Di Franco Antonacci
Lecce (salento) - I soldi per costruire le strade al Nord, le tasse in quattro regioni del Sud (ma le altre non stanno molto meglio) per ripianare i deficit della sanità con un’infermiera di Napoli che muore per non avere ricevuto lo stipendio dalla Asl a fine mese e la paura-Grecia che si avvicina.
In mezzo un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che oramai finge di recitare la parte di capo di uno stato unitario mentre fuori dalla porta, in Parlamento, è in atto la divisione della proprietà chiamata pomposamente: federalismo demaniale. Fatto apposta perché i meridionali, presi dai problemi quotidiani del lavoro, di come arrivare a fine mese, dalla cresima, dal matrimonio della figlia, non capiscano un beneamato tubo. Perché è evidente che quando in una famiglia ci si divide la proprietà siamo praticamente alla fine.
Eppure non c’è un ministro, un parlamentare, un consigliere regionale, tutti lautamente pagati, che facciano qualcosa, che dicano soprattutto qualcosa. Tutti dietro alla Lega Nord perché si faccia il federalismo fiscale che dovrebbe essere la panacea di tutti i mali.
Eppure c’è la recente provocazione dell’Economist che dovrebbe far riflettere. Il settimanale conservatore londinese ha infatti di recente ridisegnato i confini dell’Europa. E oltre a spostare la Gran Bretagna dal Nord a sud della Spagna al posto delle isole Canarie, ha separato il Mezzogiorno dal resto dell’Italia ridenominandolo: Bordello.
Un lapsus che svela come in alcuni circoli altofinanziari continentali si stia rafforzando l’idea di creare una sorta di fortezza economica europea di cui ovviamente il Nord Italia avrebbe tutti i titoli di farne parte. Fantapolitica? Come dice il nostro beneamato presidente della Regione, Nichi Vendola? Forse sì e forse no.
Nell’ultima riunione del Governo Berlusconi, raccontano le cronache, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti con il pennarello ha cancellato dal lungo elenco di opere da cantierizzare e per i quali sono stati stanziati 11 miliardi di euro di cui solo 107 milioni di euro sono andati al Sud, tutte quelle che per un motivo o per l’altro non potevano rientrare. Ma a differenza di altre riunioni questa volta nessun ministro ha protestato oppure si è messo a piangere come in passato era accaduto. Il motivo era chiaro. Sapevano già quale sarebbe stata la risposta: vogliamo finire come la Grecia? Solo che qui la Grecia la vivremo solo coloro che come noi stanno al Sud. E’ evidente che il leghista Tremonti si sta preparando al peggio. D’accordo con Berlusconi e Bossi sta saccheggiando tutto quello ha a portata di mano e metterlo in cassaforte al Nord. Qualora il peggio della bufera fosse passato tanto di guadagnato. Ma se come nella peggiore delle revisioni dovesse ancora arrivare almeno la coscienza a posto ce l’ha per avere fatto di tutto perché almeno il Nord si salvi. Del resto cosa hanno detto i governatori leghisti Cota e Zaia ai loro colleghi di Lazio, Campania, Molise e Calabria, tutti del Pdl di cui tre appena eletti che chiedevano di utilizzare i fondi Fas destinati comunque al Sud per ripianare i deficit accumulati nella sanità? Spiacenti ma quei soldi sono destinati agli investimenti. E pazienza se qualcuno nel frattempo muore come è accaduto all’infermiera napoletana che per protestare contro la direzione Usl che il 27 del mese scorso non le aveva pagato lo stipendio perché appunto la Regione Campania non ha più soldi è morta dopo essersi tirata ogni giorno 150 cc di sangue. I leghisti, come è noto, non guardano in faccia a nessuno.
Ci siamo per caso dimenticati la polemica della mensa a pane e acqua in alcuni comuni del Veneto e della Lombardia ai bambini i cui genitori non riuscivano a pagare la mensa?
In un clima del genere diventa difficile spiegare, ragionare, motivare. Che cosa diranno la Polverini, Caldoro o Scopelliti ai loro corregionali che già le tasse le pagano al massimo essendo tutte commissariate per la sanità? Eppure i calabresi o i campani insieme con i pugliesi sono proprio quelli che nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale percepiscono pro-capite meno di un veneto, un lombardo o un emiliano-romagnolo. Chissà perché per andare incontro alle esigenze nordiste fu varato un federalismo alla rovescia per dare più soldi alle regioni che avevano una popolazione più anziana. Adesso che in oltre dieci anni di maggiori risorse hanno accumulato un enorme vantaggio pretendendo di applicare i loro cosiddetti costi standard anche alle realtà meridionali.
Fa piacere che uno stimato e inguaribile patriota dell’Italia unita come il prof. Federico Pirro, scherzando sulla boutade dell’Economist, abbia fatto una proposta sulla quale converrebbe cominciare seriamente a studiare e portare avanti. E cioé: “L’Italia del Sud va fuori dall’Italia? E sia. E se i meridionali allora decidessero di chiedere l’adesione agli Stati Uniti come loro 51° stato essendovi già l’Alaska e le Hawai che ne fanno parte pur non essendo confinanti con gli States? E se poi, lasciando l’area dell’euro, entrassimo in quella del dollaro? Avremmo tante risorse pregiate da portare in dote alla nostra nuova Patria”. Fin qui, dunque, la provocazione di Pirro. Evvidadio anche da queste parti è rotto un tabù che sembrava intramontabile. Stare zitti ad aspettare che il politico di turno (D’Alema, Berlusconi, Prodi, Fini) riuscisse a mettere nel sacco Bossi. E invece no. Oltre a prenderli sul serio occorre reagire. Basta sottovalutare i pericoli che ci hanno portati in una condizione di inferiorità e debolezza. Mentre gli scienziati della Lega Nord stanno studiando come mandarci nella fossa finalmente spunta qualche buona idea che rimette in gioco il ruolo strategico e importante del Mezzogiorno di cui è meglio non parlare perché ce l’invidiano. E non è detto che bisogna pensare solo agli Stati Uniti. Io chiamerei anche Gheddafi. Altroché Grecia.
Fonte:IlPaeseNuovo
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