giovedì 29 aprile 2010

A Torino va in scena il “No Lombroso Day”


(Alcune teste di “Briganti” esposte al museo)


Di Valerio Rizzo

Ormai è tutto pronto, l’8 maggio a Torino ci sarà la manifestazione contro la riapertura del museo dedicato al criminologo risorgimentale Cesare Lombroso, avvenuta lo scorso 27 novembre.

Il contestatissimo scienziato, attraverso accurati studi, aveva dimostrato l’esistenza di un nesso tra la conformazione facciale e ossea e la condizione sociale di delinquenza.

Studi che si sono poi maggiormente concentrati sugli aspetti antropologici, sezionando e analizzando migliaia di crani di “briganti meridionali”.

Le conclusioni furono spiazzanti: la razza meridionale era biologicamente e morfologicamente portata a delinquere, e non solo. Secondo lo studioso tale “razza” era intellettualmente arretrata.

E’ l’inizio di quelle teorie sull’ «atavismo criminale», successivamente contestate e rimosse dagli accademici in quanto prive di fondamento scientifico, ma che purtroppo ebbero un seguito, dopo 70 anni, poiché riprese dai nazisti all’interno della loro teoria sulla superiorità della razza ariana, con tutto quello che ne è conseguito dopo.

Un museo dell’orrore dunque, dove sono esposti migliaia di teschi, soprattutto di quei meridionali che si opposero all’Unità d’Italia.

Ma anche un museo al “razzismo” in cui si vuole in qualche modo dimostrare che i tratti somatici di una determinata popolazione, o razza, o etnia, siano strettamente correlati con l’arretratezza e il crimine.

Da qui è sorta, alcuni mesi fa, una protesta di un gruppo meridionalista, Insorgenza Civile di Napoli. Protesta nata e diffusa sul web, attraverso il social network più famoso Facebook, e che ha raccolto migliaia di adesioni sia di singoli che di decine di movimenti culturali e politici di ispirazione meridionalista.

In tutte le regioni del Sud si stanno organizzando pullman, treni ed auto private; così come in tutta Italia e all’estero si sono create associazioni e gruppi promotori contro la riapertura del museo.

Secondo Michele Iannelli, di Insorgenza Civile Lazio, fondatore del movimento di protesta, la riapertura del museo è «un’ennesima umiliazione nei confronti dei cittadini del Sud d’Italia » ma è anche un altro «affronto alle migliaia di “patrioti” che sono morti per difendere la propria terra dall’aggressione selvaggia dei piemontesi-savoiardi »

Il direttore del museo, Silvano Moltaldo, ha specificato, più volte e in più occasioni, che l’intento della mostra non è “l’esaltazione” delle teorie lombrosiane, ma al contrario metterne in evidenza i limiti e le incongruenze, e la stessa riapertura del museo vuole proprio denunciare tali “errori” .

Ma Iannelli continua «la protesta non finirà l’8 maggio, ci attiveremo con petizioni e quant’altro di legale per far si che i resti dei nostri patrioti siano seppelliti nelle loro terre d’origine».

Cosa non impossibile se si ricorda il precedente, e cioè l’impegno dell’ attore Ulderico Pesce nel dare degna sepoltura a Giovanni Passannante, l’anarchico che nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I di Savoia e che subì la stessa sorte delle cavie di Lombroso: sezionamento e analisi del cranio.

Dopo 100 anni di permanenza al Museo del Crimine di Roma, nel 2007, i suoi resti furono portati nel paese di origine, Savoia di Lucania (PZ).

Spesso la giustizia storica porta inesorabilmente alla giustizia sociale.

Fonte:Flipnews

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(Alcune teste di “Briganti” esposte al museo)


Di Valerio Rizzo

Ormai è tutto pronto, l’8 maggio a Torino ci sarà la manifestazione contro la riapertura del museo dedicato al criminologo risorgimentale Cesare Lombroso, avvenuta lo scorso 27 novembre.

Il contestatissimo scienziato, attraverso accurati studi, aveva dimostrato l’esistenza di un nesso tra la conformazione facciale e ossea e la condizione sociale di delinquenza.

Studi che si sono poi maggiormente concentrati sugli aspetti antropologici, sezionando e analizzando migliaia di crani di “briganti meridionali”.

Le conclusioni furono spiazzanti: la razza meridionale era biologicamente e morfologicamente portata a delinquere, e non solo. Secondo lo studioso tale “razza” era intellettualmente arretrata.

E’ l’inizio di quelle teorie sull’ «atavismo criminale», successivamente contestate e rimosse dagli accademici in quanto prive di fondamento scientifico, ma che purtroppo ebbero un seguito, dopo 70 anni, poiché riprese dai nazisti all’interno della loro teoria sulla superiorità della razza ariana, con tutto quello che ne è conseguito dopo.

Un museo dell’orrore dunque, dove sono esposti migliaia di teschi, soprattutto di quei meridionali che si opposero all’Unità d’Italia.

Ma anche un museo al “razzismo” in cui si vuole in qualche modo dimostrare che i tratti somatici di una determinata popolazione, o razza, o etnia, siano strettamente correlati con l’arretratezza e il crimine.

Da qui è sorta, alcuni mesi fa, una protesta di un gruppo meridionalista, Insorgenza Civile di Napoli. Protesta nata e diffusa sul web, attraverso il social network più famoso Facebook, e che ha raccolto migliaia di adesioni sia di singoli che di decine di movimenti culturali e politici di ispirazione meridionalista.

In tutte le regioni del Sud si stanno organizzando pullman, treni ed auto private; così come in tutta Italia e all’estero si sono create associazioni e gruppi promotori contro la riapertura del museo.

Secondo Michele Iannelli, di Insorgenza Civile Lazio, fondatore del movimento di protesta, la riapertura del museo è «un’ennesima umiliazione nei confronti dei cittadini del Sud d’Italia » ma è anche un altro «affronto alle migliaia di “patrioti” che sono morti per difendere la propria terra dall’aggressione selvaggia dei piemontesi-savoiardi »

Il direttore del museo, Silvano Moltaldo, ha specificato, più volte e in più occasioni, che l’intento della mostra non è “l’esaltazione” delle teorie lombrosiane, ma al contrario metterne in evidenza i limiti e le incongruenze, e la stessa riapertura del museo vuole proprio denunciare tali “errori” .

Ma Iannelli continua «la protesta non finirà l’8 maggio, ci attiveremo con petizioni e quant’altro di legale per far si che i resti dei nostri patrioti siano seppelliti nelle loro terre d’origine».

Cosa non impossibile se si ricorda il precedente, e cioè l’impegno dell’ attore Ulderico Pesce nel dare degna sepoltura a Giovanni Passannante, l’anarchico che nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I di Savoia e che subì la stessa sorte delle cavie di Lombroso: sezionamento e analisi del cranio.

Dopo 100 anni di permanenza al Museo del Crimine di Roma, nel 2007, i suoi resti furono portati nel paese di origine, Savoia di Lucania (PZ).

Spesso la giustizia storica porta inesorabilmente alla giustizia sociale.

Fonte:Flipnews

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