti al pc anziché uscire a divertirsi. Il risultato è che le loro frustrazioni si riversano su di noi».
Fonte:Corriere della Sera
È di Napoli il team che rappresenta l'Italia all'Imagine Cup, gara di informatica per studenti dei 5 continenti |
I finalisti dell'edizione 2010 dell'Imagine Cup all'università Federico II di Napoli |
NAPOLI - Il mondo si cambia anche attraverso piccoli gesti. I macroproblemi che affliggono l’umanità, quelli che le Nazioni Unite hanno sintetizzato negli otto
Millennium Goals da centrare entro il 2015 - educazione universale, lotta alla fame nel mondo, uguaglianza tra i sessi, salute per i bambini, sostegno alle madri in gravidanza, lotta contro l'hiv e altre patologie su vasta scala, sostenibilità ambientale e global partnership - sono l'effetto di comportamenti, scelte e stili di vita che appartengono al quotidiano di ciascuno di noi. Per questo intervenendo sul piccolo è possibile pensare in grande. È questa la filosofia che sta alla base dell’Imagine Cup, la gara di
information technology per studenti universitari di tutto il mondo promossa da Microsoft, che arriva quest'anno all'ottava edizione. Più di 300mila studenti vi hanno preso parte nei cinque continenti e solo i migliori di loro si affronteranno nella sfida decisiva, le finali mondiali che si svolgeranno all’inizio di luglio a Varsavia. E a rappresentare l’Italia nella più importante delle categorie in cui si suddivide la competizione, quella del «Software Design», ci sarà una squadra di studenti dell’università Federico II di Napoli, uscita vincitrice dalla selezione nazionale che proprio nel capoluogo campano ha avuto tra mercoledì e giovedì la sua fase finale. I quattro studenti del team «Error 404 v.2.0» (Raffaele Galiero, Clemente Giorio, Giulio D’Angelo e Ivana Cipolletta) sono stati designati come i portacolori azzurri al termine di una selezione che ha visto, a livello nazionale, la partecipazione di 250 studenti di diversi atenei di un po' tutte le regioni italiane.
Imagine Cup, le finali italiane
STOP AL TRAFFICO - A far prevalere il team partenopeo è stato un progetto, ribattezzato Lift4U, che ha come obiettivo la riduzione del numero di veicoli circolanti sulle strade mediante la gestione centralizzata di un maxi sistema di car pooling, car sharing, bike sharing e di uso ottimale dei mezzi pubblici, accessibile sia da pc sia da dispositivi mobili, ovvero i sempre più diffusi smartphone. Dietro di loro si sono piazzati il team «Code Zero» dell’università di Cagliari (Davide Luzzu e Roberto Manca), con un progetto legato all’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro flessibile finalizzato a gestire le microassunzioni temporanee e a fare emergere il lavoro nero; e una squadra dell’università di Genova (Marco Gandolfo, Noemi Greco e Luca Oneto) che con ByBNet ha dato vita ad una sorta di e-Bay della solidarietà, creando una piattaforma per l’incontro tra le persone che offrono donazioni in denaro oppure beni o tempo libero e le associazioni umanitarie che di quelle offerte abbisognano. Queste ultime vengono valutate con un sistema di feedback degli utenti e con un’analisi di affidabilità affidata a programmi di "intelligenza artificiale" che fanno tesoro delle esperienze pregresse e dei giudizi del network per valutare le possibilità che un progetto di cooperazione vada a buon fine o per definire il grado di fiducia che si può riporre in quell'ente.
LA SCHEDA: i sei progetti arrivati alle finali nazionali di Imagine Cup 2010
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I quattro studenti del team "Error 404 v.2.0" |
GIOCANDO S'IMPARA - Le finali italiane hanno decretato anche i vincitori di altre due categorie: la «Game Design», per l’ideazione di videogiochi, e la «Surface Interaction», destinata ad applicazioni per Sourface, la piattaforma multitouch di Microsoft, anch’esse incentrate sugli obiettivi del millennio dell’Onu. Le due categorie sono state vinte rispettivamente dal team «NextSoft» dell’università di Catania (Claudio Musumeci, Stefano Musumeci, Dario Paraspola e Federico Fausto Santoro) con il gioco Bacteriovirus (una guerra tra globuli bianchi e batteri che ricorda vagamente l’idea di base dei cartoni animati della serie «Alla scoperta del corpo umano»); e dal team «Fooding» del Politecnico di Milano (Laura Stefani, Gianvito Toscano, Luca Trinchero e Roberto Turla) con il software omonimo, pensato per l’erogazione di informazioni in tema alimentare e utilizzabile anche per la gestione delle prenotazioni di un ristorante.
FANTASIA AL POTERE - «Il livello dei progetti presentati cresce di anno in anno - commenta Anders Nilsson, a capo del gruppo Developer and Platform di Microsoft Italia -, conseguenza anche di una maggiore predisposizione di rettori e docenti a concedere tempo agli studenti per queste che sono applicazioni concrete del sapere. Dietro ognuna di queste piattaforme ci sono mesi e mesi di lavoro e comunque sia andata la classifica finale, ciascuno dei partecipanti sa che per il solo fatto di essere arrivato fin qui ha comunque vinto». Lo slogan dell’iniziativa non è stato scelto a caso: You win, we all win, tu vinci, tutti vinciamo. «Del resto - aggiunge Mauro Minella, responsabile dei programmi universitari di Microsoft Italia - quelli presentati sono progetti tecnologici innovativi e fantasiosi ma assolutamente concreti e realizzabili. In gara ci sono state tante idee: ciò che il mondo potrebbe diventare domani è in mano ai giovani di oggi».
LA START UP DELL'ANNO - L’evento di Napoli è stato anche l’occasione per assegnare il premio «Start-up dell’anno» alla migliore delle 10 aziende start-up arrivate in finale nel contest promosso dalla stessa Microsoft e dall’associazione PNICube, che raggruppa gli incubatori di impresa universitari italiani. La vittoria in questo caso è andata alla Genefinity, una spin off dell’università di Trieste fondata nel 2006, che realizza soluzioni per il settore dei film sottili per la diagnostica medica.
LE FINALI MONDIALI - In Polonia la competizione sarà serrata. Il confronto sarà solo tra i campioni delle diverse edizioni nazionali e quindi i progetti in gara saranno tutti di livello elevato. L’Italia vanta già una vittoria a livello mondiale, quella dell’edizione del 2006, quando ad aggiudicarsi il titolo, in India (la finale si svolge ogni anno in un Paese diverso, l’Italia è tra i candidati ad ospitare quelle del 2011) a prevalere fu un team del Politecnico di Torino. Lo scorso anno i portacolori italiani arrivavano invece da Udine, uno dei poli universitari più attivi nella partecipazione a questa competizione, che in altri due casi aveva inviato propri studenti alle finali mondiali. La categoria del Software Design è la più importante, ma non è detto che il quattro di «Error 404» siano gli unici italiani in gara alla finalissima: per tutte le altre categorie, dalle embedded technologies alle arti visive (fotografia, minifilmati), dalla creazione di videogame alla sfida su algoritmi e abilità di calcolo la selezione avviene online e a livello globale e i nomi degli ammessi alla sfida in terra polacca si conosceranno solo nelle prossime settimane.
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David Platt, docente ad Harvard |
«SOFTWARE SUCKS» - «C’è un gran bisogno di dummies nella progettazione di software - ha commentato il prof. David Platt, docente ad Harvard e autore dell’eloquente volume Why software sucks, edito in Italia da Mondadori con il titolo "Perché il software fa schifo", ospite della manifestazione -. Purtroppo dietro a molti dei programmi o dei siti web che utilizziamo ogni giorno ci sono persone che ragionano più come computer che come esseri umani e questo si riflette nei programmi stessi, spesso complicati e inaccessibili al grande pubblico. Ma questo poteva forse andare bene fino a un decennio fa, quando l’informatica di uso quotidiano era appannaggio solo di studiosi e addetti ai lavori, che in qualche modo accettavano e si predisponevano a studiare il funzionamento dei diversi programmi. Oggi, invece, il pc e Internet sono usati praticamente da tutti, dai bambini agli anziani. E quello che forse era accettabile un tempo, ora non lo è più». La regola, per Platt, eccentrico docente che nei suoi key note salta sui tavoli e cammina sulle poltroncine come il Benigni della "Notte degli Oscar", deve essere una sola: «Basta che funzioni». Ergo: niente fronzoli e niente opzioni che la maggior parte degli utenti mai utilizzerà ma che spesso mettono in crisi chi sta dall’altra parte del monitor e fanno perdere tempo. Un’idea di software «no frills» che ancora non riesce a decollare nelle software house. Perché? Platt ha la sua dissacrante teoria: «Per troppo tempo abbiamo lasciato che i programmi fossero prodotti da smanettoni sfigati che il sabato sera stanno davanti al pc anziché uscire a divertirsi. Il risultato è che le loro frustrazioni si riversano su di noi».
Fonte:Corriere della Sera
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