di Annamaria Lusardi
Proprio la crisi ci ha dimostrato come la scarsa conoscenza di nozioni economiche e finanziarie di base sia diffusa in larghi strati della popolazione, sia negli Stati Uniti sia in Europa. E ciò porta a prendere decisioni sbagliate sui mutui come sulle pensioni. Le conseguenze sono disastrose non solo a livelli microeconomico, ma anche macroeconomico. Per questo gli Usa hanno lanciato alcuni programmi per l'alfabetizzazione finanziaria nelle scuole. Ma non basta: corsi di questo tipo si dovrebbero tenere anche nelle aziende.
Negli Stati Uniti, aprile è stato dichiarato il mese della “alfabetizzazione finanziaria”. Se all’argomento viene dedicato un mese, è chiaro che viene percepito come un problema. E che il problema c’è, lo si è visto in particolare con la crisi finanziaria.
CONSEGUENZE DELL’IGNORANZA
La crisi finanziaria ha evidenziato quattro fatti. Primo, la scarsa conoscenza in materia finanziaria, con le conseguenti decisioni inadeguate e scorrette, è diffusa in larghi strati della popolazione; secondo, i problemi finanziari possono passare inosservati per lunghi periodi di tempo prima di esplodere in superficie; terzo, le conseguenze di errori finanziari possono essere devastanti per gli individui e le famiglie; quarto, i costi di questi errori sono alti non solo a livello microeconomico, ma anche a livello macroeconomico.
La mancanza di alfabetizzazione finanziaria è stata documentata non solo negli Stati Uniti, ma anche in molti paesi europei, compresa l’Italia. Anche se le famiglie devono sempre più farsi carico delle decisioni relative alla propria pensione, e devono farlo in presenza di mercati finanziari più complessi rispetto al passato, la conoscenza di concetti di base di economia e finanza è molto limitata. Ad esempio, dai dati resi noti lo scorso dicembre dal ministero del Tesoro americano e dalla Finra Investor Education Foundation emerge che la maggioranza delle famiglie non ha familiarità con il tasso di interesse composto, l’inflazione e la diversificazione del rischio. (1) I dati della indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane nel 2006 rivelano una situazione ancora più preoccupante. (2)
Conoscere o meno i concetti finanziari di base (ma fondamentali) ha effetti importanti: coloro che ne hanno scarse conoscenze tendono a non pianificare la propria pensione, a non risparmiare e a ottenere prestiti attraverso metodi che generano alti costi di interessi e alte spese. E il comportamento di fronte ai mutui ha rivelato altri aspetti. Ad esempio, negli Stati Uniti, tra gli individui che hanno un mutuo, uno su cinque non sa quali siano le condizioni del contratto stipulato e uno su dieci non sa qual è il tasso di interesse che paga.
I problemi finanziari possono, poi, essere sottovalutati per lungo tempo. Il risparmio per la pensione può essere insufficiente a far fronte alla spese post-ritiro dal lavoro, ma non ci sono meccanismi esterni che lo segnalino: i controlli e i calcoli per assicurarsi di essere sulla strada giusta sono affidati solo all’iniziativa individuale. Allo stesso modo, il numero delle carte di credito e l’ammontare di indebitamento su ciascuna dipendono dalle decisioni dell’individuo. Ma per chi non conosce la legge del tasso di interesse composto, non è facile capire quando il debito diventa troppo alto. E il debito può trasformarsi in una valanga che trascina lentamente l’individuo fino alla bancarotta.
Con la crisi, le conseguenze degli errori finanziari sono diventate più visibili. Già il fallimento della Enron aveva evidenziato alcune scelte sbagliate, come la tendenza dei lavoratori a investire soprattutto nelle azioni dell’impresa in cui lavorano, rischiando di perdere contemporaneamente non solo l’impiego, ma anche i propri risparmi. E chi ha comperato la casa con mutui sub-prime, si è trovato nel giro di mesi con l’ufficiale giudiziario alla porta.
Dalle pensioni ai mutui, alle carte di credito, i segnali non sono confortanti. E i costi non sono solo individuali, ma si ripercuotono anche a livello macroeconomico, per l’intervento dei governi nel salvataggio di banche e istituzioni finanziarie e per le forme di assistenza offerte alle famiglie che si sono ritrovate in difficoltà finanziarie.
A SCUOLA DI FINANZA
Si sta finalmente ricominciando a parlare di educazione finanziaria. Lo scorso dicembre, negli Stati Uniti, il ministro del Tesoro Geithner e il ministro della Educazione Duncan hanno lanciato alcuni progetti di educazione finanziaria nelle scuole. Programmi di questo tipo sono già stati adottati in Inghilterra, uno dei primi paesi a documentare la mancanza di competenza finanziaria degli individui. E se è importante che i giovani acquisiscano nozioni di economia e finanza prima e non dopo avere preso decisioni finanziarie, è altrettanto importante che possano avere accesso a queste informazioni a prescindere dalle loro condizioni sociali. Dagli studi condotti negli Stati Uniti è emerso che i giovani che hanno nozioni di finanza ed economia provengono da famiglie con alto livello di educazione (i genitori sono laureati) e alto livello di ricchezza (i genitori hanno risparmi pensionistici e investono nel mercato azionario).
Ma parlare di educazione finanziaria solo nelle scuole non basta, perché le decisioni finanziarie vengono prese a ogni età. E alcune di quelle più importanti sono proprie della vita adulta, come ad esempio quando andare in pensione e se trasformare o no in rendita la ricchezza pensionistica accumulata. In vari paesi, l’educazione finanziaria si fa nelle aziende. Se i governi e i datori di lavoro offrono pensioni che richiedono decisioni finanziarie da parte del singolo lavoratore, è utile offrire anche gli strumenti per prendere quelle più adeguate.
Gli scettici sostengono che i piani di alfabetizzazione finanziaria sono costosi. In realtà la crisi ci insegna che è costoso non fare educazione finanziaria.
(1) Si legga la comunicazione sul sito del Tesoro americano.
(2) Si legga un riassunto dei risultati dei dati sul sito della Banca d’Italia.
Fonte:Lavoce.info
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