MOTTA SANTA LUCIA - La comunità della Valle del Savuto chiede la restituzione dei resti mortali del concittadino Giuseppe Villella, presunto brigante. Su proposta del Movimento Neoborbonico, fatta propria dal sindaco Amedeo Colacino, la giunta municipale all'unanimità ha deliberato in questo senso, dando mandato allo stesso amministratore «di porre in essere tutti gli atti necessari alla realizzazione dell'iniziativa».
Dopo la restituzione il comune provvederà a dare alle spoglie «una dignitosa sepoltura» nel locale cimitero, previa celebrazione di una funzione religiosa in suffragio. Nell'occasione sarà organizzato un convegno con la partecipazione di studiosi locali, nazionali e stranieri.
La deliberazione di giunta è stata inviata ai ministeri della Giustizia (competente per i musei criminologici) e dei Beni culturali; al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti; a Wanda Ferro che presiede la Provincia; alla direzione del Museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" dell'Università di Torino, dove sono conservati gli avanzi mortali di Giuseppe Villella.
Colacino ha informato dell'iniziativa il neoassessore calabrese alla Cultura, Mario Caligiuri, sollecitandone il sostegno. «Ridateci i resti dell'eroe Villella» è l'appello mottese alle istituzioni competenti, per «un po' di verità e giustizia storica anche nelle Calabrie, grazie al coraggio di un amministratore profondamente legato al suo territorio».
La richiesta della restituzione in previsione della riapertura, dopo un restauro, del Museo di antropologia criminale di Torino, in programma per il prossimo 27 novembre, dove «crani e altre sezioni», dice Colacino, «dei corpi di centinaia di briganti meridionali, mescolati con quelli di criminali e malati di mente, giacciono in una sorta di fossa comune e saranno esposti in quell'occasione, in grande evidenza. Tra i pochissimi resti identificabili quelli di Giuseppe Villella, presunto brigante, nato a Motta Santa Lucia nel 1803 e morto in carcere a Pavia nel 1872».
Per una revisione storica del personaggio il sindaco mottese si appella ad alcuni documenti, come la "Guida alle fonti per la storia del brigantaggio post-unitario" conservate negli Archivi di Stato a cura dell'Ufficio centrali per i beni archivistici del ministero dei Beni culturali, e il Fondo Brigantaggio, nell'Archivio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
Riferendosi al primo documento, l'amministratore mottese evidenzia che «le più recenti e aggiornate ricerche storiografiche testimoniano ormai definitivamente la natura politica del cosiddetto brigantaggio post-unitario, fenomeno vasto, articolato e tutt'altro che inquadrabile in un contesto di ordinaria delinquenza o di follia criminale». In relazione al secondo documento, Colacino sottolinea che «il brigantaggio fu un fenomeno drammatico con conseguenze pesantissime ai danni delle popolazioni meridionali, in particolare calabresi e lucane, con episodi intollerabili di violenza che arrivarono fino alla decapitazione sistematica della nostra gente da parte delle truppe piemontesi».
Poi una considerazione: «Le teorie di Cesare Lombroso, molto spesso legate alle origini dello stesso razzismo nazista», è il pensiero del sindaco, «hanno rivelato tutta la loro inattendibilità scientifica. Lo stesso Lombroso fu per diversi anni medico al seguito delle truppe piemontesi (circa 120 mila unità), impegnate nella sanguinosa repressione del brigantaggio nelle Calabrie e nel resto dell'ex Regno delle Due Sicilie.
«A 150 anni dall'unificazione italiana», continua il primo cittadino, «e in vista delle celebrazioni che, secondo i pareri più diffusi, dovrebbero essere finalizzate alla ricostruzione di una memoria storica nazionale finalmente condivisa, si ritiene doveroso richiedere la restituzione dei resti di Giuseppe Villella». Questo, nella convinzione che il soddisfacimento della richiesta «avrebbe un profondo valore simbolico come gesto di vera riconciliazione nazionale, segno della sempre più necessaria ricostruzione della verità storica e dell'attesa restituzione di giustizia e dignità a Giuseppe Villella, ai suoi eredi, all'intera cittadinanza di Motta Santa Lucia. Simbolo, infine, del riscatto di tutte le popolazioni calabresi e meridionali».
Fonte: LameziaWeb del 1/05/2010
Dopo la restituzione il comune provvederà a dare alle spoglie «una dignitosa sepoltura» nel locale cimitero, previa celebrazione di una funzione religiosa in suffragio. Nell'occasione sarà organizzato un convegno con la partecipazione di studiosi locali, nazionali e stranieri.
La deliberazione di giunta è stata inviata ai ministeri della Giustizia (competente per i musei criminologici) e dei Beni culturali; al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti; a Wanda Ferro che presiede la Provincia; alla direzione del Museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" dell'Università di Torino, dove sono conservati gli avanzi mortali di Giuseppe Villella.
Colacino ha informato dell'iniziativa il neoassessore calabrese alla Cultura, Mario Caligiuri, sollecitandone il sostegno. «Ridateci i resti dell'eroe Villella» è l'appello mottese alle istituzioni competenti, per «un po' di verità e giustizia storica anche nelle Calabrie, grazie al coraggio di un amministratore profondamente legato al suo territorio».
La richiesta della restituzione in previsione della riapertura, dopo un restauro, del Museo di antropologia criminale di Torino, in programma per il prossimo 27 novembre, dove «crani e altre sezioni», dice Colacino, «dei corpi di centinaia di briganti meridionali, mescolati con quelli di criminali e malati di mente, giacciono in una sorta di fossa comune e saranno esposti in quell'occasione, in grande evidenza. Tra i pochissimi resti identificabili quelli di Giuseppe Villella, presunto brigante, nato a Motta Santa Lucia nel 1803 e morto in carcere a Pavia nel 1872».
Per una revisione storica del personaggio il sindaco mottese si appella ad alcuni documenti, come la "Guida alle fonti per la storia del brigantaggio post-unitario" conservate negli Archivi di Stato a cura dell'Ufficio centrali per i beni archivistici del ministero dei Beni culturali, e il Fondo Brigantaggio, nell'Archivio storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.
Riferendosi al primo documento, l'amministratore mottese evidenzia che «le più recenti e aggiornate ricerche storiografiche testimoniano ormai definitivamente la natura politica del cosiddetto brigantaggio post-unitario, fenomeno vasto, articolato e tutt'altro che inquadrabile in un contesto di ordinaria delinquenza o di follia criminale». In relazione al secondo documento, Colacino sottolinea che «il brigantaggio fu un fenomeno drammatico con conseguenze pesantissime ai danni delle popolazioni meridionali, in particolare calabresi e lucane, con episodi intollerabili di violenza che arrivarono fino alla decapitazione sistematica della nostra gente da parte delle truppe piemontesi».
Poi una considerazione: «Le teorie di Cesare Lombroso, molto spesso legate alle origini dello stesso razzismo nazista», è il pensiero del sindaco, «hanno rivelato tutta la loro inattendibilità scientifica. Lo stesso Lombroso fu per diversi anni medico al seguito delle truppe piemontesi (circa 120 mila unità), impegnate nella sanguinosa repressione del brigantaggio nelle Calabrie e nel resto dell'ex Regno delle Due Sicilie.
«A 150 anni dall'unificazione italiana», continua il primo cittadino, «e in vista delle celebrazioni che, secondo i pareri più diffusi, dovrebbero essere finalizzate alla ricostruzione di una memoria storica nazionale finalmente condivisa, si ritiene doveroso richiedere la restituzione dei resti di Giuseppe Villella». Questo, nella convinzione che il soddisfacimento della richiesta «avrebbe un profondo valore simbolico come gesto di vera riconciliazione nazionale, segno della sempre più necessaria ricostruzione della verità storica e dell'attesa restituzione di giustizia e dignità a Giuseppe Villella, ai suoi eredi, all'intera cittadinanza di Motta Santa Lucia. Simbolo, infine, del riscatto di tutte le popolazioni calabresi e meridionali».
Fonte: LameziaWeb del 1/05/2010
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