di Leonardo Mala' - 25 aprile 2010
Lo scrittore e Al Gore al Festival internazionale dell'informazione: "E' come accusare un oncolgo che scrive un libro sui tumori, di diffondere il cancro". E poi: "Non potrei entrare in politica".
PERUGIA. "Io non diffamo l'Italia, io racconto, racconto la mafia". Nel teatro di Perugia, Roberto Saviano è durissimo e pacato, nello stesso tempo. Non cita neppure direttamente il premier, gli basta ricordare che c'è chi "incredibilmente ha detto che scrivere di mafia è un modo di diffamare il proprio paese". E gli basta ricordare a tutti il suo mestiere: "Io racconto e continuo a farlo. Perché bisogna parlare, raccontare, farsi
capire, solo così abbiamo una speranza di sconfiggere le mafie"
E' stato un happening pirotecnico, il clou del IV Festival del giornalismo, con l'autore italiano oggi più amato e il premio Nobel Al Gore, proprietario di Current tv e consapevole del traino che comporta avere al fianco un personaggio del genere. Cento metri di fila, fuori del teatro, gente arrivata quattro ore prima per prendere un posto, almeno trecento persone davanti al maxischermo, oltre alle 600 presenti in sala.
Protetto da due file di palchi deserte (almeno una trentina di uomini avevano bonificato il teatro nel pomeriggio), circondato dagli inseparabili sette uomini di scorta, Roberto Saviano ha ricevuto un'interminabile standing ovation da un pubblico sinceramente solidale.
E ha cominciato a parlare, come sa, della sua terra ancora profanata dal voto di scambio, svalutato ormai alla miseria di 25 euro. E ancora di quella infelice, infelicissima battuta berlusconiana. Lapidaria la sua risposta: "Quando un Sottosegretario allo Sviluppo viene arrestato per contiguità con la malavita organizzata, come si può pensare che 200 pagine stampate possono danneggiare un Paese? Come si può incolpare chi dà l'allarme per l'incendio, senza prendersela con chi l'incendio lo appicca? E' come accusare chi scrive un trattato di oncologia di procurare il cancro". Una storia vecchia come il mito di Cassandra, che annunciava saggiamente sventura di fronte alla scellerata belligeranza maschile e che il potere relegò a portatrice di disgrazie.
Come se non bastasse, sono poi echeggiate in teatro le parole di Paolo Borsellino in memoria di Falcone, sulla lotta alla mafia non come azione repressiva ma come movimento culturale. "La gente fa il tifo per noi", diceva eccitato Falcone. Forse siamo rimasti là.
Lo scrittore ha anche risposto a una domanda che ormai molti gli fanno. Entrerà in politica? "Non potrei entrare in politica, il mio mestiere è raccontare. La politica ha perso fascino e autorevolezza - ha detto Saviano - se qualcosa non cambia questo paese continuerà e riprodurre sempre gli stessi modelli. La sofferenza più grande è vedere questo deserto che rappresenta la politica solo come scambio e conflitto, quando dovrebbe invece essere uno strumento per arrivare alla felicità".
Maria Latella ha intervistato a lungo sia Saviano che Al Gore il quale ha molto sponsorizzato la sua Current tv, magnificandone l'indipendenza e la assolutà libertà. Ha parlato apertamente di sponsor e di business, in perfetto american style, ma il segnale che la depressione democratica italiana possa stimolare gli appetiti dei grossi network mondiali è sintomatico.
Roberto Saviano è rimasto ancora un po' per qualche autografo, quindi i sette agenti si sono scambiati il segnale. Quando varca la soglia del teatro, la scorta comincia a spingere, a scrutare, a fendere. Se ne va, Roberto Saviano, verso una meta ignota e un destino incerto. Il destino di un uomo con sette ombre.
GUARDA IL FILMATO INTEGRALE
http://tv.repubblica.it/copertina/al-gore-saviano-e-l-informazione-indipendente/46103?video
Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/27713/48/
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Lo scrittore e Al Gore al Festival internazionale dell'informazione: "E' come accusare un oncolgo che scrive un libro sui tumori, di diffondere il cancro". E poi: "Non potrei entrare in politica".
PERUGIA. "Io non diffamo l'Italia, io racconto, racconto la mafia". Nel teatro di Perugia, Roberto Saviano è durissimo e pacato, nello stesso tempo. Non cita neppure direttamente il premier, gli basta ricordare che c'è chi "incredibilmente ha detto che scrivere di mafia è un modo di diffamare il proprio paese". E gli basta ricordare a tutti il suo mestiere: "Io racconto e continuo a farlo. Perché bisogna parlare, raccontare, farsi
capire, solo così abbiamo una speranza di sconfiggere le mafie"
E' stato un happening pirotecnico, il clou del IV Festival del giornalismo, con l'autore italiano oggi più amato e il premio Nobel Al Gore, proprietario di Current tv e consapevole del traino che comporta avere al fianco un personaggio del genere. Cento metri di fila, fuori del teatro, gente arrivata quattro ore prima per prendere un posto, almeno trecento persone davanti al maxischermo, oltre alle 600 presenti in sala.
Protetto da due file di palchi deserte (almeno una trentina di uomini avevano bonificato il teatro nel pomeriggio), circondato dagli inseparabili sette uomini di scorta, Roberto Saviano ha ricevuto un'interminabile standing ovation da un pubblico sinceramente solidale.
E ha cominciato a parlare, come sa, della sua terra ancora profanata dal voto di scambio, svalutato ormai alla miseria di 25 euro. E ancora di quella infelice, infelicissima battuta berlusconiana. Lapidaria la sua risposta: "Quando un Sottosegretario allo Sviluppo viene arrestato per contiguità con la malavita organizzata, come si può pensare che 200 pagine stampate possono danneggiare un Paese? Come si può incolpare chi dà l'allarme per l'incendio, senza prendersela con chi l'incendio lo appicca? E' come accusare chi scrive un trattato di oncologia di procurare il cancro". Una storia vecchia come il mito di Cassandra, che annunciava saggiamente sventura di fronte alla scellerata belligeranza maschile e che il potere relegò a portatrice di disgrazie.
Come se non bastasse, sono poi echeggiate in teatro le parole di Paolo Borsellino in memoria di Falcone, sulla lotta alla mafia non come azione repressiva ma come movimento culturale. "La gente fa il tifo per noi", diceva eccitato Falcone. Forse siamo rimasti là.
Lo scrittore ha anche risposto a una domanda che ormai molti gli fanno. Entrerà in politica? "Non potrei entrare in politica, il mio mestiere è raccontare. La politica ha perso fascino e autorevolezza - ha detto Saviano - se qualcosa non cambia questo paese continuerà e riprodurre sempre gli stessi modelli. La sofferenza più grande è vedere questo deserto che rappresenta la politica solo come scambio e conflitto, quando dovrebbe invece essere uno strumento per arrivare alla felicità".
Maria Latella ha intervistato a lungo sia Saviano che Al Gore il quale ha molto sponsorizzato la sua Current tv, magnificandone l'indipendenza e la assolutà libertà. Ha parlato apertamente di sponsor e di business, in perfetto american style, ma il segnale che la depressione democratica italiana possa stimolare gli appetiti dei grossi network mondiali è sintomatico.
Roberto Saviano è rimasto ancora un po' per qualche autografo, quindi i sette agenti si sono scambiati il segnale. Quando varca la soglia del teatro, la scorta comincia a spingere, a scrutare, a fendere. Se ne va, Roberto Saviano, verso una meta ignota e un destino incerto. Il destino di un uomo con sette ombre.
GUARDA IL FILMATO INTEGRALE
http://tv.repubblica.it/copertina/al-gore-saviano-e-l-informazione-indipendente/46103?video
Fonte: http://www.antimafiaduemila.com/content/view/27713/48/
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4 commenti:
...Non fu con le menzogne, con le infamie, con le calunnie, che i porci piemontesi sbarcarono nellle DUE SICILIE?
Non fu con la famigerata dichiarazione : "...NON POSSIAMO ESSERE SORDI AL GRIDO DI DOLORE CHE VIENE DALL'ITALIA!" ( ma che, in realtà, veniva dalle casse vuote del Piemonte, dai suoi debiti e dalla fame che pativa il suo popolo montanaro e rozzo), pronunciata dal CRIMINALE E ASSASSINO Vittorio Emanuele, che si crearono le condizioni, sponsorizzate da Inghilterra e Francia, per invadere la Nazione Duosiciliana e rapinare tutto ciò che poteva essere rapinato, comprese le vite dei suoi abitanti e il loro futuro?
Dopo 150 anni, le penne di regime, le stesse di allora, continuano a scrivere menzogne spacciandole per verità.
...Il tempo della "favola risorgimentale" è finito, e con esso, sono crollati e stanno crollando gli ultimi castelli di sabbia della menzognera propaganda che volle e vuole il Sud colonia del nord.
...GRAZIE ANTONIO CIANO...GRAZIE A TE E A QUANTI, SENZA SALARIO E SENZA PADRONI, HANNO RIDATO A TANTI DI NOI LA DIGNITA', L'ORGOGLIO, LA PASSIONE PER RIPRENDERE UNA LOTTA SOFFOCATA NEL SANGUE 150 ANNI FA; GRAZIE PER AVERCI RIDATO LA SPERANZA DI TORNARE IN VITA, DI SENTIRE LA NOSTRA TERRA COME NOSTRA, DI AVERCI INSEGNATO A NON VERGOGNARCI DI ESSERE CIO' CHE FUMMO, CIO' CHE SIAMO E, SOPRATTUTTO, CIO' CHE SAREMO FRA NON MOLTO...UNA NAZIONE LIBERA E INDIPENDENTE .
GRAZIE, A NOME DI QUANTI MORIRONO PER LA LIBERTA' DELLA PATRIA E FURONO ETICHETTATI "BRIGANTI", GRAZIE, A NOME DI QUANTI FURONO DEPORTATI E NON FECERO PIU' RITORNO; GRAZIE, A NOME DI TUTTI GLI ESILIATI E, SOPRATTUTTO, A NOME DI QUANTI SONO RIMASTI NELLE DUE SICILIE PERCHE', ATTRAVERSO LE VERITA' CHE AVETE RIPORTATO ALLA LUCE, STANNO LAVORANDO PER L'INDIPENDENZA DELLE DUE SICILIE CHE NON TARDERA' A VENIRE!!!!
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE E ANCORA G R A Z I E!!!!!
Grazie a te Gianfranco, penso che il commento però sia più attinente ad altri articoli di pennaruli di regime, come quelli del Corrierone, di cui tanto abbiamo parlato in questi giorni, non certo a Saviano di cui condividiamo gli scritti e le battaglie, ovviamente.Saluti.
effettivamente, il commento si riferiva alla pubblicazione di A.Ciano, titolata "FARE IL CONTADINO E' MOLTO PIU' DIFFICILE CHE SCRIVERE SCEMENZE".
Vi sarei grato se provvedeste alla sua giusta collocazione .
Grazie.
Infatti avevo capito bene il riferimento.I commenti non si possono spostare ma non c'è problema, abbiamo specificato con chiarezza. Grazie.
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