domenica 30 maggio 2010
«Gli Usa dominano ma sono in crisi» - Intervista a Sergio Romano
di Umberto De Giovannangeli
L’America di Obama e l’Italia di Giorgio Napolitano.
L’ Unità ne parla con uno dei più autorevoli analisti di politica internazionale: l’ambasciatore Sergio Romano.
L’incontro tra Giorgio Napolitano e Barack Obama in quale contesto delle relazioni Usa-Italia si colloca?
«Se lo guardiamo dalla prospettiva americana, l’incontro si colloca in uno dei momenti più delicati per gli Stati Uniti...».
Perché tra i più delicati?
«Perché gli Usa stanno facendo due guerre, non le stanno vincendo e per di più, anche se non lo ammettono pubblicamente, sono pur sempre responsabili in primis di questa crisi del credito e finanziaria. Lo sono, i responsabili, perché, bene o male, Wall Street ha fissato le regole del gioco negli ultimi trenta-quarant’anni, da Reagan in poima per certi versi anche prima... Noi ci siamo conformati a queste regole. Sia chiaro: non è che questo ci renda innocenti, abbiamo le nostre colpe, ma la leadership era quella degli Stati Uniti. E non era semplicemente una leadership di carattere politico, riferita a contesti politico-militari, di sicurezza. Era qualcosa di più...».
Cosa era questa leadership, ambasciatore Romano?
«Gli Usa sono stati il Paese che ha fissato le regole del gioco economico Del mondo per un periodo molto lungo eper di più hanno preso delle decisioni di carattere politico-culturale, la guerra al terrorismo... Insomma,su tutti questi fronti l’America mi pare che sia perdente in questo momento.
Per questo non solo “appare” ma è realmente un Paese nervoso che oltre tutto sta anche cercando di riformare, almeno in parte, la sua società con delle medicine che sono quelle di Roosevelt, quelle di Johnson, e che creano all’interno della società americana dei forti dissensi.Non bisogna dimenticare che Obama ha di fronte a sé una opposizione molto forte, non soltanto al Congresso ma anche dentro la società. Quindi è un Paese che ha bisogno di amici, che ha bisogno di alleati, che ha bisogno di consenso..».
L’Italia può essere un alleato autorevole e concreto?
«La più bella ragazza del mondo può dare soltanto quello che ha... Questo era un vecchio adagio, molto di più non può dare. Noi non siamo la “più bella ragazza del mondo”, possiamo dare quel che possiamo dare, che non è poi moltissimo...
Naturalmente abbiamo la nostra posizione mediterranea, il peso economico dell’Italia resta nonostante tutto ragguardevole, e quindi gli americani hanno anche bisogno di noi: non arrivo a dire che abbiano bisogno soprattutto di noi. E hanno bisogno, tra l’altro, anche del nostro territorio, e questo non è l’aspetto più bello del rapporto italo- americano. Quando un Paese dà territorio all’alleato maggiore, questa non è una posizione di forza né di grande prestigio o autorevolezza ».
Prima di recarsi a l’Aquila per il G8,
Obama incontrò al Quirinale Napoletano ed ebbe per lui parole di grande stima personale, esaltandone la leadership morale....
«Quella è una vicenda a cui non ho mai saputo dare una risposta. Abbiamo tutti letto quelle parole. Quello che mi sono chiesto è: chi gliele ha scritte? Obama non sapeva neanche chi fosse il Capo dello Stato italiano. Obama era soprattutto un uomo che usciva da una campagna elettorale, immerso in contesto totalmente domestico... Un presidente intelligente ha però dei consiglieri intelligenti, e questi consiglieri si suppone che siano informati e sappiano cosa avviene nei Paesi amici, alleati, e naturalmente gli debbono anche suggerire il tono giusto.Qualcunoha suggerito aObama di fare un elogio di Giorgio Napolitano...».
C’è chi lesse quell’elogio come una frecciata a Berlusconi...
«So che c’era questa ipotesi, che resta tale. Sappiamo però che Berlusconi aveva fatto un forte investimento sul suo rapporto conGeorge W.Bush. Un investimento a perdere... »..
Fonte:L'Unità
.
di Umberto De Giovannangeli
L’America di Obama e l’Italia di Giorgio Napolitano.
L’ Unità ne parla con uno dei più autorevoli analisti di politica internazionale: l’ambasciatore Sergio Romano.
L’incontro tra Giorgio Napolitano e Barack Obama in quale contesto delle relazioni Usa-Italia si colloca?
«Se lo guardiamo dalla prospettiva americana, l’incontro si colloca in uno dei momenti più delicati per gli Stati Uniti...».
Perché tra i più delicati?
«Perché gli Usa stanno facendo due guerre, non le stanno vincendo e per di più, anche se non lo ammettono pubblicamente, sono pur sempre responsabili in primis di questa crisi del credito e finanziaria. Lo sono, i responsabili, perché, bene o male, Wall Street ha fissato le regole del gioco negli ultimi trenta-quarant’anni, da Reagan in poima per certi versi anche prima... Noi ci siamo conformati a queste regole. Sia chiaro: non è che questo ci renda innocenti, abbiamo le nostre colpe, ma la leadership era quella degli Stati Uniti. E non era semplicemente una leadership di carattere politico, riferita a contesti politico-militari, di sicurezza. Era qualcosa di più...».
Cosa era questa leadership, ambasciatore Romano?
«Gli Usa sono stati il Paese che ha fissato le regole del gioco economico Del mondo per un periodo molto lungo eper di più hanno preso delle decisioni di carattere politico-culturale, la guerra al terrorismo... Insomma,su tutti questi fronti l’America mi pare che sia perdente in questo momento.
Per questo non solo “appare” ma è realmente un Paese nervoso che oltre tutto sta anche cercando di riformare, almeno in parte, la sua società con delle medicine che sono quelle di Roosevelt, quelle di Johnson, e che creano all’interno della società americana dei forti dissensi.Non bisogna dimenticare che Obama ha di fronte a sé una opposizione molto forte, non soltanto al Congresso ma anche dentro la società. Quindi è un Paese che ha bisogno di amici, che ha bisogno di alleati, che ha bisogno di consenso..».
L’Italia può essere un alleato autorevole e concreto?
«La più bella ragazza del mondo può dare soltanto quello che ha... Questo era un vecchio adagio, molto di più non può dare. Noi non siamo la “più bella ragazza del mondo”, possiamo dare quel che possiamo dare, che non è poi moltissimo...
Naturalmente abbiamo la nostra posizione mediterranea, il peso economico dell’Italia resta nonostante tutto ragguardevole, e quindi gli americani hanno anche bisogno di noi: non arrivo a dire che abbiano bisogno soprattutto di noi. E hanno bisogno, tra l’altro, anche del nostro territorio, e questo non è l’aspetto più bello del rapporto italo- americano. Quando un Paese dà territorio all’alleato maggiore, questa non è una posizione di forza né di grande prestigio o autorevolezza ».
Prima di recarsi a l’Aquila per il G8,
Obama incontrò al Quirinale Napoletano ed ebbe per lui parole di grande stima personale, esaltandone la leadership morale....
«Quella è una vicenda a cui non ho mai saputo dare una risposta. Abbiamo tutti letto quelle parole. Quello che mi sono chiesto è: chi gliele ha scritte? Obama non sapeva neanche chi fosse il Capo dello Stato italiano. Obama era soprattutto un uomo che usciva da una campagna elettorale, immerso in contesto totalmente domestico... Un presidente intelligente ha però dei consiglieri intelligenti, e questi consiglieri si suppone che siano informati e sappiano cosa avviene nei Paesi amici, alleati, e naturalmente gli debbono anche suggerire il tono giusto.Qualcunoha suggerito aObama di fare un elogio di Giorgio Napolitano...».
C’è chi lesse quell’elogio come una frecciata a Berlusconi...
«So che c’era questa ipotesi, che resta tale. Sappiamo però che Berlusconi aveva fatto un forte investimento sul suo rapporto conGeorge W.Bush. Un investimento a perdere... »..
Fonte:L'Unità
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