Francesca Mannocchi, Radio Città Aperta
All'Ilva di Taranto, la più grande e pericolosa azienda siderurgica del paese, dopo i numerosi incidenti delle settimane scorse sono in corso delle ispezioni e dei sopralluoghi da parte del Servizio Prevenzione e Protezione aziendale e degli ispettori dell'Asl-Spesal. L'incidente più grave si è verificato il 29 Marzo scorso, quando un capoturno e due operai sono rimasti feriti, uno in modo grave, lavorando nel reparto Finitura Nastri.
La settimana scorsa un guasto alla rete elettrica ha invece determinato il distacco di tre unità di produzione su quattro di energia elettrica e vapore nelle centrali Edison che alimentano lo stabilimento tarantino e solo pochi giorni dopo si è sviluppato un incendio nel porto della città pugliese su una delle locomotive utilizzate per il trasporto di materiale all'interno e all'esterno dello stabilimento. Raccontano gli operai che quando si è verificato il black out, la prima cosa che tutti hanno pensato nel buio e nel silenzio dei capannoni è stata: “Speriamo non si sia fatto male nessuno”. Solo chi lavora dentro l'Ilva - dicono- può conoscere il sentimento di paura che genera qualsiasi situazione imprevedibile e improvvisa; solo chi è abituato a lavorare per otto ore con il rumore persistente dei macchinari con cuffie insonorizzanti o tappi per le orecchie, può intuire la paura di morirci, sul posto di lavoro.
Poi è tornata la luce e tutti hanno cominciato a verificare se ci fossero carichi a mezz'aria, appesi ai carroponti. A verificare se ci fossero feriti. Torna dunque agli onori della cronaca l'azienda che ha visto morire 40 operai in 15 anni e in cui l'incidenza da morti causate da esposizione all'amianto può solo aumentare, considerato che le malattie asbesto-correlate hanno un periodo di latenza molto lungo e i medici del lavoro si aspettano il picco di tumori nei prossimi anni. E torna agli onori della cronaca non perché siano stato messo in dicussione e implementato il rispetto delle più elementari norme di sicurezza, ma perché l'azienda ha vissuto una crisi profonda negli ultimi due anni, costringendo migliaia di lavorari alla cassa integrazione. Si conferma così la tesi proposta dall'Inail il 7 Aprile scorso secondo cui la crisi e la conseguente contrazione dell'attività economica avrebbero avuto almeno il ‘merito’ di abbassare il totale dei morti e degli incidenti sul lavoro. Ha detto Marco Sartori, Presidente Inail: “Nel 2009 ci sono stati meno di mille morti sul lavoro, calo dovuto anche alla crisi economica, così siamo arrivati, sia pure negativamente, a livello dei migliori paese europei”.
Insomma i dati e le statistiche valgono in base all'angolazione da cui vengono osservati. Oggi, per esempio, l'Ilva sta tornando a regime e gli operai in cig straordinaria sono 300, dato fisiologico, ma a questi vanno aggiunti i 1500 lavoratori che sono usciti dall'azienda solo nell'ultimo anno per prossimità al pensionamento o per ‘benefici’ relativi all'esposizione all’amianto, e i 3000 per i quali è stata chiesta la cassa integrazione nell'ultimo incontro tra azienda e parti sociali in Comune, a Taranto, alla fine di Marzo.
All'Ilva, poi, la sicurezza fa capo anche a una lunga serie di incidenti non denunciati. L'indotto dello stabilimento nel 2006 contava 750 unità, scese oggi a 200 a causa della crisi. Tutti giovani precari, assunti con contratti ex interinali, oggi detti di somministrazione, previsti dalla legge Biagi. Per i contratti di somministrazione sono state modificate la causali per ricorrere al lavoro interinale, non più quelle fissate dalla contrattazione collettiva per fronteggiare situazioni eccezionali e temporanee, ma anche ragioni tecniche, produttive, organizzative, legate all'ordinaria attività dell'impresa. “Oggi a Taranto succede che tanti, troppo giovani vengano a bussare alle nostre porte – racconta a Radio Città Aperta Rosario Rappa, della FiomCgil di Taranto- per raccontare abusi sconvolgenti, ragazzi che non denunciano infortuni, che sono costretti a lavorare con arti gonfi e non curati, con i piedi zoppicanti e che, soprattutto, hanno paura di esporsi.”
Rappa spiega così il meccanismo dei contratti dell'indotto dell'acciaieria: le agenzie interinali somministrano il lavoro a padron Riva, molte volte anche modificando le mansioni degli operai in corso d'opera. Gli operai vittime di infortuni, sempre più numerosi, si rivolgono alle agenzie interinali, loro unico interlocutore, e vengono invitati non solo a non denunciare l'infortunio ma addirittura a non mettersi neppure in malattia. Pare che uno dei requisiti per ottenere nuovi contratti sia non far scattare il bonus-malus. Ma, cosa più grave, una volta tornati sul luogo di lavoro, se non si dimostrano produttivi come prima dell'incidente (mai dichiarato) vedono decadere rapidamente il contratto.
I dipendenti rivendicano, ora, la stabilizzazione del rapporto di lavoro, vincolando l'azienda ad attingere da quel bacino di precari in caso di assunzione. Hanno manifestato minacciando di strappare le tessere elettorali, i 750 lavoratori riuniti nel Comitato precari Ilva, e ora a elezioni archiviate si ritrovano in continue assemblee, con uno striscione issato come una bandiera che recita: “Somminitrati Ilva, 750 famiglie senza futuro”.
“Non sono lavoratori - denuncia Rappa a Rca- sono carne da macello.” Per questi operai la strada dei diritti è tutta in salita e per di più Fim Cisl e Uilm Uil hanno firmato un accordo separato con l'Ilva che prevede per l'azienda ampi margini di manovra in termini di flessibilità sulle assunzioni degli interinali. E quindi flessibilità dei diritti.
Fonte:
Radiocittàaperta.
Francesca Mannocchi, Radio Città Aperta
All'Ilva di Taranto, la più grande e pericolosa azienda siderurgica del paese, dopo i numerosi incidenti delle settimane scorse sono in corso delle ispezioni e dei sopralluoghi da parte del Servizio Prevenzione e Protezione aziendale e degli ispettori dell'Asl-Spesal. L'incidente più grave si è verificato il 29 Marzo scorso, quando un capoturno e due operai sono rimasti feriti, uno in modo grave, lavorando nel reparto Finitura Nastri.
La settimana scorsa un guasto alla rete elettrica ha invece determinato il distacco di tre unità di produzione su quattro di energia elettrica e vapore nelle centrali Edison che alimentano lo stabilimento tarantino e solo pochi giorni dopo si è sviluppato un incendio nel porto della città pugliese su una delle locomotive utilizzate per il trasporto di materiale all'interno e all'esterno dello stabilimento. Raccontano gli operai che quando si è verificato il black out, la prima cosa che tutti hanno pensato nel buio e nel silenzio dei capannoni è stata: “Speriamo non si sia fatto male nessuno”. Solo chi lavora dentro l'Ilva - dicono- può conoscere il sentimento di paura che genera qualsiasi situazione imprevedibile e improvvisa; solo chi è abituato a lavorare per otto ore con il rumore persistente dei macchinari con cuffie insonorizzanti o tappi per le orecchie, può intuire la paura di morirci, sul posto di lavoro.
Poi è tornata la luce e tutti hanno cominciato a verificare se ci fossero carichi a mezz'aria, appesi ai carroponti. A verificare se ci fossero feriti. Torna dunque agli onori della cronaca l'azienda che ha visto morire 40 operai in 15 anni e in cui l'incidenza da morti causate da esposizione all'amianto può solo aumentare, considerato che le malattie asbesto-correlate hanno un periodo di latenza molto lungo e i medici del lavoro si aspettano il picco di tumori nei prossimi anni. E torna agli onori della cronaca non perché siano stato messo in dicussione e implementato il rispetto delle più elementari norme di sicurezza, ma perché l'azienda ha vissuto una crisi profonda negli ultimi due anni, costringendo migliaia di lavorari alla cassa integrazione. Si conferma così la tesi proposta dall'Inail il 7 Aprile scorso secondo cui la crisi e la conseguente contrazione dell'attività economica avrebbero avuto almeno il ‘merito’ di abbassare il totale dei morti e degli incidenti sul lavoro. Ha detto Marco Sartori, Presidente Inail: “Nel 2009 ci sono stati meno di mille morti sul lavoro, calo dovuto anche alla crisi economica, così siamo arrivati, sia pure negativamente, a livello dei migliori paese europei”.
Insomma i dati e le statistiche valgono in base all'angolazione da cui vengono osservati. Oggi, per esempio, l'Ilva sta tornando a regime e gli operai in cig straordinaria sono 300, dato fisiologico, ma a questi vanno aggiunti i 1500 lavoratori che sono usciti dall'azienda solo nell'ultimo anno per prossimità al pensionamento o per ‘benefici’ relativi all'esposizione all’amianto, e i 3000 per i quali è stata chiesta la cassa integrazione nell'ultimo incontro tra azienda e parti sociali in Comune, a Taranto, alla fine di Marzo.
All'Ilva, poi, la sicurezza fa capo anche a una lunga serie di incidenti non denunciati. L'indotto dello stabilimento nel 2006 contava 750 unità, scese oggi a 200 a causa della crisi. Tutti giovani precari, assunti con contratti ex interinali, oggi detti di somministrazione, previsti dalla legge Biagi. Per i contratti di somministrazione sono state modificate la causali per ricorrere al lavoro interinale, non più quelle fissate dalla contrattazione collettiva per fronteggiare situazioni eccezionali e temporanee, ma anche ragioni tecniche, produttive, organizzative, legate all'ordinaria attività dell'impresa. “Oggi a Taranto succede che tanti, troppo giovani vengano a bussare alle nostre porte – racconta a Radio Città Aperta Rosario Rappa, della FiomCgil di Taranto- per raccontare abusi sconvolgenti, ragazzi che non denunciano infortuni, che sono costretti a lavorare con arti gonfi e non curati, con i piedi zoppicanti e che, soprattutto, hanno paura di esporsi.”
Rappa spiega così il meccanismo dei contratti dell'indotto dell'acciaieria: le agenzie interinali somministrano il lavoro a padron Riva, molte volte anche modificando le mansioni degli operai in corso d'opera. Gli operai vittime di infortuni, sempre più numerosi, si rivolgono alle agenzie interinali, loro unico interlocutore, e vengono invitati non solo a non denunciare l'infortunio ma addirittura a non mettersi neppure in malattia. Pare che uno dei requisiti per ottenere nuovi contratti sia non far scattare il bonus-malus. Ma, cosa più grave, una volta tornati sul luogo di lavoro, se non si dimostrano produttivi come prima dell'incidente (mai dichiarato) vedono decadere rapidamente il contratto.
I dipendenti rivendicano, ora, la stabilizzazione del rapporto di lavoro, vincolando l'azienda ad attingere da quel bacino di precari in caso di assunzione. Hanno manifestato minacciando di strappare le tessere elettorali, i 750 lavoratori riuniti nel Comitato precari Ilva, e ora a elezioni archiviate si ritrovano in continue assemblee, con uno striscione issato come una bandiera che recita: “Somminitrati Ilva, 750 famiglie senza futuro”.
“Non sono lavoratori - denuncia Rappa a Rca- sono carne da macello.” Per questi operai la strada dei diritti è tutta in salita e per di più Fim Cisl e Uilm Uil hanno firmato un accordo separato con l'Ilva che prevede per l'azienda ampi margini di manovra in termini di flessibilità sulle assunzioni degli interinali. E quindi flessibilità dei diritti.
Fonte:
Radiocittàaperta.
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