Bossi tuona: “A noi gli istituti di credito, il popolo ce lo chiede”. In effetti, le nomine nelle Fondazioni spettano al Carroccio. Ma la volta scorsa non andò proprio benissimo.
“E’ chiaro che le banche piu’ grosse del Nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice ‘prendete le banche’ e noi lo faremo“. Umberto Bossi è un politico ‘vecchia maniera’, e oggi mentre chiedeva gli istituti di credito e il premierato sapeva benissimo che stava sparando forte per ottenere la metà, come fanno i rapitori con le famiglie delle vittime quando trattano sul riscatto. La presidenza del Consiglio non spetta alla Lega, e lui lo sa. I posti nelle Fondazioni bancarie invece gli competono, lo prevede la legge che prevede la nomina nei consigli di amministrazione dei grandi azionisti delle banche da parte degli enti locali. Veneto e Piemonte sono andati alla Lega, e quindi i componenti del CdA di Cariverona e la Caritorino, quando cambieranno, saranno nominati dalla Lega.
STO GIA’ A BUON PUNTO – Si comincerà, pare con Cariverona. Il cui rappresentante in Unicredit ieri, Luigi Castelletti, ha fatto mancare ad Alessandro Profumo, amministratore delegato di Piazza Cordusio, l’appoggio al momento del voto sul riassetto della banca e la nomina del country manager, anche se il nome di Gabriele Piccini è risultato gradito a Zaia, neogovernatore del Veneto; meno a Tosi, sindaco di Verona, che è parte molto interessata. Come ha ricordato Repubblica, il consiglio di Cariverona è oggi composto da 32 membri. Di questi 14 sono di nomina politica diretta, cioè di competenza di sindaci e presidenti delle Provincie: 4 spettano al sindaco, quindi alla Lega che governa oggi la città (la designazione attuale era stata della vecchia amministrazione di centro sinistra). Degli altri dieci, sei vengono espressi da sindaci di centrodestra (con la Lega che ne ha tre e il Pdl pure) e il resto sono centrosinistra o civiche. Il resto sono nomine che competono alla Camere di Commercio, (due membri), ai Rettori delle Università (altri tre), ai vescovi (altri due). Gli altri 8 componenti sono designati dal Consiglio Generale stesso, sentiti altri enti del territorio, come Usl, Sovraintendenze, Accademici delle Scienze, alle volte con designazioni che richiedono specifiche competenze.
BOSSI MA ‘NDO VAI? – Insomma, la gente di Bossi che gli chiedeva le banche dovrà un po’ pazientare ancora. Prima di arrivare a sedere nelle poltrone che contano, gli uomini della Lega dovranno pazientare un pochino. Nel frattempo, proprio oggi si è tornati a parlare della fallimentare precedente esperienza leghista in materia di istituti di credito. L’ex capo della vigilanza della Banca d’Italia, Francesco Frasca, ha ricordato come «disastrosa» l’ispezione avvenuta a suo tempo all’interno della CrediEuronord, la Banca della Lega di Umberto Bossi. È quanto emerso nel corso dell’interrogatorio all’ex funzionario di Palazzo Koch sul tentativo di scalata all’Antonveneta, durante il quale il Pm Eugenio Fusco ha chiesto qualche chiarimento sulla breve storia dell’istituto poi ’salvatò dall’allora Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. Frasca ha così ricordato che, in seguito all’ispezione, «era stato detto di procedere con un’aggregazione o con il commissariamento e quindi la liquidazione». L’ex capo della vigilanza ha poi sottolineato i contatti tra lui e Giancarlo Giorgetti della Lega (allora presidente della Commissione Bilancio della Camera) per mettere a punto un piano di salvataggio della banca. In particolare, Frasca ha ricordato come, dopo il fallimento delle trattative volte a trovare un accordo con la Popolare di Milano e il no di Banca Sella che aveva effettuato una due diligence dalla quale era emersa la «presenza di troppi fondi rischiosi», si era fatto avanti Fiorani che poi nel 2004 assorbì la banca nel gruppo Bpi.
I LUMBARD AVEVANO UNA BANCA – Senza particolare cattiveria la storia la ricorda Luca Pagni: Si parte con due sportelli, uno a Milano e uno a Treviso e la tesoreria del Comune di Erbusco, in Franciacorta. Dopo tre anni la situazione è disastrosa: il bilancio 2003 si chiude con 8 milioni di perdite e 12 di sofferenze su 47 di impieghi. Anche frutto di una tecnica creditizia discutibile: la metà delle sofferenze fanno capo a soli cinque soggetti. Tra cui la società Bingo.net che ha tra gli amministratori l’allora sottosegretario leghista Balocchi e un paio di parlamentari sempre del Carroccio. Per correre ai ripari viene abbattuto il capitale sociale da 13,7 a 5 milioni di euro. Ma non basta, perché le regole di Bankitalia parlano di un capitale minimo per le banche di 6,5 milioni. è necessario un aumento di capitale da 1,2 milioni, ma l’ appello va deserto e devono intervenire di tasca loro i parlamentari leghisti. A guidare il salvataggio, arriva il segretario della Lega Nord, Giancarlo Giorgetti, che prima chiede aiuto alla Popolare Milano e poi va in cerca di sponde politico-finanziarie più alte. Arriva così a Gianpiero Fiorani, allora amministratore delegato di una Banca Popolare di Lodi in ascesa. Lui, su sollecitazione – sostengono i maligni – dell’allora governatore Antonio Fazio, rileva tutto, debiti compresi, per 2,8 milioni. E fa calare una pietra tombale sulla vicenda. Mentre il Carroccio cambia atteggiamento su Fazio: prima appoggiava Tremonti nella sua battaglia contro il dominus di Palazzo Koch, poi da tigre aggressiva si trasforma in un timido gattino. Continuando a difenderli anche quando Fazio e Fiorani cadono travolti dagli scandali per l’acquisizione di Antonveneta. Insomma, la prima volta della Lega nelle banche non è stata un granché. La seconda, vedremo.
Fonte:Giornalettismo
Tutti i giornali economici del 14 aprile hanno dato la notizia che il consiglio di amministrazione di Unicredit ha sancito la fusione di sette banche controllate (UniCredit Banca, UniCredit Banca di Roma, Banco di Sicilia, UniCredit Corporate Banking, UniCredit Private Banking, UniCredit Family Financing Bank, UniCredit Bancassurance Management & Administration); si fonderanno nella capogruppo Unicredit S.p.A. Saranno salvaguardati solo per l’immagine tre marchi (UniCredit Banca, UniCredit Banca di Roma, Banco di Sicilia),solo un modo per ricordare ai clienti che stanno continuando a bere la stessa birra. Nei fatti il Banco di Sicilia smetterà di esistere dal primo novembre 2010, proprio quando sono in scadenza il cda del Banco di Sicilia e i patti parasociali con la Regione Siciliana, che obbligavano il gruppo Unicredit a non intaccare gli organi di autonomia decisionale del banco. Il presidente della Regione siciliana conterà come il due di picche in tema di nomine bancarie presso il Banco di Sicilia.
RispondiEliminaZaia quando è stato nominato Piccini in Unicredit ha detto di apprezzare la scelta di un "uomo del Nord". Tutto qua il grande risultato. Diciamo che sono i banchieri che controllano i politici.
francesco zaffuto www.lacrisi2009.com